Ponzio Pilato, il governatore romano reso celebre dalla Bibbia e dai vangeli, deve aver ispirato gli uomini e le donne, tutti capi di stato, riuniti al G 8 di luglio a Toyako (Giappone).
Dopo la discussione sulla necessità di ridurre globalmente le emissioni di gas serra per tentare di intervenire sul cambiamento climatico, dai cosiddetti 8 grandi (Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Germania, Giappone, Francia, Italia, Russia; secondo logiche politiche ormai vetuste, altri paesi che meriterebbero un posto al tavolo sono tagliati fuori) è venuta fuori la seguente dichiarazione: “Un taglio delle emissioni di gas serra almeno del 50% entro il
Oltretutto, nemmeno una parola su un altro capitolo fondamentale della “questione clima”: l’adattamento ai mutamenti. Checché ne dicano gli ambientalisti radicali, anche bloccando completamente oggi l’emissione di gas serra, il mutamento climatico non si arresterebbe, dal momento che i gas serra perdurano a lungo in atmosfera e soprattutto perchè l’aumento della temperatura media è dovuto anche a fenomeni naturali, che si sovrappongono a quelli antropici amplificandoli.
Insomma, seguendo l’esempio dell’uomo che in virtù della sua indolenza lasciò condannare Gesù, se ne sono lavati le mani. Nel 2050 tutti gli attuali uomini di potere saranno morti o comunque fuori dai giochi; toccherà ad altri, che verranno dopo di loro, farsi carico delle scelte da intraprendere.
Un fallimento su tutta la linea, che testimonia sia la debolezza dell’attuale classe dirigente, incapace di reagire contro i gruppi di interesse e prendere decisioni forti, sia il fatto che ormai la situazione mondiale è completamente sfuggita di mano. L’idea balorda della crescita economica infinita (incapace di realizzarsi perchè il mondo, come tutti dovrebbero sapere, è capace di elargire solo o quasi risorse finite), ha ormai preso piede così fortemente che si è trasformata in un mantra, in un moto perpetuo privo di ogni forma di controllo che ha soggiogato le persone.
Con queste premesse, la prossima riunione a Copenaghen, che dovrebbe costituire il momento focale per la stesura di un trattato post-Kyoto (peraltro largamente insufficiente, e comunque non applicato da molti paesi, tra i quali ovviamente non poteva mancare l’Italia, da sempre prima nei record negativi: il nuovo ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, laurea in Scienze della Pubblica Amministrazione quindi esperta conoscitrice di biologia, fisica e ecologia, facendosi portavoce del governo Berlusconi durante l'incontro dei ministri dell'Ambiente a Kobe, Giappone, nel maggio scorso ha preannunciato che cercherà di rinegoziare gli obiettivi di riduzione di anidride carbonica assegnati all'Italia dal protocollo di Kyoto, -6.5% entro il 2012 e -18% entro il 2020, definendoli onerosi e irrealistici. Non si sbaglia, visto che dall'entrata in vigore del protocollo l'Italia invece di diminuirle ha costantemente aumentato le sue emissioni, accumulando un debito monetario enorme) avrà certamente un gramo destino.
Sorprendentemente, ma neanche tanto se si legge con attenzione, la reazione dei paesi emergenti più importanti (Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica) è stata di biasimo: secondo il loro comunicato si aspettavano che i tagli sarebbero stati dell’80-95% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990 (partendo da un 25-40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020).
Attenzione però: questi tagli avrebbero dovuto essere a carico dei soli paesi sviluppati, che avrebbero dovuto “dare l’esempio”. I sacrifici agli altri, mentre noi (nel senso dei paesi emergenti) bravi privilegiati possiamo continuare a fare come ci pare, perseguendo gli obiettivi della crescita economica infinita.
L’Unione Europea, per bocca del presidente della Commissione Barroso, nella sua solita ambiguità si è comunque dichiarata soddisfatta dell’accordo.
Le associazioni che perseguono la tutela dell’ambiente la pensano un po’ diversamente. GREENPEACE ha dichiarato che “'L'accordo e' solo un patetico slogan senza sostanza, non indica alcun anno di riferimento rispetto a cui si vuole operare tale riduzione, e non ha alcun obiettivo intermedio vincolante, come invece richiesto all'interno delle negoziazioni delle Nazioni Unite''.
Per il WWF, ''I paesi del G8 sono responsabili del 62% dell'anidride carbonica accumulata nell'atmosfera terrestre; il Wwf trova patetico il loro modo di schivare ancora le proprie responsabilità e il rifiuto a trasformarsi dalla principale causa del problema, in risolutori del problema stesso ''.
LEGAMBIENTE: ''Il cambiamento climatico e' un problema di oggi, perche' rimandare la soluzione a domani? Le strade da percorrere sono già chiare: risparmio energetico, mobilità sostenibile, fonti rinnovabili. Prefissarsi obiettivi sempre più lontani nel tempo, senza darsi scadenze intermedie e' solo un modo per evitare di affrontare subito l'effetto serra ''.
Resta ancora viva solo la speranza per le iniziative che partono dal basso, dalla gente, in costante crescita. Una speranza comunque utopistica, dal momento che senza un processo di coordinamento centralizzato, ogni iniziativa, anche la migliore, rischia di trasformarsi in un cane sciolto incapace di incidere seriamente.
Secondo l’opinione di diversi studiosi, per assestare gli aumenti di temperatura su livelli accettabili le emissioni dovrebbero cominciare a decrescere entro i prossimi 10-15 anni. Per perseguire questo obiettivo i paesi industrializzati dovrebbero ridurre le emissioni tra il 25% e il 40% entro il 2020. Questo non prescindendo assolutamente da serie politiche di adattamento ai cambiamenti, che inevitabilmente si verificheranno.
The Snatcher
BIBLIOGRAFIA
Visconti, G.: Non sarà Kyoto a salvare il pianeta; Darwin, n.ro 23, Editoriale Darwin s.r.l., Roma, gennaio/febbraio 2008, pp.42-49