30.3.21

IN FRIULI VENEZIA GIULIA La battaglia di Elsa merlino per salvare i prati della Grande guerra I campi sulle sponde del torrente stavano diventando discariche L’appello sul web poi la vittoria: "Chi li ha distrutti deve ricrearli"

 Song  post

Siamo donne - Sabrina Salerno & Jo Squillo
Voglio una donna - Roberto Vecchioni
Senza Una Donna - Zucchero

Noi Donne - Le canzoni più belle dedicate a "Lei"  (   Autori  vari  )

Lei è Elsa Merlino 26enne, studentessa universitaria, una ragazza solare, modesta ed attiva      amante  della  natura  ed   degli animali come si evidenzia dal suo facebook
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 · chi mi conosce sa che non faccio la influencer, sa che sui social vado a periodi perchè non mi vanno sempre a genio, ma sa anche che sono attaccatissima a casa, al bellissimo Friuli e che sono una grandissima amante della natura... quindi

  ed  a  questa  sua    lettera  


[.... ] Aver visto quelle persone lavorare sui loro grandi macchinari, inconsapevoli delle conseguenze dei loro gesti, indifferenti alla fragilita di questo ecosistema, mi ha spezzato il cuore.
Vedere numerose piante essere sminuzzate in una manciata di secondi da una gigantesca trinciatrice mi ha fatto sentire impotente, triste e mi ha fatto tremare le ginocchia. Rendermi conto che tutta quella terra abbandonata sui prati li avrebbe soffocati, mi ha tolto il respiro. Per un secondo, fissando da lontano le macchine che distruggevano tutto il panorama verde, mi sono sentita come un aborigeno che guarda la sua foresta pluviale mentre viene rasa al suolo, spazzata via.
Perché bisogna arrivare a questo? Ora diranno che inizierà il “piano di ripristino” con azioni mirate a riportare queste zone verso un “nuovo” equilibrio. Non sarà facile, non ci vorrà poco tempo (ben più di qualche anno), ma ho grande speranza che questa denuncia aiuti ad aprire il dibattito su questi temi.Certo è che, invece di sbagliare e cercare di rimediare agli errori, sarebbe meglio agire consapevolmente a tempo debito, mettendo in atto controlli preventivi e salvaguardando le ricchezze naturali di cui possiamo e vogliamo continuare a godere, rispettandole, nei loro ritmi e negli spazi”. [...] segue su www.prospettivevegetali.it/garante-del-verde-cantiere-abusivo/

è una studentessa e ha deciso di non girarsi a guardare dall'altra parte ma di proteggere il suo luogo del cuore. un grande esempio per molti giovani che non sanno agire e reagire alla distruzione dell'ambiente che avviene ogni giorno, a poco a poco, nonostante i bei discorsi che si fanno.
Ed è proprio con il suo attivismo che ha vinto dopo più di un mese la sua battaglia ha bloccato un intervento di movimentazione terra che stava deturpando quello che lei definisce il suo «luogo del cuore» al Parco del torrente Torre, nei magredi . Dopo essere riuscita a bloccare un cantiere rivelatosi irregolare sui prati stabili che costeggiano il Torre, a Primulacco, vede ora ufficialmente riconosciute le proprie ragioni: un'ordinanza del sindaco di Povoletto, Giuliano Castenetto, «in base - rileva il primo cittadino - alle prescrizioni del Servizio regionale biodiversità», ingiunge l'immediato ripristino dello stato dei luoghi, di proprietà


 

 In tanti sono stati al suo fianco ma anche tanti si sono girati dall'altra parte. "Ma non potevo tacere", dice Elsa. "Ora bisogna vigilare affinché le opere disposte siano eseguite correttamente - aggiunge - e non mi fermerò qui"

Infatti da repubblica del 30\3\2021


                                Giampaolo Visetti

POVOLETTO 
 Lungo i fiumi dove i ragazzi del ‘99 hanno difeso l’Italia, un secolo
frame  dal servizio  di 
 https://www.rainews.it/tgr/fvg/video/2021/03
dopo Elsa 
ha vinto la sua guerra per salvare i prati che il Paese continua a violare. Non è servito il sangue, per l’ultima battaglia verde che ha unito i ragazzi del Duemila. Sono bastate leggi ogni giorno ignorate: più la forza della Rete, capace di trasformare un pezzo di argine dimenticato nella ritrovata diga civile che tutti vogliono costruire. I prati della Grande guerra, invasi da montagne di ghiaia e detriti, torneranno così a
conoscere la carezza viva dell’erba originaria, profumata dalle orchidee e abitata dagli uccelli che amano tuffarsi nell’acqua. E a rendere possibile un simile prodigio, per ordine di un sindaco e in attesa di un giudice, sarà proprio chi ha rotto l’equilibrio primitivo della natura. «Era febbraio — dice Elsa a Repubblica — e sotto le mie finestre hanno cominciato a passare ruspe e tir, carichi di materiale da discarica.
 Attraversavano i campi, raggiungevano il torrente, abbattevano gli alberi e tornavano vuoti. Sono i miei posti del cuore: mi sono sentita come un aborigeno che vede spazzare via la foresta in cui vive. Ho deciso di resistere e di lottare». Elsa Merlino ha 26 anni, studia Scienze naturali all’università di Udine e vive a Primulacco, frazione di Povoletto, sulle sponde del torrente Torre, affluente dell’Isonzo.
Mai, nel mondo chiuso da un virus, avrebbe immaginato di veder crescere una discarica abusiva sulla porta di casa, all’interno di un parco e dentro un biotopo. «Non sapevo — dice — come si difende un pezzo di mondo. Ho chiamato la Forestale di Attimis e Legambiente. Infine ho postato una fotografia e un appello sul blog di Prospettive Vegetali. Rilancia via social le denunce di una rete sempre più vasta di giovani che si mobilitano per la terra. La reazione, in tutto il Paese, è stata enorme: ai primi di marzo la distruzione dei prati stabili lungo il Torre si è fermata». In Friuli Venezia Giulia li chiamano magredi. Sono i prati mai coltivati che l’uomo ha lasciato alla natura, nemmeno calpestati, riservati a quella che oggi definiamo biodiversità. «È un patrimonio comune — dice Elsa — cruciale per l’equilibrio dell’ambiente. Una volta rotto, richiede secoli per tornare selvatico. Una legge regionale lo protegge dagli abusi perché erbe spontanee e animali spariscono, gli argini smettono di drenare le piene. Tutto questo per nascondere a costo zero i detriti di strade e cantieri». Fino al Piave veneto i magredi ridotti a discariche sono centinaia e le montagne dell’ultimo scandalo sono ancora qui: 46 piramidi di scorie, 460 metri cubi di materiale sparso su oltre un ettaro e mezzo di parco raso al suolo.




Elsa però ha infine vinto la sua guerra. Un’ordinanza del sindaco, Giuliano Castenetto, intima ai responsabili del disastro di «ripristinare non oltre l’1 aprile lo stato dei luoghi di proprietà demaniale». La ditta Julia srl, che assicura di aver agito in base a licenze ottenute, dovrà «ricostruire i prati stabili naturali rimuovendo delicatamente con una mini-pala tutto il materiale scaricato senza danneggiare i resti erbosi». Entro il 10 aprile dovrà anche «seminare un miscuglio idoneo alle condizioni stanziali, con semi di specie selvatiche autoctone». Per almeno i prossimi quattro anni dovrà infine «garantire le cure dei prati, sfalciando due volte e astenendosi dallo spargere ogni tipo di fertilizzante», sotto il controllo del Servizio biodiversità della Regione. «È la prima volta — dice Elsa — che in Italia le istituzioni bloccano la distruzione dei prati e impongono ai colpevoli di ricrearli subito. Ho imparato che il pianeta si difende alzando la voce sui piccoli disastri sotto i nostri occhi, non aderendo a dichiarazioni generiche che non impegnano nessuno». Con lei e con Giacomo Castana, ideatore di Prospettive Vegetali, migliaia di ragazzi. Fino a ieri, davanti a discariche abusive e a un bosco abbattuto per far posto ad altro cemento, erano soli. «Da oggi — dice Elsa — camminiamo insieme. Nelle piccole comunità indifferenza e complicità si superano con il sostegno di tanti sconosciuti uniti dagli stessi valori». Elsa ha vinto con il coraggio la sua guerra per i prati dove sono sepolti i ragazzi che un secolo fa sono morti anche per lei.


Omaggio a Enrico Vaime ©® di Daniela Tuscano



29.3.21

IL passo dallo stalker al femminididio è sottile soprattutto quando è di stato



 di cosa  stiamo  parlando  

                                  


sempre   dalla stessa fonte  del 28\3\2021


Lavinia Rivara

Se sei una donna, sei giovane, impegnata in politica, se magari provi anche a fare carriera, un risultato è assicurato: lo stalking non te lo leva nessuno. Per mesi, anche anni. Una condanna di genere.Nessun ministro uomo probabilmente ha avuto la malaugurata sorte di sentirsi apostrofare sui social per mesi “bocca rouge” o “cazzolino” come è toccato all’ex collega Lucia Azzolina, né di essere perseguitato per un anno e mezzo con messaggi a sfondo sessuale, conditi da minacce di morte. Il tutto perché il suo stalker, Pasquale Vespa, presidente di un’associazione di docenti precari, non condivideva la sua posizione sul precariato.

 Opinione legittima ovviamente, ma la critica e la protesta, per quanto radicali, si sarebbero certo sfogate in altro modo se l’avversario fosse stato un maschio.Poche settimane fa un’altra ex ministra, Maria Elena Boschi, ha presentato una denuncia per stalking alla procura di Roma. Da sei mesi un uomo la bombardava di mail, telefonate, attacchi sui suoi profili social, tutti i giorni, anche più volte al giorno. Boschi, oggi capogruppo di Italia viva alla Camera, si è decisa a denunciare quando ha capito che il suo persecutore si recava negli stessi luoghi frequentati da lei, quando cioè la minaccia è diventata fisica e non più solo verbale. Ma non era certo la prima volta che si trovava a dover affrontare questo genere di intimidazioni: «Vanno avanti dal 2014, con soggetti diversi» ha rivelato in una intervista al Corriere. Se si considera che è stata eletta deputata per la prima volta nel 2013 si capisce che gli stalker hanno accompagnato tutta la sua carriera politica.Poco più di un anno fa Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, è comparsa davanti alla prima sezione penale del tribunale di Roma per il processo contro il suo persecutore, Raffaele Nugnes, arrestato qualche mese prima. «La notte non dormo più se penso alle minacce che quest’uomo mi ha rivolto via Facebook - ha raccontato -. Ho paura per mia figlia. Lui diceva che la bambina era sua, che prima o poi sarebbe venuto a riprendersela ».Nel 2015 venne processato anche il molestatore di Mara Carfagna, allora deputata forzista e principale promotrice della legge antistalking. Sul sito della sua vittima lui aveva scritto: “Ti seguo da un po’, conosco i Secondo gli ultimi dati del Viminale le donne, neanche a dirlo, rappresentano il 75 per cento delle vittime di reati persecutori. La maggior parte sono adulte (il 36 per cento ha tra 31 e 44 anni), l’età in cui tendenzialmente si manifesta maggiore indipendenza, si prova magari a fare carriera. Subito dopo vengono le ragazze tra i 18 e i 30 anni (22 per cento). È come se l’essere donna, giovane, magari con ambizioni e visibilità, fosse ancora qualcosa di inaccettabile per una certa cultura maschile (per fortuna minoritaria).In queste settimane si è molto dibattuto della presenza delle donne in politica. La decisione del nuovo segretario del Pd Enrico Letta di imporre una vice e due capigruppo parlamentari donne sta facendo discutere, ma di certo ha il merito di riequilibrare una situazione. Come ha detto Irene Tinagli «a nessuna donna piace ritrovarsi in dei ruoli perché ci sono le quote, ma siamo stati costretti ad arrivare a misure più drastiche perché in maniera naturale questo spazio non si creava». La verità è proprio questa: la strada per una vera parità di genere è ancora lunga e costellata di misure drastiche e di prezzi da pagare. Lo stalking è sicuramente uno dei più odiosi.Una strada che resterà impervia finché esisteranno sottosegretari di Stato come il leghista Rossano Sasso che, nonostante abbia la delega per combattere il bullismo, non si è fatto scrupolo di assumere al ministero dell’Istruzione uno stalker come Vespa. Anzi, lo ha difeso fino all’ultimo, arrivando addirittura a definirlo «un simbolo dei diritti dei lavoratori più deboli». La decisione del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di revocare l’incarico al docente era un atto dovuto inevitabile. Ma forse sarebbe opportuna anche qualche riflessione sul sottosegretario e le sue deleghe.


28.3.21

Il no vax pentito "Ho visto giovani restare senza fiato e ho fatto il vaccino anch’io" di Giuliano Foschini

Leggi  prima  




«Ero un antivaccinista convinto [  ed   ] Ero scettico, pensavo fosse solo un modo per le case farmaceutiche di arricchirsi. Tutto questo però non è un complotto ».

No vax.
«Il capo dei no vax mi chiamavano».
E poi? 
« E poi ho capito che dicevo un sacco di stupidaggini. E oggi sono andato a vaccinarmi».
Paolo Viviano è un signore di Barletta. Di mestiere fa l’autista. Per la Asl. Ha guidato ambulanze, auto mediche, oggi trasporta farmaci nei reparti. Anche quelli Covid. E non aveva alcuna intenzione di vaccinarsi. Ieri mattina ha fatto invece la prima dose.
« Sono sempre stato molto scettico, in generale, sui vaccini. Perché penso, anzi pensavo, che rappresentassero un modo per le cause farmaceutiche di arricchirsi».
La sua pagina Facebook è esemplificativa. Lei quasi giornalmente, fino a poco giorni fa, pubblicava articoli e video no vax.

«Perché pensavo dicessero la verità».
Il 21 marzo ha rilanciato un post di Sara Cunial, la deputata no vax. Un sedicente parroco diceva a proposito dei vaccini: "Con il pretesto di prevenire una malattia il cui tasso di letalità è stimato attorno allo 0.3%, esige veri e propri sacrifici umani di inaudita efferatezza… I veri interessi non sono di natura sanitaria, ma finanziaria".
«Pensavo avesse ragione. Ora sono convinto che tutte quelle cose sono delle cavolate. E mi dispiace averle in qualche modo rilanciate. Spero di non aver convinto nessuno».
Quando ha cambiato idea?
«Prima vorrei dire come ho costruito quell’idea. Non sono un medico ma lavoro da sempre negli ospedali. So di cosa stiamo parlando. A me, però, le cose imposte non piacciono. Vorrei decidere per me. Normalmente quando mi dicono che devo fare qualcosa, senza darmi la possibilità di scegliere sulla mia vita, non mi piace».
In realtà con i vaccini la vita gliela salvano.
«Le cose bisogna spiegarle. E non trattare le persone come pecore. Di questo continuo a essere convinto».
Insistiamo: quando ha cambiato idea?
«Quando mi sono guardato attorno. Quando ho visto le terapie intensive così piene, quando ho visto ragazzi di 40 anni arrancare senza respiro.Quando i miei amici medici, o infermieri, mi hanno raccontato, ogni mattina, che le rianimazioni scoppiano e che ci sono persone, senza alcuna patologia pregressa, che non riescono a stare in piedi perché non hanno più fiato. Ecco, tutto questo non poteva essere un complotto. Era la verità. E io ce l’avevo davanti agli occhi. Ho avuto paura».
Se non si fosse vaccinato avrebbe rischiato anche di non lavorare.
«Questo, sono sincero, non ha inciso più di tanto. Il medico competente, il dottor Sivo, che oggi mi ha vaccinato, mi faceva la corte ( ndr , sorride) dall’inizio della campagna. Hanno chiamato tutti quelli, pochi, come me, che non avevano aderito alla campagna di vaccinazione. Mi ha spiegato. E ho capito che aveva ragione».
A dire cosa? «Che vaccinarsi era necessario: come cittadino. Come lavoratore. E poi avevo anche una responsabilità di padre».
Prego?
«Mio figlio è un operatore socio sanitario, lavora qui. Per di più in un reparto Covid. E anche lui, vedendo le mie perplessità, aveva deciso di non vaccinarsi .Oggi ci siamo vaccinati insieme».



la libertà di scelta non è mettere a rischio le vite degli altri ( reprise )

leggi anche 


Lo  so che non ho competenze scientifiche in merito ed nonostante sia figlio ed fratello di due agronomi sono una capra in tali materie . Cosi pure mediche no nonostante sia pronipote e cugino di medici ( pediatra il primo , medico radiologo il secondo )   e  quindi  non dovrei   prendere  posizione  su  tali argomenti  . Ma  1)   credo nella  scienza  ., 2)  nella  salute  pubblica  ., 3)    che  è meglio rischiare   con una  cura  sperimentare    che   non  curarsi     \  immunizzarsi  e    e pur  di  sconfiggere  una  pandemia   grave  .  Ora lo  so  che     con questo post   molti contatti  ed  [  sic   ]   amici\che    anche  di lunga  data   mi toglieranno  il  saluto ed  il  contatto  ,  ma  pazienza     se  questo  è il prezzo  da  pagare   per  la  tua  libertà      pazienza  Per  il post  precedente    vedi  per l'url   il  consueto leggi anche     sono stato  accusato d'essere  un ribelle all'acqua  di rose   ,  un radical  chic  ,    che predica  bene  ma   razzola  male  , che    amo le  dittature  , ecc  .  Bene sappiate    che   ci sono momenti nei quali le chiacchiere stanno a zero, i ragionamenti e il buon senso non sono sufficienti, e la scienza e la statistica non fanno presa . Vaccinatevi ! Senza se senza ma . Ed    non lamentatevi      se   lo  stato    fa  chiusure a  .....  beh ci siamo capiti   , ma   la  colpa  è  anche nostra   che  ci lamentiamo   della pandemia     e  poi   non rispettiamo neppure  le minime  misure  di sicurezze    e  poi   protestiamo  contro il  governo che  deve   provvedere   per  la  salute  pubblica   .   Quindi  cari\e  Novax  Se  proprio  siete   coerenti   fino  in fondo    con le   vostre  scelte  o  paure   ed  non  volete    farlo  o  accettate   di fare  un altro lavoro  o le  misure  drastiche  .                        



Vaccinatevi  o stavene  isolati  e  non   lamentatevi  cazzo  .  Ovviamente è una citazione del famosissimo “invito”, che il comandante Gregorio De Falco indirizzò a un tremebondo Francesco Schettino, il quale aveva abbandonato al suo destino i passeggeri della Costa Concordia appena naufragata. «Vada a bordo...!» eccetera, ricordate? Quando c’è un’urgenza, quando si è in emergenza la gentilezza non basta. Ci vogliono gli imperativi. E ci vuole il coraggio.Da settimane, ci  s'interroga   su come spiegare  che una microscopica percentuale di reazioni avverse, o anche di decessi, non può e non deve bloccare la campagna vaccinale. In Italia ci sono centinaia di morti ogni giorno a causa del Covid e abbiamo superato largamente quota 100mila vittime. I Paesi che hanno vaccinato a tappeto la popolazione ne stanno uscendo, e noi stiamo ancora qui a chiederci se farci inoculare oppure no? E pretendiamo di scegliere, come se dovessimo acquistare i biscotti al supermercato: Pfizer sì, Moderna forse, AstraZeneca mah...Certo, l’Unione Europea, la Germania e, a seguire, anche l’Italia l’hanno combinata grossa con la sospensione  apriori  di AstraZeneca. Giorni perduti, che pagheremo con centinaia di morti in più, altro che un singolo effetto collaterale su un milione di dosi. Abbiamo perso tempo, ma non solo: abbiamo, hanno minato la fiducia di tante persone nelle autorità politiche, scientifiche e saniGregorio De Falco, 56, oggi senatore, divenne famoso nel 2012, quando intimò bruscamente a Francesco Schettino, comandante della Costa Concordia naufragata, di risalire a bordo. tarie. Il vaccino è stato ovviamente riammesso, solo con qualche lieve modifica nel “bugiardino”. Tanto rumore per nulla? No, tanto rumore per un disastro. Infatti  come     ho letto  da qualche  parte  


La psicologia umana non va d’accordo con le fredde tabelle di dati, con la statistica, con le percentuali. È perfettamente inutile dire alle persone che, vaccinandosi, la probabilità di eventi avversi è dello zero virgola zero zero zero qualcosa per cento. Per esempio, tutti sanno che la probabilità di fare 6 al Superenalotto è di 1 su 622 milioni: eppure la gente continua a giocare, perché nella propria testa conta quell’1, non i 622 milioni.Così, secondo la Società italiana di farmacologia, su oltre 20 milioni di vaccinazioni con AstraZeneca, sembra si siano verificati «9 casi fatali». Un’inezia, vero? Fra l’altro, non è neppure detto che quei decessi siano dovuti direttamente al vaccino, ma fa niente. Il punto è che quando leggiamo questi dati, la nostra mente non si fissa sul numerone grande (20 milioni!), ma su quello piccolo: 9. E compare un diavoletto che ci sussurra: chi se importa della statistica, non vorrai mica essere il decimo, vero? E quindi, chi decide di non vaccinarsi, per evitare una minuscola, infinitesima probabilità, si espone all’eventualità molto più concreta di ammalarsi e morire per il Covid.


 Non vi sembra assurdo ?Poi, mi direte, il problema in realtà è un altro. E cioè che chi vuole vaccinarsi e ne ha diritto non ci riesce, mentre la spuntano migliaia di furbetti che diritto non ce l’hanno. Alcuni dei quali, come il giornalista Andrea Scanzi, poi, vanno pure a gloriarsene sui social, alla faccia nostra, di chi aspetta onestamente il suo turno, di chi è ultraottantenne e da settimane attende una risposta alla prenotazione, di chi non è stato avvisato in tempo perché in Lombardia non funziona niente, di chi è fragile e a rischio ma le dosi giornaliere sono state esaurite da qualche amico degli amici. Tra i tanti scandali   ed  prevaricazioni    nazionali  , questo è certamente il più vergognoso.

Come  è vergognoso  che

“Il personale sanitario che non intende vaccinarsi ne ha tutto il diritto.
A una condizione: si leva il camice, esce dall'ospedale, rinuncia allo stipendio e si rifà una vita altrove.
Il ruolo non consente alternative. Il medico o l'infermiere che non si vaccina, a parte l'ovvio rischio al quale espone gli ignari pazienti, è una persona che non crede nel sistema sanitario nazionale e non crede nella scienza.
È libero di disertare. Non d'indossare a tradimento una uniforme che non è la sua. Escano dalla sanità pubblica e se ne facciano una propria. Fondino cliniche, propongano cure alternative, pubblichino dati scientifici non ortodossi, ne hanno facoltà.
La storia dell'umanità è piena di eteredossie, eresie, opinioni di minoranza che si sono poi rivelate utili.
Ma gli eretici veri sono persone che rischiano, gli eretici costruiscono altri luoghi, gli eretici si contrappongono al potere pagandone il prezzo.
Non se ne stanno, con il culo al caldo, a spillare lo stipendio a un padrone, lo Stato, che dimostrano di disprezzare, considerando insulsi i suoi sforzi e nulle le sue direttive di vaccinarsi, ma riscuotendo, a fine mese, regolare stipendio.
Se ne vadano altrove. Fare il rivoluzionario a costo zero è molto comodo, ma molto poco etico.”
Michele Serra, L’Amaca, “Repubblica”


O quelli\e che protestano per l'obbligatorietà dei vaccini dimenticandosi che , eppure chissà perchè li non protestano , i vaccini erano ed lo sono ancora già obbligatori, ecco quanti, quali e per chi. https://www.certifico.com/categorie/22-news/news-generali/4457-vaccinazioni-in-ambito-lavorativo-quadro-normativo
Senza il giusto vaccino non puoi fare quel determinato lavoro, questo è facile da capire anche senza una preparazione specifica.
Ciò che non mi è chiaro a questo punto è perché -ciononostante- voi complottari insistiate a definirvi "risvegliati".

27.3.21

considerazioni di un anti abortista sui cartelli accusatori contro i cartelli appesi a scuola a Piacenza sulla ragazza che ha abortito .

  Di   COSA  STIAMO PARLANDO  
L'episodio in un istituto superiore. La denuncia è partita online da un'amica della studentessa. A Repubblica la ragazza vittima delle offese ha raccontato che nelle scorse ore lei e le compagne hanno girato per le classi (quelle poche autorizzate in presenza per i laboratori nonostante la zona rossa): "Abbiamo detto che l'aborto non è una scelta facile, ma chi si permette di giudicare che ne sa?". La preside ha avviato accertamenti, ieri ( 25\26  MARZO  ) è arrivata una lettera di scuse anonima  .


E' vero  che  l'aborto  non piace  a nessuno\a  laico o religioso  che  sia  perchè è uccidere  \ mettere  fine  ad  una  vita    e creare  dolore  psicologico  .  Infatti   L'aborto è un fatto drammatico sia fisicamente   come dimostra  il  video  qui  sotto

 


che psicologicamente per qualunque donna di ogni età . Decidere di fare un aborto  soprattutto  quando   si è alle  prime esperienze  sessuali  comporta un lungo travaglio psicologico ed è motivato da molteplici fattori, travaglio psicologico che si porterà dietro per tutta la vita. Ecco   che   << Se solo si imparasse ad accogliere, comprendere e a non giudicare le vite altrui diverse dalle nostre, tendendo una mano, piuttosto che puntare un dito e se solo si insegnasse che sbagliare è parte del nostro percorso per diventare persone migliori, le lacrime versate di tutti, sarebbero d’oro e non di piombo.>>  da  https://mad-in-italy.com/2021/01/aborto-giudicare-e-sempre-ferire/

 Ecco perchè    da  uomo  provo    tristezza   perchè   a differenza   delle  altre  volte  il fatto 


 "Succede in una scuola italiana in provincia di Piacenza - aggiunge un'altra ragazza che ha postato la notizia poi ricondivisa migliaia di volte - , in una scuola con gente giovane che speravo fosse diversa dalle vecchie generazioni, una speranza più vicina di poter cambiare e aprire le nostre menti presto e soprattutto imparare il concetto di rispetto per le scelte personali altrui, ed è questo che più mi inquieta, che ciò che dovrebbe rappresentare il futuro e il cambiamento sia ancora cosi maledettamente indietro"

https://mad-in-italy.com/2021/01/aborto-giudicare-e-sempre-ferire/


Va bene essere contrari all'aborto ed al suo uso spesso non necessario ed essere per la vita .Ma essere per la vita significa anche : 1) lasciare che le persone siano libere di decidere e d'intraprendere anche scelte diverse dalle nostre dolorose o meno che siano 2) non giudicare e rispettare 3) lasciare che la loro scelta sia libera e non soggetta a causa dell'uso improprio e ipocrita ( cioè obbiettori in pubblico abortisti in privato ) dell'uso del obbiezione di coscienza Immaginatevi lo strazio di questa piccola donna, rientrare a scuola e trovare le porte delle aule tappezzate con disegni raffiguranti un feto con frasi di questo tenore: «Questo eri tu», «Mi hanno buttato in mezzo all’utero e ne sono uscito embrione». Poi l’ultima: «Io feto, tu aborto». La reazione -- secondo quanto riferita dai giornali --- è immediata, li strappa uno a uno, consapevole che siano rivolti a lei, li porta al professore che in quel momento è in aula, ma prima decide di fotografarli, li gira ai dei compagni di classe chiedendo se qualcuno conoscesse l’autore. In un istante le immagini diventano virali e rimbalzano di chat in chat, esplode un caso mediatico, la ragazza viene rintracciata telefonicamente, dando prova di una grande maturità : « Anche se quell’odio non lo capisco, non sono arrabbiata con chi ha appeso quei disegni. Semmai con lui vorrei potermici confrontare. Se una conclusione può trarsi, è che la gente deve imparare a riflettere prima di emettere giudizi »   come riporta  Irene Vella GIORNALISTA TELEVISIVA il  26 Marzo 2021 su  questo editoriale  di  www.dilei.it/ )  .
Già perché a quanto pare chi ha deciso di fare questo gesto è un ragazzo, che travolto dal clamore fa un passo indietro, scrive una lettera ( sotto al centro un estratto da https://www.fanpage.it/ )

e la appende nuovamente sui muri dell’istituto, dove afferma che le immagini fossero ironiche e non rivolte a qualcuno in particolare, dicendosi dispiaciuto per la situazione e per aver ferito le persone coinvolte, chiedendo infine scusa. Ma ormai il danno è stato fatto. La cosa che colpisce positivamente di tutta questa storia è l’ondata di affetto e di protezione ricevuta dalla ragazza, da parte degli adulti in primis, il professore che ha fatto di tutto per rassicurarla denunciando immediatamente l’accaduto al dirigente scolastico e le compagne che hanno fatto subito squadra e stretto un cerchio intorno alla loro amica, dimostrando che, forse, si stanno facendo passi avanti in materia di solidarietà. E ancora una volta è Chiara è mettere il punto in questa situazione: “Quel che mi è successo un mese fa è stato terribile. Ma può capitare a tutti. Per fortuna io mi sono sentita libera di decidere in modo sereno, parlandone con mia madre, la mia migliore amica, alla quale ho semplicemente detto che non mi sentivo pronta.”
Quindi  cari  prolife   sappiate     che 
Una donna che decide di non avere un bambino è una donna ferita, è una donna che porterà una cicatrice nel cuore e nel corpo, invisibile agli altri, ma presente a se stessa, per sempre, nessuno dovrebbe mai permettersi di giudicare, eppure nel 2021 c’è chi si permette di farlo, e se, in questa situazione, possiamo parlare di ingenuità e di ignoranza, da parte di un ragazzo appena maggiorenne, i giudizi che fanno più male sono quelli delle persone che parlano senza conoscere, che additano le ragazze come incoscienti o, peggio ancora, come assassine. Perché diciamo la verità la colpa viene data sempre alla donna, perché è facile, perché passano gli anni, ma la voglia di puntare il dito, quella non passa mai, come se il sesso non si facesse in due, come se un ragazzo che mette incinta una ragazza, non avesse la sua stessa responsabilità, eh già “ma signora mia è la donna che porta visibile la colpa con una pancia che cresce” mi sembra di sentirle queste parole.


Una volta per -- come  suggerito sempre  su  https://dilei.it/editoriali/storia-di-chiara-aborto-sulle-porte-della-scuola/1006365/ --  tutte pensiamoci prima di parlare, colleghiamo il cervello alla lingua, chi sceglie di abortire non lo fa mai a cuor leggero, sono ragazzine che si ritrovano in una situazione più grande di loro, sono donne costrette dalla vita, sono ragazze che non si sentono pronte, e qualunque sia la loro motivazione, nessuno, e sottolineo nessuno di noi, dovrebbe mai giudicare. Sappiate che negli anni ho intervistato molte di loro e le loro parole sono tutte uguali: “Ogni anno quando arriva quel giorno, mi domando come sarebbe stato, di chi avrebbe avuto il sorriso, di che colore sarebbero stati i suoi occhi. Ogni 365 giorni conto gli anni che avrebbe compiuto, e so che in quel momento era la scelta migliore per me, non era il momento, non avevo la persona giusta al mio fianco, ero solo una studentessa. Ma non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe stato.”
Per questo non mi bisogna mai giudicare. Queste donne purtroppo lo fanno sempre da sole, quello che possiamo fare noi per loro è fargli capire che noi ci saremo per sempre, che noi le capiamo  o  almeno  ci  proviamo  .


26.3.21

la libertà di scelta non è mettere a rischio le vite degli altri

 Sono sempre stato per la libertà di scelta, ma secondo cosa scegli te ne devi obbligatoriamente andare affanculo, questo è chiaro.



Presidente Draghi, Ministro Speranza, di nuovo focolai in ospedali causati da sanitari che rifiutano le vaccinazioni. E' urgente e indispensabile un decreto legge che li obblighi a vaccinarsi e protegga i pazienti dalla superstizione e dall'egoismo. Vogliamo aspettare che ci scappi il morto?


Ora alcuni di voi dicono che è da nazisti obbligare e bla bla bla... Ma come mai nessuno \a
protestato prima quando fino al 1985 c'era l'obbligo vaccinale e ti vaccinavano anche a scuola ? Secondo   questo commento   trovato su  Facebook  di  Gavino Marras  alias  Gavox  : <<   Non è un obbligo e non è nemmeno un ricatto: è buonsenso. Se non vuoi incasinare la vita a nessuno esponendolo al rischio di contagio, o ti vaccini o vai a fare l'eremita. La possibilità di scelta c'è, come sempre nella vita. Ogni scelta, come sempre nella vita, comporta differenti rischi e/o benefici. Puoi anche nuocere a te stesso e -previ accordi- a chi è con te, ma non puoi mettere a rischio altre persone per le tue scelte.>>  Infatti  l'obbligo vaccinale dovrebbe essere al pari dell'obbligo di rispettare i limiti di velocità, della cintura di sicurezza e del casco. Proteggi te e gli altri. Ma i legislatori hanno troppa paura ad equipararlo perché hanno paura di perdere consensi in questo periodo di ritardo cognitivo generalizzato

 

perchè il libro il tempo di vivere con te di Giuseppe Culicchia non è un libro apologetico sul terrorismo e sulla figura di suo cugino WALTER ALASIA

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Adesso che  ho finito  il dolorosissimo , triste  ,  bellissimo   libro  Il tempo di vivere con te (Mondadori 2021) di  Giusepe  Culicchia 

posso confermare  quello  che  ho  già detto nel   precedente  post   : <<  Gli  anni di piombo una ferita  ancora  aperta .basta   un niente   per creare  polemiche   e riattivare  le braci .  Il caso  di  Il  tempo di vivere  con te   ultimo romanzo  di Giuseppe  Culicchia  >> .
Sono arrivato   a  tale   libro  dopo aver  sentito  diversi  dibattiti  e  recensioni  ,  tanto  da   scierglielo     come  regalo   per  i  miei  45  anni     e  poi   averlo divorato  in  4   giorni . IL   perchè  : 1)    quando si parla   d'Alasia    si parla   solo  come    un criminale   , ci si dimentica   o si tace     che   non  li si è data  la possibilità  di  soccorrerlo   ed  è  stato ucciso alle  spalle      quando  era   già inerme \ moribondo  . 2)  Giorgio Bazzega, figlio di una delle vittime, ha detto che è stato scritto “come andava scritto, con una sensibilità e un’onestà intellettuale inattaccabili“. All'inizio  dei primi due  capitoli   stavo   per  abbandonare   perchè    lo consideravo una dei soliti  libri   retorici  ed  apologetici    sugli anni 70\80  .
Inizialmente  alla lettura     dell'incipit  ero un po'  titubante   se  continuare      o meno   perchè credev  fosse il  solito  libro  agiografico  sugli anni 60\80  . Ma  conoscendo l'autore   ed il  suo  stile   capace  di farti  appassionare  lentamente     alle  cose    , mi sono detto  : andiamo avanti  ,  magari  (  cosa  poi  risulta  vera  )  non lo è  . Quindi   ho  evitato l'errore   che  potrebbero  fare   molti     leggendo le solo  le pagine di  copertina d'abbandonare  la lettura  al  primo capitolo   .  
Infatti  già  il fatto   che  l'autore    inizi  le  prime pagine   e  i  primi due  capitoli   parlando  sotto   forma  interrogativa    della fine  di Walter ovvero  della  sua  uccisione     il  15  dicembre  1976  fa  capire   a chi   leggere  senza pregiudizi \  preconcetti che  il   libri   non sarà   un  apologia    della  figura del   cugino .  Il  libro  è  

Un po’ epistola un po’ memoriale, un po’ album di famiglia (corredato dalle foto d’epoca  e  da lettere   private    corsivo mio ) e un po’ cronistoria dell’Italia contemporanea, Il tempo di vivere con te (Mondadori) crea un interregno narrativo che è soprattutto il tentativo da parte dell’autore di ricucire definitivamente le lacerazioni del proprio vissuto familiare con quelle della Storia recente (politica, culturale, di costume) del nostro Paese, attraverso il filo di una memoria personale silenziata per oltre quarant’anni.

  da  https://www.labalenabianca.com/2021/03/24/la-sfida-postuma-con-la-storia-di-giuseppe-culicchia-luca-ottolenghi

Ora  si capisce  il motivo per cui il protagonista del suo celeberrimo romanzo d’esordio Tutti giù per terra (1994) si chiamava Walter. E il conto è finalmente chiuso e  si  può iniziare  a  guardare  avanti    senza  rimanere  prigionieri nel ricordo  . Leggendo  e sentendo  varie  recensioni      credevo  che  ,   come spesso accade     quando esce  un libro    su quel periodo     su  certi siti o giornali iniziasse :  la  solita  campagna  d'odio (  la  solita   shitstorm    )  ed  la  solita  contrapposizione    ideologica   \ culturale    come   se  tali fatti  fossero ancora attuali  e  le  ideologie  del secolo scorso    fossero  ancora vive   ,  fosse  un libro ideologico invece     come per  magia    , sarà per  lo stile   dell'autore o per  la  frase     dal libro  stesso  

"Non è ancora il momento di raccontare quel 15 dicembre 1976, e quel che ne seguirà. No. È, questo, il tempo di vivere con te. Ancora un poco. Almeno nello spazio di queste pagine. Perdonami, Walter, se ci ho messo così tanto. È per raccontare la tua storia che ho cominciato a scrivere, il giorno dopo la tua morte."

che mi  spinto    a leggere  \  divorare   ( di solito sono più  lento  )   in cosi breve  tempo  il   libro  . A  testimoniare  la  bellezza   ed  particolarità  del libro  è  anche la recensione    di  uno di quei  quotidiani più faziosi quando  si parla   di quel  periodo    dice  


[..] non ho avuto dubbi nel precipitarmi a leggere il nuovo libro di Giuseppe Culicchia, perché è uno scrittore eccellente e perché figuriamoci se avrebbe sfornato la solita tiritera agiografica o sociologica o giustizialista o assolutoria. Il titolo è Il tempo di vivere con te (Mondadori) e il terrorista in questione è Walter Alasia, ucciso in un blitz della polizia il 15 dicembre 1976, non prima di riuscire a uccidere due poliziotti, il maresciallo antiterrorismo Sergio Bazzega e il vicequestore Vittorio Padovani.Al di là di questo, che in quegli anni è ordinaria amministrazione, tra terroristi ammazzati, magistrati ammazzati, poliziotti ammazzati, non per altro sono gli anni di piombo (minchia però superiamoli questi anni di piombo), la ragione del libro di Culicchia è un'altra, più profonda: Walter era suo cugino, e non un cugino qualsiasi ma il suo cugino preferito, più grande di lui di nove anni. Uno di quei cugini che prendi come modello, ma quei nove anni di distanza sono anche due vite diverse, e la prospettiva del piccolo Beppe non poteva immaginare la reale esistenza di Walter. Per il piccolo Beppe le immagini che passavano i tg erano solo uno sfondo incomprensibile, Lotta Continua, Ordine Nuovo, il rogo di Primavalle, Piazza Fontana, la morte di Pinelli e l'omicidio Calabresi, insomma tutto ciò che di tragico accadeva in quel decennio e che per un bimbo contava poco. Per lui Walter era il compagno di giochi, quello che gli diceva sempre sì. «Adoro giocare con te. Coi nove anni di differenza tra noi, io sono ancora un bambino. Tu eri già ragazzo. Io vivo in un paese di novecento anime. Tu vivi ai margini di una delle più grandi città italiane. Io leggo ancora Topolino. Tu leggi già il Manifesto ». No, non è una biografia di Walter Alasia questa, ma un libro struggente e personale. Il tono di Culicchia, in ogni riga, in ogni parola, è stupefatto e malinconico. Asciutto, analitico, ma venato di sentimenti inespressi, tenuti dentro per decenni. «Mentre io gioco a palla in cortile o passo dal mio triciclo alla bicicletta con le rotelle spingendomi lungo i sentieri costeggiati dai campi di granoturco intorno a Grosso Canavese, tu a Sesto stai diventando adolescente e registri fatti che a me sfuggono: la nascita a Torino del movimento Lotta Continua, l'Autunno caldo». [...] 

 Infatti  Culicchia   è riuscito   a  scrivere senza  reticenze  usando  :  ricordi   personali     diretti e  indiretti  ,  lettere  private    con   viaggio in fondo alla carne ,  un bellissimo  libro  su Walter  Alasia   ( suo  cugino  ) il  cui nome  ed  l'vento  della  sua morte  e  il modo      con cui venuta  sono legati   alla colonna milanese delle Brigate Rosse  ( una  delle più  sanguinarie    di  tale  gruppo   terrorista  )  a  lui intitolata . Se per  il   Paese è la  vicenda   è un fatto pubblico, uno dei tanti episodi che negli anni di Piombo finivano tra i titoli dei quotidiani e dei notiziari televisivi; per lui e la sua famiglia è una ferita che non guarirà mai  come    testimonia   anche  il  titolo azzeccatissimo dato  al  romanzo     "Il tempo di vivere con te".  Tale  lettura   mi ha  riportato   alle  stesse atmosfere    ho trovato  in  :    Lessico  familiare  di   Natalia  Ginsburg    e  L'amore degli insorti  di Stefano Tassinari  .


25.3.21

Femminicidi, il padre di una ragazza uccisa: "Faccio l'autista, la notte le donne sole hanno paura"

 qualche  giorno  fa   facendo pulizia  dei preferiti  e della  cronologia    in modo  da eliminare   determinati siti    e determinate  pagine     per spezzare  il  circolo  vizioso   della mia porno dipendenza   ho ritrovato     questo    articolo interessante  .,  cosi  rispondo  a  chi mi    chiede  perchè  qui  o  sui miei  social  condivido  troppi post  femministi  oltre i  classici    del  25  novembre  [ giornata  contro i femminicidio ]  .  

Femminicidi, il padre di una ragazza uccisa: "Faccio l'autista, la notte le donne sole hanno paura"


"Le donne che camminano di notte non lo fanno normalmente: le vedi con il passo svelto, che fingono una chiamata o che portano in mano mazzi di chiavi che sembrano mazze per difendersi. Da uomo, che può camminare normalmente quando torna a casa dopo il lavoro, provo una brutta sensazione". A parlare è Giovanni Lelli, papà di Nicole, ragazza romana uccisa a 23 anni con un colpo di pistola dall'ex compagno. Lelli ha preso la parola durante un incontro organizzato dalla squadra di calcio dilettantistica Borgata Gordiani per parlare dello stupro subito da una ragazza di 22 anni nel parco di Villa Gordiani il 5 marzo. "Siamo molto legati al parco - dice a Repubblica l'associazione - sapere che una cosa del genere è successa lì, a casa nostra, ci ha sconvolto. Abbiamo voluto ascoltare il pensiero delle donne".

                                       a cura di Valentina Ruggiu


24.3.21

Ilaria 'Nini' Muresu: "La mia battaglia per le mascherine trasparenti: essere sordi non è una colpa"

 

Ilaria Muresu 
La schermitrice paralimpica, nata con una neuropatia sensitiva di tipo II che le ha causato sordità profonda e scoliosi grave, è molto attiva sui social e nel sociale: "La gente che riversa odio in rete lo fa perché non è felice e spesso si sente 'infastidita' dai successi degli altri"


VENTITRÈ anni di vita talmente intensa e piena di vittorie - sportive e non - da sembrare molti di più. Sarà per questo che gli occhi di Ilaria Muresu, atleta di origine veneta ma di casa in Sardegna, nella sua amata Olbia, hanno uno sguardo così intenso e reale, sorridente anche quando la bocca è coperta dalla maschera da scherma, o dalla mascherina. Nata con una neuropatia sensitiva di tipo II che le ha causato sordità profonda e scoliosi grave a 135 gradi, Ilaria non ama molto il suo nome di battesimo: "Chiamami Nini, per favore". Oggi Nini è un'atleta paralimpica della squadra nazionale di scherma, impegnata per abbattere le barriere comunicative che in questo periodo mettono seriamente in difficoltà le persone sorde.

Come è nato l'amore per la scherma?

"Grazie a un cugino svizzero, mio coetaneo. Faceva scherma e tramite lui ho cominciato ad appassionarmi. Poi nel 2012, alle Paralimpiadi di Londra, ho scoperto la scherma paralimpica e mi ci sono buttata a capofitto: "Vale la pena provarci!", ho pensato. Un amore a prima vista che non so descrivere, una grande emozione".

Quali sono state le soddisfazioni sportive più grandi, finora?

"Non sono una di quelle che conta le medaglie o che dice di essere campionessa, anzi. Sono più per i sogni e uno grande realizzato è sicuramente quello di poter praticare la scherma a livello agonistico. Per allenarmi percorro 115 km da Olbia a Sassari lungo una carreggiata davvero pericolosa, che io chiamo 'la strada della morte' perché fa paura, è buia e deserta, fatta eccezione per qualche camion. Purtroppo per raggiungere il mio sogno sono costretta a viaggiare da più di 6 anni, ma ne vale la pena. Le soddisfazioni per me nel campo sportivo sono queste, a partire dal fatto di aver battuto l'ansia o meglio gli attacchi di panico, perché erano incontrollabili. Ora la situazione mi sembra migliorata e sono riuscita anche a migliorare nelle gare nazionali. Una bella vittoria".

Ilaria Muresu 

Che significa fare uno sport del genere con una disabilità come la sua?

"All'inizio i medici mi sconsigliavano di fare attività a livello agonistico, ma io sono testarda quando faccio le cose e provo di tutto! Poi alla fine, se qualcosa non va, mi arrendo, ma per arrendermi devo aspettare a lungo, essere pronta psicologicamente ad accettare che quella cosa non va bene per me. In realtò mi sconsigliavano perché ebbi un arresto cardiaco durante l'intervento alla scoliosi, nel lontano 2011. Una settimana fa ho festeggiato 10 anni dall'inizio della mia seconda vita. I medici sono iperprotettivi nei miei confronti, ma io trovo sempre il modo di rialzarmi. La scherma a livello agonistico stanca ma ho sempre cercato, durante le gare, di non esagerare, magari usando integratori ricchi di potassio e magnesio, e bevendo gli amati succhi di frutta, che riescono a colmare l'ansia e il vuoto, quella sensazione di non essere mai abbastanza".

Lei è molto attiva sui social: si è mai trovata ad affrontare fenomeni di "hating online"?

"Ho 4k di follower su Instagram e oltre a essere una schermitrice paralimpica sono una blogger. Attualmente ne curo uno in cui racconto tutto ciò che succede nel Caucaso: diciamo che ho trovato una motivazione che mi spinge a far appassionare ai lettori la Georgia e tutto ciò che ha da offrire questa nazione, a livello culturale e non solo. Nell'aprile 2020, in piena pandemia, sono stata la prima a creare, insieme a due amici, le mascherine trasparenti: dividendoci su tre regioni (Sardegna, Lombardia, Calabria) siamo riusciti a raccogliere i soldi per fabbricarne 2000 grazie a una campagna di cui vado molto fiera. L'iniziativa è nata perché noi non sentivamo ed eravamo abbattuti dal fatto di non poter più leggere il labiale delle persone e ancora più impossibilitati a comunicare. Nei mesi successivi io, Sara Succurro e Ivan Lombardi siamo stati invitati in televisione per raccontare la nostra storia e dopo quasi un anno le mascherine sono ancora in fase di produzione presso la sartoria Cirotto di Olbia. Siamo molto contenti perché non ci aspettavamo di avere tante richieste! Sono stata vittima di "hating" anche per questa iniziativa ma poi ho cominciato a fregarmene, perché tanto nella vita ci sarà sempre qualcuno che ci bullizza o ci critica. L'unica cosa da fare è andare avanti e affrontare come sempre la vita, anche quando è crudele".

Ilaria Muresu con una delle mascherine trasparenti 

Per quale motivo secondo lei le persone riversano il loro odio in rete?

"La gente che riversa odio in rete lo fa perché non è felice, e spesso è 'infastidita' dai successi degli altri. Succede. Come ho già detto, bisogna solo continuare a fare ciò che si vuole e andare sempre avanti senza mai badare alle persone che giudicano. Non è facile ma neanche impossibile, è solo questione di avere fiducia in noi stessi e provare tanta, infinita autostima".

È socialmente impegnata anche su altri fronti...

"Faccio da sempre volontariato, ma preferisco farlo in silenzio o condividere le mie sperienze con persone che hanno la mia stessa voglia di aiutare il prossimo. Ho anche deciso di candidarmi in politica alle comunali di Olbia per rappresentare le persone con disabilità, un impegno che vorrei portare a termine per provare ad abbattere le barriere e i pregiudizi, creando delle case dove ragazze e ragazzi possano vivere da soli, in modo indipendente. Al di là di questo sono sicura che, comunque vada, sarà una bella esperienza".

Come ha vissuto questo strano anno di pandemia?

"Per me è stata ed è molto dura perché, a causa delle mascherine, non riesco a leggere il labiale e finisco col perdermi migliaia di parole. Essere sordi ormai è quasi considerato una 'colpa', ma che colpa ne ho io se non sento e ti chiedo di abbassare la mascherina? Capisco il Covid e tutto, ma per noi sordi essere circondati da mascherine significa vivere in isolamento senza capire nulla. Tutto ciò che vediamo sono mascherine che si muovono e dopo un po' esplodiamo di rabbia e frustazione e il solo pensiero che ci tormenta quando usciamo di casa è: 'Come facciamo?' Rivogliamo la vita di prima anche se difficilmente potrà tornare. Vogliamo poter essere capiti o meglio compresi. Per fortuna in questa pandemia ho imparato ad essere tanto forte e a non piangermi addosso".

Che progetti ha per il futuro?

"Voglio godermi tutto pensando al presente. Domani chissà, potrei non esserci più. Quindi penso all'oggi e a quello che la vita mi vuole dare. L'unica cosa che posso augurarmi è di stare bene in salute e la stessa cosa auguro a chi mi sta vicino ogni giorno. Dal punto di vista umano e personale, spero di vivere a lungo e poter realizzare piccoli sogni. Sono una persona che ama stare in mezzo alla gente, ascoltare, sentire il dialogo, le opinioni. Insomma sono una con i piedi per terra ma ho il carattere di chi ne ha veramente passate tante. E in tutto ciò che faccio ci metto tanto amore, tanto affetto. Il mio motto è: 'Lottare sempre, arrendersi mai'. Una frase che dedico a chi lotta ogni giorno, perché ognuno di noi ha sofferto nella vita e sono sicura che a soffrire siamo in tanti. Ma grazie ai valori e all'amore vero, quello della mia famiglia, si può affrontare qualunque cosa".

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