1.4.19

dylan dog sta diventando un fumetto Marvell e sta perdendo la sua originalità ?


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Di solito , ma questo è un caso eccezionale , aspetto la  fine  per   dare un giudizio su una saga in corso .  La storia il sangue della terra ( - 9 alla METEORA ) scritta da Paola Barbato e disegnata da Werther Dell'Edera     è cosi particolare che sembra ,    se non ci fossero i riiferimenti interni e il sottotitolo a ricordarcelo , slegata dalla saga . Essa ci consegna una vicenda inusuale dell'indagatore dell'incubo , divisa tra la terra e lo spazio , tra la carne e l'anima .Esssa Poteva essere una storia originale e affascinante (grazie all'inventiva e all'autrocritica dell'ottima Barbato) ma << ahimè >>--- come fa notare il comento sulla pagina facebok ufficiale di dylan dog di Marco Marinoni << la struttura narrativa si appiattisce su uno schema da videogame. E di questa nuova Waterloo della scrittura non posso che incolpare il pessimo Recchioni, che a quanto si dice è un appassionato di quella roba.>>
Si è  tento  d'unire  i  temi dell'horror a quelli fantascientifici , incanalandoli in un racconto d' amore. Belli in disegni dallo spazio ho vissuto mentre li leggevo e rileggevo per cercare di capire il senso della storia la sensazione che :  <<   ( ..... ) le nostre visioni possono superare quel cofine e le nostre opportunità sono illimitate [Neil Armostrong ] >> .
L'immagine può contenere: una o più persone Peccato che il tentativo   ottimo e lodevole non sia  purtroppo  ruscito . Infatti a molti fans ( io aspetterò il 400 e qualche numero scccessivo per confermarle o smentire la seconda parte del giudizio sotto riportato anche se rmai è evidente anche a ch non legge o non ha mai letto o vosto film del genere Marvel la direzione sembra queesta con la trasformazione di DD in vampy o in un eroe super eroe ) la definiscono : << Albo dal contenuto della storia di una schifezza immonda. Come uccidere un personaggio che ha fatto la storia del fumetto italiano >> .Ora è vero che un fumetto come Dylan dog che ha più di 30 anni abbia   la necessità di rinnovarsi o, quantomeno, di provarci non si possono scrivere sempre le stesse storie per più di 30 anni. E   quindi   prendere come modello anche ciò che si crea negli altri paesi   come   è  sempre  stto  fatto   nello stesso  dylan   nella gestione  di Sclavi     . Ma qui almeno fn ora , indipendentemente dalla  bellezza o dalla brutezza ( fattore molto relativo    e  variabile  da persona  a  persona  ) lo si sta facendo , a differenza dei primi anni della gestione pre Recchioni , in maniera passiva ed acritica .  Io   nei  numer  ( compro  solo  la  serie  regolare   ed  ogni tanto  qualche     altra  collana   )   del  fantomatico ed  propagandistico    rinnovamento    ho visto   di   effettivamente  nuovo    e  fisso o  solo l'uso del cellulare e personaggi antagonisti e comprimari solo abbozzati .  Ma   su questo  argomento  ritorneremo alla  fine  del  ciclo  della  Meteora   visto   che   si dice  che  dovrebbe avvenire   dal n  400
Una  storia      un po'    banale  ,   Paola  sa  scrivere  di meglio  ,   Infatti   sempre   dalla  pagina  fb ufficiale  di  Dylan  Dog


Mario Punzo È vero, Dylan è cambiato magari in peggio, quello precedente è insostituibile ma come si può tenere allo stesso livello per più di trent'anni un capolavoro del genere? Non credo che in qualsiasi settore vi sia un eccezione perché le sensazioni che ti da un opera non rimarranno mai le stesse...l'unica cosa che si può fare è aggiornare e rinnovare come hanno fatto a discapito di personaggi e di forzature obbligate e quindi essendo loro stessi autori consapevoli di non poter piacere a tutti ma di osare...è un passo che si sono sentiti obbligati a fare al passo coi tempi...però il solo fatto che ci sia ancora, con la sua vena nostalgica, al giorno d'oggi, a me basta
  Oltre  a  queste   "recensioni "   c'è

SPOILER

 il dialogo  ,   dopo   ben    4  tavole    tutta  la pagina  91  di  silenzio  ed  osservazione  del cielo  ,    fra  92-93 fra  Bloch  e  Dylan



-----  Bloch    che  guardi   ?
-----  Dylan   il  cielo
------  Bloch     ti  dispiace  (    prendendo la parola  anche  per   Grouncho  e  JenKins  )    se   restiamo qui  con te   ?
 -----  Dylan  No , ne  sono contento


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Forse  , hai ragione tu  , vecchio mio  , forse  ,fare  qualcosa , anche di piccolo o apparentemente  insensato  , visto  quello  che  ci   aspetta  ...  è  comunque  qualcosa E qalcosa  è  sempre  meglio di niente 
SPOILER


Disegni buoni e innovativi \ sperimentali ma secondo me poco addatti a Dylan dog . Infatti come alcuni fans mi chiedo Perché con tutti i disegnatori realistici nelle scuderie bonelli mettete dell'edera su un fumetto inportante come Dylan dog  ?  è  come  metter e un  motore  ferrari sulla  500 .
  Concludo  cn  il mio    voto   5.5\ 6


Nonna dà alla luce la sua nipotina come madre surrogata: “Volevo vedere mio figlio e il suo compagno con in braccio la loro bambina”

beh almeno  non c'è stata  compravendita    del coprpo  della donna    ed  titto è  avvenuto in famiglia    senza  traumi   almeno per  ora per  madre  surrogata  e   creatura


Ha deciso di fare da madre surrogata per avere sua nipote, aiutando così suo figlio e il suo compagno ad avere una bambina. Cecile Eledge, 61 anni, ha partorito l’ultima volta 30 anni fa ed è da dieci in menopausa. Quando Matthew Eledge, 32 anni, e Elliot Dougherty, 29 anni, hanno cominciato a desiderare un figlio e hanno deciso di voler ricorrere a una madre surrogata, la proposta di Cecile li ha fatti sorridere fino a quando non hanno capito che la madre di Matthew faceva davvero sul serio.Aiutati dalla dottoressa Carolyn Maud Dougherty che ha definito l’idea di Cecile “per niente stralunata”, i tre hanno incontrato un’équipe medica nella loro città natale, Omaha, in Nebraska e dopo alcune analisi hanno dato il via all’iter. “La mia mamma a 61 anni ha una pressione sanguigna più bassa di tutti noi figli”, ha detto Matthew al DailyMail, che ha riportato la notizia.Non appena Cecile è stata indicata come “ospite adatto” ecco che è entrata in scena la sorella di Elliot per donare i suoi ovuli: Lea, 26 anni, aveva infatti appena partorito il suo secondo figlio. Gli ovuli, fecondati dallo sperma di Elliot, sono così stati impiantati nell’utero di Cecile che dopo nove mesi e una gravidanza non semplicissima ha partorito in modo naturale e ha dato alla luce la sua nipotina. Nonna Cecile ha dichiarato che quello che l’ha spinta ad andare avanti nonostante le difficoltà di questa procedura è statala voglia di vedere suo figlio con in braccio la piccola Uma. “Uma ora avrà alcuni incredibili modelli femminili da guardare in Lea e mia madre. Non vedo l’ora che lei sviluppi un legame incredibilmente speciale con entrambe”, ha detto Matthwe al DailyMail.

30.3.19

si puo essere conservatori e retrogradi senza insultare . Papa Francesco: “Il Congresso delle Famiglie di Verona? Bene la sostanza, sbagliato il metodo”

leggi anche 
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2019/03/il-medioevo-non-e-mai-morto-il.html

Finalmente  all'interno della  gerarchie  della  chiesa  cattolica  s'alza    qualche  voce   di  rimprovero    ai  convocati  alla  convegno sulla  famiglia    di Verona  . Essa  viene  proprio  da Papa Francesco che   : “Il Congresso delle Famiglie di Verona? Bene la sostanza, sbagliato il metodo”


da  https://www.tpi.it/ Di Luca Serafini 30 Mar. 2019


“Il Congresso delle Famiglie di Verona? Bene la sostanza, sbagliato il metodo”. A dirlo è Papa Francesco, rispondendo a una domanda dei giornalisti sul volo da Roma a Rabat.
“Ho letto la risposta del segretario di Stato Parolin sul convegno di Verona e mi è sembrata equilibrata”, ha detto Bergoglio. E le parole di Monsignor Parolin erano state proprio quelle che il Pontefice si sente di condividere: “La sostanza è corretta, il metodo è sbagliato”
Sono le prime parole di Papa Francesco sull’evento iniziato a Verona venerdì 29 marzo, e che si concluderà domenica 31 marzo.
Un’iniziativa che ha sollevato una selva di polemiche anche a causa del profilo a dir poco discutibile di alcuni dei relatori. Una di questi, Babette Francis, ha sostenuto in passato la tesi che le donne che non fanno figli vengano colpite più facilmente da tumori.
Francis ha così stabilito un nesso di causalità smentito a TPI da Matteo Lambertini, oncologo presso l’Ospedale San Martino Genova e professore aggiunto all’Università di Genova.
Sabato 30 marzo Maria Gandolfini, la figlia del fondatore del Family Day Massimo Gandolfini, l’uomo che ha aperto i lavori del Congresso di Verona, in un’intervista video a TPI ha dichiarato di ritenere il pensiero del padre “maschilista e retrogrado”.
Maria, 36 anni, ha spiegato di non essersi mai sentita amata dal padre. “Mi considerava una pecora nera, una delusione totale. Ma se mi amasse, come mia madre, non mi vorrebbe far marcire tra le fiamme dell’inferno solo perché sono separata. Lui mi considera un mostro, ritiene che la mia famiglia sia da nascondere, da seppellire da non far vedere, qualcosa di cui vergognarsi”.
Massimo Gandolfini ha replicato alle parole della figlia: “Le parole di mia figlia sono servite se non altro a demolire l’immagine del Gandolfini fascista che impone le sue idee. Per cui mia figlia fa giustamente quello che crede e che reputa giusto. Io naturalmente la rispetto. Lei è uno dei miei sette figli, che amo tutti nella stessa maniera”.

29.3.19

storie di gay che preferiscono nascondersi nel matrimonio etero e di famiglie gay

mentre   facevo la  raccolta  della  carta      ho trovato questa  lettera  scritta   a  Concita  de Gregoriio    ed ecco   un ricollegamento   al precedente post 
Una  storia  triste quella  qui riportata   che  fa (  dovrebbe  )   riflettere   come  ha  fatto con il sottoscritto che    credeva    che i gay ed le  lesbiche si nascondessero   nel  matrimonio etero   oltre  che per paura \  vergogna  ( come nel caso   che trovate  sotto  )   per ipocrisia ed   " non vplersi prendere  le proprie  responsabilità "  della  loro  scelta  sessuale  .


da http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/  del 27 MARZO 2019

                                      La mia vita è stata una finzione


La mano di Roberto, 61 anni

Questa lettera è di Roberto, 61 anni, Catania

"Ho 61 anni, vivo in Sicilia, a Catania. Negli anni ’70 era impossibile, ripeto impossibile, dirsi omosessuale, anche se tra i ragazzi di quell’epoca era facile far passare i primi approcci sessuali come giochi innocenti. Tutti ci siamo fatti una vita ‘normale’, sposati, genitori e in alcuni casi anche nonni. Ma… Un fuoco ardente si nasconde sotto la faccia perbene di uomini della mia età.
Essere ‘puppi’ (così si chiamano nel catanese gli omosessuali) era ed è una tragedia per le famiglie del ceto sociale meno abbiente e non solo. Io vivo ogni giorno un inferno in terra, e come me, mi creda tanti, ma tanti uomini di mezz’età hanno questa stessa condizione. Almeno qui in Sicilia".
"Attraverso i social ho avuto modo di scambiare opinioni e storie con altre persone della mia età, ma anche con quelli più giovani, il denominatore comune è la sofferenza. E più si è adulti, più si è sposati, più figli hai, più grande è la sofferenza. Lei mi può dire ‘Si separi’. Come se fosse facile rifarsi una vita in un centro piccolo, dove ti conoscono tutti e dove tutti sanno di te. Sarebbe far del male alle persone che più ami. Allora accetti di soffrire in silenzio, per amore di un altro, nel silenzio della stanza e nel cuore della notte ti svegli con le lacrime senza poter dare una spiegazione a nessuno di tale sofferenza".
"Ho pensato tante volte di farla finita, ho gridato tante volte al buon Dio di farmi finire questo mio transito terreno, sono stato abusato a 4 anni fino ai 10 da persone diverse. Tutti parlano della condizione dei giovani gay, nessuno si accorge delle sofferenze degli adulti. Io non ho avuto scelta: o la moglie o la strada. Entrambe le soluzioni sono gravate da sofferenze. I pregiudizi sono duri a morire. Essere omosessuali non si sceglie, si è".
"Come essere nero di pelle o con gli occhi azzurri. Non puoi decidere tu come essere. Se la gente capisse fino in fondo la lacerazione che viviamo, se sapesse l’incapacità che abbiamo di essere ‘normali’, non saremmo additati come diversi. Ma voi pensate che se potessimo scegliere la felicità, la serenità, la tranquillità non lo faremmo?".
"Vi prego pensate anche a noi adulti gay nascosti, truccati da brave persone. La nostra non è ipocrisia, ma spirito di sopravvivenza. E’ un territorio dove non c’è distinzione di classe sociale, ci sono gay sia fra gli strati più bassi della società che in quelli più abbienti, fra gli operai e gli impiegati e i professionisti. Le ho scritto per sfogarmi, non mi è servito neanche andare in analisi. Tutti mi dicono devi accettare di essere gay, ma il problema non sono più io: sono le persone attorno a me che non lo accetterebbero. Provi a chiedere altri, sarei curioso di sapere le risposte".



Le famiglie gay invece esistono

Andrea e Manuel al loro matrimonio

Questa lettera è di Andrea Incontri, 47 anni, Milano
Alla vigilia del cosiddetto congresso mondiale delle famiglie che riunirà a Verona i massimi esponenti del Medioevo, fossili viventi, si è aperto in questo spazio un intreccio fittissimo di racconti e di storie di vita sul tema della famiglia, anzi delle famiglie – le molte possibili, molto diverse come diversa e unica è la storia di ciascuno. In particolare ho ricevuto decine di risposte alla lettera di Roberto, marito e padre, sessantunenne di Catania, omosessuale. Tutti ricordiamo la prima intervista del nuovo ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, leghista, 39 anni, veronese. “Le famiglie omosessuali non esistono”, disse. Esistono invece. Polemizzare con la realtà anziché ascoltarla, comprenderla, provare – specie se si è al governo – a fare in modo che sia per tutti migliore non è mai stata una grande idea. La realtà tende a vincere su chi la nega. Pubblico la risposta a Roberto di Andrea Incontri. Nato a Mantova in una famiglia ricca solo di dignità e rigore – mi racconta – ha ostinatamente inseguito il suo sogno. Oggi è uno stilista di grande successo. Ecco la lettera.
"Caro Roberto. Ho letto attentamente le parole di un uomo come me che si pone domande. Che espone il proprio stato d’animo. Lo ringrazio per aver condiviso una propria condizione umana e sociale. È vero. Si pensa ai giovani ma non alle persone che hanno già percorso buona parte della propria vita in assenza di completezza sentimentale. Io sono felicemente sposato con Manuel, un marito che mi appaga in ogni senso"."Ho 47 anni ed il percorso non è stato per niente facile. Ho lavorato molto sulla mia persona. C’è una cosa sulla quale non sono in accordo con Roberto, perché in qualche modo ci sono passato: Il giudizio è in prima istanza nostro. Essere portavoce di noi stessi non è mai sbagliato. Raccontare come siamo, esseri unici per sensibilità, visione, anche orientamento di genere, è una cosa bellissima. Ma se pensiamo a noi stessi come esseri sbagliati (e capisco, l’abbiamo pensato nell’infanzia e nell’adolescenza, ad un disagio dovuto all’essere conformi a tutti i costi ad un modus operandi sociale), la forbice tra l’unicità di noi stessi e la forma considerata corretta si allarga. Penso che lei abbia un’opportunità straordinaria di aprirsi al dialogo"."Sembra una montagna altissima e invalicabile. Invece non è così. Potrebbe donare ancora più amore alla sua famiglia e agli altri. Passo dopo passo. Uno al giorno. La pianura diventa collina. E la collina diventa montagna. E lei con questi piccoli passi avrà una visione d’insieme più armonica di accettazione di se stesso e degli altri. Perché il bel panorama si vede solo quando si arriva in cima. La abbraccio con stima e affetto".

IL MEDIOEVO NON è MAI MORTO . . IL RINASCIMENTO E L'LLUMINISMO NON SONO SERVITI A NIENTE VISTO CHE STANNO AUMENTANO E SONO AL POTERE GENTE CHE SEMBRA VISSUTA NEL MEDIOVEVO

QUELLO CHE AVEVO DA DIRE L'HO DETTO NEL TITOLO . NON RIESCO A TROVARE ULTERIORI PAROLE LE LASCIO VOI

  ECCO LE PERSONE     A  CUI  MI   RIFERISCO
 

Congresso famiglie Verona: "Gli omosessuali vanno curati, sennò per loro c'è l'Inferno''


C'è il vescovo di Verona che considera l'aborto un "delitto", la suora che si ispira al modello di società russa, le volontarie che pregano per convertire gli omosessuali, addirittura chi arriva con una statua della Madonna sottobraccio. I partecipanti al contestatissimo Congresso mondiale sulla famiglia, ospitato nella città di Romeo e Giulietta, hanno le idee chiare sui valori da difendere: "I gay vanno curati, se non si convertono c'è l'inferno per loro", spiegano. Con una coda polemica persino sulla legge sul divorzio: "E' un abominio"

                       di Antonio Nasso e Cristina Pantaleoni


 ed  a  loro  dedico  la  canzone   che   trovate  in  fondo a  questa  discussione  avuta   sul  mio  faCEBOOK 
Angelo Zarrillo Vai a scuola studia Dante, Giotto,Simone Martini,Piero della Francesca, Federico II, Francesco d'Assisi,Petrarca, Boccaccio, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Colombo che con i suoi viaggi da inizio alla Storia Moderna... Epopea di giganti. Altro che nani e ballerine del XXI secolo. Il Medioevo meglio studiarlo, piuttosto che scrivere corbellerie.

  • Angelo Zarrillo Giuseppe Scano Quindi il Medioevo è anche progresso, scoperte scientifiche e arte. Da studioso dovresti narrare il Medioevo in tutte le sue sfaccettature,elencando solo il lato oscuro,non è obiettivo ed è poco professionale. Saluti
  • Giuseppe Scano Angelo Zarrillo esatto . qui sto solo elencando gli aspetti negativi che ancora mi sembrano anacrosnistici e ancora prevalgono

l'imbecillità del politicamente corretto e l'ottusità politica . ha portato alcuni antirazzisti a bloccare una tragedia di Eschilo perchè razzista ., ed i nostri parlamentari gialloverdi a bocciare e poi in maniera carpiata a ripensarci la legge sul revenge porni



E vero che il razzismo insieme a tutte le altre discriminazioni ) xenofobia , omofobia , sessismo ) sono da sconfiggere ma non è vietando i classici che si combattono .




da https://www.agi.it/estero 28 marzo 2019,16:38





Hanno boicottato una tragedia di Eschilo perché sarebbe razzista

Un gruppo di militanti antirazzisti ha impedito la rappresentazione della tragedia di Eschilo "Le Supplici" alla prestigiosa università parigina della Sorbona.






Riccardo Milani / Hans Lucas Una manifestazione davanti alla Sorbona









Un gruppo di militanti antirazzisti ha impedito la rappresentazione della tragedia di Eschilo "Le Supplici" alla prestigiosa università parigina della Sorbona. Il classico greco è stato giudicato "razzista" perché alcune delle maschere indossate dagli attori - secondo la tradizione del teatro antico - erano nere: questo per interpretare le figlie di Danaos - le Danaidi - provenienti dall'Egitto, quindi dall'Africa. La scelta di utilizzare le maschere, al posto di volti anneriti, è stata fatta dal professor Philippe Brunet, uno dei maggiori esperti di Eschilo, qui nelle vesti di direttore artistico e regista della messinscena.
Il ricorso alle pratiche di scena dell'antichita' ellenica non è pero' piaciuta alla Lega di difesa nera africana (Ldna), al Consiglio di rappresentanza delle associazioni nere (Cran), e neanche all'Unef, il sindacato studentesco di sinistra. Una cinquantina di militanti di queste sigle ha organizzato un presidio lunedi' sera, impedendo la rappresentazione e accusando la troupe di aver compiuto un "blackface" (l'uso di trucchi per trasformare delle persone di pelle bianca in individui di pelle nera, ndr).
In un comunicato, la presidenza della Sorbona ha condannato il boicottaggio. "Impedire con la forza e le ingiurie la rappresentazione di un'opera teatrale - scrive il vertice dell'università parigina - è un attacco grave e completamente non giustificabile, alla libertà di creazione". E' intervenuto anche il ministro della Cultura, Franck Riester, ha criticato le azioni delle associazioni antirazziste, bollandole come un "attacco senza precedenti alla libertà di espressione e di creazione nell'ambito universitario".




La retromarcia sul revenge porn.





Prima la bocciano , solo perchè proposta da un loro avversario anzi avversaria , visto che a proporla è stata la Boldrini . Capisco essere contro e bocciare le leggi \ le proposte dei tuoi antagonisti , ma quando si tratta di leggi di notevole importanza piuttosto che lasciale mutili \ incomplete bisogna mettere da parte le divergenze culturali \ ideologiche e votarle .
Sono nella confusione più completa. Quando un "alleato" annuncia qualcosa ecco che il "rivale alleato" deve dire l'opposto. Senza accorgersi che vanno contro quello che hanno sostenuto il giorno prima. Normalmente arriverebbero due persone vestite di bianco con una ambulanza, ma con questi non si può. Sono il nostro grande governo.

28.3.19

chi lo dice che per essere un rocker devi per forza incidere un disco la storia delle ragazze della band beat le astars Stars”. Una band femminile, una rarità nell’Italia dell’epoca: Rossella Canaccini (cantante), Viviana Tacchella (chitarrista), Franca Deni (bassista), Manuela Bernardeschi (batterista). Daniela Santerini,



dalla  nuova  sardegna    del  23 marzo 2019


IL VIETNAM
delle ragazze rock

L’atterraggio all’aeroporto Tan So Nhut avviene in mezzo a bombardieri, caccia e torrette imbottite di sacchi di sabbia con soldati di vedetta. C’è la guerra in Vietnam. È l’inizio di novembre del  1968




L’atterraggio all’aeroporto Tan So Nhut avviene in mezzo a bombardieri, caccia e torrette imbottite di sacchi di sabbia con soldati di vedetta. C’è la guerra in Vietnam. È l’inizio di novembre del 1968 e quello è proprio il periodo in cui gli americani impegnano il maggior numero di forze militari nel Sud-est asiatico. Le Stars, band tutta al femminile formata da cinque ragazze toscane, sbarcano così a Saigon. Sanno che si tratta soltanto di una breve tappa di una tournée in altri Paesi dell’Estremo Oriente. In realtà non è così. Arrivate lì scoprono che il contratto parla di ben tre mesi in Vietnam. Suoneranno nelle basi americane, mentre intorno infuria la guerra, prima di tornare in Italia. Pochi anni dopo, nel 1974, quando il gruppo si era già sciolto, la vita porterà la tastierista Daniela Santerini in Sardegna. A lungo ha combattuto per far conoscere questa storia. Ci ha scritto anche un libro, ‘Choi-oi!’ (Oh mio Dio in sudvietnamita), basato sul diario tenuto all’epoca, che ha ispirato il recente documentario ‘Arrivederci Saigon’, diretto da Wilma Labate e presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Contattata telefonicamente, Daniela Santerini ci invita subito a casa sua. In zona Monte Oro, a Sassari. “Venga che è meglio parlare di persona”. La cadenza toscana è ancora marcata, nonostante gli anni passati in Sardegna, tanto che lei stessa si definisce ormai sarda d’adozione. Tra libri e foto, apre il cassetto dei ricordi. Il racconto non può che iniziare dal momento in cui entra a far parte di una band e la sua vita cambia: nel 1967. Nata a Pontedera, ha 19 anni ed è una ragazza timida e solitaria. Cresciuta dalla sola madre che è impiegata alla Piaggio. L’aria di rivoluzione che inizia a soffiare forte in quel periodo
non l’avverte proprio. «Ero davvero ingenua, per mentalità ancora una bambina». In quel momento studia pianoforte, ed è pronta a dare l’esame dell’ottavo anno, quando bussano a casa sua delle ragazze in cerca di una nuova musicista per il loro complesso.

 Tal  vicenda     È l’inizio di un’incredibile avventura che Daniela Santerini racconterà diversi anni dopo nel libro  citato  e   che Wilma Labate ha ripreso nel suo film   Arrivederci  Saigon  (sotto il  promo  e  qui  maggiori  notizie  )

  

offrendo anche un quadro più   generale  dell'epoca     . Un  documentario    fra i  cinque  candidati per  i premio di   david  di  donatello 2019







La storia di tale evento è nata per caso . Infatti --- sempre secondo il giornale ---- “Sono venute a cercarmi – racconta – ma io sono ancora convinta che gli avessero segnalato un’altra Daniela che viveva vicino a me. Anche lei suonava. Ho accettato di entrare nel complesso e quel giorno la mia vita ha preso una direzione diversa. Era giugno e io dovevo dare l’esame a settembre. Pensavo di farlo lo stesso e invece non l’ho più dato. Avevano la base a Piombino, sono andata con loro e diventata un membro delle Stars”. Una band femminile, una rarità nell’Italia dell’epoca: Rossella Canaccini (cantante), Viviana Tacchella (chitarrista), Franca Deni (bassista), Manuela Bernardeschi (batterista). Daniela Santerini, che all’organo completava la formazione, le chiama ancora bimbe. Come allora. Hanno tutte intorno ai vent’anni, Rossella la cantante è ancora minorenne, quando iniziano a suonare insieme. Il loro repertorio è decisamente moderno. ‘‘ Soul e rhythm and blues. Quindi James Brown, Wilson Pickett, Aretha Franklin. Cose che io non avevo mai sentito, la mia era una formazione classica: Bach, Mozart, Chopin. Comunque mi hanno messo davanti a fare degli accordi e mi sono data fare. Non ero certo Brian Auger, però ho ricevuto anche molti complimenti”. Le Stars dimostrano di cavarsela bene e si guadagnano presto i locali più in voga del tempo in tutta Italia. Si esibiscono con i Pooh agli inizi, aprono concerti di cantanti già affermati come Patty Pravo, finché nell’autunno del 1968 ricevono l’offerta di una tournée in Estremo Oriente. Potrebbe essere la grande occasione che stanno aspettando. Si parte verso l’Asia. Prima tappa Manila, nelle Filippine. Due giorni dopo, è il primo novembre, un altro volo. Per Saigon. Non sanno però che per una clausola del contratto dovranno restare nel Vietnam in guerra sino alla fine di gennaio. Quasi tre mesi. “Ne abbiamo passato di tutti i colori – sottolinea la musicista – e sono stati giorni che non dimenticherò mai. La guerra si avvertiva, eccome. Ho sofferto la fame, si mangiava poco e male. E poi gli spari, i bombardamenti. Una volta mi hanno caricato un mitra davanti a un posto di blocco. In quella occasione ho davvero creduto di morire”. Un’immagine che Daniela Santerini continua ad avere in testa come fosse successo ieri. Così come non può dimenticare quell’odore marcio che ha continuato a sentire a lungo, come una persecuzione, anche dopo il rientro a casa: un misto di sudore, vomito, carogne putrefatte, escrementi. Così lo definisce nel suo libro. Ma l’avventura nel Sud-est asiatico le ha lasciato anche ricordi molto belli. ‘‘ Ci siamo esibite tanto nelle basi statunitensi e facendo musica nera, che soprattutto i soldati della comunità afroamericana apprezzavano, abbiamo imparato veramente cosa fosse il soul. E poi mi ero anche innamorata di un tecnico tedesco”. Il 27 gennaio del 1969 è il giorno dell’addio al Vietnam. Il ritorno a casa non porta la svolta sperata, anzi da alcune parti il gruppo viene anche criticato per essere stato al soldo degli americani. Le Stars continuano comunque il loro percorso e una nuova occasione si presenta quando vengono messe sotto contratto dalla Rca. Il sogno, però, dura poco. “Siamo state un anno alla Rca, ma poi il direttore Ennio Melis, di origine sarda, ci ha detto che voleva solo la cantante. Insomma il gruppo là si è sciolto. Avevamo anche registrato dei brani, ma nessuno sa che fine abbiano fatto”. È il 1972, la storia delle Stars si conclude. Due anni dopo la vita porta Daniela Santerini in Sardegna. “Il mio primo marito, quando eravamo fidanzati, aveva fatto la scuola ufficiali ad Ascoli e poi lo avevano spedito nell’isola, al Car di Sassari. Fu io a insistere perché ci sposassimo e venni quindi ad abitare qui. Prima in via Dolcetta, poi a Ottava e Luna e Sole. In seguito ci trasferimmo per questioni legate al suo lavoro a Domusnovas e dopo a Carbonia. Qui fondai il centro artistico Le Muse dove si insegnava musica, ma anche danza, pittura e recitazione. ‘‘ Ma le cose con mio marito non andavano bene. Nel 1989 se ne andò e tornai, con i miei due figli, per un periodo a Pontedera. In seguito venne a trovarmi un conoscente sassarese che mi riportò qui, ma le cose andarono ancora peggio. Per fortuna conobbi un altro uomo che è diventato il mio secondo marito. Un toscano che aveva una casa ad Alghero”. Oggi vive con lui a Monte Oro, dove continua a fare lezioni di piano e ogni tanto a scrivere, altra sua passione. Ha pubblicato diversi libri, in particolare legati alla musica. Tutti con Youcanprint, come la nuova edizione di ‘Choi-oi!’ che racchiude il suo diario dal Vietnam. Da libro al film. ‘Arrivederci Saigon’ nasce quando lo scrittore Giampaolo Simi, venuto a conoscenza dell’incredibile storia delle Stars dal diario di Daniela Santerini, ne parla con la regista Wilma Labate, autrice tra l’altro di ‘La mia generazione’ e ‘Un altro mondo è possibile’. Da lì l’incontro con la musicista-scrittrice, l’opzione sul libro, il lungo lavoro di pre-produzione e finalmente la realizzazione del film presentato alla 75esima edizione della Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia e candidato ai David di Donatello 2019. Nel documentario sono presenti le testimonianze dirette di quattro delle protagoniste. Manca infatti la batterista Manuela Bernardeschi che non ha voluto partecipare a questo viaggio nel passato, racconto non solo della particolare vicenda di cinque ragazze toscane, ma attraverso materiale di repertorio anche di un’epoca. Daniela Santerini non è mai tornata in Vietnam. “Ci ho pensato, ma voglio tenere nella mente e nel cuore quello che ho conosciuto cinquant’anni fa”. Per un lungo periodo a dire il vero l’ha voluto anche dimenticare, come le sue compagne, finché un giorno quell’incredibile esperienza si è ripresentata davanti a lei. ‘‘ Nel 1978, quando erano passati una decina d’anni, un giorno per caso mi ricapita tra le mani il diario. Non quello originale, ma una copia che mia madre aveva ribattuto a macchina in ufficio. Inizio a sfogliare quelle pagine, a leggere e scoppio a piangere. Il Vietnam mi era ripiombato addosso. Decisi che quella storia doveva essere conosciuta”. Daniela Santerini si sbatte, però, contro i no delle case editrici. Di pubblicarla nessuno ne vuole sapere. Consegna allora il manoscritto all’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano. Soltanto molto tempo dopo riuscirà a pubblicare ‘Choi-oi!’ con Youcanprint, edizione ancora in commercio. Nel libro-diario sono presenti anche lettere, sempre dell’epoca, della chitarrista Viviana Tacchella e alcuni brani del diario di Rossella Canaccini, la cantante che era la più giovane del complesso. Quest’ultima, dopo lo scioglimento delle Stars, è stata l’unica a portare avanti per un certo periodo la carriera da solista raggiungendo una certa notorietà con alcuni brani. ‘‘ Il titolo viene dal lamento di un vietcong ferito che ho sentito in un ospedale e non ho mai dimenticato. Anche se ho saputo cosa significasse, ‘Oh mio Dio’, solo diversi anni dopo da un sacrestano vietnamita incontrato a Lucca”.


Anche   se   Daniela   a  differenza  di Rossella  non ha  continuato  la  carriera  di  nel mondo  della  musica   è   quella  che   ha  riscosso  più  successo  infatti 





Oltre a “Choi-oi!” sulla storia del complesso femminile Le Stars nel Vietnam del 1968, Daniela Santerini ha pubblicato altri libri. Tutti di diverso genere. “Il cerotto” contiene racconti che segnano l’inizio della passione per la scrittura, sfogo e d una delle ultime liriche presenti nel volume, intensa e a tratti dolorosa ma non priva di speranza. Quella speranza che affiora sempre anche nelle poesie che ne sembrano  pririve del tutto. “Limus Il linguaggio musicale” spiega un nuovo metodo per imparare a suonare in modo consapevole. Un orientamento didattico sperimentale messoa punto da Daniela Santerini per le sue lezioni di pianoforte.

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