19.8.21

la paranoia del linguaggio inclusivo e del politicamente corretto lancia una shitstorm contro la vignetta di Andrea Bozzo scherza chiaramente sul fatto che i talebani impongano lo ɐ,

di cosa stiamo parlando
Di fronte alla tragedia che si sta consumando in Afghanistan, c’è chi ha tempo e fantasia di ironizzare, dimenticando che accanto alle donne afghane, che già stanno soffrendo moltissimo, a essere colpite saranno anche le persone LGBT+.Dario Accolla e Caterina Coppola spiegano bene, in questo articolo, quanto profonda sia l’incoerenza e la contraddizione di chi, per invocare la difesa delle donne, dimostra un radicato pregiudizio omotransfobico.

che riptrende  il paranoico    articolo  di   https://www.gaypost.it/.
   
Ma  prima  di  riportare   il   post  da  cui ho  appreso tale  news    vorrei   sentitamente  ringraziare  Senatrice Monica  Cirinà , Gaypost, Dario Accolla e Caterina Coppola. Di cuore. Perchè sino ad oggi non conoscevo  , se non sporadicamente  , la raffinata satira di Andrea Bozzo ed è grazie a voi che, con questo post e l'articolo che ha dato vita a questo post, ho messo su  sui miei social   il "segui" ad Andrea Bozzo.
Perchè con una semplicissima vignetta ha semplicemente svelato non solo  l'ipocrisia dei talebani  ma   anche   di chi  li sostiene  .  Solo menti "raffinatissime" ci potevano vedere quello che vi avete visto voi. Onestamente mi fate paura quanto loro .

Adesso al post    veero e proprio  

 
Questa vignetta di Andrea Bozzo scherza chiaramente sul fatto che i talebani, a parole, si sono mostrati estremamente più “tolleranti e inclusivi” di come ce li ricordavamo (ovviamente, poi, molto probabilmente alle parole non seguiranno i fatti).La vignetta, però, non è stata capita, e si è scatenata una polemica con quelli/e che l’hanno ritenuta un’offesa al mondo lgbtq.Il tutto partendo da un post di Monica Cirinnà e un articolo di Gaypost, che non avevano capito una mazza di ciò che avevano
visto. Poi, la polemica è sfociata in una shitstorm e in un blocco temporaneo del povero Bozzo (che tra l’altro mi sembra tutto fuorché un pericoloso sovranista nemico dei gay, direi l’opposto).Dove sarebbe l’offesa, in realtà, non è dato saperlo.In pratica: non capiscono il senso di una vignetta e si scatenano in segnalazioni e insulti.Ma anche se fosse stata solamente una presa in giro agli asterischi e all* schwa (cosa che anche un bambino mediamente dotato capisce che non è), fatemi capire: un autore va sommerso di merda perché ha osato scherzare sul sacro asterisco? In Italia non esiste nessuna dittatura del politicamente corretto, siamo tutti d’accordo, quelli che esistono di sicuro, però, sono coloro che non capiscono una sega di quello che leggono, ma scattano sull’attenti come tanti soldatini non appena si tratta di provare a censurare e cancellare qualcosa che non sia di loro gradimento.E molti di questi sono proprio i più sfegatati fan di asterischi, schwa e “politicamente corretti che non esistono”.Che brutta fine che abbiamo fatto.



Infatti concotrdo con Francesca Piferi : << Ma poi scusa che senso avrebbe fare una vignetta sui talebani per offendere la comunità lgbt! Ci vuole una mente contorta assai per pensarlo.>> e con Alessandro Carraretto << Santo cielo, a voler ostinatamente e narcisisticamente vedere del male in ogniddove, sembrate più estremisti di loro. >>
Mentre  stavo per  prendere    invio   e  chiudere  il  post    trovo   qiuesta replica    ancora  più
 geniale    da parte  dell'autore  della  vignetta  incriminata  
  
quindi vecchi tromboni  ed  fautori del politicamente  corretto    a tutti i  costi    beccatevi    questa     risposta 

18.8.21

CHIACCHERATA INTERVISTA SUL DECRETO ZAN E SUL GENDER A CRISTIAN PORCINO

proseguono le  mie  interviste  \    chiaccherate  ad  amici \  compagnidistrada  - di viaggio   sul decreto zan  in modo da  sentire  più voci  .  Oggi  ,  d opo quella di qualche  tempo fa  che  trovate  qui  https://bit.ly/3z28pZ5  all'amica     Irene Spadaro tocca  Cristian Porcino   (  foto  a  sinistra  )



IO  Indipendentemente da credente o non credente, visto che sei un filosofo e un docente, voglio chiederti cosa ne pensi di queste assurde dichiarazioni: << Mai andare oltre quello che ci è stato consentito, altrimenti si perde il concetto di essere umano >>. Così la senatrice della Lega Antonella Faggi ha concluso il suo intervento nel corso della discussione generale sul Ddl Zan nell'aula del Senato.

 Cristian A. Porcino Ferrara  Solitamente ci si nasconde sempre dietro a un Dio per affermare delle assurdità cosmiche. Le religioni, tutte, hanno contribuito ad avvelenare il pensiero umano. Vedi i talebani che sono ritornati in Afghanistan, i nazisti che dicevano “Gott mit uns - Dio è con noi” e il motto fascista “Dio, patria e famiglia”. Marx sosteneva che “Ogni cosa glorifica Dio vanifica l’uomo”. Il concetto di natura è quasi sempre utilizzato in modo inappropriato e in contesti poco calzanti. Il compianto Gino Strada affermava che i diritti devono essere uguali per ogni essere umano altrimenti diventano privilegi. I limiti che non devono essere oltrepassati sono stati creati proprio da quei soggetti che non volevano e non vogliono in alcun modo raggiungere una parità in ambito di diritti civili e sociali. La disuguaglianza e la discriminazione sono per molti individui un valido carburante per alimentare la loro propaganda d’odio di stampo fascista. L’ignoranza è una brutta bestia! Diceva bene Margherita Hack quando affermava che: “Le leggi morali non ce le ha date Dio, ma non per questo sono meno importanti. Questa dovrebbe essere l'etica dominante, senza aspettarsi una ricompensa nell'aldilà”

IO  Secondo le femministe della vecchia guardia   contrariamente  al neo  femminismo  o  il femminismo  intersezionale (vedi il mio contatto Alice Merlo) andrebbe separata l'identità di genere (il cosiddetto gender) dal sesso, tu che ne pensi ? 

 Cristian A. Porcino Ferrara
Noto con rammarico che chi non condivide alcuni aspetti del Ddl Zan si è arroccato ormai su posizioni ideologizzate. Intavolare un dialogo con qualcuno presuppone l’intenzione di ascolto e io non vedo in certi ambiti alcun interesse in tal senso. Chi ostacola l’approvazione di questo disegno di legge si rende purtroppo complice dei crimini d’odio. Certi esponenti politici italiani guardano con benevolenza alle politiche omofobe e misogine di Russia, Polonia e Ungheria. L’approvazione della legge Zan segnerebbe uno spartiacque tra chi è in prima linea per la difesa dei suoi cittadini e chi invece reprime e annienta tutto ciò che non rientra in uno stereotipo tradizionale di stampo eteronormativo. Bisogna tenere presente che quando nasciamo non abbiamo un genere ma un sesso. In molti hanno una gran confusione in testa su questi termini e li utilizzano erroneamente come sinonimi. A tal proposito vi consiglio la lettura di un libro illuminante scritto dalla sociologa Graziella Priulla 

 “C’è differenza”.

17.8.21

PIERA PER TUTTI E artista come nessuna © Daniela Tuscano

Piera, alias Marina. Avevo appena terminato l'omonimo romanzo epistolare di Dacia Maraini quando scoprii che il precedente libro era dedicato proprio a lei. Questione di faccia. Degli Esposti possedeva un sorriso scombinato, sincero al limite della sfrontatezza. Un sorriso, in ultima analisi, maschile, che possono permettersi le sante o le prostitute. O le artiste - non tutte. O, ancora, le donne troppo lacerate, intimidite. Un sorriso che ripescò negli anni maturi, pronto a cominciare daccapo, a sorprendersi, a entrare nelle famiglie,e lei le ha avute tutte, dopo che era stata massacrata la sua. 
Chi se non Piera Degli Esposti poteva incarnare Clitennestra ?
La contemporanea, godotiana Marina e la mitologica sovrana, giustamente vendicativa, tutta occhi e denti. Dedicarle un libro-paradigma, sorta di "Confessione" agostiniana, fu scelta felice, perché Piera fu naturalmente femminista: ai margini, sperimentale, ma non soltanto viscerale: proprio stramba, e per nulla snob. Attrice, produttrice, così tanto donna da riassumere anche l'uomo. E questo devastante 2021 ci ha sottratto pure lei, condannandoci a un orfelinato senza scampo.

© Daniela Tuscano

SE OGNUNA DI NOI di ©Daniela Tuscano


Che fare? È l'angosciante e rabbiosa domanda che sale sulle labbra di ognuna di noi, nel constatare ancora una volta non la resa dell'Occidente, non la ferocia talebana né la religione prostituita ai giochi di potere, ma la totale indifferenza nei confronti delle donne, di tutte le donne. Perché attenzione, non si tratta solo delle afghane. La loro tragedia ci tocca da vicino perché le prossime saremo noi, lo saremmo già qualora la cosiddetta "Realpolitik" lo esigesse. A qualsiasi latitudine.
Noi proclamiamo: #AfghanistanWeCare, dell'Afghanistan c'importa. Kabul è la Shoah delle donne, cui dovrà seguire una Norimberga. Sarà un gran giorno, allora, e sarà vendetta e sarà giusto. Sul banco degli imputati non vorremmo vedere solo gli orrendi barbuti ma anche i loro complici, i firmatari degli sciagurati accordi di Doha. Con i/le collaborazioniste a vario titolo
asservite. 
Sì, ma questo dopo, se sarà possibile, obietterete. Ma ora? Cosa facciamo, ora?
Ora, abbiamo la definitiva conferma della nostra solitudine davanti al mondo. Ma abbiamo anche dei doveri.
Ci svegliamo la mattina in un declino d'estate dove ogni raggio di sole, ogni lembo di pelle scoperta sono stati pagati col sangue nel corso dei secoli. Non possiamo tirare un sospiro di sollievo. Vorremmo dire basta, lasciar perdere tutto, e ritirarci da qualsiasi lotta. 
È l'ultima tentazione, la più maligna perché comprensibile, umana.
Ma poi penso ad Atai Ataye, che lo scorso anno invitai a scuola. In Dad. Ci parlò di tante cose. Ci colpì la sua dolcezza, il suo stupore verso la bellezza della vita, dell'arte. Tutte cose che i #talebani (e non chiamateli "studenti", maledizione, sono bruti ignoranti) odiano e distruggono. Ci parlò di quella sorella, Salma [nella foto], sfuggita a un matrimonio forzato col barbuto e divenuta poi medica. Rimasta in patria per soccorrere donne e bambini. Oggi la sua struttura è stata assaltata, lei ferita, uno zio ucciso. Seppellirlo è impossibile: in quanto "infedele", il suo corpo verrà dilaniato dai cani.
Ma penso pure a suor Shahnaz Bhatti. Lei pure rimane, assieme alle sue consorelle. Il loro è l'unico ospedale per bimbi disabili esistente nel paese. Gestiscono una scuola per ragazze. Sono lì, hanno rifiutato di spostarsi nella "green zone", più sicura: "Stiamo con la gente". Sono lì con le belle facce abbronzate e i veli variopinti, che nel giovedì santo sembrano presbitere sororali, tutte Oriente, e gli abitanti sanno che sono cristiane - e le amano, fanno del bene - in un paese dove il rischio per questa confessione è come per un ebreo ad Auschwitz. Chissà che fine avranno fatto, quando anche i preti abbandonano. E non abbiamo più notizie di Alberto Cairo, anch'egli intenzionato a non lasciare i suoi mutilati. 
Glielo dobbiamo. Ognuna di noi glielo deve. Cioè lottare, non arrendersi. L'Afghanistan è vicinissimo. Per prima cosa, esigiamo #corridoi umanitari per donne e bambini. Ma dobbiamo pretendere, costruire una Nomadelfia afghana: dove ogni bambina/o abbandonata possa trovare una famiglia, una persona, senza inutili intoppi burocratici.
Dobbiamo portare l'Afghanistan e le sue donne nelle scuole, nei libri, nella nostra vita quotidiana. Ognuna come sa è come può. Ma conscia che non può delegare l'impegno a nessuno. 
Le istituzioni siamo noi. Con questa certezza, dolorosa, ma che almeno fa piazza pulita delle illusioni, possiamo forse, ognuna a suo modo, costruire quella lenta, straziante, ma necessaria rivoluzione antropologica attesa dal mondo intero. Altrimenti le donne spariranno, e sarà finita. Per tutti.

                             ©Daniela Tuscano

Troppi obiettori in Sicilia, gli aborti tornano clandestini di Eugenia Nicolosi



Cinque ginecologi su sei rifiutano di interrompere le gravidanze. La denuncia delle associazioni: "Molte donne costrette all'illegalità"
17 AGOSTO 2021 


Un tasso di obiezione di coscienza inferiore solo al Molise e alla provincia autonoma di Bolzano rende la Sicilia il posto in cui gli aborti clandestini e la legge 194, quella che dal 1978 regola le interruzioni volontarie di gravidanza in Italia, coesistono. Tenendo presente che i tempi per questi interventi sono limitati, visto che le donne — a seconda del metodo — possono interrompere una gravidanza al massimo entro i primi 90 giorni dal concepimento, chi decide di farlo nell’Isola si scontra con intoppi di ogni genere. E non sono poche le donne che valicano i confini regionali o della legge pur di farlo.
Obiettori 5 ginecologi su 6
Il calvario inizia con la difficoltà di sapere come, quando e dove: i siti del ministero della Salute e dell’assessorato regionale alla Sanità non fanno cenno alle modalità di accesso. Da quanto emerge dalle testimonianze, da Palermo a Catania il sistema è ipertrofico: i consultori spesso ignorano il telefono e gli ospedali tendono a rimandare di settimana in settimana l’appuntamento, anche solo telefonico, chiesto da chi ha bisogno di informazioni. A monte di tutto ciò, i report del ministero e degli osservatori indipendenti concordano nel registrare un tasso di obiezione di coscienza dell’82,7 per cento, che in alcune province è pari al 100 per cento, come per esempio a Marsala. Di conseguenza, nel 2019, l’Istat dava 5.281 interruzioni volontarie di gravidanza in tutta la Sicilia, un numero inferiore a quello della sola città di Milano, 5.326. Ancora un dato: grazie alle mappe online delle associazioni pro-choice si scopre che l’accesso all’Ivg farmacologica con Ru486, possibile solo entro le prime 9 settimane, è attuata solo in otto strutture in tutta la Sicilia.
Toppi obiettori in Sicilia, la denuncia di operatori e volontari: "La legge 194 è disattesa"
Alla ricerca di un ambulatorio
Le storie dietro questi numeri sono violente: Sara racconta di aver litigato con lo staff sanitario che per ore ha tentato di dissuaderla, Claudia ha ascoltato le preghiere di una suora a fianco a lei durante tutta l’attesa, Valentina non trova nel suo Comune ginecologi che le facciano l’ecografia che certifica lo stato di gravidanza fondamentale per procedere e Lucia, lavoratrice con due bambini, deve affrontare dei pellegrinaggi a ovest perché in Sicilia orientale nessuno le fornisce la Ru486. Messina è dove inizia l’avventura di Virginia che dopo decine di telefonate e viaggi in lungo e in largo durante un periodo di “zona rossa” è riuscita a interrompere la gravidanza a Palermo pochi giorni prima dello scadere dei termini legali. «Io non sono obiettore ma tutto lo staff lo è, quindi non facciamo Ivg — racconta Giorgio, ginecologo di una struttura nel messinese — sono una decina all’anno le donne che vengono per questo e cerco di aiutarle mettendole in contatto con colleghi altrove».
Le scelte del personale non medico rispetto a come porsi davanti le Ivg sono un’altra variabile che incide: il ministero della Salute, nel 2016, dava un tasso di obiezione di coscienza negli staff delle strutture italiane pari all’85,2 per cento. Dalla zona di Agrigento raccontano: «Ho fatto l’Ivg farmacologica al Giovanni Paolo II di Sciacca. Dopo diverse ricerche ho capito che potevo rivolgermi solo a un ginecologo in tutta la provincia».
In viaggio verso il nord
Nell’intero territorio trapanese c’è un solo ospedale in cui si può abortire per scelta e a Catania «abbiamo dovuto aprire un consultorio noi — dice Maria Giovanna Chiovaro, del collettivo “Non una di meno” — tra ospedali che chiudono e consultori fantasma le donne sfiorano la disperazione delle ultime ore. Alcune per avere la certezza di farlo partono per il nord perché qui a Catania la Ru486 praticamente non esiste, quando arrivano da noi sono esauste». A Palermo il tasso di obiezione è leggermente inferiore, tuttavia «il diritto all’Ivg è in pericolo: noi stiamo andando tutti in pensione e oggi le classi di specializzazione sono tutte di futuri obiettori», dice Francesco Gentile, dell’ospedale Cervello.
Ma perché? «A parte un esiguo gruppo di colleghi che lo fa per motivi religiosi gli altri scelgono di dare le spalle a un carico di lavoro enorme e meno siamo più è difficile applicare la legge». Alcuni anni fa al Cervello fu finanziato un progetto che agevolava e sveltiva le Ivg. «Mi riferiscono che in quel periodo nessuno era più obiettore, poi finito il progetto e quindi i soldi ecco di nuovo l’obiezione — sottolinea Gentile — ne deduco che se ci fosse un riconoscimento economico il tasso di obiezione si dimezzerebbe. È un invito a valutare l’idea di incentivare queste procedure. Non è più possibile che in una nazione esista una legge e contemporaneamente una percentuale così alta di obiettori». Una visione confermata da una collega più giovane che attacca: «Sono una delle poche in Sicilia a praticare l’Ivg — dice Rosalia, ginecologa non obiettrice — E confermo anche che la Ru486 è difficilissima da trovare, nonostante la legge, soprattutto dalle parti di Messina». Poi c’è il problema dei colleghi obiettori: «Mi ci scontro spesso — racconta — d’accordo non fare le Ivg ma nemmeno è giusto scaricare tutte le pazienti a noi negando informazioni e a volte anche esami specifici. Siamo sommersi di lavoro».
Una questione di fede
Chi fa obiezione di coscienza si appella spesso alla fede. «L’ho fatto per motivi religiosi — spiega un medico di Palermo — mi sentivo troppo in colpa e ho smesso. Credo sia però doveroso aiutare le pazienti a procedere facendo da tramite tra loro e i colleghi: non occorre entrare nel merito della loro decisione, presa giustamente in autonomia». Da Catania una ginecologa obiettrice spiega che non ha mai praticato le Ivg per motivi religiosi e che «l’obiezione quando c’è è totale: non fai differenza tra Ivg e aborto terapeutico, non interrompi nessuna gravidanza». Il che rimanda all’articolo 9 della legge 194: «L’obiezione di coscienza — si legge nella norma — non può essere invocata quando l’intervento è indispensabile per salvare la vita della donna». La legge del 1978, però, è di fatto una legge costantemente disapplicata.
«Se non ci fossero le associazioni — commenta Maria Angela Fatta, attivista di Non una di Meno — tante donne non saprebbero come fare, per non parlare di migranti o altre fasce fragili: stiamo tornando a parlare di aborti clandestini e conosciamo i rischi che ne derivano, ma purtroppo alcune non hanno altre modalità. Tutto a causa della mancanza di controlli sul tasso di obiezione, di informazione pubblica e di amministrazioni locali che operano secondo la loro morale lasciando le donne a informarsi tramite passaparola». Dalle diverse province sono tante le ragazze che contattano la rete associativa del capoluogo per essere aiutate: «Grazie alle reti si sa che qui va un po’ meglio — continua Fatta — ma siamo ben lontane da una situazione dignitosa».
Boom di anestesisti obiettori
E se il tasso di obiezione tra i ginecologi cresce di anno in anno, lo stesso accade tra gli anestesisti: nel 2017 le statistiche del ministero della Salute registravano un’obiezione di coscienza tra gli anestesisti pari al 49.3 per cento su tutto il territorio nazionale, in sostanza la metà. Anche in questo caso il tasso di obiezione è più alto a Sud e in Sicilia il valore è del 79,2 per cento. «Non stento a crederlo — commenta Silvia Peralta, anestesista e rianimatrice del Cervello — quello sull’obiezione è un dialogo aperto a livello nazionale tra noi, anche se al momento rispetto a quanto accade tra i ginecologi c’è più equilibrio». Semplicemente gli anestesisti obiettori non vengono messi di turno quando ci sono da fare le Ivg.
«Li comprendo — continua Peralta — nemmeno io lo faccio a cuor leggero, mentre sono lì cerco di convincermi che sto facendo altro». Un tema sollevato da molti medici è l’abuso della procedura, anche quella chirurgica, da parte di donne che sembrano non usare contraccettivi: «Ero a Trapani anni fa e ho visto praticare l’Ivg a una donna per l’ottava volta — conclude l’anestesista — e non è un caso rarissimo. È chiaro che c’è un problema di informazione generale rispetto alla salute riproduttiva».
C’è dell’altro che cresce di anno in anno: sono i collettivi, le associazioni e i canali informativi che sollevano la questione tra sit-in, tour di sensibilizzazione e richieste di ascolto rivolte alle istituzioni. «La questione delle Ivg annulla per magia il divario tra nord e sud — osserva Adele Orioli, responsabile delle iniziative legali dell’Unione atei e agnostici razionalisti — la Sicilia e Bolzano negano questo diritto in modo identico. In Italia l’obiezione è al 70 per cento e sulle spalle dei pochi non obiettori grava anche la responsabilità di assistere le donne di San Marino e di Città del Vaticano, dove le Ivg sono ancora un reato con tanto di pena detentiva, sono costrette a valicare i loro confini. Accade qui e accade ora».

un radical chic ipocrita mette ko un arrogante .

 Voglio "  tranquillizzare " miei utenti e  non  solo che  mi  dicono che sto  difendendo  Salmo   .  Se    ci  si sofferma   solo  al  titolo : << il gesto di salmo  è  idiozia  ma anche no >>  del precedente  post   lohgico  che   si crede  ciò  , se  invece  si  legge per  intero l'articolo   si capisce  che    io sto solo    affermendo che il gestoi di Salmo  è comprensibile     cosa  diversa   dasl  giustificabile  .  Provate  voi  artisti   o  pseudo  artisti a fare  concerti con regole  contrdditorie  e  cosi stringenti  ,  e sopratutto rispettate  da poch  vedi   il festeggiamento   del campionato e  degli europei    di calcio  .
Però come  ,  fanno notare  ,  le   fonti citate  nel post  precedente  mi fanno dare    ragione   , SIC    al  radical chic  pensiero a  sinistra  portafoglio a destra  . 



Mi fermo ho già sprecato troppo tempo a parlare di , gusti personali , queste nullità pseudo-musicali e  de degli  eventuali   artisti  ( o pseudo tali )  e personaggi    ormai  in declino  che   diranno la loro  per  avere  una  chance   di ritornare  in  auge  o  far  parlare  di se  

16.8.21

La scelta controcorrente di Greta e Natascia, le gemelle che si sono inventate casare





La scelta controcorrente di Greta e Natascia, le gemelle che si sono inventate casare 
di Carlo Petrini


Classe 1995, vivono in alta Valsesia: "Niente storia di generazioni alle spalle: papà lavora in fabbrica"

Quando mi hanno parlato per la prima volta delle gemelle Facciotti, Greta e Natascia, pensavo erroneamente che la loro scelta di vita derivasse dalla volontà di continuare la tradizione di famiglia. Fermo nella mia convinzione raggiungo quota 1800 metri dove, all'Alpe Ciletto di Carcoforo (ultima borgata della val Sermenza in Alta Valsesia in provincia di Vercelli), dal 2018 Greta e Natascia Facciotti trascorrono la stagione estiva con le loro venti vacche e settanta capre. Le osservo finire di mungere a mano le capre, e poi iniziamo a chiacchierare mentre le seguo


nel loro lavoro.
Classe 1995, le gemelle Facciotti crescono nel comune di Boccioleto (Vc), il padre e il fratello lavorano in fabbrica: "Niente storia di generazioni e generazioni di allevamento, quindi". Greta, la più estroversa tra le due, prosegue raccontandomi come si sono avvicinate a questo mondo: "Natascia ha iniziato da bocia quando aveva otto anni, aiutando una lontana prozia che aveva una decina di capre. Io invece a 14 anni ho iniziato a seguire una signora di Boccioleto nella gestione delle sue cinque vacche e venti capre. Sono rimasta con lei fino a poco più che maggiorenne, quando abbiamo deciso di aprire la nostra attività".
A monte della loro scelta ci sono quindi sì passione e vocazione, ma soprattutto uno spiccato spirito di cittadinanza attiva e senso di responsabilità nei confronti della comunità montana. "La Val Sermenza stava morendo, non c'era più niente. Dovevamo fare qualcosa. E così, con grandi sacrifici, abbiamo iniziato da zero dapprima ristrutturando alcuni edifici, ora adibiti a stalla per le capre, e poi costruendone uno per le vacche. Abbiamo accettato tutto il bello e il brutto di questa scelta, spesso sbagliando, ma con la consapevolezza che ogni difficoltà può essere superata con impegno e la giusta predisposizione mentale".

Greta sposta la caldaia contenente la cagliata, sul fuoco alimentato a legna, e io rifletto sulla tenacia, schiettezza e genuinità con cui le due sorelle portano avanti il loro lavoro; alla continua ricerca del giusto equilibrio tra tradizione e innovazione, nel rispetto della montagna che le ospita, e delle esigenze dei loro animali: "Potremmo portare su il gas che renderebbe il processo più veloce e non dovremmo preoccuparci della pioggia che rende la legna umida, o dell'odore di fumo quando è molto ventoso - mi dice Greta - Non ricorrendo al gas, siamo obbligate a fare legna. In questo modo contribuiamo a tenere pulito il bosco, evitando il propagarsi di incendi devastanti".
Mentre Natascia ripone sul legno quello che, da lì a sessanta giorni, diventerà una forma di Macagn, presidio Slow Food, mi spiega un'altra presa di posizione importante: "Fare formaggio a latte crudo significa lavorare una materia viva che dipende da molte condizioni che non è possibile controllare; è un continuo imparare. Ieri abbiamo portato le vacche al Pian della Rosa, circa 300 metri più in alto rispetto a dove ci troviamo ora.

Spostarsi è un fattore di stress per loro, quindi sappiamo che nei prossimi giorni la quantità del latte diminuirà e probabilmente il formaggio che ne risulterà non sarà perfetto, perché dobbiamo dare alle bestie il tempo di adattarsi al nuovo pascolo. È giusto che sia così".
Tra i progetti in cantiere, c'è la costruzione di una cantina dotata di un controllo automatizzato di umidità e temperatura. In assenza di ciò, il risultato del loro duro lavoro rischia di essere vanificato da una eccessiva variabilità delle condizioni ambientali durante il periodo di stagionatura. E poi ancora, la non più posticipabile digitalizzazione delle vallate montane: "Internet ormai è indispensabile anche nel nostro lavoro. Non possiamo creare un sito e poi non riuscire a mantenere una comunicazione efficiente con i clienti. Questo è un disservizio che non accettiamo", afferma Greta.
Prima di salutarci mi affidano una loro preoccupazione, che è quasi un appello: fornire una valida soluzione alla presenza dei lupi, che sono ritornati anche da queste parti. "Il lupo ha cambiato completamente il modo di fare. Le bestie ora devono essere controllate costantemente, questo allunga di molto il nostro tempo di lavoro e rende ogni spostamento più complicato". C'è necessità di un coinvolgimento attivo delle istituzioni su questo fronte, che non possono limitarsi a elargire risarcimenti per i danni subiti, o a remunerare ogni ora aggiuntiva di lavoro. Allo stesso tempo bisogna contrastare la dialettica negativa che vede i pastori come degli sterminatori di lupi. Perché in fondo quello che chiedono non è altro che il diritto di poter svolgere il loro lavoro con maggiore tranquillità.

Se programmate una gita in montagna potrete trovare queste due giovani pastore e casare il venerdì e il sabato presso il punto vendita dell'Azienda Agricola Sorelle Facciotti a Boccioleto, oppure la domenica al mercato di Carcoforo. Le gemelle Facciotti e gli altri produttori del presidio Slow Food del Macagn saranno presenti alla tredicesima edizione di Cheese dal 17 al 20 settembre da Slow Food Italia a Bra.

Dalle bufale sulla chiave inglese alla santificazione ipocrita: l’Italia uno come Gino Strada non lo meritava

 leggi  anche  

Olttre  alla  caterva  d'insulti   e    calunnie   a lui  e  all'associazione   che  vi risparmio    in quanto   le trovate  sul  web      e    riportarle   ulteriormente    significa    dare  spazio   a tali  cloachè     di  cui  una  delle ultime  è   quella  del consigliere di Cogoleto che fece il saluto romano in aula 

  da https://www.nextquotidiano.it/francesco-biamonti-consigliere-cogoleto-inferno-gino-strada/

  

Francesco Biamonti, consigliere del Comune di Cogoleto (Genova) sospeso dalla Lega per aver fatto il saluto romano in assemblea, si scaglia contro Gino Strada nel giorno della sua morte con un commento becero e sgrammaticato

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  •  
francesco biamonti gino strada cogoleto
Screenshot: Genova Today

Un errore di grammatica di base, un punto di vista populista e xenofobo e un augurio scabroso. Si può sintetizzare così il commento che Francesco Biamonti, il consigliere comunale leghista di Cogoleto (Genova) che lo scorso 28 gennaio era passato alle cronache per aver fatto il saluto romano nel Giorno della Memoria durante una votazione, ha riservato alla notizia della morte di Gino Strada, fondatore di Emergency. “Un’insopportabile compagno che voleva africanizzare l’Italia, che bruci all’inferno”, ha scritto Biamonti (l’errore, ribadiamo, è suo e non nostro) sotto al post di Francesco Calderoli che rilanciava la notizia dell’Ansa sulla morte del medico attivista.[....  segue  sul sito  citato  ]


Il  compianto Gino strada   ha  ricevuto   come    sempre  più spesso accade    con personaggi  di primo piano   la  classica  santificazione   da morto con post e parole grondanti nella  maggior  parte   dei casi    frasi  di circostanza  e    pelosa ipocrisia dopo averlo calpestato, ignorato, umiliato in vita, con quel sospiro di sollievo, in fondo, di chi sa che non dovrà più fare i conti con la coscienza di Gino, le sue sentenze dritte, nette, senz’appello che ti inchiodavano di colpo alle tue responsabilità politiche, umane, civili.

Infatti  

La morte di Gino Strada sta facendo risalire a galla lo spurgo fetido di un’Italia meschina, provinciale, malmostosa, spaurita di fronte a una bellezza che non è neanche in grado di immaginare (figuriamoci apprezzare), incapace di riconoscere la grandezza di questo essere umano, medico e filantropo che il mondo ci invidia.  da Lorenzo  Tosa  su  https://www.nextquotidiano.it/

È proprio vero purtroppo . L’Italia uno come Gino Strada proprio non se lo meritava.Quindi  si  dall'una   che  dall'altra fazione    facciamo silenzio  al meno  ai  funerali  e  lasciamo in pace  in vece  di tirarlo  per la giacchetta  





15.8.21

si riuscira a realizzare un informazione corretta alle paraolimpiadi ?



si riuscirà a realizzarlo ed a creare un precedente nell'informazione applicando tale proposito anche a fatti di cronaca nera e di femminicidio ? Speriamo di si .


 da  https://it.notizie.yahoo.com/   sab 14 agosto 2021, 5:23 PM

'O anche no': su Raidue le paralimpiadi raccontate con garbo
 di  Valeria Iorio






AGI - "Buona educazione, cortesia e informazioni. Niente pornografia del dolore, ma non solo supereroi". Così la giornalista e conduttrice Rai, Paola Severini Melograni racconta all'AGI lo spirito del programma 'O anche no', striscia quotidiana che racconterà le Paralimpiadi in onda su Raidue dal 25 agosto al 4 settembre, intorno alle 18. Il programma nasce nel 2019 da un'intuizione di Carlo Freccero che viene ripresa da Ludovico Di Meo "a cui devo tutta la mia gratitudine".
Un modo diverso di fare informazione, per raccontare la vita di tutti i giorni con professionalità e garbo. "Certi temi - sottolinea la giornalista - vanno trattati con delicatezza e correttezza. Il tema del sociale è il più importante perché è il fulcro del servizio pubblico. Sulle Paralimpiadi di Tokyo la Rai non solo ha anche i diritti internet, come nel suo intero portafoglio, ma detiene i diritti esclusivi multipiattaforma Free e Pay”.
"Racconteremo come è cambiata la società italiana e mondiale dagli anni '30 a oggi - spiega Severini - quando i disabili erano una pietra di scarto, totalmente residuali. Racconteremo tutta la storia della Paralimpiadi partendo dalla vicenda dell'ideatore, il dottor Ludwig Guttmann, un noto neurologo tedesco, probabilmente il medico più famoso della Germania, però ebreo".
"Dopo la Notte dei Cristalli - racconta la giornalista - avendo intuito che nemmeno la sua scienza lo avrebbe salvato, dovette scappare in Inghilterra dove avviò una grande rivoluzione: quando arrivò all'ospedale di Stoke Mandeville nel Berkshire, nel 1944, decise che i soldati parapleggici feriti in guerra, non avrebbero mai più dovuto incontrare commiserazione". Normalmente i paraplegici morivano dopo sei settimane a causa delle infezioni urinarie e delle piaghe da decubito, ma "Guttmann trovò nello sport - dice Severini - un nuovo approccio alle cure, una nuova motivazione, un cambiamento".
Ogni puntata vedrà l'intervento di ospiti speciali: Maria Stella Maglio (vedova di Antonio Maglio, l'italiano che battezzò ufficialmente le Paralimpiadi nel 1960 a Roma) Claudio Arrigoni del Corriere della Sera, Massimiliano Castellani e Adam Smulevich, autori del libro 'Un calcio al razzismo', Italo Cucci, Vito Cozzoli, presidente di Sport e Salute e Gabriele Gravina, presidente della Figc e Giampiero Spirito. "Abbiamo invitato, e speriamo di averlo tra gli ospiti, il figlio di Primo Levi, Renzo" racconta Severini.
Un programma di dieci minuti, che nasce dal lavoro di squadra "di una grande redazione: dal capo autore di 'O anche no' Maurizio Gianotti, all'autrice Giovanna Scatena, la produttrice Anna Santopadre. Uniremo diverse reti e diverse direzioni Rai - aggiunge - Rai per il sociale, Rai pubblica utilità, Rai sport, RadioRAi, Gr Parlamento che la mattina alle 11 riproporrà in formato audio la nostra trasmissione. Ma un ringraziamento va anche all'Inail oltre che Luca Pancalli del Comitato Paralimpico".

Ogni puntata verrà arricchita con la lettura di un estratto del libro 'Un cuore da campione. Storia di Ludwig Guttmann inventore delle Paralimpiadi' di Roberto Riccardi "un libro strepitoso, che non racconta solo la vita di un personaggio straordinario, ma è la vita dell'Europa" conclude Severini.











il gesto di salmo è idiozia ma anche no

  se  è vero    che   come  dice  


Su Salmo dobbiamo riflettere e non semplicemente condannare la sua trasgressione alle regole. Io gli sono comunque grato per aver richiamato l’attenzione sul fatto che per una partita di calcio si possa stare in 15.000 in uno stadio mentre per i concerti all’aperto c’è un limite di 1000 persone sedute e distanziate. A che serve allora il green pass ? Tutte le polemiche e tutta la fatica per ottenerlo? Questa limitazione è profondamente ingiusta e mortifica la nostra dignità professionale. Dimostra purtroppo
ancora una volta che chi è chiamato a decidere non ha nessun rispetto e nessuna attenzione per la musica “leggera” e per il nostro pubblico.

è altrettanto vero e concordo con



Che mondo stupendo sarebbe se Morgan Francesco De Gregori e Salmo avessero la stessa urgenza, esigenza e passione per parlare invece della tragedia di cui ancora non abbiamo capito le dimensioni che sta partendo dall’Afganistan o delle migliaia di persone che muoiono affogate?
In ogni caso non ricordo: da quando è che gli artisti quando quando vogliono essere “artisti” parlano solo e soltanto dei cazzi del proprio lavoro? Per contestare gli europei e gli stadi da calcio si devono contestare gli europei e gli stadi da calcio. Ma avrei pensato che per evidenziare un problema (reale e enorme) la soluzione dell’arte sarebbe stata quella de fa una monnezza peggiore del corteo di festeggiamento autorizzato da Bonucci e chiellini. Boh


perchè  salmo pur  avendo  ragfione    è passato dalla parte  del  torto  e  dell'incoscienza  (  non aggiungo altro  perchè rischierei d'essere monotono   e  non aggiungere  niente  di  nuovo  a quanto gli è statro detto   in  rete  ) . Infatti  mi  tocca  dare retta a quel radical  chic  è pseudo progressista     di fedez 



è proprio vero che la pietà è morta Latina, Lega e FdI contro il cimitero dei poveri: "Perchè esporre i cittadini alla vista di queste sepolture ?"

canzone     consigliata 
Pietà l'è Morta - versione  dei  Modena City Ramblers

Ma la destra e la sinistra non erano categorie superate ? dal leggere di simili vicende sembrebbe di no . la  pensate  cosi  ,  d'accordo  ,  però  allora  sietge  coerenti  fino  in fondo  ed  evitate  di  farvi portatori  di valori quelli   cristriani      che pretendete    per  noi tutti   se    poi  non li sapete  neppure  mettere  in atto  .  Ogni altro comento  è superfluo  .  lascio  che  sia  l'articolo    ( se  qualcuno    ha  un articolo    di questa  vicenda  da  un altro giornale  , ben venga  , io   ho trovato solo questo  )   a parlare







repubblica  14 AGOSTO 2021 

Latina, Lega e FdI contro il cimitero dei poveri: "Perchè esporre i cittadini alla vista di queste sepolture ?"
                        di Clemente Pistilli



La giunta civica della città pontina ha deciso di destinare alcuni spazi alle sepolture degli indigenti. Un'idea che ha provocato la reazione indignata dei sovranisti in consiglio comunale, pronti a raccogliere firme e organizzare persino flash mob di protesta
Ai sovranisti dà fastidio il cimitero per i poveri. La giunta civica di Damiano Coletta ha deciso, a Latina, di destinare alcuni spazi a Borgo Montello per le sepolture degli indigenti. Sono tante le salme che nessuno reclama. Sono quelle di uomini e donne vissuti in povertà, ai margini della società, e per dar loro degna sepoltura la giunta comunale gli ha destinato delle aree del cimitero del borgo, definite campi di inumazione. Lo scandalo all'apparenza sembra quello che nella seconda città del Lazio non fosse stata ancora presa un'iniziativa del genere, ma per i sovranisti è il contrario e, non avendo a quanto pare tra le loro letture "'A livella" di Totò, sul cimitero dei poveri hanno aperto la polemica di Ferragosto.
"Non c'è pace per il cimitero comunale di Borgo Montello - sostiene il consigliere comunale leghista Vincenzo Valletta - i residenti sono esasperati da anni di incuria, disinteresse e approssimazione nella gestione di quello che dovrebbe essere il luogo in cui i defunti trovano adeguato riposo. Negli ultimi giorni l'ennesimo colpo di scena, in negativo ovviamente. Nella struttura - prosegue - si stanno effettuando, infatti, alcuni lavori per le sepolture a terra. Cumuli di terra, una croce appoggiata quasi in modo casuale non rendono merito alla memoria dei defunti".
A fargli eco il capogruppo in consiglio comunale di Fratelli d'Italia, Andrea Marchiella: "La Giunta ha individuato delle aree, contraddistinte con le lettere A e B nella relativa planimetria, da destinare a defunti che non risiedevano sul posto, nella maggior parte dei casi immigrati ed extracomunitari emarginati e senza famiglia. Già l'idea di questi campi di inumazione ci sembra un insulto alla dignità e al ricordo di queste persone, ma soprattutto riteniamo inconcepibile che si continuino ad ignorare le esigenze dei residenti, costretti a trasferire altrove i loro cari venuti a mancare o ad attendere tempi biblici per la loro sistemazione". Di più: "Perché esporre alla vista di questi campi di inumazione i cittadini che fanno visita ai loro cari? Possibile che non sia emersa una parvenza di sensibilità nel prendere questa decisione?».
Le sepolture dei poveri, secondo FdI, sarebbero dunque fastidiose anche alla vista. E Marchiella preannuncia persino un flash mob di protesta. "Siamo pronti - sostiene - anche a promuovere una raccolta firme e ulteriori iniziative dal notevole richiamo mediatico. Ovviamente presenterò anche una interrogazione". L'assessore ai lavori pubblici Emilio Ranieri ha spiegato che i campi di inumazione sono una soluzione che risponde a esigenze reali, "poiché parliamo di persone che purtroppo hanno vissuto ai margini e che da defunte non vengono reclamate da nessuno".
"Proprio perché l’Amministrazione ha sempre avuto il massimo rispetto dei defunti, di qualsiasi provenienza essi siano - ha aggiunto - è stata fatta questa scelta che garantirà una sepoltura dignitosa a tutti. Quelli che alcuni consiglieri di opposizione chiamano cumuli di terra sono dei lavori necessari per portare rispetto a persone che in vita sono state meno fortunate di noi". Ma per i sovranisti, anche dopo la morte, l'imperativo sembra essere quello di "prima i borghigiani".
mi sa che ha ragione l'amico facebokiano
Matteo Alfieri
A me è sembrato un fumoso giro di parole per dire "via i morti extracomunitari" ma senza dirlo: che poi si appare come degli stronzi razzisti.

Infatti qui non è solo mancanza di umanità e di pietà . ma un modo jmplicito per nascondere la pubblico il Loro lato razzista ed allo stesso tempo accontentare quegli elettori ed simpatizzanti xenofobi ed razzisti senza mostrarlo pubblicamente e direttamente .il classico gioco delle tre carte insomma

alla ricerca delle proprie radici Dagli Usa al Salento, sulle tracce del nonno profugo ebreo: "Qui fu accolto e io ora rivivo la sua storia




Di solito dopo aver letto una storia mi vengono in mente canzoni , stavolta mi sono venuti in mente libri . ecco la play list collegata a quest articolo .
Essa è tratta daLa ricerca delle radici è un'antologia curata da Primo Levi scritta nel 1981 che raccoglie brani degli autori che più hanno contato nella sua formazione e conferma il carattere enciclopedico dell'autore che incrocia gli interessi scientifici con quelli umanistici. qui l'elenco https://it.wikipedia.org/wiki/La_ricerca_delle_radici a qaule mi permetto d'aggiungere tre libri di cui il primo riletto da poco ed in sintonia oltre che con i libri citati prima con la storia qui riportata .

  • La frontiera scomparsa di Luis Sepulvera
  • il profumo della speranza. Un viaggio nell'adozione alla ricerca delle proprie radicidi Paolo La Francesca
  • Il senso di appartenenza. Alla ricerca delle proprie radici. Un viaggio essenziale per una vita più intensa e consapevole di Willi Maurer




ma ora basta divagare e veniamo alla storia d'oggi


repubblica 12 AGOSTO 2021
Dagli Usa al Salento, sulle tracce del nonno profugo ebreo: "Qui fu accolto e io ora rivivo la sua storia"
di Biagio Valerio


A sinistra Mark Hoffman a Santa Maria al Bagno nel 1943, a sinistra suo nipote Micheal posa come lui



Micheal Hoffman lavora per Facebook e proprio grazie ai social





ha scovato i luoghi dove il nonno Mark fu salvato dall'orrore dei campi nazisti: per onorarlo posa in foto come lui a Santa Maria al Bagno dove dal '43 furono in centinaia a trovare riparo Voleva respirare la stessa aria, che profumava di libertà. Bagnarsi nello Ionio che, quasi ottant'anni fa, aveva lavato via la polvere e la paura raccolte sulla pelle, nei campi di concentramento. Un giovane americano, Michael Hoffman, ha attraversato il mondo per fare da staffetta ideale con suo nonno Mark, che durante la Seconda guerra mondiale fu ospitato nel Camp 34 di Santa Maria al Bagno. Ed ha scattato una serie di fotografie che lo ritraggono nelle stesse, identiche, pose del nonno. Un tributo commovente.

che ha rilanciato il suo appello social


Michael Hoffman è con Bob Hoffman e altri 11 a Santa Maria al Bagno.
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So. Crazy story. We have these old pictures of my Grandfather - “Papa” - from right after WW2 when he was taken to a displaced persons camp in #Bari… or so we thought. Since I was headed to Bari, I decided to post on social media to try and identify the locations which I thought was wishful thinking. Surprise! The internet pulled through. My friend Marcello connected me with Steven Crutchfield who manages an “Expats in Puglia” Facebook Group. He graciously posted all of the pics to the group and within hours the locations were identified, most being in Santa Maria al Bagno 1.5 hours from Bari. Turns out they brought a LOT of refugees there. There’s even a museum dedicated to the jewish refugees museo della memoria. At this location, Jews were being shipped off to Palestine (now Israel) to start a new life. Because I am who I am (lol) I had to recreate the images. So Brett and I drove to the town of Santa Maria al Bagno and took these! Swipe for more side-by-side photos.
I am so grateful for this moment, those who helped and my dad Ken Hoffman who ensures Papa’s story lives on. It was magical to be able to set foot in the location my Papa spent two years before heading to America.

Quindi Storia pazzesca. Abbiamo queste vecchie foto di mio nonno - ′′ Papà ′′ - di subito dopo la WW2 quando è stato portato in un campo di sfollati a #Bari... o così abbiamo pensato. Dato che ero diretto a Bari, ho deciso di pubblicare sui social per cercare di individuare le location che pensavo fossero un pensiero augurale. Sorpresa! Internet ce l'ha fatta. Il mio amico Marcello mi ha collegato con Steven Crutchfield che gestisce un gruppo Facebook ′′ Espatriati in Puglia Ha gentilmente postato tutte le foto al gruppo e nel giro di poche ore sono state individuate le località, la maggior parte di Santa Maria al Bagno a 1.5 ore da Bari. A quanto pare hanno portato un sacco di profughi lì. C ' è anche un museo dedicato ai profughi ebrei museo della memoria. In questo luogo, gli ebrei venivano spediti in Palestina (ora Israele) per iniziare una nuova vita. Perché sono quello che sono (lol) ho dovuto ricreare le immagini. Così Brett ed io abbiamo guidato fino alla città di Santa Maria al Bagno e abbiamo preso questi! Scorri per altre foto di fianco a fianco.
Sono così grata per questo momento, a coloro che hanno aiutato e a mio padre Ken Hoffman che assicura la storia di papà continua a vivere. È stato magico riuscire a mettere piede nella location in cui mio padre ha trascorso due anni prima di andare in America.



Un campo di accoglienza per DP, displaced persons, allestito dall'Unrra nel 1943 e che è rimasto in attività per alcuni anni, accogliendo migliaia di profughi - prima slavi e poi ebrei - provenienti anche dai campi di concentramento nazifascisti disseminati in tutta Europa.
Il campo è diventato, in quegli anni, il trampolino verso la terra promessa, il nascente Stato di Israele. Tantissime altre persone si imbarcarono verso il Sudamerica e gli Stati Uniti in un nuovo grande esodo di rinascita dopo gli orrori delle persecuzioni. Non è l'unico esempio in Puglia. Altri campi vennero
allestiti nei pressi di Bari e Barletta nel nord della regione, a Santa Maria di Leuca, Santa Cesarea (per questo i campi venivano chiamati "le sante") e Tricase Porto, luoghi di recupero fisico e psicologico soprattutto per quanti erano scampati ai forni, alle privazioni, alle malattie ed ai lavori forzati.
Ma è Michael Hoffman, un giovane comunicatore di New York, a rinvigorire le vecchie radici della Storia. Lui ha trovato, grazie al padre Ken, le vecchie foto del nonno in posa in diversi luoghi di una, non precisata fino ad un anno fa, località italiana. Così si è messo in moto in vista di un suo viaggio nel Belpaese ed ha contattato alcuni amici su Facebook, il social che "gli torna facile" utilizzare visto che Hoffman lavora proprio per il marketing del colosso creato da Zuckerberg.
"Questa storia è storia pazzesca. Avevamo queste foto del nonno scattate subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando era stato trasferito in un campo per persone disperse a Bari. O così credevamo. Visto che ero diretto a Bari - spiega e continua Michael nel suo racconto - ho deciso di scrivere un post sui social per provare a identificare il posto esatto. Sorpresa! Internet è arrivato in soccorso. Il mio amico Marcello mi ha messo in contatto con Steven Crutchfield che gestisce il gruppo Facebook "Espatriati in Puglia". Molto gentilmente ha pubblicato le foto sul suo gruppo e in poche ore sono state individuate le località, la maggior parte a Santa Maria al Bagno, un paio d'ore di distanza da Bari. È venuto fuori che moltissimi rifugiati sono stati portati qui. C'è anche un Museo della Memoria dedicato ai profughi ebrei. Da qui, gli ebrei partivano per la Palestina, oggi Israele, per iniziare una nuova vita. Io e Brett abbiamo
guidato fino a Santa Maria al Bagno e abbiamo scattato queste foto. Sono profondamente grato e riconoscente con chi mi ha aiutato a far sì che la storia del nonno resti viva".
Una vicenda umana, l'ennesima, che riannoda i fili dopo che uno studioso di Santa Maria, Paolo Pisacane, ebbe l'intuizione di lanciare un sito amatoriale con i riferimenti alla vicenda storica. Da allora, circa 35 anni fa, sono stati centinaia gli ebrei che, soprattutto dagli Stati Uniti, hanno fatto il viaggio al contrario ritornando a Santa Maria. Qui in riva allo Jonio però, l'amministrazione comunale di Nardò sta consentendo la costruzione di una stazione per idrovolanti nel Giardino della Memoria e ha autorizzato un mercatino turistico all'ingresso del Museo della Memoria, quello visitato dal giovane Hoffman. Non esattamente un bel biglieto da visita per chi ha percorso migliaia di chilometri per toccare la Storia da vicino.




mentre concludevo questo post la radio suona questa canzone adattissima a tale storia

CREUZA DE MÄ - Fabrizio De Andrè