10.3.11

fai del bene e ti tirano le pietre il caso di Pietro Sini uno degli eroi dimenticatoi di Nassiriya


finalmente  Pietro Sini il  6\3\2011 ha  ottenuto  il riconoscimento  dopo  4  anni  di mobbing


L'eroe di Nassiriya cittadino onorario

Il carabiniere Pietro Sini è stato insignito dal sindaco di Porto Torres

     SASSARI. Ha avuto un momento di commozione, il "rude" Pietro Sini, quando ha ricordato la morte di un commilitone che era riuscito a portare fuori dalla base Maestrale di Nassiriya, spirato mentre veniva trasportato in ospedale. Un racconto fatto sulle immagini di quell'attentato costato la vita a 19 italiani, e che ha preceduto la cerimonia per il conferimento della cittadinanza onoraria a Pietro Sini da parte del sindaco di Porto Torres Beniamino Scarpa.  Ora l'appuntato scelto Pietro Sini è in congedo a causa di uno shock post traumatico provocato proprio dalla strage di quel 12 novembre di otto anni fa. Ha ricevuto diversi riconoscimenti dal comune e non solo da quello di Porto Torres, dall'Ordine di Malta e da numerose associazioni. Ma da allora Pietro Sini è in lotta con le istituzioni, quelle con la "I" maiuscola. A differenza di tutti i colleghi coinvolti nell'attentato, non ha ancora la pensione dovuta a causa di servizio, e per questa ragione ha scritto anche al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Credo che il presidente, in questo momento, abbia altre gatte da pelare», glissa Pietro Sini. Che invece non riesce a mandare giù il fatto di essere stato dimenticato dall'Arma e dal ministero della Difesa. Un anno fa, per provare a smuovere le acque, aveva annunciato che avrebbe rifiutato la cittadinanza onoraria, ma neppure in quell'occasione i vertici dei carabinieri si erano fatti sentire. Eppure sono stati proprio i colleghi a raccontare del coraggio di quell'appuntato sardo, figlio di un paracadutista, che si era infilato nell'inferno della base Maestrale appena sventrata dall'esplosione di migliaia di chili di esplosivo. Non pretende una medaglia, Pietro Sini (anche se alcune onorificenze al valor militare gli sono state concesse per... aver distibuito coperte ai civili), ma un segno di apprezzamento per il lavoro svolto prima e dopo l'attentato del 12 novembre. Riconoscimento che è arrivato dalla truppe inglesi e dal comando internazionmale del Musu proprio a Nassiriya. È amareggiato anche se ieri non lo ha dato a vedere. Non lo dice, ma l'Arma fa ancora parte della sua vita visto che ha concluso la lettera inviata al Presidente Napolitano con un «viva l'Italia, viva a Repubblica, viva l'arma dei Carabinieri».















    unione  del  10\10\2007

    Nessuna medaglia per Pietro Sini, appuntato dei carabinieri, sopravvissuto nell'attentato  Un eroe per caso, dimenticato Salvò cinque persone nel massacro di Nassiriya
    Ha salvato cinque persone, ci sono le immagini di una emittente irachena a dimostrarlo, eppure Pietro Sini, dal giorno del massacro di Nassiriya, è stato umiliato e mortificato per sette lunghi anni. Dall'Arma dei carabinieri. Che lo ha riformato a 47 anni senza riconoscergli i benefici previsti dalle leggi per le vittime del terrorismo. A Sini è rimasta amarezza e molta rabbia.


    DAL NOSTRO INVIATO
    VITO FIORI

    PORTO TORRES Non ci sono eroi che tengano per i carabinieri. Non sia mai che possano oscurare qualche ufficiale con la divisa coperta dai nastrini di benemerenza acquistati all'emporio militare. Men che meno un eroe deve alzare la voce o, più semplicemente, farla sentire, anche se sussurrando.
    Pietro Sini, 47 anni, appuntato scelto dell'Arma, ha salvato cinque suoi colleghi dalle macerie della caserma di Nassiriya, il 12 novembre del 2003, e per questo si è guadagnato una montagna di riconoscimenti. Sono arrivati da ogni dove, dalla Camera dei Deputati, dal Senato della Repubblica e da una lunga teoria di associazioni e di città. Neanche una medaglia, che pure non si nega a nessuno, dai vertici dell'Arma. Anzi, per sette lunghi anni ha subito una sorta di mobbing prima di essere riformato nel luglio del 2010. Congedato in anticipo, quasi con ignominia.
    NASSIRIYA E tutto per quel maledetto giorno a Nassiriya. Che gli ha procurato il classico “disturbo post traumatico da stress”, quello - per intenderci - che in America chiamavano sindrome del Vietnam, riferito ai reduci della guerra nel sud est asiatico che tornavano in patria schizzati. Ma l'appuntato Sini non è uno schizzato, è solo amareggiato e molto, molto arrabbiato.
    Si trovava a un centinaio di metri dalla base, a bordo di una Land Rover, di rientro da un giro di perlustrazione. L'onda d'urto sollevò di peso il mezzo facendolo ricadere pesantemente sul terreno. Una botta, ma nessuna ferita evidente.
    «Per un attimo - racconta - ho pensato che fossimo passati sopra una mina. Invece no, non era così. Con gli altri della pattuglia siamo usciti dall'abitacolo che stavano ancora piovendo pezzi di metallo, calcinacci e lamiere. Ho visto una colonna di fumo che si levava sulla caserma, così ci siamo precipitati per capire cosa stesse accadendo».
    L'APOCALISSE Un'ala dell'edificio non c'era più: era stata sbriciolata da quei tremila chili d'esplosivo stipati nella cisterna del camion guidato dal kamikaze. Sini si guardò attorno, sollevò lo sguardo e vide che la sua camera, al primo piano, non aveva manco le pareti. Uno choc. «Erano tutti impazziti, correvano da una parte all'altra, gli iracheni imbracciavano fucili e kalashnikov. Ho sentito lamenti e urla provenienti dalle macerie, non ho avuto il tempo di riflettere e ho deciso che dovevo fare qualcosa».
    Lui chiama qualcosa entrare nell'edificio ancora in fiamme, con il fumo che non fa respirare, scoprire da dove provenivano le richieste d'aiuto e, una volta individuate, caricarsi in spalla uno, due, tre, cinque moribondi e portarli fuori per affidarli a medici e infermieri che nel frattempo erano arrivati. «Un gesto istintivo che non mi ha fatto ascoltare quelli che mi urlavano di tornare indietro, che sarei rimasto sepolto anch'io in quell'inferno. Ma se avessi dato retta a loro, mi sarei sentito un verme».
    UN ANGELO Pietro Sini è stato definito angelo e salvatore. Il maresciallo Giorgio Cucca, suo comandante, è stato lapidario e preciso: «Se c'è qualcuno che merita di essere chiamato eroe, questo è Sini». Nemo propheta in Arma . Al rientro a Roma, il giorno dopo l'attentato, grande accoglienza all'aeroporto di Ciampino, quindi il volo ad Alghero con un velivolo militare in attesa dei funerali di Stato per le vittime: 12 carabinieri, 5 militari e 2 civili. Ma è in Sardegna che sono cominciati i guai di Sini. Ad attenderli, nello scalo turritano, giornalisti e telecamere. L'appuntato parla e racconta la drammatica esperienza di due giorni prima. Sbagliando: senza autorizzazione, l'obbligo è tacere. E poi, cos'ha da dire un piccolo e misero appuntato, è mica un generale?
    SEGNALI Nel 2004, il maresciallo Vittorio De Rasis, uno dei sopravvissuti di Nassiriya, in una intervista a “Il Giornale” dice: «Io sono vivo grazie a Pietro Sini». Ma l'anno dopo, a “Il senso della vita”, la trasmissione televisiva di Paolo Bonolis, lo stesso sottufficiale racconterà di essere stato salvato da un poliziotto iracheno. Perché questo voltafaccia, dopo i ringraziamenti pubblici di De Rasis e della moglie? «Rimasi sconcertato nel sentire le sue parole alla tivù e lo chiamai per chiedere spiegazioni. Mi disse che non poteva parlarne al telefono e che mi avrebbe fatto sapere quando ci saremmo incontrati».
    Di occasioni per ritrovarsi, ai reduci di Nassiriya non ne sono mai mancate. Così, Sini scoprì che il maresciallo aveva ottenuto il comando di una importante stazione dell'Arma a Roma. «Ci teneva molto. Gli ho detto che non valeva niente come uomo e come graduato, per ciò che poteva servire». Cioè a nulla.
    Il problema, questo sì, piuttosto serio, era rimuovere la strage in Iraq e i suoi protagonisti. Soprattutto Sini che non sopportava che della questione si parlasse solo in termini retorici e pomposi senza che si affrontasse mai il nodo delle responsabilità e della verità dei fatti. C'è stata l'inchiesta e qualcuno è stato anche condannato. Forse è questa la vera ragione per cui altri avrebbero dovuto pagare in altro modo.
    CALUNNIE Sono passati ormai sette anni e quattro mesi da quel 12 novembre 2003. A Sini è stato impedito di presenziare a ricorrenze e celebrazioni in divisa da carabiniere. A ogni sua lamentela gli capitava di peggio. Sino alla calunnia: denunciato dai colleghi di Sassari e Porto Torres per complicità con alcuni spacciatori di droga della zona. Un'inchiesta che il pubblico ministero archiviò perché priva di riscontri oggettivi ma che i vertici regionali dell'Arma hanno ritenuto meritevole di considerazione tanto da punire l'appuntato.
    Questo pomeriggio, alle 17 e 30 nella nuova sala comunale, a Pietro Sini sarà conferita la cittadinanza onoraria di Porto Torres, città che lo ha adottato (è nato a Sassari) e che ora lo gratifica con un attestato che ha, a ben vedere, una valenza diversa. Non l'ha potuto ritirare nel 2008 perché gli era stato vietato. Oggi è in pensione, e delle piccinerie dell'Arma si disinteressa.

     meglio tardi che mai . 

    Il paradiso dell'ultimo hippy «Il mondo va veloce, io no» a storia di Tommaso Meloni di 69 e da 40 in una casa di legno

      unione sarda di sabato 5\3\2011


    DAL NOSTRO INVIATO

    MURAVERA Tomaso Meloni ha fatto il giro della Sardegna a piedi e ne conserva un ricordo raggiante. «La lentezza ti fa osservare i dettagli, vedi le cose in un altro modo».
    L'ultimo hippy ha sessantanove anni e un rifugio di legno nella valle tra monte Liulu e monte Porceddus. Cagliaritano di nascita, quarant'anni fa era la pietra angolare di una comune fiorita nella terra di confine tra Castiadas e Muravera. Non se n'è più andato. Barba, capelli e abiti nivei, di una magrezza ascetica, quasi l'iconografia di un santo. Il barbaglìo degli occhi non declina mai in minaccia: «Credo nella vita in pace col mondo».
    Fine anni Sessanta, Tomas Milian frequenta via Dante, cioè la passeggiata cagliaritana, suona il rock che è un po' il ponte verso il futuro: «Mio padre era ferroviere, i pochi soldi che racimolavo con lavoretti li spendevo per gli abiti fatti su misura dal sarto, vestivo elegante, amavo i colori scuri. Pian piano ho acquistato la consapevolezza del bianco, da quarant'anni è il mio colore e non so perché». Ha una famiglia allargata: «Per anni ho vissuto con le mie due compagne-mogli-fidanzate, chiamatele come volete. Ora siamo in tre: io, lei e nostro figlio». L'altra dolce metà vive nei paraggi: «Assieme abbiamo due figli, il più grande si è trasferito in Canada. Vado a trovarli e altrettanto fanno con me».
    Quando ha voltato le spalle alla sua città? 
    «Nel 1970».
    Pentito? 
    «No. La porta di casa è sempre aperta, sono disponibile con gli altri nonostante qualche brutta sorpresa».
    Com'è arrivato qui? 
    «Camminando, da queste parti c'era un brulicare di carri trainati dai buoi».
    Perché si è trattenuto? 
    «C'era un suono molto ma molto forte e sottile. Non mi sono voluto più allontanare».
    Quanti eravate? 
    «Una cinquantina di persone che praticava un certo stile di vita. I primi siamo stati un amico, un'amica e io. Accendevamo il fuoco al centro della capanna e si stava assieme».
    Di chi è il terreno? 
    «L'abbiamo comprato a rate da un pastore: cento lire al metro quadro».
    Ha provato gelosia per una donna? 
    «Tutti gli uomini la vivono, nulla di violento, un attimo di fastidio, poi passa». 
    Le compagne erano gelose? 
    «No, tra loro c'era molta collaborazione e rispetto».
    Come campa? 
    «La domenica in piazza del Carmine vendo bracciali e oggetti di pelle. Ho dodici anni di contributi versati, mi danno una pensione sociale».
    Un politico che le piace? 
    «Quel mondo è molto distante da me. Certe volte strana è la gente e strani sono i personaggi che popolano le istituzioni. Si lamentano continuamente, questo non va e quello pure, mi chiedo: perché lo fai se non ti piace?»
    La convivenza con i vicini? 
    «All'inizio davvero complicata. Tantissimi anni fa un pastore ci rubò le pecore, le cucinò e ci invitò a cena. Non ci andammo. Erano periodi di tensione, alcuni erano molto prevenuti con noi». 

    Un bel ricordo? 
    «Per dieci anni ho visitato la Sardegna a piedi, tutta, senza una lira. Ho vissuto intensamente. Il nostro gruppo è stato il primo a radunarsi nella Valle della luna, a Santa Teresa di Gallura. Una vecchietta ci disse: “Andate a Capo Testa, un capraro vi darà ospitalità”. Collaboravamo con i pescatori, gli agricoltori. La situazione precipitò con l'arrivo di gente da ogni parte d'Italia, erano i tempi dell'esproprio proletario, rubavano nei negozietti. Sono nati problemi. Due-tre anni fa una ragazza mi ha contattato per la tesi di laurea su quel periodo».
    Onore alla coerenza, ma qualcosa le mancherà. 
    «Sono in simbiosi con questo modo di vivere, mi alzo alle sette e vado a letto alle undici di sera. Mi piace frequentare le persone, ho rispetto per chiunque. Sinceramente non patisco privazioni».
    Cosa pensa del matrimonio? 
    «Due individui di sesso diverso che stanno bene assieme, questo è il matrimonio, non c'è bisogno di altro».
    Esiste un'eredità del mondo hippy? 
    «Cerchiamo di affrontare l'esistenza con spiritualità, ma a quanti interessa? La vita va veloce, troppo, abbiamo imitato gli americani nelle cose peggiori».
    Ha accettato la modernità stipulando un contratto per l'energia elettrica. 
    «Neppure per sogno. Ho i pannelli fotovoltaici da venticinque anni, uso l'energia elettrica che produco».
    In Italia se ne parla solo in questi mesi. 
    «Un amico ingegnere, tedesco, tanto tempo fa li installò. Ci vuole disciplina, devi rispettare le ore in cui la carica è maggiore. Non puoi lasciare luci accese dappertutto».
    Cosa mangia? 
    «Consumo pochissimo. Ho l'orto, le piante di frutta, non mangio carne».
    La droga è una via d'uscita dalla quotidianità? 
    «Negli anni ho avuto frequentazioni di ogni tipo, ho fumato marijuana, non sono andato oltre. Ormai da anni non fumo più. Secondo me c'è chi sperimenta la droga per curiosità e chi ne ha bisogno. Oggi, poi, le schifezze sono anche peggiori, roba chimica, ti bruciano il cervello».
    Un errore che non rifarebbe? 
    «D'istinto penso che se dovessi rinascere farei di nuovo lo stesso cammino. Però se davvero ripartissi da zero non so cosa farei».
    L'ultima volta che ha votato? 
    «L'anno scorso per il sindaco di Muravera».


    Usa, l'Illinois abolisce la pena di morte

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    L'Illinois è il 16esimo Stato statunitense ad abolire la pena di morte. L'Illinois - che è lo Stato che ha eletto senatore l'attuale presidente, Barack Obama - mette così fine ad anni di dibattito e polemiche tra sostenitori della pena capitale e quanti invece pensano che si tratti di uno strumento in cui rimangono impigliati molti innocenti. 
    Il governatore dell'Illinois Pat Quinn ha firmato oggi il decreto che abolisce la pena di morte nello stato sostituendola col carcere a vita. Nello stato era in corso una moratoria da undici anni sulle esecuzioni proclamata dall'ex-governatore repubblicano George Ryan.
    La decisione marca il numero più basso di Stati Usa negli ultimi 30 anni a riconoscere la pena di morte. L'Illinois è il quarto Stato in quattro anni ad abbandonare la pena di morte. Dal 1976 in Illinois sono avvenute 12 esecuzioni mentre altri 20 detenuti sono stati esonerati. Nel 2003 il governatore Ryan aveva commutato nel carcere a vita le condanne a morte dei 167 detenuti in attesa del boia.
    Unità 9 marzo 2011

    9.3.11

    SOTTOSEGRETARIO DANIELA SANTANCHÈ, ABBIA RISPETTO DELLA FAMIGLIA DI YARA, CHIEDA SCUSA E VADA A CASA, LEI NON CI RAPPRESENTA

    L’Italia negli ultimi mesi è stata colpita da due fatti di cronaca che ci hanno scosso tutti, la scomparsa e la morte di Sarah Scazzi e Yara Gambirasio, due ragazzine diverse che vivevano ai poli opposti dello Stivale eppure sono state colpire da una sorte simile, la loro giovane, breve vita è stata bruscamente interrotta da qualcuno di cui si fidavano, un mostro senza cuore.Se ne sono sentite di tutti i colori negli ultimi tempi riguardo a entrambe le vicende, eppure nessuno fino ad ora era riuscito a strumentalizzare la morte delle ragazzine. Ci voleva Daniela Santanchè per portare al centro della politica anche due vicende di cronaca così delicate, esprimendo il suo scandalo di fronte alla negligenza dei magistrati che invece di indagare sulla scomparsa di Yara e Sarah si sono dedicati ad altro                                            È interessante notare che “l’altro” espresso dalla Santanchè non è altro che il caso Ruby, e quindi le indagini svolte su Silvio Berlusconi e sui suoi festini ad Arcore “Se avessero impiegato per le ricerche le stesse risorse e tecnologie che hanno speso per indagare sulle ragazze dell’Olgettina forse Yara sarebbe ancora viva”                                                         .                                                                                                                                   

    Stavolta, la irrivente  signora ha  suoperato , speriamo sia altrettanto rapida nello smentire  e  nel scusarsi con i familiari di Yara, non risparmia nessuno nella sua vervè polemica  .                                                             Posso capire le critiche ( sono il primo  a  farle ), lo sdegno e  l'indignazione  verso  coloro hano condotto  le indagini e  le ricerche del corpo  della povera  vittima , comune  a tutti\e noi  .Ma quello che mi  dà fastidio e m'innoridisce è  : 1) l'uso strumentale  d'essse  :, 2) come  tale  caso venga , come d'altronde sempre succede  da chi è a potewre  o  è addentro ai suoi meccanismi , usato per  fini strumentali  e politici e portare  acqua  al proprio mulino . Evidentemenre  questi  cialtroni a cui  la Santachè appartiene  non hanno  un briciolo di pietà e misercordia  , tanto  non lesinare ed esistare  ad usare fatti cosi tragici come  questo dela povera  Yara  pur di giustificare la loro azione  repressiva  e censoria   verso  chi s'oppone a loro o ne denuncia le  loro nefandezze e le loro  schifezze \ porcherie  .                                 Adesso accusatemi pure che sono fazioso o di  parte   , tanto mi scivoleranno , abituato come sono a sentirmelo  dire  e ripetere  da più parti quando critico o parlo male  di una pare  o di un altra .Non riuscendo a trovare  altre parole per  commentare  le  frasi  di un cinismo strumentale  ed esagerato  . Non so più che altro dire  lascio  la parola  alla nota Facebookiana  , salvo alcuni corsivi   del mio contatto  Ross Boglioli pubblicata da  il giorno domenica 6 marzo 2011 alle ore 23.29
    <<
    Di rospi da mandar giù quotidianamente ce ne sono parecchi e purtroppo si arriva all'indigestione. Le reazioni e soluzioni sono di due tipi: le cure mediche (per le quali dubito avremo futuro) e il vomito immediato.
    Un sortir di questo tipo non suggerisce argomento degno di nota, ma...
    Domenica 6 marzo 2011: ci mettiamo a pranzo, io e la mia famiglia, sul tardi, quasi alle due e si fa zapping per argomentare, malauguratamente ci fermiamo su Domenica Cinque, il programma Mediaset condotto da Brachino.L'argomento ci interessa, si parla di Yara, la piccola di Brembate barbaramente uccisa.Mi bastano pochi secondi per andar fuori di brocca, prende la parola il Sottosegretario Santanchè.
    Daniela Santanchè, proprio quella che nelle utlime settimane siede più in Tv che in Parlamento.In un arzigogolo di parole dice che il caso di Brembate non è stato risolto per tempo a causa della
    Magistratura, troppo impegnata a seguire il caso Berlusconi piuttosto che nelle ricerche di Yara.
    Siate gentili, qualcuno dica al Sottosegretario che parliamo di Procure, di Magistrature e competenze diverse ripetto a quelle che stanno seguendo il “caso Ruby”.
    Ora, che i programmi televisivi possano essere di parte ci può stare, ma che l'affermazione della Santanchè possa essere avallata da Brachino e dal, presente in studio, Liguori ne fanno un vero schifo.
    Qualcuno potrà dire che le mie sono affermazioni di persona di parte, ed è vero, sono impegnato in politica e promuovo il PD, ma quando si rasenta il viscido non è necessario essere di opposizione >> o  cotrsivo mio  di  maggiranza  .
    << Stanno per andare in onda i processi al Premier e contestualmente i mediatici attacchi alla magistratura oltre al barbaro tentativo di cambiare la giustizia a favore di uno solo e a discapito di 60 milioni (ma saremo ancora tanti?), quindi ogni occasione è buona per attaccare chi, come la Magistratura, fa il proprio dovere, anche se si strumentalizza un caso come quello di Yara, anche se questo può causare ulteriore dolore alla sua famiglia, anche se questo urta la sensibilità di chi crede in valori fondamentali come la famiglia.
    Ho avuto reali conati di vomito avanti a certa affermazione e chiedo formalmente le dimissioni del sottosegretario Santanchè. Vergogna!!!!  La sua presenza in TV è una manovra mediatica del centro-destra per risollevare le sorti di una coalizione in declino, una manovra per esaltare Berlusconi.
    I pensieri miei ora si rincorrono, sono turbato.
    Ho inviato una mail alla redazione della trasmissione (che si è guardata bene dal pubblicare i numeri di telefono sul blog), chiedendo un urgente contatto per affrontarla telefonicamente, ma nessuno mi ha richiamato. Sarebbe stato un ring di elevata portata, Signora Santanchè.
    Ho chiamato la redazione di “La Repubblica”, una persona gentilissima mi ha consigliato di calmarmi e di razionalizzare. Ho chiesto di poter scrivere, ho chiesto di pubblicare.
    Basta! Basta! Basta! Basta!
    Daniela Santanchè chi è?
    Voglio informarmi, uso il canale più odiato nel centro-destra [ ma  anche  dal centro sinitra] Internet;
    Nata a Cuneo (non dico la data – sono un signore), seconda di tre fratelli, terminato il percorso liceale si trasferisce contro il volere dei familiari a Torino per poter frequentare il corso di laurea in Scienze politiche. Poco più tardi sposa ventunenne il chirurgo estetico Paolo Santanchè, impiegandosi nella società del marito con compiti amministrativi. Laureatasi in scienze politiche, nel 1983 fonda una società specializzata nel campo del marketing. Nel 1995 lascia il marito Paolo Santanchè per il suo nuovo compagno Canio Mazzaro, imprenditore farmaceutico potentino, da cui ha avuto il figlio Lorenzo (2003). Il precedente matrimonio con Paolo Santanchè è stato dichiarato nullo dalla Rota Romana, ciononostante continuerà a usare il cognome dell'ex marito. Tale scelta viene criticata da chi trova in contraddizione con gli incarichi relativi alle pari oppurtunità all'interno di AN. (fonte Wikipedia)
    Ecco prima contraddizione: perchè usa ancora il cognome del marito dal quale si è separata ed ha ottenuto anche l'annullamento dalla Sacra Romana Rota?
    Nel 2007 si stacca definitivamente da AN perchè la Santanché si dichiara contraria alla «destra sbiadita», preferendo «i colori accesi e una destra chiara»
    Coerente 'sta donna!…
    Il 28 febbraio Santanchè afferma che «per fare carriera non sono mai scesa a compromessi, non ho mai ceduto, in altre parole non l'ho mai data»
    Beneficio del dubbio, tutti ne possono godere!!! ops, non siate malpensanti, parlo del dubbio.
    Il 9 aprile polemizzando col leader del PdL, ha sostenuto che «Berlusconi è ossessionato da me. Tanto non gliela do...»
    Donne questa è volgarità inaudita. Nelle sue relazioni politiche con Berlusconi di quel periodo, praticamente nulle a suo dire, parla solo di “fregna”!
    Il 27 settembre si dimette da portavoce de La Destra e con «una cinquantina di dirigenti nazionali, regionali e provinciali» lascia il partito perché, sostiene, «non si può restare confinati in un’area di estremismo extraparlamentare e di vago nostalgismo»
    In netto contrasto con quanto affermava qualche tempo prima … mah! Parliamo sempre di coerenza.
    Afferma nel marzo 2008: "Vorrei fare un appello a tutte le donne italiane. Non date il voto a Silvio Berlusconi, perché Silvio Berlusconi ci vede solo orizzontali, non ci vede mai verticali" e "Il voto a Silvio Berlusconi è il voto più inutile che le donne possano dare". |Daniela Santanchè, 26 marzo 2008
    Scusi Signora Santanchè in che posizione stiamo ora?
    Il 24 febbraio il movimento si federa con il PdL e, pur in assenza di rappresentanza parlamentare, la sua leader il 1º marzo entra nel governo Berlusconi IV come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'Attuazione del programma di governo, nomina che ha suscitato polemiche all'interno del centrodestra.
    Signori, ha avuto polemiche all'interno del centrodestra, mica ceci o fave … ops ci sono ricascato ….
    Ora fatemi scadere nel volgare, consentimelo perchè voglio che il mio stato d'animo sia percepito dalla maggiorparte:
    Senta signora Santanchè, facciamo una cosa breve, mi quereli pure per quello che scrivo. Io, però, sono un cittadino onesto che paga le tasse e se non le pago alla scadenza mi ritrovo l'iscrizione in Equitalia e ci aggiungo il 30%, però pago. Nel frattempo non mi scopo nessuna altra donna oltre mia moglie perchè da 18 mesi non ho un lavoro fisso (quindi uso la retromarcia per non mettere al mondo un altro disgraziato che non saprei come sfamare) e devo gestire una partita IVA su provvigioni per cui non avrei le forze di 300 euro a pompino.
    E mia moglie in orizzontale c'è stata solo con me. Vogliamo scommettere per la mia affermazione il suo ruolo in questo governo? Comunque la invito a lasciare.
    Il suo Premier (sottolineo SUO perchè non gli ho dato il voto e nemmeno mi rappresenta, in Italia quanto nel Mondo) dovrà rispondere in tribunale, forse avrà torto forse avrà ragione ma non è trapelata una bella immagine … Certo finchè non verrà condannato o prosciolto nessuno potrà puntare il dito contro di lui e non sarò certo io a farlo prima della sentenza. Ma “mi consenta” … sono schifato dal fatto che Lei appaia in TV a dire che la Magistratura è colpevole della mancata risoluzione del caso di Brembate perchè impegnata contro Berlusconi, si vergogni per le sue affermazioni, si vergogni di apparire com tanto ardire in netta contraddizione con quello che affermava solo pochi mesi fa. Lei affermava che Berlusconi fosse un uomo schifoso (marzo 2008) oggi lo difende a spada tratta.
    Non un politico, ma un uomo le chiede: Cosa è cambiato in questi due anni? La prego, mi denunci pure, almeno spieghi all'Italia e a chi le ha dato il voto, cosa è cambiato in 26 mesi. Perchè Berlusconi per Lei è ora un uomo ecczionale e non è il porco che descriveva qualche mese fa …
    ABBIA RISPETTO DELLA FAMIGLIA DI YARA, CHIEDA SCUSA E VADA A CASA, LEI NON CI RAPPRESENTA.E LA SMETTA  DI SCENDERE  AL LIVELLO DEGLI SCIACCALI

    8 marzo tutto l'anno

    Lo so  che l'8 marzo  èè passato , ma le tematiche  no  . Quindi   quest'anno  non riuscendo , non riuscendo  ( anche se il post  era  già pronto )   per problemi con il mio modem a celebrarlo ne prima ne durante  , lo celebro  , anzi  più  che  celebnrare lo ricordo   oggi . Aggiungendo  le mie opinioni in merito a quelled dei mie  compagni dis trada   , qui espresse , che  vivamente ringrazio .
    Oltre  a loro ringrazio o la mia neo amica Giorgia perché stasera non riesco  a scrivere   niente  sul 8 marzo  ma  grazie alle sue  , e ora mie   parole  , ho trovato il coraggio  cosi come ho trovato  il coraggio di rispondere  anche   a quelle domande    che mi rivolgono  sia  uomini  ( che  come capre  regalano mimose o altro  pur  di tenersi buona  la  propria  partner , mentre in privato  e a  volte   anche  pubblicamente  sono dei beceri maschilisti e non sanno controllare  gli stimoli misogini e distinguere  quando  e con chi usarli  )  sia donna  che  la reputano  ( non a torto  )  negativamente : << [... ]  Da  quando hanno trasformato la “giornata internazionale della donna” in una  inutilissima ”festa delle donne” , banalizzando  quello che era un giorno di lotta, di presa di coscienza,  trasformandolo in una festa consumistica  come fosse la festa degli innamorati o quella della mamma provo un senso di fastidio per l’ipocrisia di questo giorno >>  o decidono di festeggiarlo con  false trasgressioni  ( spogliareli maschili  , pizzate  di sole  donne  , ecc prendendo in  giro  e deridendo  i malcapitati, esperienza personale  che  è  capita  quando qualche anno fa  , quando per  ironia della sorte l'8  marzo era  capitato  di   sabato qualche ano fa  in o in pizzeria  in quel giorno )   La poesia  s'intitola 

    Poichè Sono una Donna


    Poiché sono donna, nessu
    no, più di me,
    conosce il silenzio del tempo che muta,
    le parole del conforto, il dolore dell’abbandono.
    So della caducità della vita e dell’illusione dell’apparenza,
    ma intuisco più di altri l’eternita'
    di un gesto compiuto nella bellezza.
    Poiché sono donna,
    porto su di me il peso dei reietti,
    e di tutti coloro che in ogni epoca furono emarginati.
    Sul mio viso si scorgono ancora
    le sofferenze delle donne che mi hanno preceduto.
    Nel mio grembo, la pienezza di tutte coloro che hanno procreato.
    Poiché sono donna, so cos’è il dono.
    E ho imparato, nel tempo, a vivere nella sua dimensione.
    Raramente sono stata ascoltata, più spesso osservata
    con brama, con sospetto, con disprezzo,
    con risoluta indifferenza.
    La mia voce dice di voci mai considerate.
    La mia penna di menti che, per loro natura e per la propria diversità,
    non sono state comprese.
    Poiché sono donna sogno,
    e sognando sperimento l’esistere di differenti creazioni.
    Nella mia complessità nutro in silenzio
    il seme del caos da cui proveniamo
    e che non potrò mai, poiché sono una donna,
    fingere di non aver avvertito.

    Giorgia Vezzoli
    attacchidipoesia.blogspot.com

     Riporto  anche  quelle e  più prettamente maschiliste  ( che di solito cestino  ) , ma  anche di  donne   , comprensibile  , stanche della retorica  del  8 marzo perchè : 1)  è per  gente  come loro  che  scrivo ,  finendo talvolta  per essere  ovvio e scontato ., 2) sono convinto che dai diamanti non nasce niete  dal letame   nascono i fiori  (   citazione poetico  \   musicale  ) 3)  ma  soprattutto perchè quando  non si tratta di cosi   isolati  purtroppo vale la pena di rispondere  .

    Ecco la  liste di domande  che ricevo 

     perché la festeggi  mica sei donna   o hai  una  stedda d'accontentare  almeno che tu  non stia  cambiando sesso  dal maschile al femminile ., non sarebbe   ora  di  finirla   di celebrare  una festa  solo di  donne  che monopolizzano i locali  e quando un uomo ci mette piede   viene deriso  .,  sei , visto  che   non è la prima volta  che parli d'argomenti femminili , per  caso diventato succube    dell'altro sesso  ., è una  festa vecchia e  stantia , ideologizzata  in mano ai comunisti  , è solo buinees o mercificazione , l'evento  di cui   si fa  risalire la festa  non è  avvenuto l'8 marzo  ma il 25   è stato strumentalizzato dalle  sinistre   contro gli imprenditori 


    Inizio  , il sesso femminile  capirà   da quelli più prettamente    maschilisti e misogini  .
    Non sto cambiando  sesso per diventare  donna   ne tanto meno ho  una  partner  d'accontentare  . Ma la  giornata del 8 marzo  ovviamente  la lotta  per  i  diritti e contro certi  atteggiamenti   di cui non sono  immuni  neppure  i giornali progressisti o pseudo tali , ne trovate  sotto  un esempio


    se  non si dovesse   vedere lo trovate  qui

     va  combattuta  giorno per  giorno  . Ma  soprattutto come ho già detto nel post  ( url ) e come potete leggere nella poesia finale le  donne sono importanti . infatti  e  grazie a loro , alla loro  cultura  , alle loro emozioni  ,che ho trovato  ( oltre  che  in quelle  maschile ) e ancora  trovo  , punti importanti di riferimento per la mia opera  d'arte ed  in certi momenti  la forza  per  andare avanti e di lottare  anche se non sempre  ci riesco   contro la mia porno dipendenza . E poi  per parafrasare  due famosissime    canzoni

    la prima


    la seconda 



    Inoltre le  donne  da sempre   sono tate  escluse  da discorsi  politici \ politiki (  o  già spiegato  più volte  cosa  intendo per  questo termine chi  volesse saperlo di puiù  oltre a  cercare nell'archivio dell'altro blog  visto che  questo è recente  ,   si legga   Speranze, Milano, Rizzoli, 1994. ISBN 88-17-84339-3 di Mario Capanna )
     e  di  guerra  come  se  non gli interessasse e  coinvolgesse .
    Ma  in  realtà  non solo  con i movimenti delle suffragette , la maggior parte  delle  donne sono sempre state presenti  quando l'uomo era  al fronte  come  infermiere negli ospedali   o  lavorano enle fabbriche d'armi  per mantenere a  famiglia , oppure  nel 1943\45  in europa occupata  dai nazisti  facevano staffette trasportando armi , vivveri  , ordii  , ecc  , nascondendo  prigionieri o  armi o,lavori in maglia  per  far  abiti per  l'inverno da  dare  ai partigiani(  o i repubblichini )  o addirittura  combattevano essi  o  esse  si prostituivano si prostituivano per  fornire informazioni  , si offrivano come scambi   di prigionieri  , ecc. Oppure dopo a  guerra   facevano i salti mortali   con borsa nera  o case  chiuse  per   sfamare la  famiglia 
    Ecco che esse  , nei momenti più  brutti  sono state  e lo sono ancora   salvezza nei momenti più  brutti  e di crisi . Ed hanno pagato e contiuano a pagare più duramente  il prezzo  dela ovviamente senza  generalizzare   dela nostra  stupidità  . Esse  hanno sofferto e sono  morte  per i diritti  di noi tutti\e  integrandol con la   dignità d'essere donna  .

    Rispondo ora  alle donne
    Vero  . Però a maggior  ragione  , in periodo  in cui la  classe politica \  culturale  ritorna indietro rimettendo  indiscussione  le  conquiste fatte  o   s'utilizza  vere  primo video  , il corpo dela  dona  come  oggetto   allora  vale la pena  di ricordare   celebrare ( ovviamente  senza   limitarsi ad  un giorno solo ) tale data  anche  è stata  usata  e portata a vanti  da  una detterminata  parte politica  culturale

     <<

    Il «Woman's Day» negli Stati Uniti (1908-1909)

    Nel VII Congresso della II Internazionale socialista, tenuto a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907, nel quale erano presenti 884 delegati di 25 nazioni - tra i quali i maggiori dirigenti socialisti del tempo, come i tedeschi Rosa Luxemburg, Clara Zetkin, August Bebel, i russi Lenin e Martov, il francese Jean Jaurès - vennero discusse tesi sull’atteggiamento da tenere in caso di una guerra europea, sul colonialismo e anche sulla questione femminile e sulla rivendicazione del voto alla donne.
    Clara Zetkin
    Su quest'ultimo argomento il Congresso votò una risoluzione nella quale si impegnavano i partiti socialisti a «lottare energicamente per l’introduzione del suffragio universale delle donne», senza «allearsi con le femministe borghesi che reclamano il diritto di suffragio, ma con i partiti socialisti che lottano per il suffragio delle donne». Due giorni dopo, dal 26 al 27 agosto, fu tenuta una Conferenza internazionale delle donne socialiste, alla presenza di 58 delegate di 13 paesi, nella quale si decise la creazione di un Ufficio di informazione delle donne socialiste: Clara Zetkin fu eletta segretaria e la rivista da lei redatta, Die Gleichheit (L’uguaglianza), divenne l’organo dell’Internazionale delle donne socialiste.
    Non tutti condivisero la decisione di escludere ogni alleanza con le «femministe borghesi»: negli Stati Uniti, la socialista Corinne Brown scrisse, nel febbraio del 1908 sulla rivista The Socialist Woman, che il Congresso non avrebbe avuto «alcun diritto di dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare per la propria liberazione». Fu la stessa Corinne Brown a presiedere, il 3 maggio 1908, causa l’assenza dell’oratore ufficiale designato, la conferenza tenuta ogni domenica dal Partito socialista di Chicago nel Garrick Theater: quella conferenza, a cui tutte le donne erano invitate, fu chiamata «Woman’s Day», il giorno della donna. Si discusse infatti dello sfruttamento operato dai datori di lavoro ai danni delle operaie in termini di basso salario e di orario di lavoro, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto alle donne.
    Quell’iniziativa non ebbe un seguito immediato, ma alla fine dell'anno il Partito socialista americano raccomandò a tutte le sezioni locali «di riservare l’ultima domenica di febbraio 1909 per l’organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile». Fu così che negli Stati Uniti la prima e ufficiale giornata della donna fu celebrata il 28 febbraio 1909.

    La Conferenza di Copenaghen (1910)


    Aleksandra Kollontaj
    Il lunghissimo sciopero, che vide protagoniste più di 20.000 camiciaie newyorkesi, durato dal 22 novembre 1908 al 15 febbraio 1909, fu considerato, nel Woman's Day tenuto a New York il successivo 27 febbraio, come una manifestazione che univa le rivendicazioni sindacali a quelle politiche relative al riconoscimento del diritto di voto femminile. Le delegate socialiste americane, forti dell'ormai consolidata affermazione della manifestazione della giornata della donna, decisero pertanto di proporre alla seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste, tenutasi nella Folkets Hus (Casa del popolo) di Copenaghen dal 26 al 27 agosto 1910 - due giorni prima dell'apertura dell'VIII Congresso dell'Internazionale
    socialista - di istituire una comune giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne.
    Negli ordini del giorno dei lavori e nelle risoluzioni approvate in quella Conferenza non risulta che le 100 donne presenti in rappresentanza di 17 paesi abbiano istituito una giornata dedicata ai diritti delle donne: risulta però nel Die Gleichheit, redatto da Clara Zetkin, che una mozione per l'istituzione della Giornata internazionale della donna fosse «stata assunta come risoluzione».
    Mentre negli Stati Uniti continuò a tenersi l'ultima domenica di febbraio, in alcuni paesi europei - Germania, Austria, Svizzera e Danimarca - la giornata della donna si tenne per la prima volta il 19 marzo 1911[1] su scelta del Segretariato internazionale delle donne socialiste. Secondo la testimonianza di Aleksandra Kollontaj, quella data fu scelta perché, in Germania, «il 19 marzo 1848 durante la rivoluzione il re di Prussia dovette per la prima volta riconoscere la potenza di un popolo armato e cedere davanti alla minaccia di una rivolta proletaria. Tra le molte promesse che fece allora e che in seguito dimenticò, figurava il riconoscimento del diritto di voto alle donne». In Francia la manifestazione si tenne il 18 marzo 1911, data in cui cadeva il quarantennale della Comune di Parigi[2].
    Non fu però ripetuta tutti gli anni, né celebrata in tutti i paesi: in Russia si tenne per la prima volta a San Pietroburgo solo nel 1913, il 3 marzo, su iniziativa del Partito bolscevico, con una manifestazione nella Borsa Kalašaikovskij, e fu interrotta dalla polizia zarista che operò numerosi arresti. In Germania, dopo la celebrazione del 1911, fu ripetuta per la prima volta l'8 marzo 1914, giorno d'inizio di una «settimana rossa» di agitazioni proclamata dai socialisti tedeschi, mentre in Francia si tenne con una manifestazione organizzata dal Partito socialista a Parigi il 9 marzo 1914.

    L'8 marzo 1917

    Le celebrazioni furono interrotte dalla Prima guerra mondiale in tutti i paesi belligeranti, finché a San Pietroburgo, l'8 marzo 1917 (il 23 febbraio secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia) le donne della capitale guidarono una grande manifestazione che rivendicava la fine della guerra[3]: la fiacca reazione dei cosacchi inviati a reprimere la protesta incoraggiò successive manifestazioni di protesta che portarono al crollo dello zarismo, ormai completamente screditato e privo anche dell'appoggio delle forze armate, così che l'8 marzo 1917 è rimasto nella storia a indicare l'inizio della «Rivoluzione russa di febbraio». Per questo motivo, e in modo da fissare un giorno comune a tutti i Paesi, il 14 giugno 1921 la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, tenuta a Mosca una settimana prima dell’apertura del III congresso dell’Internazionale comunista, fissò all'8 marzo la «Giornata internazionale dell'operaia».
    In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta soltanto nel 1922, per iniziativa del Partito comunista d'Italia, che volle celebrarla il 12 marzo, in quanto prima domenica successiva all'ormai fatidico 8 marzo. In quei giorni fu fondato il periodico quindicinale Compagna, che il 1º marzo 1925 riportò un articolo di Lenin, scomparso l'anno precedente, che ricordava l'8 marzo come Giornata internazionale della donna, la quale aveva avuto una parte attiva nelle lotte sociali e nel rovesciamento dello zarismo.
    La connotazione fortemente politica della Giornata della donna, l’isolamento politico della Russia e del movimento comunista e, infine, le vicende della Seconda guerra mondiale, contribuirono alla perdita della memoria storica delle reali origini della manifestazione. Così, nel dopoguerra, cominciarono a circolare fantasiose versioni, secondo le quali l’8 marzo avrebbe ricordato la morte di centinaia di operaie nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie Cotton o Cottons avvenuto nel 1908 a New York, facendo probabilmente confusione con una tragedia realmente verificatasi in quella città il 25 marzo 1911, l’incendio della fabbrica Triangle, nella quale morirono 146 lavoratori, in gran parte giovani donne immigrate dall'Europa. Altre versioni citavano la violenta repressione poliziesca di una presunta manifestazione sindacale di operaie tessili tenutasi a New York nel 1857,[4] mentre altre ancora riferivano di scioperi o incidenti verificatesi a Chicago, a Boston o a New York.
    Nonostante le ricerche effettuate da diverse femministe tra la fine degli anni '70 e gli '80 abbiano dimostrato l'erroneità di queste ricostruzioni, le stesse sono ancora diffuse sia tra i mass media che nella propaganda delle organizzazioni sindacali.[5][6][7][8] 
    >>

    Vero anche  questo .
    Ma  si  sà i simboli -- specie  , quando   come  questì'anno  , ricorre il centenario  e  e di cui  grazie  all'accurattisimo stidio   di Micheal  hirh  è stato completato   l'eklenco  dele  vittime    di cui buona parte  era rimasta ignota  (  fra cui  3  italiane  emigrate o figlie emiggrate  )  ---- sono difficil da  sconfiggere     nonostante  siano stati smentiti storicamente  . Ma  è anche  per  questo   che   bisogna festeggiare ovviamente  in maniera  nuove  e con nuove  parole  per evitare  che  diventi  solo retorica  e sia svuotata   del suo significato  originario .

      quidi  concludo   con  una poesia concludo
    (,..)
    perchè la donna non è cielo, è terra
    carne di terra che non vuole guerra:
    è questa terra, che io fui seminato,
    vita ho vissuto che dentro ho piantato,
    qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
    la lunga notte che divento niente
     (...)
     di edoardo Sanguinetti Ballata delle donne per   il testo integrale  www.ilcorpodelledonne.net/?p=510

    e  come  il sito  citato  qui  in questo post  ridiamo dignità al'8 marzo e  che non sia  solo una giornata   all'anno ma tutto l'anno  e  << 
    Basta adeguarsi al maschio, basta scimmiottarlo ( questa sera molte donne uscirano  e l’unica cosa che sapranno fare sarà quella di andare a vedere un tristissimo spogliarello maschile … scendendo a livello del maschio più becero…), basta assumerne le modalità comportamentali (le poche donne al potere usano sistemi maschili addirittura esasperandoli) .
     Basta “festa della donna”.
    Ritroviamo la dignità  di persone aventi diritti. Riprendiamoci gli spazi che abbiamo ceduto per amore di figli , mariti e di tutti gli uomini  che ci circondano.
    Inventiamo un modo nuovo di essere donne.  Ricreiamo la solidarietà femminile . Troviamo nuove vie per collocarci in politica , lavoro , famiglia.
    Il modello maschile è un modello prevaricatore che non tiene conto delle nostre peculiarità. Rifiutiamoci di imitarlo.
    Ritroviamo la gioia di un  8 marzo fatto di solidarietà , consapevolezza , amicizia , al femminile. Perchè sia un giorno utile alle donne e non un giorno di  festeggiamenti immotivati. >>

    all'anno prossimo