27.11.13

CASI EDITORIALI. Il saggio (in inglese) di Paolo Mancosu, filosofo sardo ( un filosofo dela matematica ) a Berkeley.pubblica un saggio sulla storia e sulc aso editoriale che fu Il dottor Zivago

 dalla'unione sarda  cultura  del  25\11\2013


CASI EDITORIALI. Il saggio (in inglese) di Paolo Mancosu, filosofo sardo a Berkeley

Caro Giangiacomo, caro Boris: che tempesta, Il dottor Zivago

Così Feltrinelli pubblicò il primo best seller contemporaneo


Un grande poeta russo scrive un romanzo che gli frutterà il premio Nobel. Ma il Cremlino non vuole che sia pubblicato: ne emerge un ritratto poco lusinghiero della storia sovietica. L'autore fa arrivare il manoscritto a un editore italiano, che lo farà tradurre e lo darà alle stampe, dopo un anno di trattative diplomatiche, minacce e intrighi internazionali. Il romanzo diventerà il primo best seller dell'età contemporanea, lo scrittore pagherà il successo con l'isolamento: morirà in miseria, nel 1960.
Sembra il copione di un film sulla Guerra fredda. Invece è la storia vera di una straordinaria avventura letteraria e politica. Inside the Zhivago Storm (Dentro la tempesta Zivago) è il titolo di un saggio pubblicato negli Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Non a caso, perché fu proprio Feltrinelli, imprenditore miliardario e più tardi sponsor di rivoluzioni, a imporre Il Dottor Zhivago al mondo, facendolo esordire in Italia nel 1957. E a sostenere Pasternak e la sua famiglia, schiacciati dalla vendetta dell'establishment sovietico. Il romanzo sarà pubblicato in Urss solo nel 1988, sotto Gorbaciov. E solo l'anno dopo il figlio Evgenij ritirerà in Svezia il premio Nobel a cui Boris Pasternak aveva dovuto rinunciare 31 anni prima. Inside the Zhivago Storm è un lavoro meticoloso, articolato e dettagliato, ricco di informazioni inedite. Ma si legge come un romanzo, con passione. Perché con passione (oltre che con rigore accademico) è stato scritto. Non da un critico letterario, bensì da un filosofo: Paolo Mancosu, 53 anni, nato a Sassari, cresciuto a Oristano, laureato (in Logica matematica) alla Cattolica di Milano, dottorato a Stanford, professore ordinario di Logica e Filosofia della Matematica all'Università di California, Berkeley. Un lungo elenco di pubblicazioni e incarichi prestigiosi a Yale, Princeton, Oxford. La corrispondenza tra Pasternak e Feltrinelli, i retroscena delle edizioni pirata in russo (con intervento della Cia), i dettagli della guerra legale dell'editore italiano per proteggere il proprio copyright (e le royalties dello scrittore impoverito) contengono preziosi materiali per gli specialisti. Ma col suo stile senza fronzoli Mancosu trascina anche il lettore ordinario nella battaglia epica tra il totalitarismo e la creatività; tra il comunismo incarnato del Pcus (anche in versione post Kruscev) e quello ideale di Feltrinelli. Commuove l'amicizia a distanza tra lo scrittore, determinato a salvare l'integrità dell'opera, e l'editore che saprà mantenere i suoi impegni. Nonostante le manovre dei burocrati del Pcus e del Pci (del caso si occuperà, all'apparenza senza troppo entusiamo, anche il senatore sardo Velio Spano) e degli intellettuali di partito: il poeta di regime Aleksei Surkov, ma anche una durissima Rossana Rossanda. In attesa di una versione italiana di Inside the Zhivago Storm ne abbiamo parlato con l'autore. Via Internet.
Perché un filosofo della matematica scrive un saggio sulla storia di un romanzo?
È stata una vera passione. Cominciata in maniera insolita. Tre anni fa ho ripreso i miei studi di russo e ho comprato per 20 dollari, in una libreria dell'usato a Berkeley, una versione in russo de Il dottor Zivago . Su Internet ho poi scoperto che alcuni la vendevano per 5 mila dollari: era la prima edizione ufficiale, in russo, pubblicata nel 1959 dalla Michigan University Press. Un libro raro. Incuriosito, ho avviato qualche ricerca. Pensavo che magari avrei scritto un articoletto, ma più scoprivo e più volevo sapere.
Dove ha fatto le ricerche?
Dapprima negli archivi americani (Stanford, Michigan, Yale), poi ho raccolto materiali sovietici ed europei. Infine, Carlo Feltrinelli mi ha dato accesso per la prima volta al ricco archivio della casa editrice. È finita con un libro di 400 pagine e un'esperienza umana che è stata quasi una favola.
Quando ha letto il romanzo per la prima volta?
All'Università. Poi due volte mentre lavoraravo al libro.
Ha altri interessi di carattere storico o letterario?
Sì, da sempre. In Filosofia della matematica i miei contributi si distinguono da quelli più tipici della Filosofia analitica perché spesso incorporo ai problemi tecnici anche una prospettiva storica. Quanto all'interesse letterario, è presente fin dal liceo, anche se limitato alla lettura.
Che autori le piacciono?
Sono un eclettico. Se ci limitiamo alla letteratura, Proust, Musil e Svevo hanno avuto un forte impatto. Nella saggistica consiglio sempre il bellissimo Praga magica di Angelo Maria Ripellino. Ma leggo molto anche di musica. Specie di tango, dato che suono il bandonèon.
Che idea si è fatto di Feltrinelli?
Personaggio poliedrico, affascinante. Purtroppo, nella memoria popolare è rimasto quasi esclusivamente il ricordo della sua adesione alla lotta armata e della sua tragica fine nel 1972. Visione riduttiva. Feltrinelli era un uomo d'affari, intensamente impegnato per la cultura. Ha dato vita alla Biblioteca (poi Istituto) Feltrinelli, uno dei maggiori centri per lo studio della storia dei movimenti sociali, e alla casa editrice. Nel suo (unico) viaggio in Russia, a cavallo tra la fine del 1953 ed il 1954, poteva discutere coi dirigenti dell'Istituto Marx-Engels l'acquisizione di opere importanti per la storia del movimento operaio e al tempo stesso rappresentare dieci aziende in negoziazioni che andavano dall'importazione di pino siberiano all'esportazione di essenza di bergamotto.
Come poteva Feltrinelli essere un comunista e investire la sua fortuna personale in quell'ideale, pur vedendo le difficoltà di Pasternak?
Non c'è contraddizione. Feltrinelli era un uomo di sinistra ma nel 1956, dopo i fatti d'Ungheria, aveva rinunciato all'idea che l'Urss fosse il modello del socialismo. La sua difficoltà fu proprio quella di trovare la terza via tra Urss e blocco capitalista.
È agghiacciante il ruolo dell'Unione degli scrittori nell'emarginazione di Pasternak.
L'Unione degli scrittori aveva un potere incredibile. Esserne espulsi, come avvenne a Pasternak dopo il Nobel, equivaleva a non poter più lavorare. L'Unione doveva garantire l'ortodossia ideologica dei membri. Spesso era ancora più intransigente del Partito, quasi a voler evitare qualsiasi possibile critica per mancanza di vigilanza. Nel libro, c'è una bellissima lettera del traduttore Zveteremich a Feltrinelli, datata ottobre 1957: racconta come a Mosca lo avessere minacciato perché sospendesse la versione in italiano de Il dottor Zivago e di come l'Unione fosse più rigida del Pcus.
Lei riferisce la strenua campagna di Feltrinelli per difendere il copyright delle varie edizioni nel mondo. Battaglia di royalties o di principio?
Feltrinelli era un editore e quindi proteggeva anche gli interessi economici suoi e di Pasternak. Se il testo fosse divenuto di dominio pubblico, avrebbe perso i guadagni ma anche il controllo sulla qualità e la possibile interpretazione dell'opera. Feltrinelli voleva evitare che Il dottor Zivago venisse utilizzato in chiave anti-comunista o pro-capitalista. La possibile pubblicazione dell'opera da parte di forze anti-comuniste di emigrati russi, inoltre, avrebbe ulteriormente aggravato la posizione di Pasternak.
Daniela Pinna

26.11.13

Obia licenziamento per alluvione E' tutto falso" La famiglia si difende e accusa la donna

potrebbe interessarti    per un riepilogo  della  situazione precedente  
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2013/11/post-notturno-numero-2-chi-e-piu.html 






(..)  da ilfattoquotidiano  del  26\11\2013  qui  l'articolo integrale

(...)  Una storia di terribile ingiustizia smentita dalla controparte, la Bassu costruzioni. Via telefono dall’ufficio di Olbia centro con fermezza si afferma: “Non c’è nulla di vero. In queste ore stiamo predisponendo un comunicato stampa indirizzato alle redazioni locali e nazionali, con una nota dei nostri legali”. Via mail arriva la smentita ufficiale in cui si legge: “, rispettivamente titolare dell’impresa di costruzioni e la moglie, spiegano la loro versione – precisano che Alessandra Dalu non è mai stata dipendente della famiglia, non ha mai avuto un rapporto subordinato con la ditta Bassu né percepito una retribuzione fissa perché il lavoro di pulizia è consistita in prestazioni occasionali”. Sui fatti avvenuti il giorno dell’alluvione pare ci sarebbe stato un banale errore di interpretazione. Famiglia contro colf, dunque. E il caso ora andrà avanti a suon di carte bollate.




Unione sarda del 25\11\2013
Olbia, colf licenziata: "E' tutto falso"
La famiglia si difende e accusa la donna


O
Rigettano l'accusa di aver licenziato la propria colf e attaccano: "l'intento è quello di ottenere un indebito profitto".

Così Salvatore Bassu e la moglie Rossella Tedde, i due coniugi olbiesi accusati dalla loro collaboratrice domestica, Alessandra Dalu, di averla licenziata in tronco per essersi assentata il giorno dopo l'alluvione per aiutare la sorella. Secondo la coppia quella storia, che ha fatto il giro d'Italia, "è totalmente falsa". "Quando la mattina di martedì 19 novembre, all'indomani della drammatica alluvione che ha devastato Olbia, Alessandra Dalu ci ha avvisato dell' impossibilità di recarsi al lavoro non ci siamo affatto stupiti - fa sapere la famiglia Bassu - visto che anche noi eravamo impegnati a prestare soccorso a vicini, amici e familiari. Semplicemente, vista la situazione, la risposta al messaggio sms di Alessandra Dalu significava 'non c'è problema, non ti preoccupare per noi, non abbiamo bisognò. Invece Alessandra Dalu - ricostruiscono i due coniugi - ha chiamato i mezzi d'informazione divulgando fatti che non corrispondono alla realtà ed arrecando offesa al nome della famiglia e dell'impresa". Marito e moglie precisano che la donna "non è mai stata dipendente della famiglia, non ha mai avuto un rapporto subordinato con la ditta Bassu né percepito una retribuzione fissa perché il lavoro di pulizia è consistito in prestazioni occasionali. Quindi non è mai stata una lavoratrice in nero".




Ora come affermano alcuni commenti  la  vicenda  si risolverà  in tribunale  ne  vedremo delle belle su il fattoquotidiano : TheGlide22
<<
Se quello che la signora Dalu afferma verrà confermato,sarà il caso di fare un controllo a tappeto delle costruzioni realizzate da questo bassu. ( 150 euro al mese,che gente...... ) >>e sull'unione sarda









Commenti dei Lettori

giovamu
26/11/2013 16:39
a entrambe le parti faceva comodo, ognuno per i motivi suoi, quel tipo di rapporto di lavoro anomalo. Finchè uno dei due ha rotto i patti....

RITONA
26/11/2013 09:49
tra le due parti....stando alle ricostruzioni non saprei veramente dove propendere. Chi li conosce potrebbe giudicare in modo appropriato.Non ci credo che la signora sia stata licenziata per chè soccorreva la sorella nel giorno dell'alluvione.

cicciobello7
26/11/2013 09:35
niente scuse Cara Ditta Bassu è informata che deve mettere in regola il personale e versare i contributti per la colf??? anche in prestazioni occasionali?

Ozieri
26/11/2013 08:33
specchi scivolosi....
gli specchi sono molto scivolosi....qualcuno sta provando ad attaccarsi ma senza risultati misà......l'avvocato ha suggerito una bella difesa che fa acqua da tutte le parti...imho....

Tra le cronache dell'alluvione anche le storie Minori : degli amici dell'uomo ,l'imbecillità\ insensibilità dei cacciatori , il coraggio di un sindaco dell'interno che rompe il patto di stabilità






dall'unione sarda online del 25 novembre

Tra le cronache dell'alluvione anche le storie degli amici dell'uomo






                                       i cuccioli Ras, Sol, Ter e Bia




Oltre alla cronaca principale, quella che ha raccontato le vittime dell'alluvione e la disperazione degli uomini, anche le storie minori dei volontari che hanno lavorato per salvare gli animali meritano di essere raccontate. ECCOLE NEL SERVIZIO DEL TG DI VIDEOLINA del 25\11\2013 ore 14









Tra le mille storie dell'alluvione ce ne sono alcune - seppur secondarie - di soccorsi a cani e altri animali in difficoltà. Ve le raccontiamo, con questa premessa:ecco la notizia, nessun altro resoconto. Ci sono troppe famiglie che piangono, sfollati, feriti, c'è ancora un disperso.
Ma ci sono anche altri lati dell'alluvione, cronache minori, secondarie. Raccontano di animali portati in salvo, documentano l'impegno delle cliniche veterinarie in Sardegna. Un sommozzatore, a San Gavino, ha prima soccorso 5 persone, si è assicurato che stessero bene, poi ha salvato un meticcio.
I cuccioli Ras, Ter, Sol eBia, curati nella clinica Due Mari di Oristano, sono diventati un simbolo, i loro nomi sono il diminutivo di Uras, Terralba e Solarussa e Olbia. La Federazione italiana ambulanze veterinarie ha pubblicato su Facebook










Sempre dall'unione sarda




26\11\2013 cronaca Olbia\Gallura

Gli abitanti della zona domenica sono rimasti senza aiuto La caccia non si ferma Volontari scappano per paura delle fucilate a Zucchitta




OLBIA Sono fuggiti, spaventati dalle fucilate che si sentivano nei dintorni di Zucchitta, piccolo villaggio di campagna che si trova vicino a Putzolu. Anche in quel minuscolo centro urbano, il ciclone del 18 novembre ha causato forti danni. Domenica, un gruppo di volontari si è avvicinato alle case di Zucchitta per dare una mano agli abitanti. Ma non sono mai arrivati a destinazione: la campagna intorno echeggiava dei rombi delle fucilate: incredibilmente, e nonostante tutto, i cacciatori erano in azione anche domenica. I volontari, allarmati, hanno fatto dietro front e sono tornati in città, lasciando gli abitanti di Zucchitta ad affrontare il dramma dell'alluvione da soli, senza nessun aiuto. Il fatto è stato raccontato da uno dei residenti, il signor Vincenzo Cannas, che, ovviamente, è indignato: «Non è possibile perdere il sostegno di tanta gente che viene ad aiutarti, a causa dei cacciatori. È incredibile» dice, e poi si domanda: «Perché la Regione non ha interrotto l'attività venatoria? Almeno in Gallura? Forse è più importante sparare agli animali, piuttosto che mettere in condizioni la gente di aiutare chi si trova in difficoltà?». Di solito, il calendario della caccia viene sospeso quando accadono disastri naturali come quello che si è abbattuto su Olbia, anche per tutelare gli animali, già decimati dagli eventi atmosferici. Stavolta la Regione ha preferito soprassedere.

Claudio Chisu







stessa fonte ma versione online Martedì 26 novembre 2013 17:10


Il comune di Fonni decide di liberare fondi vincolati dal Patto di stabilità
Fonni ribelle rompe il Patto di stabilità:"Emergenza, non c'è tempo da perdere"











                                  Panoramica di Fonni


Il comune di Fonni, che a causa dell'alluvione ha dichiarato lo stato di calamità naturale, ha disposto l'immediato utilizzo di oltre 457 mila euro congelati dal patto di stabilità. "Questo atto di ribellione", come lo definiscono gli amministratori del paese in cima al Gennargentu, è possibile sfruttando una circolare del ministero dell'Economia che prevede l'esclusione, dal saldo valido ai fini del patto di stabilità interno, di spese sostenute con risorse proprie per interventi connessi allo stato d'emergenza. Forte di ciò, la Giunta comunale ha deciso di usare i fondi in cassa per le opere necessarie ad arginare la pericolosità dettata dal rischio idrogeologico: dal ripristino della viabilità rurale agli interventi di pulizia dell'argine a monte del centro abitato sino ai lavori idraulici fondamentali per garantire la sicurezza del paese. E' vero - scrivono in una delibera gli amministratori locali - ci vorrebbe una legge ad hoc che dovrebbe concedere l'autorizzazione agli Enti locali, ma questo esecutivo non ha tempo da perdere. Aspettando che finisca il tergiversare dei nostri rappresentanti al Governo, si procede quindi ad utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, risorse comprese, per tutelare gli interessi della comunità che è stata delegata dagli elettori ad amministrare. Così facendo, come amministratori, ci assumiamo le nostre responsabilità".

ma come stiamo diventando Como, 14enne offre sesso a 2 euro per fare colpo sui compagni di scuola

  per  approfondire  



Ormai    ci ho fatto il callo a tali situazionei  , ma non  smetto  d'indignarmi e  di  dire , lottando contro i mulini a vento \ muro di gomma  del  tipo  <<   LO DICO IO...E LO RIBADISCO!!...-- da un commento sulla mia  bacheca di fb ---- Questa società malata è frutto anche di questo....dell'educazione sbagliata, ad un'età sbagliata....questo è il mio punto di vista...se mai avrò figli, di certo, non gli farò fare educazione sessuale alle elementari o alle medie....Sarò anche retrograda o ignorante...me ne frego!! ) e del dire : << bah che razza di mondo siamo , e menate varie >> .Le  uniche  parole    che min sento  dire  sono  , scusatemi se  lo ripeto , quanto  ho  giàù  detto   come premessa in un  precedente post


  N.B    chi ha  già letto  (  chi non l'avesse letto   trova   qui  l'url del mio intero post  )   il precedente  post   citato  \  ripreso   sotto    può anche  saltare  queste  righe  e passare  alla news  






Visto  che   prevedo  che  molti di voi  mi diranno  :  cos'è hai cambiato idea    prima eri per le crociate  contro la pornografia ,  l'erotismo negli spot e  adesso ? 
No non ho cambiato idea
Io  odio  sempre  le crociate  e  i proibizionismi  acritici .  Infatti    ero ( e lo sono tutt'ora  anche se  in diminuzione   )  contro  la  dipendenza   da pornografia , la sessualizzazione  precoce   , l'abuso del corpo  delle donne  e del  sesso in spot  di  prodotti  che  non sono attinenti  esempio macchine  , o trasmissioni  tv   . A mio avviso  un uso equilibrato   e  consenziente della pornografia  non hai mai   creato problemi   e  contro indicazioni , se  fatto  non precocemente   e  senza basi   cioè  si spiegano i pro e i contro  . Idem  per  un educazione    sessuale nelle scuole  che spieghi la differenza  )  sempre  più labile  quasi inesistente  ) tra essa e la pornografia. Eccone  un esempio  che     può essere usato  dai  16 anni in su  . 
Per  quanto riguarda  l'educazione sessuale  nelle  scuole   , non concordo  . Infatti L'educazione sessuale    è utile  , onde    evitare   e  costituire    un barriera    contro la sessualizzazione precoce(  vedere  url  nelle righe  precedenti  )   . l'importante  è che sia   fatta  gradualmente  in maniera  laica  non confessionale , non ideologica  , non solo anatomica   e  corporea   cioè solo  sesso  e  boh  , ma  applicata    all'amore  cioè che  a letto  ( all'atto )    si arriva   dopo un rapporto affettivo  e sentimentale 
Solo   cosi  si evitano  parlo anche per  esperienza  personale  diretta   nel   primo caso : 1)  porno dipendenza  ., 2) omofobia , 3)  violenze sessuali sulle donne  .,  4) pedofilia  e  pedo pornografia  .

  
unione  sarda  online  


Como, 14enne offre sesso a 2 euro  per fare colpo sui compagni di scuola

da http://www.leggo.it/NEWS/MILANO/

La ragazzina, bersaglio delle prese in giro dei coetanei, ha pensato di crearsi una reputazione offrendo prestazioni sessuali. Il caso è stato scoperto da una pagina Facebook.
Stanca delle prese in giro dei compagni, che la reputavano una persona poco interessante e la facevano 
Una giovane in difficoltà (foto simbolo)
bersaglio di scherni e sfottò, ha deciso di crearsi una "reputazione" nel peggiore dei modi: offrendo prestazioni a pagamento nei bagni della scuola. La vicenda-choc arriva da Como. Protagonista, una 14 enne della zona, che ha cercato di farsi un nome prostituendosi per solo due euro e mezzo. E, dopo la sua "messa in vendita", i compagni hanno addirittura creato una pagina Facebook a lei dedicata, con tanto di foto. Famiglie e autorità scolastiche sono venuti a conoscenza della triste storia proprio grazie al social network. E hanno preso provvedimenti, assicurando che i rapporti proposti non sono mai stati consumati con nessuno dei compagni. Secondo quanto accertato dagli psicologi, la giovane, che sulle prime ha provato a mentire, sostenendo di essere stata spinta a tanto dai propri genitori, voleva solo "fare colpo", emulando le due fanciulle dei Parioli, salite recentemente alla ribalta delle cronache. Ora la ragazzina, che si trova in uno stato di grande fragilità psicologica, è stata sospesa da scuola per una settimana e verrà seguita da specialisti, mentre la pagina Facebook incriminata è stata chiusa.

«Siamo tutti colpevoli di questa tragedia» Olbia, parla Il nipote di una delle vittima: noi complici del malaffare del cemento e gli idiioti che "Scappate, sono straripati i canali" Sciacalli col megafono seminano il panico


Ancora  dalla cronaca   post  alluvione  , scusate  ,   ma non riesco  ad  andare   avanti  , certi avvenimenti anche se  vissuti  in modo indiretto  (   fra le persone sfollate    e che  hanno avuti danni  , compreso mio zio  , ci sono amici   di famiglia e non , conoscenti  . E poi    ho trascorso  fino  ai  20  anni  le vacanze  di natale   e  estive    nella zona più  colpita  d'Olbia ,  il quartiere  Baratta   ci abitavano  i miei nonni materni   e mia  zia   ed  ci  abita  ancora mio zio  . E  ho conosciuto  l'evolversi   del quartiere  e delle sue  costruzioni  miste  ad  abusive  o  legali  )    ti restano dentro  e  difficilmente  il dolore  \ indignazione   fluisce    subito  . Ecco perchè condivido lo sfogo  di Samuele Canu  ,  e  monta la rabbia   su certe persone  che  scherzano ( neppure  io che  di solito sono  di battute  facile  e  faccio un uso  di humor nero    riesco a  spingermi a tanto  )   o usano  tale  scopo rubare  . 


Ma  ora  andiamo  agli articoli  il primo  è della  nuova  sardegna   del 26\11\2013
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«Sono parole che provengono dritte dal cuore, ma che difficilmente sarei capace di pronunciare». La lettera alla “Nuova” di Samuele Canu  ( foto  a destra  )   19 anni, di Arzachena, studente a Sassari, è di quelle che emozionano e lasciano il segno. Sua nonna, Anna Ragnedda, è una delle vittime dell’alluvione a Olbia, e lui con sincerità e lucidità racconta la tragedia e ne dà una chiave di lettura che coinvolge tutti e apre un profondo, anche spietato motivo di riflessione.


di SAMUELE CANU

Caro direttore, ho 19 anni, abito ad Arzachena e frequento l'Università di Sassari. Scrivo queste poche righe a lei perché non ho la forza, né il coraggio di rivolgerle alla mia famiglia. Pochi giorni fa è venuta a mancare mia nonna, Anna Ragnedda di 83 anni, travolta dal nubifragio che ha colpito Olbia.
Ripenso ancora a due mesi fa, quando mi faceva gli auguri per l’Università e immaginavo la gioia che avrebbe provato nel divenire bisnonna per la terza volta.
È morta nella maniera peggiore, da sola, al primo piano del suo condominio, come un topo in gabbia, senza il conforto di una voce amica che potesse rassicurarla, senza che nessuno di noi potesse fare niente.
Esprimere il dolore che ho nel cuore è estremamente difficile, perché le parole che fuoriescono dalla mia bocca sono solo inutili, insignificanti suoni che appaiono sempre più distanti, sempre più impotenti, sempre più insensibili. Ogni giorno chiamo mia madre. Il come staiche le rivolgevo qualche settimana fa si è trasformato in un frastornante silenzio inframmezzato da un cosa fai?, state bene?, grazie al cielo qui a Sassari va tutto bene, perché so perfettamente cosa prova, quale stato d’animo si cela dietro la sua voce fioca e tremolante, sempre più ansiosa per la mia stessa incolumità.
Mi sento impotente, inutile. Vorrei poterle dire è stato il ciclone, come impropriamente l’hanno definito le testate nazionali, a portarci via nonna o è stata una tragedia, non potevamo prevederla ma non è così. Ma sarebbe un’autoassoluzione il cui lusso non ciè concesso. Abbiamo tutti le mani insanguinate. Io, te, papà, tutta la nostra famiglia e come noi, forse, molte altre perché sappiamo benissimo che la causa di quei 16 morti, tra cui 2 bambini e un’intera famiglia, delle centinaia di sfollati siamo in realtà tutti noi. Tutti noi abbiamo permesso che questo accadesse, che il malaffare, l’ingordigia, la stupidità e il compromesso cementizio prendessero il sopravvento. Perché sappiamo tutti quali maneggi, quali clientele esistano all’interno delle amministrazioni comunali, provinciali, regionali, sino a raggiungere i piani alti della politica. Perché i tanti “dei”in giacca e cravatta, scesi dalle poltrone a magnificarci con la loro presenza, siamo stati noi a sceglierli e legittimarli, in cambio della speranza di un lavoro, di una vita dignitosa. Abbiamo abdicato alla nostra libertà, e purtroppo a molto di più, per ricevere in dono ciò che qualsiasi Stato democratico, autenticamente definibile in quanto tale, dovrebbe garantirci di diritto.Questa è la verità, nessun evento aleatorio, solamente la nostra volontà, divenuta schiava, è stata la causa di quel caos. Non sai con quanta fatica scrivo queste parole e pazienza se qualche figura istituzionale si risentirà per ciò che dico, sono convinto che nessuno di loro potrebbe rivolgermi lo sguardo sapendo di mentire. Mamma posso dirti però che ti sono vicino, e che insieme a me sono vicine tante altre persone che con totale disinteresse, senza alcun legame di sangue hanno dato se stesse per starci accanto, e stare accanto al disagio dell’intera Sardegna, e le ringrazio con tutto il mio cuore. Sono rammaricato del fatto che la fine di alcune delle tante acrimonie che regnano nella nostra famiglia sia stata legata alla morte di nonna. Facciamo almeno in modo che questo sia un dono che lei ci concede da lassù. A te e a chi dovesse leggere questa lettera dico una sola cosa: poniamo fine ad ogni odio che ci tiene distanti dalle persone care, perché come dice sempre papà "la vita è come una goccia che inesorabilmente scorre su una foglia". Dobbiamo avere premura di conservarla, prima che scompaia sotto i nostri occhi, per ricongiungersi a quel grande mare, a noi celato, delle anime scomparse.


il secondo   dal sito dell'unione sarda   d'oggi  
Strada ricoperta di fango. Una delle immagini simbolo del post-alluvione.


Olbia, "Scappate, sono straripati i canali"Sciacalli col megafono seminano il panico





Alla miseria generata da un grande disastro naturale come è quello che ha colpito la Sardegna lunedì 18, si aggiunge altra miseria: quella umana, di uomini senza scrupoli che girano dando notizie false. Obiettivo: seminare il panico.
Mentre la Procura bussa negli uffici comunali e provinciali di Olbia e sequestra documenti su dati tecnici, manutenzioni, infrastrutture, nei quartieri più colpiti dall'alluvione gli sciacalli vanno in giro col megafono: “Uscite dalle case, sta arrivando un tifone”.
Una serata davvero difficile, quella di ieri, per il comando di Polizia municipale che ha passato l'intero pomeriggio a correre dietro a queste bande, cercando di arginare furti e saccheggi. Tantissime le segnalazioni arrivate dalla Zona Bandinu - settore 12 - uno dei quartieri più sfortunati di questa tragedia. "Scappate sono straripati i canali", è stato uno degli annunci dato via megafono da uno degli sciacalli.

25.11.13

imbecillità e solidarietà in tempo di crisi e davanti ai fenomeni alluvionali come quella del 18\19 novembre





musica in sottofondo :








oltre l' imbecillita  a cui  questa lettera   di  Maria Caterina Dore e quella  di roberto vecchioni ala nuova  sardegna del 22\11\2013    hanno  tispostyo  come si deve      o provocazione mancata( per le altre    vedere questi   post precedenti    I II  III     li trovate sotto il tag alluvione sardegna 18\11\2013  )  sfociata in insulti di alcune persone in particolare questa prontamente segnalata a google dove l'imbelle ha il blog e a facebook dove ha pagina e dove scrive ( scrivere e una parola grossa è quella più giusta sarebbe vomita ) tali cose

( segnalato a facebook e la google dove ha il blog  si  libertà  di parola  ma  non d'insulto   e che cazzo   ) che mi ha bloccato ed impedito di commentare il post insultante ( non riporto l'url perchè tale pudibondo essere non
merita ulteriore pubblicità  basta  ed  avanza  aver  menzionato quel  suo  ...  di blog  \  pagina facebook   ) verso noi sardi e verso chi ha subito tale tragedia eppure non sono stato cafone come altri commenti che hanno lasciato (n se li meritava però . perchè se vuoi rispetto devi rispettare anche gli altri ) . c'era un post non so se c'è ancora in cui si diceva che la cultura e l'unica cosa che crea dipendenza , e io gli avevo commento di andare allora a informarsi sula cultura e la storia del popolo sardo .

Ma  ora   vediamo  alla  solidarietà  oltre  alcuni commercianti di alimntari e non   che   ha  dato gratuitamente  (  chi se  ne frega  se per  farsi pubblicità  )  pane  e generi di prima necessità , stivali , guanti  , ecc   i cinesi   che ribassano ulteriormente i prezzi  , e  una  cittadina  tedesca   che ha salvato tre   vite ,    cittadini dele altre  città   del sassarese  e del cagliaritano   e  di tempio che mettono da parte  il loro campanilismi e vanno ad  aiutare   come possono  , gente  che offre  casa e  hotel  e BB    , assistenza  ,  ecc    


   scusate  se  riporto : 1)  gli articoli principali .,  2)    solo  i file  Png   anziché il classico  copia ed incolla   ma   questo ...  di brachet   mi  crea  mal di testa   

 dalla  nuova  ed   Gallura  del 24\11\2013
Olbia. Centinaia di volontari sono arrivati dalla Sardegna e dalla penisola per aiutare la popolazione olbiese colpita dall'alluvione. In queste immagini, i volti di alcuni dei tanti che si sono impegnati in questi giorni (foto Giovanna SannaA Olbia e  non solo  l’aiuto e l’affetto degli angeli del fango le  altre  foto le  trovate qui   nella  fotogalleria della nuova sardegna  





  dal'unione sarda del 25\11\2013

Un progetto spontaneo sul web per informazioni e aiuti

Storia dell'ingegnere ignoto che gestisce gli angeli digitali

Lavorano a loro spese, giorno e notte, con un telefono e un pc, fiato lungo e occhi gonfi. Li chiamano «angeli digitali»: esperti di social network che hanno allestito una macchina straordinaria per coordinare le comunicazioni sull'emergenza, indirizzare gli aiuti, dare informazioni.“AllertameteoSAR” è il nome del progetto che «nasce dall'esigenza di gestire in modo ordinato il flusso confuso di informazioni sull'alluvione», spiega @insopportabile , pseudonimo su Twitter di un giovane ingegnere, ormai famoso in rete, che ha avviato l'iniziativa. Tutto è nato con la creazione di un hashtag (#allertameteoSAR), poi la pagina facebook (facebook.com/allertameteoSAR).Non è la prima volta che un social network scavalca i canali istituzionali in occasione di catastrofi. È accaduto con l'alluvione delle Cinque Terre, o il terremoto in Emilia. «Tutte le notizie pubblicate sono verificate», assicura @insopportabile, «e abbiamo scremato il rumore di fondo: non prendiamo in considerazione le dichiarazioni di cordoglio, ma solo le informazioni utili a fronteggiare l'emergenza». Così per esempio è possibile sapere che a Olbia serve una ruspa per bonificare via Apulia, o idropulitrici per togliere il fango dalle case. A Bitti, invece, ai pastori manca fieno per il bestiame. Informazioni complete e coordinate, con i numeri per le emergenze, le informazioni sulla viabilità, una lista di ingegneri a disposizione.
Funziona così: nella pagina facebook si può compilare il modulo sul link https: //sardsos.crowdmap.com e inserire offerte di aiuto, richieste di soccorso, problemi del traffico, danni e luoghi inagibili. «Abbiamo ancora il problema di ricevere in modo dettagliato le informazioni sulle necessità dei Comuni», conclude @insopportabile. «Il meccanismo accetta solo le comunicazioni dei volontari certificati, non quelle dei tanti informatori spontanei che si attivano in questi casi».
Mauro Madeddu

dalla nuova sardegna del  24\11\2013





























Uomini violenti con le donne: il lato oscuro “La violenza maschile contro le donne” e “modelli culturali di intervento”.di Alessandra Bozzoli, Maria Merelli, Maria Grazia Ruggerini

 unione sarda  d'oggi  25\11\2013



Una preziosa ricerca

Uomini violenti con le donne: il lato oscuro

Quando la cronaca ci parla di violenze contro le donne spesso avvertiamo un vuoto. Sappiamo molto delle vittime e quasi nulla dei violenti. Chi sono? Come intervenire nei loro confronti? Ci servono leggi più severe o è soprattutto questione sociale e culturale? In questi giorni Ediesse pubblica “Il lato oscuro degli uomini” (448 pagine, 20 euro) che prova a colmare questo vuoto. Un libro importante per indagare i vissuti degli autori di violenze sulle donne e di femminicidio. E per raccontare cosa si sta facendo con i maltrattanti. In molti Paesi da tempo gli uomini violenti hanno la possibilità (o l'obbligo) - nei centri, pubblici e privati, di ascolto o nelle carceri - di confrontarsi con il loro lato oscuro, di capire e provare a cambiare. La ricerca racconta i punti comuni e le differenze di approccio in Austria, Australia, Canada, Gran Bretagna, Norvegia, Spagna, Svizzera e Usa. Con gran ritardo anche l'Italia affronta la questione: la mappa racconta in dettaglio una decina di città (nessuna sarda) che, in forme assai diverse, affrontano il dramma della violenza tentando di capire come “guarire” gli autori. Tutte città del centro-nord perché nell'Italia meridionale quasi nulla (solo a Caserta è partito un progetto) si muove.Leggi più dure non bastano, compreso l'ultimo decreto del governo del quale il libro fornisce una lettura assai critica. Con una battuta facile ma motivatissima si potrebbe sintetizzare che non di ordine pubblico si tratta ma di disordine privato. Oppure di un “ordine” non scritto (e smentito oggi dalle leggi) che attribuisce al maschio ogni potere sulle donne. Non è così lontano, in Italia, il tempo del “delitto d'onore” o di un Codice Penale che assegnava al marito il potere di intervenire per “correggere” la moglie al pari dei figli. Esiste un'antica, radicata idea di inferiorità delle donne che si traduce in disprezzo e violenza. Permangono, nella pubblicità come nel quotidiano, e forse crescono modelli di educazione all'idea che le donne, il sesso e persino l'amore possano essere comprati o siano “dovuti”. Ciò significa che la violenza sessista trova complicità o silenzi che altri crimini non hanno. Significa ancora che parlare di patologia, raptus, comportamenti inspiegabili non consente di capire dove quelle violenze nascano, quanto lunga e forte sia la catena (educativa e familiare) che le sorregge.
Da qui il doppio sottotitolo del libro: “La violenza maschile contro le donne” e “modelli culturali di intervento”. Le tre curatrici - Alessandra Bozzoli, Maria Merelli, Maria Grazia Ruggerini - si confrontano con riflessioni e proposte ma anche con le esperienze di operatrici e operatori con ruoli molto diversi. Sul versante degli uomini è particolarmente importante il contributo di Marco Deriu, Roberto Poggi, Claudio Vedovati e altri di Maschile Plurale, una rete (piccola ma attiva) di uomini che fanno i conti col femminismo e con l'idea di un'altra virilità costruita senza il supporto del potere patriarcale e della violenza a esso sottesa.
Daniele Barbieri

[ post notturno numero 2 ] chi è più sciacallo chi ruba i soldi ad un alluvionato o chi licenzia con un sms ulka domestica che s'era assentata per aver aiutato la sorella colpita dall’alluvione.










canzone consigliata chi ruba nei supermercati Francesco de Gregori 


Non riuscendo a prendere sonno , per il mal di denti , avendo finito gli antidolorifici cerco e mi sforzo di come ho scritto nel post come non pensare al dolore fisico in ospedale in attesa della morfina e dell'antidolorifico e non solo  di non pensare e di pensare ad altro . Ma non riuscendoci mi distraggo cazzeggiando \ coglionando in rete ed proprio qui che ho trovato fra le tante storie di solidarietà  che racconterò nei prossimi giorni   per i fatti dell'alluvione del 18\19 di novembre queste due storie la prima  di cinismo








Olbia, un esposto contro il vigliacco

da SARDINAPOST   il 24 novembre 2013




 Un esposto dei vicini di casa ai carabinieri e al sindaco di Olbia. L’hanno firmato Pietro Mariano e Jolanda Concas, vicini di casa di Francesco Mazzoccu, l’operaio di 35 anni morto Enrico ( foto a destra ) , un bambino di 3 anni, travolti dall’acqua che aveva invaso la strada che unisce Olbia a Telti.assieme al figlio . Per ora ancora senza nome, almeno ufficialmente. Un operaio dell’Anas che – mentre Francesco Mazzoccu chiedeva disperatamente aiuto – rimase rintanato nella sua auto, paralizzato dalla paura. E rispose con un “Ti spacco la faccia” alle insistenze di Pietro Mariano che lo implorava di dare una mano perché c’era la possibilità di salvare quell’uomo e quel bambino.
Le sequenza dell’agonia dei Mazzoccu è una delle storie più tragiche e agghiaccianti dell’alluvione che lunedì scorso ha devastato la Sardegna. Pietro Mariano, titolare di un’officina meccanica, aveva raggiunto la località Putzolu per soccorrere un’amica, Jolanda Concas, che era rimasta bloccata sulla strada assieme alla figlia, una bambina di undici mesi. Compiuta la missione, si stava dirigendo verso Raica, ma si trovò davanti a un muro d’acqua. Mentre faceva marcia indietro, sentì delle urla. Su un muretto, stretto a un palo, c’era un giovane uomo che chiedeva disperatamente aiuto. Sotto la giacca stringeva un bambino piccolo.
Pietro Mariano si avvicinò quanto più potè. Si rese conto che da solo non era in grado di fare nulla. Gridò all’uomo di stare tranquillo perché i soccorsi sarebbero arrivati. Quindi andò a cercarli. E per primo incontrò un signore anziano. Gli chiese di seguirlo perché c’erano un uomo e un bambino in pericolo nel mezzo della piena. Quell’uomo era il padre di Francesco e il nonno di Enrico.
Il livello dell’acqua cresce continuamente. Il tentativo di lanciare delle cime non riesce. E’ allora che Pietro Mariano vede l’auto dell’Anas, la raggiunge e chiede all’operaio seduto al posto di guida di intervenire. Niente da fare. Anzi, alle insistenze, quell’uomo risponde con insulti e minacce. Passa quasi un’ora. Nel frattempo si è trovato un trattore che è pronto a intervenire. Ma di colpo i lamenti di Francesco Mazzoccu e del suo bambino s’interrompono. L’acqua ha distrutto il muretto sul quale si erano rifugiati. Il corpo del padre sarà ritrovato nella tarda serata, denudato dalla violenza della corrente. Quello di Enrico la mattina dopo, a cinquanta metri di distanza, in un aranceto.
Francesco Mazzoccu era andato nel primo pomeriggio a prendere il bambino all’asilo. A bordo della sua Punto era diretto verso casa, in via Monte, a Telti, quando si era trovato improvvisamente nel mezzo del fiume di fango. Allora era sceso dall’auto, stringendo il figlio tra le braccia, ed era saltato su quel muretto che appariva sufficientemente resistente. E, in effetti, ha resistito quasi un’ora. Un tempo infinito. Che, se solo tutte le forze disponibili si fossero unite, molto probabilmente sarebbe stato sufficiente per evitare la tragedia.
Pietro Mariano ne è convinto: “Li potevo salvare – ha dichiarato a La Stampa – ci ero quasi riuscito ma nessuno mi ha aiutato. Anzi, chi poteva fare qualcosa si è rifiutato. Sembra difficile da credere ma è successo davvero in quel momento d’inferno”.



 la seconda di un sopruso 


 Olbia, licenziata con un sms per aver aiutato la sorella colpita dall’alluvione. Il padrone è un costruttore




Licenziata con un Sms. E’ una storia che ha l’effetto di un pugno sullo stomaco Che proprio stona in questo scenario di straordinaria solidarietà che sta abbracciando la popolazione di Olbia da ogni parte dellaSardegna e d’Italia. La storia di Alessandra Dalu, raccontata dall’emittente regionale Cinquestelle Sardegna, sembra inventata tanto pare assurda, ma assolutamente vera. Lei, mamma di una bambina, sposata con un disoccupato, ieri ha perso il lavoro, che era l’unica fonte di sostentamento della famiglia. L’ha perso perché ha deciso di aiutare la sorella. Già, nella corsa solidale c’è qualcuno che sta a guardare e punisce chi sacrifica se stesso per gli altri. La colpa di Alessandra? Martedì mattina anziché pulire l’appartamento del padrone, spalava il fango da una

casa popolare di via Campidano.
I datori di lavoro di Alessandra fanno parte di una nota e benestante famiglia di Olbia, titolari di una grande impresa di costruzioni che ha realizzato complessi edilizi in varie zone della città. Alessandra fa le pulizie nella loro villa e nei loro uffici da due anni ma non ha mai ottenuto un regolare contratto . Lavoro nero, senza garanzie. Ieri, quando ha comunicato ai suoi datori di lavoro che sarebbe potuta tornare in servizio solo lunedì prossimo, ha avuto la glaciale risposta prima al telefono e poi via sms . “No, grazie. Non abbiamo più bisogno di te” .
E’ stata punita, Alessandra, per aver dedicato il suo impegno a una persona di famiglia che ha perso tutto. I suoi ricchi datori di lavoro, dalla loro casa confortevole e calda, le hanno detto che non serve piu'

Ora pero  lo stesso giornale  racconta  che  “dopo averla  licenziata, ora minaccia di rovinarla  .Infatti  



Non solo sciacalli. Nella giungla del post alluvione, l’altra faccia della solidarietà è nei lupi che sbranano le coscienze col cinismo.Alessandra Dalu, 38 anni, una figlia di 11, non vive di rendita. Aveva un lavoro come colf, non l’ha più perché ha chiesto al suo datore di lavoro di poter stare un giorno con sua sorella, una delle vittime dell’alluvione. Un solo giorno. Davanti a tanti angeli del fango che aiutano sconosciuti, il ricco imprenditore edile di Olbia ha visto bene di licenziarla. Con un sms: “Non ci servi più”.


Signora Dalu, per caso il suo principale ci ha ripensato? Le ha chiesto scusa?

“Neanche per idea. Ieri ha chiamato mio marito, che fa il muratore, minacciandolo che gli farà perdere il lavoro. A me ha minacciato esplicitamente, dicendo che per l’intervista rilasciata a “Cinquestelle Sardegna” mi rovinerà. Ma io non ho paura”

Ha intenzione di presentare una denuncia?

“Fortunatamente un avvocato si è offerto di darmi assistenza gratuita. Voglio denunciare il mio ex principale all’Ispettorato del Lavoro. Quello che ha fatto non ha giustificazioni. Mia sorella ha perso quasi tutto, lasua casa era sommersa in un metro e mezzo d’acqua. Anche mio padre e mio fratello hanno avuto grossi problemi. Ho chiamato il mio datore di lavoro alle sette di martedì mattina, dopo che erano morte delle persone, quando tutti sapevano di quello che era successo ad Olbia. Mi ha detto che non andava bene. Poi mi ha licenziata con un messaggino sul telefono. E’ una vergogna, l’unica cosa che mi hanno chiesto è stata quella di restituirgli le chiavi di casa”.

Da quanto tempo lavorava per loro?

“Avrei fatto tre anni a dicembre. Pulivo la loro casa dal lunedì al venerdì. Il sabato l’ufficio dell’impresa edile. Non voglio soldi, solo giustizia. I loro soldi sono maledetti e se ricevessi un risarcimento lo darei alle vittime dell’alluvione. Un sms per dire “non c’è bisogno di te” proprio mentre qui a Olbia tutti dicono “diamo una mano” Quello che non capisco è perché davanti a tanta solidarietà ci sia gente che può comportarsi in questo modo”

C’erano già stati segnali da parte di queste persone?

“Il primo anno è andato tutto bene, poi hanno cominciato a dire che c’era crisi e che lo stipendio non sarebbe stato sicuro. Mai un litigio, ma la signora, la padrona di casa, non voleva che mi assentassi. Quando mia figlia aveva la febbre, mi diceva di portarmela dietro pur di non mancare al lavoro. Io ovviamente non la ascoltavo, ma perdevo le giornate di lavoro”.

Un lavoro in nero, senza garanzie.

“Purtroppo sì, era l’unico modo per lavorare. Tanti sacrifici per che cosa? Per essere mandata via per telefono? Se anche adesso tornassero indietro, non li voglio più vedere in faccia. Sono peggio degli sciacalli”.

Giandomenico Mele



tale storie mi fanno considerare meno sciacalli  ,almeno loro è comprensibile vista  la situazione   ma non giustificabile  questi altri due  fatti 

 dall'unione sarda del 24\11\2013
Olbia, anche gli sciacalli tra le macerie  Anziano derubato degli ultimi risparmi

Il volto della solidarietà è quello più bello ed evidente. Nei luoghi dell'alluvione sono però anche entrati in
unione sarda 
azione gli sciacalli e le truffe corrono on line.Aveva poggiato 1500 euro ad asciugare sul letto e qualcuno li ha rubati. Così un anziano malato di Olbia, vittima dell'alluvione, ha denunciato il furto degli unici risparmi rimasti.
I carabinieri hanno anche ricevuto segnalazioni di furti d'auto e di oggetti. Le forze dell'ordine invitano anche a ignorare i gruppi on line non riconoscibili che chiedono soldi. La truffa corre anche sul web.  
 concludo sempre  con un articolo di sardiniapost 

Tema del ritorno a scuola: servi e padroni a Olbia

Articolo pubblicato il 24 novembre 2013

Gli insegnanti delle scuole che finalmente riaprono a Olbia hanno una montagna di cose da discutere con gli studenti. La loro città ha vissuto un’enorme tragedia e, da una settimana, è al centro delle cronache nazionali. Non se ne parla, al contrario di tante volte del passato anche recente, come di una sorta di popolosa frazione della Costa Smeralda. No, Olbia per l’Italia e per il Mondo, è una città “vera”, fierezza e sull‘orgoglio dei sardi che accompagna purtroppo molte delle cronache – è un vezzo nazionale quello di esaltare i luoghi comuni regionali dopo la catastrofi – Olbia è diventata un “argine di realtà”. I fatti si snodano uno dopo l’altro – spietati e crudi – senza lasciare scampo. Quelli collettivi, come le diciassette sanatorie di insediamenti abusivi, e quelli individuali: le vicende dei singoli uomini.Questo è l’ambito che più si presta a una riflessione da sottoporre ai ragazzi. Un’ insperata opportunità educativa. Perché non è frequente, nell’Occidente del benessere, assistere in prima persona a tragedie che chiamano in causa i valori fondamentali svelando, come solo le situazioni estreme possono, la complessità della natura umana. Queste situazioni estreme, infatti, riguardano sempre “gli altri”. Altri Paesi, altri popoli, gente lontanissima da noi. E ci appaiono così lontane che facciamo fatica a vederle anche quando quella gente, per esempio sbarcando sulle nostre coste, ci porta il suo dolore a domicilio.Sono le situazioni dove l’alternativa è tra la vita e la morte, il cibo e la fame, un riparo per la notte e il gelo. Quando gli uomini si trovano a verificare la solidità di quanto hanno imparato dalla scuola, dalla famiglia, dall’insegnante di filosofia o di catechismo: il rispetto per il prossimo, il dovere di aiutarlo se è in difficoltà. Quando, in definitiva, siamo costretti dalle circostanze ad affacciarci nell’abisso della nostra fragile natura. E dobbiamo rapidamente decidere se aprire la casa e il portafoglio, o chiuderli entrambi, chiudendo contemporaneamente anche gli occhi, perché non sopportiamo più la vista del dolore. Perché il dolore degli altri turba i nostri sonni e i nostri pranzi. Perché siamo cresciuti nell’idea folle che il benessere e il progresso non possano avere fine.A Olbia c’è stato un imprenditore – uomo facoltoso e rispettato –che ha licenziato con un sms la sua colf perché era andata a spalare il fango dalla casa della sorella anziché recarsi nella casa del medesimo imprenditore, dove lavorava in nero da anni, per levare la polvere dai mobili e dai soprammobili.
Che immaginiamo opulenti e inutilmente costosi, piccole cose di pessimo gusto messe là per certificare uno status. Senza grazia e senza amore.Ecco, fuori dalla retorica delle fierezza e dell’orgoglio, un bel tema su cui ragionare con i giovani: il rispetto verso il prossimo non è innato. Si impara con lo studio, non basta l’esempio degli adulti. E se esistono adulti così, c’è un motivo in più per studiare. Come insegnava don Lorenzo Milani, studiare serve ad acquisire le parole che consentono di chiamare le cose col loro nome vero. Non con quello edulcorato dal politicamente corretto. L’alluvione, così come trasforma l’acqua in fango, può trasformare certi datori di lavoro in padroni. Ma ancora non riesce a trasformare i loro dipendenti in servi.con i suoi problemi, i suoi eroismi, le sue meschinità.Nelle stucchevole retorica sulla 

24.11.13

Parola di giudice-sindacalista: «Ecco i problemi della Giustizia»

dall'unione  sarda del 24\11\2013
di GIORGIO PISANO
Ha una certa esperienza per essere un magistrato al culmine della carriera: s'è fatto nove mesi di carcere. Ma era giovane, giovanissimo: servizio militare. «Fare la leva a Buoncammino è stata un'esperienza importante, indimenticabile». Mauro Grandesso Silvestri ricorda con evidente disagio il rito della perquisizione delle celle. Si sentiva dentro una violenza non dichiarata, l'invasione di un campo che spiazzava un ragazzo come lui: era giusto metter le mani perfino tra mutande e calzini?, giusto frugare tra le cose più intime di un detenuto?
Quei mesi (nove) gli sono rimasti scolpiti nel cuore e nel cervello. Cinquantanove anni, cagliaritano, due figli, Grandesso Silvestri ha una somiglianza impressionante col padre, magistrato e galantuomo per una vita. Come figlio d'arte quasi in fotocopia, raccoglie opinioni convergenti, da destra e da sinistra. Gli avvocati, mentre sfrecciano da un corridoio infinito all'altro nel palazzo cagliaritano della giustizia, sintetizzano il profilo: «Non è un colpevolista a prescindere. E questo è già moltissimo» (ogni riferimento ad altri magistrati è puramente casuale).
Presidente della prima sezione del Tribunale, governa (sempre nella veste di presidente) l'Associazione nazionale dei magistrati (Anm), sezione Sardegna. Rappresenta insomma i 220 togati che affogano nel mare monstrum di una categoria che conta (a ieri) 9.162 in servizio permanente effettivo, al netto dei risultati. All'interno di questo sindacato - unico come quello dei giornalisti - guerreggiano tre correnti: Unità per la Costituzione (la più numerosa, ascrivibile grossolanamente al Centro), Area (di impronta progressista) e Magistratura indipendente (conservatrice).
Prima pretore e poi giudice, Grandesso Silvestri s'è fatto ossa e muscoli sul fronte giudiziario del Lavoro in una carriera lunga 34 anni. Ha pronunciato migliaia di sentenze e assicura che il dubbio d'aver sbagliato lo assale regolarmente. Si consola pensando che, sbagliato e meno, il suo giudizio passerà comunque all'esame di un Appello e di una Cassazione. «Insomma, riesco a non fare moltissimi danni anche se sbaglio».
Difende la categoria (altrimenti non farebbe il sindacalista) ma scansa diplomaticamente la recente requisitoria contro gli avvocati del presidente della Corte d'appello, Grazia Corradini. Ammette, con qualche pudore, i 45 giorni di ferie l'anno (caso unico nel mercato del lavoro) e stipendi che vanno dai 2.500 euro degli esordienti ai 7.500 di fine carriera. A domanda se il carcere redima, risponde per fatto personale: «Buoncammino sicuramente no. In nove mesi ci ho visto entrare e uscire le stesse persone. Sempre poveracci».
Perché in Sardegna si dice giustizia mala?
«La mia non è una risposta da storico né da sociologo. So che la Sardegna è stata dominata da potenze straniere che hanno varato leggi e istituzioni distanti dalla mentalità locale. E i magistrati sono stati visti come quelli che imponevano il rispetto di queste leggi».
Cani da guardia del potere, insomma.
«Sì, ma è una valutazione a torto poiché il magistrato non fa altro che applicare leggi non decise da lui».
Berlusconi ha detto che per fare il vostro lavoro bisogna essere diversamente normali.
«Io mi sento normale. Sotto tutti i punti di vista».
Riforma della giustizia bloccata: dovreste essere grati al signor B. Non ci fosse lui, si sarebbe già fatta.
«Purtroppo vedo molta volontà di riformare i giudici e pochissima, anzi niente, di riformare davvero e seriamente la giustizia. Non vedo la depenalizzazione di quelli che noi chiamiamo reati bagattellari, non aumentano i giudici onorari, non si restringe il raggio d'azione dei magistrati. Il bersaglio siamo noi, non l'organizzazione della macchina giudiziaria».
Quali sono, secondo lei, i reati da depenalizzare?
«Ci occupiamo delle ingiurie, delle beghe di condominio...»
Per quelle c'è il giudice di pace.
«Certo, ma poi c'è l'Appello. Dove, manco a dirsi, emerge perfino più accanimento. A seguire, per fare un altro esempio, la guida senza patente: depenalizzata e penalizzata mille volte. Il legislatore italiano è un po' ondivago, insegue l'attimo sociale e politico del momento».
Le sentenze non si discutono, si dice. E perché mai?
«Magistratura democratica, gruppo al quale appartengo, punta invece proprio al fatto che qualunque verdetto possa essere oggetto di discussione e di critica. Però, piuttosto che critiche e analisi fondate, vedo altro».
Cioè?
«È analisi critica seguire per strada un magistrato che ha emesso una certa sentenza? È analisi critica raccontare sui giornali il colore dei suoi calzini?»
Quello si chiama squadrismo giornalistico.
«Lo sta dicendo lei».
Il vostro presidente sostiene che l'attacco ai magistrati mina la democrazia. Ma dove, scusi?
«Credo che Rodolfo Sabelli intendesse quello che ho appena detto. Le critiche sono sacrosante, direi anzi necessarie. Da qui a certe cose che sentiamo o che leggiamo ce ne passa».
Sbaglia chi vi considera una casta?
«Se per casta si intende una categoria di persone privilegiate che difende tutti i suoi privilegi, beh sì, siamo una casta. Però siamo anche secondi in Europa per quanto riguarda l'irrogazione dei provvedimenti disciplinari».
Non risultate neanche lavoratori indefessi, non riceverete mai il premio Stakanov.
«Si scaricano sul magistrato le incongruenze dell'apparato. Bisognerebbe rimettere ordine ma questo, come tutti sanno, non spetta a noi. Abbiamo un indice di efficienza che non ha pari nel resto d'Europa. Francia e Spagna sono dietro di noi. Sul Penale viene definito il 95 per cento dei processi, sul Civile si arriva al cento per cento».
Dite di essere oberati dal lavoro ma il tempo per gli incarichi extra-giudiziari lo trovate.
«I magistrati ordinari non possono più svolgere questo genere di impegno se non previsto espressamente dalla legge. Chessò, la presenza obbligatoria in una commissione di disciplina».
E i dispersi nella pubblica amministrazione?
«Sono appena duecento su oltre novemila magistrati in servizio. Il Consiglio superiore della magistratura valuta caso per caso. Sorrido quando si parla del numero dei fuori-ruolo per spiegare la lentezza della giustizia. Fosse davvero così, il Csm li farebbe rientrare immediatamente nei ranghi».
Siete degli intoccabili. Come i fili dell'alta tensione.
«Non la penso affatto così: vorrei essere giudicato per quello che faccio. Bisogna tuttavia uscire da un equivoco e mettersi in testa che il magistrato nasce da questa società, non è un marziano o una persona speciale».
Le risultano parentele fra i magistrati del palazzo di giustizia di Cagliari?
«Sì, ci sono. La legge prevede incompatibilità che ognuno di noi deve subito segnalare. Se mio figlio iniziasse a svolgere attività legale, ho il dovere di informarne il Csm perché valuti se questo può condizionare la mia autonomia».
Ma ci sono anche parentele tra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti.
«Ci sono, è vero, ma operano in settori diversi. Abbiamo dei colleghi che sono sposati: e allora? Uno opera nel Civile, l'altro nel Penale. Impensabile che un giudice si esprima su un processo istruito dal coniuge».
Esiste una via politica della giustizia?
«Tutte le volte che uno di noi tocca interessi che hanno risvolti politici, è chiaro che questo problema si pone. La domanda però è un'altra: i politici possono essere inquisiti come qualunque cittadino oppure no?»
Tangentopoli ha cambiato l'Italia, segnato il passaggio dalla prima alla seconda repubblica.
«Non si può attribuire al giudice la colpa di un livello di corruzione che non ha eguali nella comunità europea. La politica dovrebbe emarginare chi si discosta dalle regole. Tangentopoli ha scoperchiato un sistema di tangenti di cui tutti sapevano e che è venuto clamorosamente a galla quando è saltato un certo equilibrio tra vecchia classe dirigente e politici emergenti».
Prima Di Pietro, poi De Magistris e ultimo Ingroia: perché vi piace tanto diventare onorevoli?
«Dovrebbe chiederlo agli interessati. So di sicuro che all'interno della nostra categoria c'è una sempre maggiore insofferenza verso questo tipo di scelta. Alcuni pensano che se fai politica non dovresti poi rindossare la toga, altri ritengono che invece si possa ma solo a certe condizioni. È proprio il caso di Ingroia che, tornato in servizio dopo le elezioni, è stato assegnato alla Procura di Aosta. Comunque: attualmente i parlamentari che provengono dalla magistratura sono nove».
Perché un magistrato che sbaglia non deve pagare?
«Sono dell'idea che se sbaglia deve pagare eccome. Non si possono però fare paragoni coi medici. Il lavoro del medico è farci guarire, fare del bene. Il magistrato, invece, fa male. Sempre. La responsabilità civile del magistrato per dolo o colpa grave è prevista. L'Europa ci contesta tuttavia una farraginosità della procedura. Ha ragione: dipende però dallo Stato, non da noi».
Ha mai colto degrado morale nella categoria degli avvocati?
«Non proprio».
Le risultano avvocati che per danaro sono pronti a tutto?
«Gli avvocati esercitano una professione da cui ricavano il loro sostentamento. Svolgono un ruolo importantissimo per l'amministrazione della giustizia».
Nega lo strapotere dei pubblici ministeri, eccesso di discrezionalità?
«Il Pm ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Non può, come accadeva col vecchio codice, incidere sull'applicazione di misure cautelari. Deve rivolgersi a un giudice e chiedere che quella certa persona venga portata in carcere. Ci si accanisce coi pubblici ministeri ma chi decide gli arresti è un giudice e non un Pm».
Accusa e difesa, secondo lei, si confrontano ad armi pari nel processo?
«Nel sistema attuale direi di sì. Le norme del codice penale sono a difesa del cittadino nei confronti della pretesa punitiva dello Stato, perché di questo si tratta. Come giudice ho il dovere di rispettare fino in fondo il ruolo che svolge la difesa».
Separazione delle carriere.
«Argomento di confronto serrato al nostro interno. L'Anm non ha una posizione ufficiale: ci sono favorevoli e contrari. Se ne può discutere evitando strumentalizzazioni e magari chiedendosi se davvero sia utile alla società tenere i Pm distanti dall'ordine giudiziario».
Intercettazioni: se ne abusa, siamo un Paese di spiati?
«Le intercettazioni sono un formidabile strumento di indagine. Non se ne può fare a meno. La gente deve sapere che vengono decise solo in presenza di reati molto gravi: sequestri, omicidi, stalking, pedopornografia, sfruttamento della prostituzione e altro. In Italia quelle autorizzate sono circa centoventimila l'anno. Considerate che i “bersagli”, come li chiamiamo noi, adoperano non meno di cinque utenze telefoniche diverse. Dunque le intercettazioni riguardano lo 0,042 della popolazione».
È civile che in un Paese normale esistano ancora i manicomi giudiziari?
«No, non è civile. C'è una legge che li ha soppressi ma ha provvisoriamente prorogato l'attuazione delle nuove regole. La magistratura, com'è evidente, non c'entra».
La sua categoria ha un arretrato di nove milioni di fascicoli. La imbarazza?
«Imbarazzare forse no. Mi crea ansia, mi fa sentire inadeguato. So che il mio lavoro è dare un servizio ai cittadini, e so anche che questo servizio è pessimo».
pisano@unionesarda.it