30.12.23

mai 4 di copertina è cosi galeotta e veritiera . Madaleine Miller la canzone di Achille


 Lo  so     che    si  dovrebbe    e  sarebbe  più  giusto  aspettare   a  leggere  tutto il libro, per recensirlo    cioè   poter definirlo valido   o meno  . Ma se  una persona  -- come suggeriva Nicola Tanda  il mio  compianto  prof    universitario di letteratura   italiana  --  ha    gli  strumenti  critici o  s'informa  cioè  legge la  trama oppure   sente   dal  vivo l'autore ad  una  presentazione    della  sua opera  , lo sente  o legge  su  media  ,  o ha  la fortuna     ad intervistarlo  per  il suo sito  \  blog  ,  ecc  dovrebbe   essere  in  grado   gia   dalla  quarta  di copertina  o da primi  capitoli  farsi  al  90 %   un idea  in merito a  ciò  che  s'appresta   a  leggere  o regalare  \  farsi regalare 
Io  ho  appena     iniziato    a leggere  i primi  due  capitoli  fin ora   ( trovate  a sinostra la foto dell'autrice e sotto la  copertina      )  di  La  canzone  di  achille  di  madeline   Miller , dopo averne sentito parlare e letto la quarta di coperina
Mi sta già , dalle recensioni , speciali di giornali , ricerchè web , ecc prendendo ed spronando ad andare avanti nella lettura Infatti mi sono  ritornati   alla mente  e ho niziato un viaggio pindarico alla mia infanzia ed giovinezza cioè agli studi scuola media  con racconti Omerici (  Illiade   e Odissea  )  e Liceali \ universitari l'Eneide  di Virgilio . Ma  soprattutto  la bellissima e toccante canzone : Eurialo e Niso  di Massimo Bubola  - Gang e    la recente lettura i qualche anno fa ( 2017 se no ricordo male ) del fumetto Bonelliano il sangue dei mortali --- copertina sotto al centro --- ovvero il n° 58 pe essere più precisi della collana Le Storie Bonelli, racconta le vicende della guerra di Troia da un punto di vista attualizzante e abbastanza originale.  <<   Niente “riassunto esaustivo”, ovviamente, ma una chiave interessante che giustifica pienamente l’operazione di rilettura. ......    continua  sull'articolo     :  Una rilettura pacifista (e fantasy) della guerra di Troia: 'Il sangue dei mortali'    di Fumettologica  >>

Il lavoro è firmato da Giancarlo Marzano, sceneggiatore di Dylan Dog dal 2004, per i disegni di Tommaso Bianchi, al suo esordio presso la casa editrice di Via Buonarroti.
Infatti  mi  sa  che     dovrò  fare  come      suggerisce appunto la  4  di copertina   del libro citato     regalato   da  zio per  natrale    a  mia  madre  


Dimenticate Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la violenza e le stragi, la crudeltà e l'orrore. E seguite invece il cammino di due giovani, prima amici, poi amanti e infine anche compagni d'armi – due giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in una sola, preziosissima urna. Madeline Miller, studiosa e docente di antichità classica, rievoca la storia d'amore e di morte di Achille e Patroclo, piegando il ritmo solenne dell'epica alla ricostruzione di una vicenda che ha lasciato scarse ma inconfondibili tracce: un legame tra uomini spogliato da ogni morbosità e restituito alla naturalezza con cui i greci antichi riconobbero e accettarono l'omosessualità. Patroclo muore al posto di Achille, per Achille, e Achille non vuole più vivere senza Patroclo. Sulle mura di Troia si profilano due altissime ombre che oscurano l'ormai usurata vicenda di Elena e Paride.

 

 concludo   lasciandovi alla versione  audio    il  primo  capitolo  nella  bellissima  interpretazione   del curatore    deo  canale   youtube Storia&Storie!  dove  se  volete    trovate   gli altri  capitoli   dell'opera   in questione  

 



scusate  la  brevità ,  ma  scapppo   la lettura    del  3  capitolo  m'attende  


29.12.23

credere o non nelle persone ?

canzone  suggerite  

Caro amico\ l'anno che  verrà  -Lucio dalla
il  vagabondo    stanco  - Mcr
Non so a chi credere - Biagio Antonacci 

  Grazie   alle  storie   di  Mario   Calabresi    e  di Emiliano Morrone  (  vedere post  sotto  )   che riesco ad  andare  avanti  ed  a


ed alcuni #fidaticontatti riesco ad andare avanti ed a lasciarmi alle spalle quelli che credevo , #compagnidiviaggio ed invece si sono rilevati #infidi ed #egocentrici . come mi successo recentemente con delle persone con cui ho avuto incomprensioni ed anziche provare a risolverle accusano dando la reponsabilità di ciò solo a me e non anche loro




Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "Feltrinelli Editore FRED UHLMAN L'amico ritrovato ECONOMICA S Il fatto è che non sopporto l'idea di ferirti. Eppure non credo di essere l'unico responsabile; non è facile essere all'altezza del tuo concetto di amicizia!"


  Ecco che   

da    altre storie   newsletters  di  www.mariocalbresi.it      del  29 dicembre 2023

Questo 2023, a vederlo da qui, dai suoi ultimi giorni, sembra molto buio. Eppure, facendo un viaggio tra le foto del mio telefono, ho ritrovato momenti, incontri e storie piene di luce. La stessa che auguro a tutti noi per l’anno che inizia
È stato un anno faticoso, troppo pieno di giornate in cui le notizie ci hanno riempito di angoscia: inondazioni, persone portate via dall’acqua e dal fango, un clima che non riconosciamo e ci fa paura; donne e ragazze uccise sistematicamente da chi sosteneva di amarle; una guerra che non vuole finire a meno di mille chilometri dal nostro confine orientale; un attentato terroristico di una crudeltà e dimensioni tali che fatichiamo a comprendere e che può solo ricordare l’11 settembre; una reazione per sradicare quel terrorismo che ha smarrito subito il senso delle proporzioni non facendo distinzione tra militanti e civili, tra combattenti e bambini. Un anno in cui abbiamo convissuto con troppa rabbia. Come si può respirare? Come si può avere fiducia e recuperare un po’ di serenità?


L’arcobaleno che ho fotografato sulla spiaggia di Rimini


Ho fatto un viaggio nel mio telefono, nelle foto che ho fatto nell’ultimo anno e ho trovato la risposta: si può e si deve credere nelle persone. Tendiamo a ricordarci quelle che ci hanno fatto un torto, quelle con cui abbiamo avuto uno scontro e non cerchiamo nella memoria chi invece ha fatto la differenza in positivo.
Io la fiducia la ritrovo nelle persone che ho incontrato, nelle storie che mi hanno raccontato, nello scambio e nell’empatia che si può creare. A gennaio a Roma avevo presentato il libro (“Al volante della mia vita”) di una donna straordinaria, si chiamava Alessandra Pederzoli, aveva 48 anni, era una commercialista con la passione per il canto, raccontava la sua lunghissima lotta con un tumore raro. Fino all’ultimo (è mancata a giugno) ha coltivato la vita e le cose che amava di più. Alla fine della presentazione aveva cantato in libreria ed è uno dei ricordi più belli che mi porto dentro.

Alessandra Pederzoli


Una storia a lieto fine, uno straordinario lieto fine, è quella di Lorena e Giuseppe. Lei era una bambina destinata a morire di leucemia nel 1969, lui un giovane medico ostinato a non arrendersi. A febbraio sono andato ad incontrarli per farmi raccontare la vittoria più bella “della carriera e della vita” e di un’amicizia che dura da più di cinquant’anni. La loro storia la potete leggere qui.

Lorena Agliardi e Giuseppe Masera


A marzo, per puro caso ho conosciuto Jack, su un volo all’alba da Catania a Milano. Ha 78 anni e 13 anni fa, poco prima di andare in pensione, è rimasto vedovo. Dopo un periodo passato a pensare di non avere più nulla da fare nella vita e nessun futuro, ha deciso di cominciare a viaggiare. Quando l’ho incontrato aveva appena finito di fare un giro della Sicilia e l’Italia è stato il 69esimo Paese che ha visitato. La sua storia la potete leggere in questa newsletter.

Il selfie che ho scattato con Jack prima che il nostro aereo atterrasse


Oriano Scheggi è nato e cresciuto in mezzo alle vigne di Sangiovese, quelle con cui si produce il Brunello di Montalcino, e lavora da cinquant’anni nel podere di Pieve Santa Restituta, una tenuta che oggi è della famiglia Gaja.
Oriano ricorda che quando era bambino si facevano olio e vino: le viti erano piantate tra un filare di olivo e l’altro, poi a gennaio del 1985, in una sola notte, la temperatura scese a 12 gradi sottozero. Una terribile gelata che uccise la gran parte degli alberi e decise il passaggio dall’olio al vino in tutta la zona di Montalcino.
Con Oriano ho camminato a lungo e mi ha spiegato che le colline di Montalcino sono coperte al settanta per cento di boschi di lecci e di querce e sono un paradiso per gli animali, a partire dagli uccelli. Da secoli questo è il panorama e non si può tagliare il bosco storico per piantare le vigne.
La terra che Oriano coltiva è piena di fossili di milioni di anni fa: un paio di anni fa ha trovato due denti di squalo bianco, appartenuti a un esemplare che doveva essere lungo più di dieci metri.

Oriano Scheggi


Una cosa bellissima è tenere fede alle promesse, anche quelle piccole. Così dopo tre anni sono andato a trovare Silvana Vivoli, che manda avanti la più antica gelateria di Firenze. Avevo raccontato la sua storia durante il primo lockdown quando facevano anche cinquanta chilometri per portare un gelato a domicilio e lo servivano ai pochi clienti attraverso una buchetta medioevale nel muro. Silvana è nata nel 1967, al tempo dell’alluvione: «Allora fu un disastro, ci vollero due settimane per rimettere in piedi il negozio, ma questo ci ha insegnato a non arrenderci mai».
Il nonno di Silvana, Raffaello, aveva cominciato a fare il gelato nel 1930, ma nel quartiere di fiorentini non c’è rimasto più nessuno: «Solo mia madre e una signora di 78 anni che ogni giorno cala il cestino dalla finestra per avere il suo gelato».
Aver mantenuto la promessa ha avuto molti lati positivi, non solo osservare come fanno il gelato e perdermi nel loro laboratorio ma anche assaggiare il suo strepitoso affogato al caffè.

Silvana Vivoli e il suo affogato al caffè


Al Salone del Libro di Torino ho presentato l’ultimo lavoro di Fernando Aramburu, uno dei miei scrittori preferiti, il suo “Patria” è il libro che amo di più. Naturalmente abbiamo parlato di terrorismo basco, di come la società spagnola sta provando a chiudere quelle ferite, ma anche – ed è quello che mi è piaciuto di più – del suo processo creativo. Fernando scrive guardando un grande cactus che ha davanti alla scrivania, personificazione di chi lo leggerà, ma quando si blocca e non riesce ad andare avanti allora a salvarlo ci pensa Luna, la sua cagnolina che sta sempre sui suoi piedi. Escono a fare una passeggiata e lui ritrova il filo della scrittura.

Con Ferdinando Aramburu al Salone del Libro di Torino per presentare il suo ultimo libro: Figli della favola


Quando nel 2011 la cosiddetta “Venere di Morgantina”, una statua del V secolo avanti Cristo raffigurante una dea, tornò in Sicilia (da cui era stata trafugata) dopo un accordo tra lo Stato italiano e il J. Paul Getty Museum di Malibù, mi chiesi se aveva senso portarla nel piccolo museo archeologico di Aidone. Quest’estate sono andato nel centro della Sicilia per trovare la risposta: sì, è giusto che sia tornata a casa, ma meriterebbe di ricevere l’amore e le attenzioni che le venivano date in California.
Meriterebbe quella cura che una coppia di tedeschi, che arrivati qui per caso durante un viaggio decisero di restare a vivere, ha messo nel piccolo bar che si trova proprio di fronte al museo. Producono torte, biscotti alla cicerchia, olio, fanno delle granite strepitose e sono di una gentilezza modello.

L’interno del caffè La Piazzetta del Museo con il titolare


La storia più potente che ho raccontato quest’anno – la potete leggere qui o ascoltare in podcast - è l’incontro tra Maite Billerbeck e Rossana Ottolenghi, la prima è la nipote di un criminale di guerra nazista responsabile della strage degli ebrei del Lago Maggiore (54 uomini, donne e bambini assassinati e gettati nel lago nel settembre di ottant’anni fa), la seconda è la figlia di Becky Bear che sopravvisse alla strage. Il loro incontro a Meina è stato uno degli sforzi più intensi e potenti per tenere lontano l’oblio e per fare memoria in senso nobile e intelligente.

Maite e Rossana il 24 settembre 2023 sul lungolago di Meina


La Signora delle Comete è la mia donna dell’anno. Ho intervistato Amalia Ercoli Finzi, 86 anni, quest’estate e la sua energia e il suo esempio sono la cosa più contagiosa che ho incontrato. Prima laureata in ingegneria aeronautica in Italia, ha lottato senza sosta per farsi spazio in un mondo che era tutto maschile e non ha mai smesso di studiare e ricercare. Il suo racconto lo potete leggere qui e la sua voce ascoltarla qui e capire come andremo un giorno su Marte.

Amalia Ercoli Finzi


Altre/Storie va in vacanza e non uscirà per due settimane. Ci ritroveremo venerdì 19 gennaio. Molti auguri per un anno di serenità e di pace.


e  da 
LA LENTE DI EMILIANO

Il punto di vista sulla Calabria di un intellettuale apolide

Apollo, pieno di informazioni e privo di interessi nel territorio calabrese, risponde sulle difficoltà della regione e sulle direzioni per uscire dal confinamento in cui si trova

da vhttps://www.corrieredellacalabria.it/    Pubblicato il: 29/12/2023 – 6:53




Icaro volò vicino al sole, che ne fuse le ali di cera. È un’immagine attuale, perché la vita è breve, la Terra ha risorse limitate e il potere le spreca a dismisura. Secondo un altro mito, le Colonne d’Ercole, ubicate nello stretto di Gibilterra tra i monti Calpe e Abila, rappresenterebbero le frontiere della conoscenza. Nel XXVI canto dell’Inferno, Dante ce ne offre una descrizione filmica: l’impavido Ulisse è proprio lì, in alto mare insieme ai suoi compagni, che convince all’arrischio: a superare quella barriera, finché «un turbo» spezza la prua della loro nave, infine risucchiata dalle acque vorticose. La morte arriva come destino, punizione, avvertimento. La letteratura di ogni tempo ci spinge a ragionare, al giudizio responsabile, alla coscienza della finitezza umana. Pochi ricordano, nel citare il libro “Ventimila leghe sotto i mari”, con cui lo scrittore Jules Verne ne anticipò l’invenzione, che il sottomarino – Nautilus, nel racconto – viene inghiottito dal maelström, una specie di gorgo, davanti alle coste della Norvegia. Tuttavia, i membri dell’equipaggio si salvano in maniera rocambolesca. Allora la sorte può essere talvolta benevola, ma sempre a futura memoria. Lo psicanalista Sigmund Freud individuò in «Eros» la pulsione di vita, in «Thanatos» quella di morte. Come in “Spleen et Idéal”, di Charles Baudelaire, l’uomo sembra sempre diviso: a un bivio che richiama il dubbio davanti alle Colonne d’Ercole. Anche se la dualità terrena sarebbe apparente e dunque un inganno, secondo il maestro Juri Camisasca, che con Franco Battiato ha scritto brani cantati da tanti ma letti da pochi. Difatti, nel pezzo “Nomadi”, a proposito dell’elevazione spirituale e del distacco dalle passioni e dalla tensione degli uomini, Camisasca precisa: «Come uno straniero non sento legami di sentimento». Da qui la scelta, espressa da Battiato, di vivere «come un eremita che rinuncia a sé».

CALABRIA TERRA DI CONTRASTI

La Calabria è luogo di contrasti: l’esercito della ’ndrangheta e quello della giustizia; lo splendore della costa tirrenica e gli obbrobri di cemento lungo la Statale 18, immortalata dall’antropologo Mauro Minervino; lo Ionio favoloso della Magna Grecia e il litorale senza servizi; le acque trasparenti e i liquami sversati; le foreste rigogliose e l’isolamento cupo dell’interno; la disoccupazione e il lavoro nero; l’orgoglio identitario e la fuga di ragazzi e famiglie; il vanto per chi si afferma fuori sede e il vituperio dei talenti del posto; le utopie dei religiosi Gioacchino e Campanella e l’istinto laico di confinarle come merci Doc; le strade dissestate e i ponti metafisici verso, parafrasando Battiato, orizzonti perduti che non si scordano mai; l’ossessiva retorica sui giovani e il silenzio fisso sulle loro condizioni. Per chi vive in Calabria è perciò arduo orientarsi, mantenere l’equilibrio e non farsi trascinare dagli opposti, che ogni volta si ripropongono a prescindere dalla buona volontà dei singoli. Ed è una condizione frequente fra i giornalisti. Pertanto, oggi intervistiamo un intellettuale apolide, che per comodità chiameremo Apollo, pieno di informazioni e privo di interessi nel territorio calabrese, cui chiediamo quali sono, a suo avviso, le difficoltà della regione e le direzioni per uscire dal confinamento in cui essa si trova.  

«LA SICUREZZA DEI CALABRESI MINATA DALLA ‘NDRANGHETA»

«La Calabria, rinomata per la bellezza naturale e la propria storia, si trova – premette il nostro interlocutore – a fronteggiare una serie di sfide significative che hanno un impatto profondo sulla vita quotidiana dei suoi abitanti. Uno dei problemi più gravi di questa terra è il radicamento della ’ndrangheta, fra le organizzazioni criminali più potenti al mondo. La criminalità organizzata ha radici profonde nel tessuto sociale calabrese. Ciò mina la sicurezza, la fiducia nelle istituzioni e l’opportunità economica. La presenza della ’ndrangheta crea un clima di paura e incertezza che influenza negativamente la qualità della vita dei cittadini. Ma non è tutto. Infatti, la Calabria si scontra con gravi difficoltà amministrative che ne impediscono lo sviluppo sostenibile. La burocrazia e la corruzione hanno ostacolato la realizzazione di progetti cruciali e la gestione efficiente delle risorse pubbliche. Inoltre, la mancanza di infrastrutture adeguate, come strade e trasporti efficienti, limita l’accessibilità e la connettività, isolando alcune comunità e ostacolando lo sviluppo economico».

Si parla spesso dello stato del Servizio sanitario regionale. Qual è il suo punto di vista, in proposito?

«Il sistema sanitario calabrese affronta gravi sfide, tra cui la carenza di personale medico qualificato, la mancanza di strutture moderne e la difficoltà nell’accesso a servizi di qualità. Questi problemi mettono a rischio la salute della popolazione e aumentano la pressione sui residenti, che spesso devono affrontare lunghi tempi di attesa e percorsi di cura inefficienti».

Qual è la sua opinione riguardo alle aree interne della Calabria?

«Stanno vivendo uno spopolamento costante, con le giovani generazioni che scelgono di emigrare in cerca di opportunità altrove. Questo fenomeno è alimentato da un’economia debole, con un tasso di disoccupazione elevato e limitate prospettive di crescita. L’assenza di opportunità lavorative stimola il dominio della criminalità organizzata e crea un circolo vizioso che perpetua la fragilità economica della regione».

Qual è il rapporto fra i cittadini e la politica?

«A volte, la politica locale sembra essere orientata a mantenere lo stato delle cose, piuttosto che a implementare riforme significative. La subordinazione dei cittadini alla politica crea un ambiente in cui le voci della popolazione rischiano di essere soffocate, contribuendo alla persistenza di problemi strutturali. Questo clima spinge molti giovani e famiglie a cercare una vita migliore altrove. È un’emigrazione che indebolisce ulteriormente il tessuto sociale della Calabria».

Come costruire un futuro migliore?

«La Calabria si trova di fronte a sfide complesse e interconnesse, che richiedono un approccio integrato per affrontarle. Occorre combattere la ’ndrangheta, migliorare la governance, potenziare le infrastrutture, rafforzare il sistema sanitario e promuovere lo sviluppo economico. Sono passi fondamentali per garantire un futuro più luminoso per questa affascinante regione del sud italiano. La disorganizzazione, la disoccupazione e l’emigrazione sono in Calabria problemi centrali, che richiedono una riflessione approfondita. La regione può puntare sulle sue risorse storiche e culturali per promuovere il turismo sostenibile e creare opportunità economiche. Bisogna investire nella valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico. Ciò può attrarre visitatori e generare entrate vitali per lo sviluppo locale».

E poi?

«Va contrastata la disorganizzazione generale con una governance efficiente e trasparente. È indispensabile implementare riforme amministrative, semplificare la burocrazia e contrastare la corruzione. Ciò al fine di creare un ambiente più favorevole agli investimenti e alla crescita economica».

Come affrontare la disoccupazione?

«È un problema che richiede un approccio multilivello. È giunto il momento di diversificare l’economia, di incoraggiare l’imprenditorialità locale, di promuovere l’istruzione e la formazione professionale. Si tratta di interventi che possono contribuire a creare opportunità di lavoro e a ridurre la dipendenza da settori vulnerabili».

L’emigrazione è un vecchio problema della Calabria. Come fermarla?

«Ridurre l’emigrazione implica fornire incentivi per trattenere i talenti locali. Ciò può essere realizzato attraverso la creazione di opportunità professionali, mediante investimenti nell’istruzione e nella ricerca e con la promozione di un ambiente favorevole all’innovazione e alla creatività».

Esiste una mentalità ostativa?

«La mentalità locale dominante può influenzare significativamente lo sviluppo. È dunque essenziale alimentare una mentalità aperta al cambiamento, alla collaborazione e all’innovazione. La comunità stessa deve essere parte attiva nella definizione del proprio futuro, superando resistenze al cambiamento e promuovendo una cultura di responsabilità collettiva. In questo senso, il ruolo della classe politica è cruciale. Una classe politica impegnata, responsabile e orientata al benessere della comunità può fungere da catalizzatore per il cambiamento positivo. La trasparenza, l’accountability e la partecipazione democratica sono elementi chiave per valutare e migliorare il livello della classe politica calabrese. In sintesi, il superamento delle sfide della Calabria richiede un approccio integrato che coinvolga la valorizzazione delle sue risorse, miglioramenti infrastrutturali, un’economia diversificata, un cambiamento nella mentalità e una classe politica impegnata. Solo attraverso uno sforzo congiunto della comunità locale, delle istituzioni e degli attori economici, è possibile costruire un futuro più prospero e sostenibile per questa regione straordinaria».

Quanto, a suo avviso, è stato finora fatto, rispetto a ciò che ha suggerito per lo sviluppo della Calabria?

«Valutare gli sforzi compiuti per lo sviluppo della Calabria è complesso e può variare a seconda dei contesti e delle aree specifiche. Tuttavia, è possibile fornire alcune osservazioni generali. Sono stati fatti passi in avanti nella promozione del turismo culturale, ma ulteriori investimenti e sforzi potrebbero ampliare l’attrattività della regione. Ancora, sono state avviate riforme amministrative, ma la lotta alla corruzione e la semplificazione della burocrazia richiedono interventi continuativi per garantire un ambiente favorevole agli investimenti. Credo che siano in corso tentativi di diversificare l’economia e stimolare l’imprenditorialità, ma la disoccupazione persistente suggerisce la necessità di ulteriori iniziative e politiche mirate».

Perché, sulla base delle sue informazioni, in Calabria c’è poca collaborazione tra i vari attori locali, tra politica e società civile, tra cultura e imprese, tra pubblico e privato?

«Fattori storici e tradizioni locali possono influenzare le dinamiche sociali. Spesso, la cultura della chiusura e della diffidenza può ostacolare la collaborazione. Inoltre, problemi strutturali, penso alla corruzione e alla cattiva governance in singole realtà, possono minare la fiducia tra la popolazione e le istituzioni, creando barriere alla collaborazione. Peraltro, la mancanza di incentivi e di un ambiente favorevole può scoraggiare la collaborazione tra il settore pubblico e privato. La percezione di una mancanza di trasparenza e gli interessi personali possono alimentare la diffidenza reciproca. In alcune situazioni, poi, la competizione a fronte di risorse limitate può superare la volontà di collaborare. Questo può essere evidente tra le imprese, ma anche tra diversi livelli di governo. Se non bastasse, le visioni divergenti sullo sviluppo della regione possono ostacolare la collaborazione. Diverse parti interessate potrebbero avere obiettivi contrastanti, rendendo difficile trovare terreni comuni».

Sta facendo un’analisi di buon senso, senza puntare l’indice verso qualcuno.

«Non servirebbe l’accusa. Voglio pure sottolineare che la mancanza di coinvolgimento attivo della società civile può indebolire la voce della comunità calabrese. La partecipazione civica è fondamentale per una collaborazione efficace. Infine, ma non per ultimo, la pervasività della ’ndrangheta può intimidire la società civile, riducendo la volontà di collaborare per paura di ritorsioni».

E quindi?

«Per superare queste sfide, reputo necessario promuovere una cultura di trasparenza, responsabilità e partecipazione attiva. Tali iniziative sono utili a favorire il dialogo aperto tra i vari attori, a sviluppare una mentalità di collaborazione e ad agevolare la nascita di piattaforme per coinvolgere la società civile».

Ora possiamo svelare che l’intervista è stata rilasciata da ChatGPT, con qualche piccolissimo ritocco. Continueremo ad approfondire il tema dell’Intelligenza artificiale, che oggi ci rinvia al mito delle Colonne d’Ercole, per la conoscenza, per la responsabilità, per la vita umana. (redazione@corrierecal.it)



DIARIO DI BORDO N ° 25 ANNO I. Roma, carte di credito nella Fontana di Trevi al posto del lancio delle monetine.,Il portiere che fece 131 gol. Storia di Rogerio Ceni e degli altri numero uno bomber per caso ., “Io, laureata con un master in design e finalmente stabilizzata come netturbina. Sarà dura, ma sono felice” ., ed altre storie


Roma, carte di credito nella Fontana di Trevi al posto del lancio delle monetine




In tempi di pagamenti "contactless" anche le più antiche tradizioni sembrano cedere il passo. E così si vedono dei turisti "strisciare" la carta di credito al posto del tradizionale lancio della classica monetina dentro la fontana. E' solo una divertente gag organizzata da un gruppo di turiste americane per postarlo sui propri social, ma non si sa mai.


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L’ex estremo difensore del San Paolo è il portiere che ha segnato più reti (e non solo su rigore) nella storia del calcio. Dietro di lui due leggende come Higuita e Chilavert. In Italia il primato appartiene a Antonio Rigamonti


Se giocasse ancora, magari nel campionato italiano, l’asta per aggiudicarselo al Fantacalcio arriverebbe a quote strabilianti rischiando di compromettere amicizie decennali. Altro che Lautaro o Osimhen, al momento della chiamata di Rogerio Ceni


la tensione salirebbe alle stelle e qualsiasi fantallenatore si impegnerebbe un rene pur di averlo nella propria squadra. E già, perché poter disporre di un portiere che in carriera ha segnato 131 reti, 69 su rigore, 61 su punizione e una addirittura in una normale azione da gioco, garantirebbe una vittoria sicura. Più di un attaccante da record o un centrocampista dai piedi buoni capace di mettere insieme un buon bottino di reti e assist.
Del resto Rogerio Ceni, portiere leggendario del San Paolo, era soprannominato M1to e non è un refuso. Uno, infatti, era il suo numero di maglia, e tra tutti i numeri 1 è lui l’unico a essere finito nel Guiness dei primati. Niente male per uno che fino a vent’anni alternava lo sport nelle serie minori al lavoro sicuro in banca a Pato Branco, nello Stato del Paranà in cui era nato. E dove hanno cominciato fuoriclasse del calibro di Pelè, Garrincha e Zico, solo per citarne alcuni. Rogerio si accomodava solitamente in panchina e aspettava serenamente il suo momento. Che sembrava non arrivare mai. Poi, nell’aprile del 1990, si fa male il titolare. L’allenatore gli lancia uno sguardo: “Te la senti?”. Ceni entra in campo e dieci minuti più tardi para un rigore. Ci vogliono però altri sette anni prima che la carriera di Rogerio possa finalmente svoltare: diventa lui il titolare del San Paolo, in allenamento si diverte anche a tirare rigori e punizioni e molto spesso fa centro. “Mister, posso provare anche in partita?”. Segna il primo penalty, poi il secondo, si avvicina furtivo quando la sua squadra ha punizioni potenzialmente pericolose. E pure quelle, tante volte, finiscono alle spalle del collega rivale. Ceni ha un sogno, che corona nel giro di qualche campionato: superare due leggende come Chilavert e Higuita, altri due portieri sudamericani goleador. Finirà per doppiarli.
José Luís Chilavert, l’idolo del Paraguay che adesso si è lanciato anche in politica, si è fermato infatti a 62. Renè Higuita, detto lo scorpione, a “soli” 41. Due storie partite dalla strada, come spesso avviene nel calcio: Chilavert lo chiamavano il “bulldog” e probabilmente non serve spiegare il perché. Basta vedere una sua foto in campo, lo sguardo minaccioso verso gli avversari, la carica che riusciva a dare ai compagni. Che, quando si doveva battere un calcio piazzato, sapevano che dalla sua area sarebbe arrivato lui, José Luís. Raccontano che qualcuno, ogni tanto, provasse a “rubargli” qualche tiro dal limite. Di solito, però, lo faceva una volta e poi mai più.

Il portiere paraguaiano Chilavert

Il portiere paraguaiano Chilavert

Decisamente più simpatico il colombiano Higuita, capello lungo e baffo da sparviero, non esattamente altissimo e magrissimo anche perché la vita da sportivo non faceva molto per lui. Eppure, malgrado un fisico rivedibile, Renè in porta sembrava una molla. Volava da una parte all’altra e spesso deliziava il pubblico con la sua specialità, il calcio in salto con i piedi dietro la schiena, quasi fosse uno scorpione, appunto. Poi, vabbè, era anche legatissimo a El Patron, il boss del narcotraffico Pablo Escobar, ma ammise le sue colpe e si fece perdonare. In un documentario del 2010 disse: “Non sono orgoglioso di tutto ciò che ho fatto, sono un povero peccatore”. Un po’ fuori tempo massimo, ma non si può avere tutto dalla vita.

Rene Higuita

Rene Higuita

 Nel nostro piccolo, prima che Provedel siglasse il pareggio della Lazio contro l’Atletico Madrid in Champions e addirittura Falconi, portiere del Lecce, si procurasse un rigore che ha consentito ai salentini di pareggiare con il Bologna, la classifica dei portieri con il vizio del gol era – ed è ancora ovviamente – guidata dall’istrionico Antonio Rigamonti, capace di segnare per sei volte con la maglia del Como
Gol di Rigamonti su rigore

Gol di Rigamonti su rigore

 Rigamonti, ricercatissimo nelle figurine quasi quanto il mitico Pizzaballa, giocò per una vita da Nord a Sud e chiuse la sua lunghissima carriera nientemeno che ad Agrigento con la maglia dell’Akragas. Non era facile superare un numero uno del passato come Lucidio Sentimenti (cinque reti) e certo per l’estremo difensore nato a Carate Brianza questo record italiano resterà una medaglia da mostrare ai nipotini. Magari fino a quando qualcuno riuscirà a batterlo, anche se al momento l’unico in attività che può provarci è proprio il laziale Provedel, già a quota due visto che in precedenza aveva sempre segnato di testa con la maglia dello Juve Stabia. A quota uno sono fermi Michelangelo Rampulla, Massimo Taibi, Marco Amelia e Alberto Brignoli. A parte quest’ultimo, che gioca in Grecia, gli altri però hanno smesso da un bel po’. Il buon Rigamonti, insomma, può dormire sonni tranquilli

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Cristina Anemone è tra gli ottanta dipendenti di Amiu Bari che hanno firmato il contratto di stabilizzazione . E ora è contenta perché, dice, “finalmente ho una sicurezza e una stabilità economica e professionale”






Cristina Anemone ha 39 anni. Nel suo curriculum c’è una laurea in Scienze della comunicazione e un master allo Istituto europeo di design di Milano. Dal primo gennaio sarà a tutti gli effetti una dipendente di Amiu, assunta a tempo indeterminato con la qualifica di operatore J (la figura che si occupa della raccolta per strada dei rifiuti). Cristina è tra gli ottanta dipendenti di Amiu che mercoledì hanno firmato il contratto di stabilizzazione . E ora è contenta perché, dice, «finalmente ho una sicurezza e una stabilità economica e professionale». Una storia che rappresenta un’eccezione.
Una laurea, un master, tante esperienze. Alla fine ha accettato un lavoro diverso da quello per cui ha studiato. Non è da tutti.
«Forse, ma io non mi lamento e sono anche molto soddisfatta. Ho lavorato quasi sempre nel settore privato con carichi e orari di lavoro che per me che ho una famiglia e una bambina di tre anni erano insostenibili. Lavoravo anche 10 ore al giorno, finivo tardi, ricordo che facevo la spesa agli orari più impensabili, non avevo tempo per nulla, neanche per un saluto con le amiche. Sinchè sei da sola può anche andare bene, con una famiglia ed una bambina piccola diventa impossibile».
E così lei nel 2021 ha provato il concorso per entrare in Amiu. Per il suo profilo il requisito era il possesso della licenza media. Come ha preso questa decisione?
« Io mi sono laureata in Scienze della comunicazione a Bari e poi mi sono trasferita a Milano dove ho seguito un master allo Ied. Il mio primo incarico è stato quello di Account junior in una società di comunicazione nel capoluogo lombardo. Nel 2008 la crisi economica ma anche questioni familiari mi hanno riportato a Bari dove ho cominciato a fare tanti lavori. Per una grande catena sono stata impiegata a tempo determinato come allievo capo settore. Poi sono stata assunta in una società di Terlizzi, ma quando la sede di Bari ha chiuso sono stata licenziata. Insomma la stabilità economica non arrivata e quando ho saputo del concorso di Amiu ci ho provato. Mi sono candidata per il ruolo di operatore J, ho scartato quello di autista perché non avevo il requisito della patente per i mezzi».
E alla fine è stata chiamata da Amiu.
«Si per i primi mesi sono stata impiegata per sostituire il personale in ferie. Ero una degli operatori che si occupano della raccolta porta a porta e quindi ad esempio di svuotare i carrellati condominiali. È un turno che comincia alle 5 e finisce alle 11.30. L’ho fatto per sei mesi nella zona di Palese, Santo Spirito».
E come è andata?
«All’inizio è stata dura, poi diciamolo le donne non sono tantissime e io non avevo mai fatto questo lavoro, ma quelli della “squadra” mi hanno aiutato, mi hanno accolto bene».
E ora?
«Adesso sono stata destinata in un altro servizio, quello di consegna dei kit ai cittadini dei quartieri come Carbonara dove sarà attivato il servizi di raccolta porta a porta. Il turno comincia alle 13 e finisce alle 19.30. Ed è proprio questo il punto: lavorare su turni mi consente di conciliare il mio impiego con la gestione della famiglia e di una bambina piccola».
Quanto guadagna?
«Per 30 ore settimanali poco più di mille euro, ma va benissimo così. Amiu è un’azienda nella quale ci sono possibilità di crescita».
Cosa le hanno detto i suoi amici quando hanno saputo del suo nuovo lavoro?
«Può sembrare strano, ma sono stati contenti per me. I miei amici sono sui 40 anni e le assicuro che anche per i laureati in Puglia non è semplice trovare una occupazione stabile».

28.12.23

social legioni di complottisti da tastiera stanno mettendo in dubbio non solo la qualità ma anche la veridicità della straordinaria foto di Valerio Minato su Superga, il Monviso e la Luna, premiata dalla Nasa per la sua meraviglia.



Dando un occhiata alle bache dei followeras di fb  ho  appreso   che  Valerio Minato, un fotografo professionista di Biella, classe 1981, ha vinto il premio come foto del giorno della Nasa nel giorno di Natale

 

La foto,che ritrae in un immaginifico incastro la Luna, il Monviso e la basilica di Superga è stato premiato dalla Nasa e dalla Michigan Technological University.  Una  foto   attesa per sei lunghi anni, mostra una scena pittoresca con la Basilica di Superga, il Monviso e una meravigliosa Luna al tramonto nella sua fase crescente.



Si intitola “Cathedral, Mountain, Moon”, non serve, almeno si  spera  aggiungere altro.Ma  ecco  che      arrivano   i  ptrimi  commenti  : << “È falsa come una banconota da tre euro”.,“Photoshop”.,
“È solo uno che aveva molto tempo da perdere”.,“Ma a chi la date a bere? Il Monviso si trova dall’altra parte di Superga”.,“Manca solo E.T. poi il tarocco è completo >>Questi sono   una minima parte delle centinaia di commenti con cui ovunque sui social legioni di complottisti da tastiera  e  non  solo  stanno mettendo in dubbio non solo la qualità ma anche la veridicità della straordinaria foto di Valerio Minato su Superga, il Monviso e la Luna, premiata dalla Nasa per la sua meraviglia.
Ora, sarebbe pure una questione modesta rispetto all’eccezionalità  ed  alla  bravura    dello scatto, eppure è un riflesso impietoso dello stato drammatico di larga parte di questo Paese.
In pratica, qui abbiamo un fotografo di eccezionale talento e costanza che ha trascorso gli ultimi sei anni - SEI anni - della sua vita prima per capire se, come e quando un simile allineamento si potesse verificare, poi a trovare il luogo esatto - uno soltanto tra miliardi possibili - in un bosco di notte a 30 chilometri dalla città, e ritrovarsi esattamente nel luogo giusto, al momento giusto, col grado di sereno giusto affinché questo spettacolo straordinario potesse verificarsi, senza alcun fotomontaggio o intelligenza artificiale, finendo per essere anche premiato dal principale ente scientifico astronomico al mondo.
Però poi arriva manuelino77 o @noncielodikono ed  altra 
gente che fino a ieri mattina non sapevano nemmeno cosa fosse un teleobiettivo, ma oggi ci vengono a dire che è tutto un grande inganno e giurano che siamo ingenui e che uno scatto del genere è semplicemente impossibile. E che potranno farla pure alla Nasa, ma a loro no.
Ora Capisco essere ignoranti in ambito fotografico e tecnico , visto che ad un occhio in esperto può sembrare fotoshop e simili , ma un minimo di documentazione . Ma soprattutto quando si apprende che ha reso una cantoinata o ametti il tuomerrore \ la tua ignoranza o ti rifuggi in silenzio , non che come un idiota continui ad insistere ed adduci teorie assurde. Come Nicolò Oppicelli _ << Ho passato diverse ore a guardarla chiededomi quanto Valerio la avesse sognata e ricercata. Riguardo ai troppi commenti che girano sul web, beh...è facile nascondersi dietro commenti superficiali come generata con AI o "photoshopped", quando si guarda una fotografia straordinaria. Tali commenti ignorano l'incredibile abilità, la passione e l'impegno che stanno dietro la creazione di quella fotografia. La fotografia è una forma d'arte che richiede una visione unica e una dedizione senza pari: ogni scatto cattura un momento irripetibile, una storia non raccontata, un'emozione che parla al cuore. Invece di criticare, dovremmo celebrare la magia che queste immagini portano nelle nostre vite, ricordandoci che dietro ogni fotografia c'è un artista che ha messo a disposizione del mondo una parte di sé. >>
Concordo inoltre con Lorenzo tosa quando dice : <<E allora capisci. Non che ce ne fosse bisogno, ma realizzi, da una vicenda tutto sommato trascurabile come questa, come siamo finiti fino a questo punto, con quale livello fuori scala di abiezione e arroganza dell’ignoranza dobbiamo fare i conti ogni giorno su questioni molto più complesse e vitali, quando si parla di salute pubblica, giustizia, politica, voto.>>Alla  faccia   haters   odiatori   e ei  complottisti     sia vedendo le sue  foto    sul  suo  sito https://www.valeriominato.it/   sia  

 


  il backstage  che  trovate    sopra ( o qui  da suo  Facebook     se   non     si riesce  a  vedere  il  video )    ❤️ 15 Dicembre 2023, ore 18:52. Non perdetevi la chicca che arriva al secondo 20 ✈️  <<<  Condividetelo se vi va per aiutarmi a far capire che siamo circondati di meraviglia anche senza fotomontaggi o intelligenza artificiale 🙏💘 >>  non  mi  sembra  abbiato  usato  montaggi    digitali   . Ma  sopratutto  non è un fotografo  alla   sbaraglio o improvvisato ma uno che  ci mette  passione   e studio  vista  l'abilità   con cui  ha  saputo  immortale  con precisione   oraria  e    derl luogo di tale  fenomeno  . Infatti  ecco la     Spiegazione  di APOD: 25 dicembre 2023 – Cattedrale, Montagna, Luna (nasa.gov) :

 
Singoli scatti come questo richiedono pianificazione. Il primo passo è rendersi conto che un triplo allineamento così sorprendente ha effettivamente luogo. Il secondo passo è trovare la posizione migliore per fotografarlo. Ma era il terzo passo: essere lì esattamente al momento giusto... E quando il cielo era sereno, quella era la cosa più difficile. Cinque volte in sei anni il fotografo ha provato e trovato maltempo. Finalmente, solo dieci giorni fa, il tempo era perfetto e un sogno fotografico si è realizzato. Scattata in Piemonte, Italia, la cattedrale in primo piano è la Basilica di Superga, la montagna al centro è il Monviso, e, beh, sapete quale luna c'è sullo sfondo. Qui, anche se la Luna al tramonto è stata catturata in una fase crescente, l'esposizione era abbastanza lunga per la luce terrestre doppiamente riflessa, chiamato bagliore da Vinci, per illuminare l'intera parte superiore della Luna.

non so  cos'alòtro dire  davanti  a  tale bellezza   

27.12.23

Un soldato americano riconosce i genitori che si baciano a TRIESTE in una foto del 1954

Lo sò che la storia trovata sul web, grazie alla rassegna di : MSN Italia e di bing.com, è  una  storia  adatta    per  san  valentino , ma  certe  storie  non  hanno data    fissa  . 

Lo scatto immortala l’addio appassionato alla stazione tra un militare e una ragazza. L’autore è Ugo Borsatti. Quarant’anni dopo l’incontro a Trieste con il figlio della coppia




Un soldato statunitense, figlio di un militare americano e di una donna triestina, riconosce i genitori in uno scatto del 1954 del fotografo Ugo Borsatti: nella fotografia un soldato americano bacia una ragazza sporgendosi dal finestrino del treno in partenza sollevandola da terra.

Il figlio di quel soldato,[  foto a destra  ] dopo aver riconosciuto nei due innamorati che si salutano alla stazione di Trieste suo padre e sua madre, dopo 40 anni arriva nel capoluogo giuliano a conoscere il fotografo.
A raccontare questa vicenda oggi,dopo diversi anni, è la rivista InTrieste, un trimestrale triestino in lingua inglese, che ha intervistato Christopher Swaim, il figlio della “coppia del bacio”.
La loro è una delle tante storie d'amore che hanno contrassegnato l'arrivo degli alleati per liberare il Paese dai nazisti. Il giovane soldato statunitense James Swaim, originario di un paesino dell'Arizona, e la triestina Graziella si conoscono perché quest'ultima per guadagnare qualche spicciolo fa il bucato per i militari Usa.

S’innamorano ma nel 1954 l'Us Army di stanza a Trieste, nove anni dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, lascia la città, restituendola all'Italia. Graziella va alla stazione per dare l'addio al suo soldato. Si baciano, mentre gli altri soldati ai finestrini sembrano non accorgersi di quella scena appassionata che richiama il famoso bacio immortalato da Robert Doisneau all'Hotel de Ville.Non è un addio. James e Graziella si sarebbero sposati nel novembre dello stesso anno, a Livorno, e, dopo varie traversie, sarebbero andati a vivere negli Stati Uniti.E’ Christopher, nato oltreoceano nel 1956, due anni dopo quel bacio, a raccontare oggi la loro storia alla rivista InTrieste. Dopo il matrimonio James e Graziella vanno a New York. Il figlio seguirà le orme paterne arruolandosi nell’esercito e arrivando di stanza in Italia, a Vicenza.La scoperta della fotografia che immortala i suoi genitori risale al 1994 e fa scattare in lui la voglia di conoscere l’autore. E’ così che Christopher, grazie all’aiuto di un cugino, si reca a Trieste per incontrare Borsatti, del quale diventerà amico. La storia di James e Graziella sarà oggetto anche di un documentario, in lavorazione