DA https://www.dols.it/ ON
Uno dei motivi per cui amo febbraio è il Festival di Sanremo. Ecco, l’ho detto, anzi scritto, e sono spacciata poiché, com’è noto, scripta manent.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
DA https://www.dols.it/ ON
Oggi 10 febbraio che altro dire altre a quello che ho già riportato nel precedente post o a quanto detto nella bella puntata del 9\2\2024 della trasmissione rai di passato e presente dove con lo storico
da https://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Rumici
Guido Rumici (Gorizia, 27 settembre 1959) è uno storico e saggista italiano. Studioso della storia del confine orientale italiano ed esperto di storia della Venezia Giulia e della Dalmazia, Rumici è autore di numerosi saggi sull'argomento, cui ha dedicato più di un decennio di ricerche e documentazione.Professore di Economia aziendale e di Storia ed Economia regionale, Rumici è cultore di Diritto dell'Unione Europea e di Diritto Comunitario presso l'Università di Genova nonché relatore e conferenziere per conto dell'Università Popolare di Trieste e su mandato del Ministero degli Affari Esteri nelle Comunità degli Italiani dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia. Giornalista, è autore di volumi divulgativi e documentari di approfondimento. [...]
si provato a parlare nel breve tempo ( circa una mezzora ) a disposizione delle foibe e dell'esodo fino all'istituzione del la giornata del ricordo nel 2004 inquadrandolo ( come si dovrebbe fare e d invece non sempre viene fatto ) nel contesto dela questione adriatica . Unico neo è che , e qui ne parlo anch'io scusandomi per non averne parlato nel mio pot precedente , delle cause del silenzio ( salvo pochi coraggiosi e del Msi in chiave anticomunista ) dal 1954 ad 1996\2004 . Un ragionamento sulla tragedia degli italiani del confine nordorientale non è completo se non affronta il problema della rimozione: a fronte della gravità dei dati numerici (diecimila morti e oltre trecentomila profughi), perché per tanto tempo le vicende del confine nordorientale sono risultate «indicibili» e scomode ? La risposta , come dice Lo scrittore friulano Carlo Sgorlon (1930-2009) di cui dal oggi 10 febbraio troviamo in edicola con il «Corriere della Sera» e il settimanale «Oggi»il romanzo di Carlo Sgorlon [ foto a sinistra ] «La foiba grande» , in vendita al prezzo di 9,90 euro più il costo della testata a cui è allegato il volume.
Lo scrittore friulano Carlo Sgorlon (1930-2009) |
la settimana che precede il festival di San Remo , quest'anno , almeno fino alla conferenza stampa di presentazione , non aveva avuto polemiche a parte quella su Sinner fatto a pezzi dai fans e seguaci
extraparlamentari della destra e non solo perchè ha rifiutato la passarella San Remese , e quelll'altra sullo spot di Pupa Amadeus e Marco Mengoni cantano insieme “Bella Ciao” in sala stampa a Sanremo. Lo spunto è una domanda di Enrico Lucci di “Striscia la Notizia”, che chiede a entrambi i conduttori della prima serata del Festival di Sanremo se possano definirsi «antifascisti». «Sì», rispondono entrambi senza esitazione e poi intonano bella ciao la canzoneLa retorica della memoria \ de ricordo è un esercizio vano ed inutile finendo per diventare mezzo di propaganda ed arma \ strument idelogico da usare contro il tuo nemico ed arma di diastrazione di massa ( vedere il video di Caterina Guzzanti ed allora le foibe ) . Infatti Nella storia di queste terre di confine intrise di contaminazioni etniche fino all'inzio del ventesimo secolo e poi di sangue, ed odi etnici e di nazionalismi è raro che nei talk televisivi (a parte gli studiosi seri e qualche giornalista informato e non troppo fazioso ) qualcuno citi con cognizione di causa i “fatti” che precedono e accompagnano la carneficina in atto per farne comprendere genesi e conseguenze possibili. Molto più semplice (ed efficace per la resa dello “show”) dare fuoco alle polveri delle curve contrapposte in discussioni del tutto avulse dalla concatenazione degli eventi (perlopiù bellamente ignorati o usati a proprio uso e consumo ). Utili più che altro (gli scazzi) a regolare i soliti conti nel cortile delle fazioni: un po’ come schierarsi pro o contro Robespierre senza sapere una cippa della Rivoluzione francese e sulle sue cause . Ed in questo clima , oltre che per problemi personali che l'ano scorso ho dimenticato di parlare e ricordare l'80 esimo anniversario della scoperta delle foibe del 1943 cioè quelle che avvennnero a cavallo del 25 luglio e del 8 settembre e che certa storiografia considera tutt'une con quelle del 1945\7 pur di non parlare e far passare in secondo piano le responsabilità del fascismo e della sua collaborazione con il nazismo nel commettere crimini ed alimentare ulteriormente l'odio anti italiano delle popolazioni slave attribuendole solo ai comunisti di Tito .
Ieri uccisi nelle foibe, oggi ostaggi dell’uso politico della storia. La doppia condanna degli italiani d’Istria Il lungo silenzio della sinistra salvo eccezioni e la chiassosa rivalsa ideologica della destra oltre il recente sdoganamento non permettono di costruire sempre che sia possibile ( vedere mio post : << 10 febbraio ( e non solo ) e impossibilità della memoria condivisa >> una memoria conivisa su tali eventi . E proprio di questo che parla l'interesante articolo di Gigi Riva del settimanale l'espresso dell'anno scorso
Dopo le solite discussioni furibonde e tutte ideologiche che hanno coinvolto persino il festival di Sanremo in occasione del Giorno del Ricordo (10 febbraio), è il caso di aprire una riflessione pacata sulle foibe, senza semplificazioni di parte e tenendo conto della complessa e tormentata storia del nostro confine orientale. C’è un presupposto imprescindibile per qualunque analisi serena e mondata da interessi partitici: la Venezia Giulia, l’Istria tutta, avevano storicamente tre radici: italiana, slovena e croata.
I tre gruppi etnici convissero più o meno pacificamente fino a metà Ottocento quando cominciarono ad affiorare sentimenti di appartenenza che sfoceranno nella formazione degli Stati nazione. La regione faceva allora parte dell'impero austro-ungarico che, dopo la perdita del Veneto nella Terza guerra d'indipendenza, temendo l’irredentismo italiano e la volontà di riunire quei territori al neonato Regno d’Italia, ne favorì la slavizzazione «con energia e senza riguardo alcuno» per usare una frase dell'imperatore Francesco Giuseppe al Consiglio della Corona del 12 novembre 1866. Si può far risalire a quell'epoca l’inizio di tensioni, odi e vendette che si protrarranno per quasi un secolo. Dopo la sconfitta dell’Austria-Ungheria nella Prima guerra mondiale, l’Italia con il Trattato di Rapallo del 1920 ebbe il controllo di una larga fetta dell’Istria e di una parte del litorale, in cui abitavano circa 356 mila italiani e 490 mila slavi. Benito Mussolini, anche prima di arrivare al potere, aveva idee chiare su come risolvere per le vie spicce il rapporto con le altre popolazioni. A Pola, il 22 settembre 1920, disse: «Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del bastone. Io credo che si possano più facilmente sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani». E bastone fu. Squadre in camicia nera si occuparono di dare contenuti alle parole del duce. Fu proibito l’uso delle lingue slovena e croata, fino all’episodio estremo di un anziano di 92 anni impiccato al campanile di una chiesa perché parlava nel suo idioma non conoscendone altri. L’opera di pulizia culturale fu spietata. Case del popolo bruciate, così come le scuole degli slavi, italianizzati i cognomi persino sulle lapidi dei cimiteri, abolite le associazioni culturali, sociali e sportive. Italianizzazione forzata (leggi il libro “Il martire fascista”, di Adriano Sofri, Sellerio).Interi paesi bruciati, contadini espropriati delle loro terre a favore dei coloni italiani mandati a mutare la composizione demografica della regione, pestaggi e arresti indiscriminati, centinaia di processi sommari a chi si opponeva al regime. Omicidi, ovviamente. E il gerarca Cobolli Gigli che minacciava chi si ostinava a usare la propria lingua: «Corre il pericolo di trovare sepoltura nella foiba». Si calcola che almeno centomila persone furono internate nei campi di concentramento. Ancora Mussolini: «Quando l’etnia non va d’accordo con la geografia è l’etnia che deve muoversi; gli scambi di popolazione e l’esodo di parti di esse sono provvidenziali perché portano a far coincidere i confini politici con quelli razziali». Una prassi diffusa nel Ventesimo secolo che usò anche Stalin.L situazione peggiorò con l'invasione dell’Italia fascista del 1941 e la creazione della provincia di Lubiana, quando crebbero fucilazioni e deportazioni. Per fare un esempio, il 12 luglio del 1942 su ordine del prefetto della provincia di Fiume Temistocle Testa tutti i 91 uomini del villaggio di Podhum di età compresa tra i 16 e i 64 anni furono fucilati. Questo il quadro prima del 1943, dell’armistizio, dell’operazione Nubifragio con cui i nazisti volevano assumere il controllo della Venezia Giulia, della controffensiva dei partigiani di Tito che toccò il suo apice di crudeltà con gli infoibamenti. Le foibe sono cavità carsiche profonde fino a 200 metri in cui furono gettati i corpi di migliaia di italiani. Alcuni ancora vivi e che morirono dopo un’indicibile agonia. Migliaia di italiani. Già ma quanti? Gli storici più prudenti accreditano una cifra tra i 3 e i 5 mila, altri arrivano a quattro volte tanto, 20 mila. Fra di loro non solo fascisti, ma innocenti uccisi perché italiani. Seguì più tardi l’esodo verso l’Italia di 250-350 mila italiani che non volevano restare nella Jugoslavia comunista. La nostra sinistra ebbe l’indiscussa colpa di coprire per lungo tempo con un velo di silenzio queste tragiche vicende in nome dei buoni rapporti tra Palmiro Togliatti e Tito e per il timore che l’intera questione fosse decrittata con la lente dell’ideologia: una vendetta comunista contro gli italiani fascisti. Mentre, se è innegabile che esistesse anche questa componente, la vendetta scaturiva anche dai torti subiti nel ventennio fascista e dunque era piuttosto una rivincita etnica. La destra, all’opposto, ha voluto usare solo la lente ideologica, come se si potesse racchiudere il problema del confine orientale limitandosi all’analisi del periodo 1943-45 e senza mai rammentare i nostri misfatti precedenti. Un uso della storia à la carte, a seconda del proprio interesse elettorale. Ogni anno, per il Giorno del Ricordo, istituito dal governo Berlusconi nel 2004, riemergono queste tendenze e contrapposizioni a causa delle quali risulta impossibile creare una memoria condivisa. E questo nonostante gli sforzi soprattutto dei presidenti della Repubblica Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella di leggere i fatti con uno sguardo mondato dai pregiudizi. Per quanto li si possa contraffare, i fatti sono ostinati e, alla lunga, riemergono come un fiume carsico.
con questo è tutto buon 10 febbraio
la news riportata sotto presa da https://www.youreduaction.it/ è senza data ma da alcune ricerchè la news risalirebbe al novembre 2023 ma è semre attuale perchè dimostra come l'africasta cambiando ed come le donne quando vogliono sanno governare meglio di noi uomuni
Ciò ovviamente non è bastato, i genitori continuavano a dare le loro figlie in sposa, ma Theresa Kachindamoto ha licenziato i leader di quattro posti in cui ancora venivano effettuate queste pratiche. Sta anche tentando di sovvenzionare l’istruzione delle bambine quando i genitori non possono permetterselo e, nonostante le minacce di morte, lei va dritta per la sua strada.
Racconta: “Non mi importa. Dico che possiamo parlarne, ma che queste bambine devono tornare a scuola. Istruire le bambine, istruire l’intera regione… istruire il mondo”. È così che, senza paura, Theresa Kachindamoto fa del bene al Malawi e, in fondo, al mondo intero. Non sempre gli eroi indossano un mantello.
Giuliano Cocco per www.leggo.it
Le vie del Signore sono infinite, dicono i fedeli. E allora, in chiesa c’è spazio anche per figure non convenzionali, come Don Giuseppe Fusari, soprannominato “il prete culturista”. Su TikTok esiste un proflilo (non gestito dall’interessato), con quasi 20mila follower, dove appaiono video del don che parla di Dio ai più giovani e non solo. Appare con un look curato, con barba e capelli sempre in ordine.
A spiccare però, è il fisico scolpito, che svela l’attività parallela di culturista. Davanti alla telecamere posa con una camicia attillata, che non contiene le braccia muscolose sulle quali sono impressi alcuni tatuaggi.Don Giuseppe Fusari ha 57 anni. È stato ordinato nel 1991, ormai 32 anni fa, ed è presbitero della diocesi di Brescia. Sul suo profilo LinkedIn spiega di essere anche insegnante all’Università Cattolica del Sacro Cuore da 25 anni. Sui social il profilo che pubblica i suoi video ha attirato le attenzioni di migliaia di utenti: merito del suo look, decisamente particolare per un don.
non pensavo che con la filosofia si potesse fare poesia . Cristian Porcino Ferrara Attraverso ricercate metafore, Cristian A. Porcino Ferrara ci traghetta, come un navigato Caronte, attraverso i sentimenti umani. Anche in questo ventottesimo libro, nel viaggio tra le emozioni dell’anima ci accompagnano
musicisti come Mozart e Battiato, musa ispiratrice del nostro Autore, ma anche personaggi come Jung, Dante, Diogene, i Belletristi, la Bella e la Bestia, e figure come la madre dispensatrice d’amore, oppure la minuta nonna al balcone.In un altalenarsi di trepidazioni, smarrimenti, turbamenti, suggestioni, paure, amori, inquietudini, zone erogene ed ansie, Cristian A. Porcino Ferrara ci guida in questa danza Lakota che lo unisce – e ci unisce - al corpo pulsante da cui tutto ebbe origine.Infatti leggere i cobntenuti di questo libro di poesie , anche per chi ha letto i suoi preceentiu lavori e lo segue d'anni , è come immergersi in un caledoscopio di : emozioni , umori , odori di un universo variegato e complesso . Infatti << [...] Cristian.A. Porcino ferrara non insegue certezze ma ci donna piccole chicche brevi perle di sagezza che descrivono , a volte con lucida crudeltà e disillusa consapevolezza [...] ( introduzione di Stefano Benaglia ) esplora i nostri stati 'animo contradittori che coiascuno\a di noi prova o ha provato nel corso della vita e nella sua opera d'arte . Infatti tale caratteristica trova conferma nella pregebvole e bellissima nota critica della poliedrica Barbara Cavazzana che riporto integralmente sotto e vi consiglio di leggere«Una volta, durante un esame di Morale avevo l’impressione che il professore guardasse il pulviscolo atmosferico. Allora mi fermai e smisi ...