17.1.23

Lisa Camillo regista di Balentes - i coraggiosi : una donna determinata contro le servitù militari



Cercando fonti d'ispirazione per la mia intervista alla coraggiosissima Lisa Camillo Satta ho recensito qui in << Ci vuole passione per raccontare una storia degna di essere raccontata è il caso del libro e poi documentario Balentes - I Coraggiosi di Lisa camillo  satta  >>  ho  trovato     quest'articolo  Rivista Donna    (  certi     articoli     non  hanno  salvo   reazioni    dei politicanti      che  rispondono    a  monosillabi o demagogicamente    , cronologia  fissa  ) .   

 Comunque  la  pensiate  esso  ha  confermato   quello che dicevo  nel  post  prima  citatati 
 


                              di   Massimiliano Perlato
                   

Lisa Camillo: una donna determinata

I veleni e i segreti delle basi NATO in Sardegna, l’inquinamento radioattivo e il silenzio delle istituzioni

Dopo il documentario “Balentes”, il libro inchiesta “Una Ferita Italiana”

Lisa-Camillo-RivistaDonna.com

Valutare un libro è operazione articolata e molto soggettiva. Quello di Lisa Camillo lo considero senza troppi giri di parole, un capolavoro nel suo genere.

Un’inchiesta preziosa e pertinente che ogni sardo di coscienza, dovrebbe leggere senza remore. E soffermarsi per riflettere a fondo, pagina dopo pagina, sulle problematiche meticolosamente raccontate, che da sempre avviluppano l’isola con i suoi enigmi che, come sottolinea l’autrice, pongono a repentaglio l’ambiente e la salute dei suoi abitanti.

Lo sento mio questo libro, legittimato a farlo unicamente per l’amore che nutro per quel territorio tanto bistrattato. E avallo l’indignazione crescente nell’animo, così come è successo a Lisa agli arbori del suo progetto, con la concretizzazione del documentario “Balentes – i coraggiosi” prima, con la pubblicazione “Una ferita italiana – i veleni e i segreti delle basi NATO in Sardegna: l’inquinamento radioattivo e l’omertà delle istituzioni”, poi.

Lisa Camillo è regista, scrittrice, produttrice, antropologa e criminologa italo-australiana.

Ha lavorato nelle collettività aborigene e ha riscosso diversi premi per i suoi progetti con il Ministero della Salute australiano. Laureata alla Sydney Film School, ha diretto, prodotto e scritto film e cortometraggi che hanno girato il mondo. Tra questi, Live ThroughThis, che ha conseguito vari riconoscimenti ed è stato selezionato fra i finalisti in dieci festival internazionali.

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Con questa pubblicazione, Lisa ha affrontato un percorso severo, con una determinazione senza pari, ha combattuto in prima linea per l’isola facendo domande, spesso scomode, per porre in luce le questioni top secret divenendo portabandiera di pace e giustizia per i sardi, anche per quelli che in questi lunghi lustri trascorsi, hanno taciuto per spavento e reticenza, assecondando il “male” per mille ragioni, ben spiegate nel libro.

Ha combattuto Lisa per i militari che hanno perso la vita, moltissimi, colpiti da patologie terribili provocate dall’inquinamento bellico sia in Sardegna che nei campi di battaglia all’estero dove si sono recati in soccorso dei popoli colpiti dalla guerra.

Tornata dall’Australia, dove ha vissuto per quindici anni, per realizzare un documentario sulla Costa Smeralda, Lisa Camillo, percorrendo la Sardegna ha scoperto luoghi divenuti terra di conquista: coinvolgimenti economici immorali e servitù militari hanno totalmente sconvolto una delle Regioni più belle d’Italia. Poligoni sperimentali, industrie chimiche in un tessuto economico sofferente. Zone interdette, spiagge seviziate dalle bombe, missili distesi sul fondo marino. Storie mormorate di feti deformi, tumori, leucemie, capi di bestiame dalle fattezze mostruose. Il dramma dei militari malati e delle loro famiglie; le patologie dei soldati contaminati dall’uranio impoverito in Bosnia. I processi, l’omertà dei vertici militari, l’assenza dello Stato. Insomma, il delirio.

Lisa ha costruito il suo lavoro anche grazie al prezioso contributo di quei sardi che non capitolano e difendono la propria terra: procuratori, giornalisti, attivisti e semplici cittadini, interpreti di una storia di resistenza ignorata, ma che dura da decenni. L’autrice realizza uno straordinario documentario “Balentes – i Coraggiosi”, distribuito in diversi paesi con ampio riscontro di pubblico e di critica. E’ stato girato con maestria e con una fotografia di altissima qualità che presenta uno spaccato dell’isola attraverso il suo sguardo originale e diretto, rivelandone il paradosso riscontrato tra la sua bellezza incontaminata ed i mutamenti tormentati che la stanno insidiando.

Balentes”, in sardo sono i valorosi, i temerari. Il documentario sociale di speranza e denuncia è un lavoro che ricerca sentenze e pone domande a coloro che sono imputabili delle morti e del disastro ambientale. Un film che ha fatto il giro dei cinema nel mondo ed ha partecipato ai mercati dei festival più importanti, come Berlino e Venezia.

E poi il desiderio di mettere nero su bianco con un cammino flessibile per testimoniare il rientro a casa, in una Sardegna molto diversa da quella della sua infanzia.

Il cambio repentino di percorso dai progetti originari  si è insinuato rabbiosamente nell’animo sconvolto di Lisa alla scoperta con dispiacere di un’isola per nulla positiva. Si è spezzato l’incantesimo delle reminiscenze di bambina fatte di sogni e colori. Un libro che racconta la Sardegna più intima, fra orgoglio e paura, coraggio e bassezza, verità spaventose e bugie criminali. È la storia di una ferita italiana. Un’offesa che ancora sanguina. Un’inchiesta che incalzerà l’irritazione di tutti attraverso questioni che il solo menzionarle infonde trepidazione: l’uranio impoverito, il torio, le nanoparticelle, i pascoli malati, i mari contaminati, le deformazioni genetiche, le malattie dei militari, i casi nascosti, l’attivismo, l’informazione, la resistenza di cui nessuno parla. E testimonianze, documenti, foto che smascherano le bugie del governo italiano.

Niente è stato tralasciato: il caso infinito sui veleni di Quirra per esempio. Il Poligono Interforze nato nel 1956, a disposizione di tutte le potenze NATO, non solo all’Esercito Italiano.

Da subito diviene un punto di riferimento per le prove missilistiche. Nei decenni a Quirra e nella parte ‘a mare’ di Capo San Lorenzo viene brillato di tutto. Cosa, di preciso, non lo sa nessuno. Già nel 2000 l’allora sindaco di Villaputzu, Antonio Pili, denuncia l’insorgenza di tumori e neoplasie nella popolazione in una proporzione fuori dalla norma. L’inchiesta della Procura di Lanusei inizia nel 2011. Una parte del poligono viene sequestrata. Nel 2012 il procuratore Domenico Fiordalisi, in seguito alle risultanze delle analisi svolte, che avevano portato alla luce dati allarmanti sul poligono, indaga 20 persone con l’ipotesi di omicidio plurimo e di omissione di atti d’ufficio per mancati controlli sanitari. Su diverse salme riesumate, viene riscontrata la presenza di torio radioattivo. Oggi l’accusa è per imperizia, si ‘insinua’ cioè i comandanti della base di aver lasciato militari e civili a contatto con sostanze pericolose senza prendere precauzioni.

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Il caso della vicina Escalaplano centro di 2.600 abitanti con numerosi bambini nati con gravi malformazioni. Episodi tutti concentrati negli anni Ottanta. Numeri che facevano impazzire le statistiche.  Il clima politico in quei mesi era torrido: il “caso Quirra”, con l’impressionante serie di morti per tumori del sistema emolinfatico, aveva acceso i riflettori dell’attenzione nazionale su questo lembo obliato di Sardegna. Le analogie con la “sindrome dei Balcani” portarono a sospettare che la causa delle malattie, l’agente-killer, fosse nascosto all’interno dell’immensa area del poligono interforze. Si cominciò a parlare di armi all’uranio impoverito, di esperimenti misteriosi, di onde elettromagnetiche. La Difesa negava con ostinazione. In questo scenario incandescente, incredibilmente il “caso Escalaplano” venne ignorato e cancellato.

Ma c’è tanto altro nel libro di Lisa Camillo: come il teatro di guerra intorno a Capo Teulada, seconda installazione militare più grande d’Europa e ai suoi attori protagonisti, ovvero i missili Milan. O la storia d’omissioni, bugie intorno all’incidente del 2003 al sottomarino a propulsione nucleare Hartford con l’antica ferita della mancanza di trasparenza sull’attività della base dello Zio Sam nell’arcipelago maddalenino.

Tanti i “balentes” che hanno accompagnato la nostra Lisa in questo viaggio e lo hanno fatto procurando informazioni e contribuendo con le loro documentate ricerche. Il libro di Maddalena Brunetti e Carlo Porcedda “Lo sai il vento” proprio incentrato sullo scempio militare e industriale in Sardegna. Non più solo l’isola di spiagge blandissime, alberi millenari e natura selvaggia, ma anche quella dei poligoni militari che hanno portato nel cuore del Mediterraneo l’incubo della contaminazione da polveri di guerra. Un tragitto dal Sarrabus al Campidano, dal Sulcis-Iglesiente sino a Porto Torres e l’arcipelago de La Maddalena, che dà voce a chi contro le guerre simulate e gli abusi industriali ha manifestato una pacifica lotta. Perché il vento gira e ogni tanto spira dalla parte dei vinti, di chi ostinato non vuol dimenticare. O come Massimiliano Mazzotta e il suo documentario-denuncia “Oil”: morte e inquinamento intorno alla Saras della famiglia Moratti, con la complicità dello Stato e del silenzio di televisioni e giornali. La raffineria di Sarroch, sulla costa a Sud-Ovest di Cagliari, è una delle più grandi del Mediterraneo per capacità produttiva (15 milioni di tonnellate all’anno, pari a 300 mila barili al giorno) ed una delle più avanzate per complessità degli impianti.

Mauro Pili ex deputato ed ex Presidente della Regione Sardegna, balentes ad honorem per le sue battaglie quotidiane in difesa principalmente del territorio sardo e dei diritti dei sardi ha ragguagliato Lisa su quanto nel tempo è riuscito a scoprire. Come Domenico Leggiero pilota militare e qualificato Ispettore C.F.E. (Control Force Europe), inserito nei pool internazionali per il controllo degli armamenti, attuazione e rispetto dei trattati internazionali per la riduzione degli stessi. Consulente in tre commissioni parlamentari d’inchiesta sul fenomeno dell’uranio impoverito, dal 2005 continua la battaglia per i militari malati come Responsabile del Comparto Difesa dell’Osservatorio Militare Centro Studi di cui lui stesso fu cofondatore nel 1999.

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Un lavoro eccezionale quello di Lisa che ha voluto così raccontare le incognite dell’isola cercando di trovare anche le possibili soluzioni per il futuro. Smembrare un sistema degenerato per dare origine ad uno pulito, insieme al popolo sardo che ottimizzi l’ambiente ossequiando il territorio. Il libro è l’ipotesi genesi per plasmare stimoli alle nuove generazioni che devono rimboccarsi le maniche e creare un domani migliore considerando l’immenso patrimonio culturale, umano, archeologico, eno-gastronimico e tecnologico a disposizione.

La chiusura ci riporta a quanto accadde nel 1969 a Pratobello: esattamente 50 anni fa. Aneddoti sono presenti nel libro di Lisa che riferisce anche di come sia riuscita a coinvolgere nel suo progetto gli abitanti di Orgosolo. Quell’anno fu affisso dalla autorità una comunicazione in cui s’invitavano i pastori, che operavano nella zona, a trasferire il bestiame altrove perché, per due mesi, quell’area sarebbe stata adibita a poligono di tiro e di addestramento dell’Esercito Italiano. Da lì i cittadini di Orgosolo intrapresero la mobilitazione; la popolazione del paese si riunì in piazza e dall’assemblea scaturì la decisione di attuare una forma di protesta non violenta occupando pacificamente la località di Pratobello. Dopo alcuni giorni, durante i quali non si verificò alcun episodio di violenza, l’esercito rinunciò alle esercitazioni e si ritirò.

Lo spirito giusto per rimarginare le ferite oggi, per sentirsi tutti insieme balentes domani.

Massimiliano Perlato



solitudine




"Bisogna essere molto forti per amare la solitudine"!
Già è proprio così. Tale condizione è direttamente connessa e proporzionale alla quantità e alla qualità della verità o delle verità che fai emergere dall'oscurità sebbene risulti celata da abbaglianti quanto potenti distraenti ipocrite lucine.
Più verità equivale a più solitudine e più solitudine equivale a più drastiche decisioni rispetto alla società e, inevitabilmente, alle anime che la nutrono. La mia solitudine, perlomeno così la
percepisco, non è una condizione imposta dal fato, ma libera consapevole amorevole scelta che arricchisce "il mio sacro poco". Perchè alla fine di questa impegnativa corsa che è la vita, non lasceremo altro che un misero "poco" di polvere e se quel poco sarà ritenuto da alcuni "sacro", dipenderá solo da noi, dal come abbiamo corso o rincorso la vita e sopratutto per arrivare dove (!?)." che in mezzo a tutta quella gente mi sentivo solo......"

***** Da questa sua discertazione sulla verità trapela un malcelato pessimismo piuttosto che una dichiarata solitudine. La penso un po diversamente da lei nella fattispecie. Consapevole di vivere una società malata che ribalta il senso delle cose e il significato delle parole, credo che la ricerca in assoluto della verità non faccia sentir soli ma anzi ho certezza che, nonostante spesso appaia il contrario, siano tanti coloro i quali, credono, cercano e vogliono che la verità emerga e trionfi. Sicuramente ci vuole coraggio e a lei questo non manca, visti i suoi post ed commenti , ciò deve darle la carica con la consapevolezza di essere apprezzato dai più e snobbato dai soliti pochi che occultano sistematicamente la verità per rincorrere un misero quanto effimero vantaggio personale.

Hai ragione infatti è un post vecchio è un pessimista . Infatti ho ed in parte ci sono riuscito a trasformare la solitudine in risorsa come suggerito da un famoso monologo



ma preferisco essere amato da pochi che ipocritamente elogiato

****** capisco

16.1.23

Dall’Elba alla Sardegna fino a Taranto In una bottiglia l’amore oltre la guerra

   CANZONE    CONSIGLIATA





Oslavio Giannoni marinaio sul tetto del Castello nel 1942, e la lettera di Maria 

Piombino «Sono già quattro mesi che non abbiamo tue notizie, mi auguro tu stia bene, abbiamo tanto pensato te. I tuoi stanno bene e così tutti noi».

 il figlio Luciano
 L’amore, i timori del futuro, la speranza di rivedersi: comincia così la lettera affidata alle onde, dentro una bottiglia di vetro, da Maria dall’Isola d’Elba ad Oslavio marinaio a Taranto, nel bel mezzo della linea Gustav. La coppia non ha nessun contatto né notizie da troppo tempo e Maria Sapere Giannoni chiede aiuto al mare, è il 5 gennaio 1944. E il mare “risponde”. La bottiglia arriva in Sardegna dove un ragazzo la trova e un commilitone di Oslavio raccoglie tutto e lo spedisce a Taranto. Maria e Oslavio potranno riabbracciarsi solo alla fine della guerra, ma questo raggio di sole – grazie a un messaggio affidato a una bottiglia di vetro raccolto nel posto giusto e dalle persone ideali – non lo scorderanno mai. A raccontare l’episodio che ha visto protagonisti i suoi genitori è Luciano Giannoni, architetto per tutta la vita, ma sempre con grande, appassionata predilezione per storia e archeologia. Riordinando le carte di famiglia la possibilità di ricostruire un evento di cui aveva sempre sentito parlare sin da piccolissimo. Dunque ecco l’emozionante spiraglio di affetto nel bel mezzo della terribile coda finale del secondo conflitto mondiale. «Dall’isola d’Elba alla Sardegna, no a Taranto. Grazie a un messaggio in bottiglia e a una triangolazione molto ma molto fortunata», conferma Luciano Giannoni. Oggi che siamo sempre connessi è difficile comprendere cosa vuol dire non sapere nulla di qualcuno che si ama per così tanto tempo. Soprattutto se lo scenario in cui si vive è quello dei bombardamenti. «Sposati nel 1941, in realtà finito il viaggio di nozze a Pisa babbo venne subito richiamato – ricorda Luciano –. In quel momento lavorava all’Ilva, a Piombino. Nati a Capoliveri, insieme fin da piccoli, visto che abitavano tutti e due sulla stessa piazzetta del Baluardo. Le Acciaierie di Piombino, in quel momento, offrivano grandi opportunità a chi metteva su famiglia. Richiamato in marina – prosegue Giannoni – faceva base al comando, al Castello e di Piombino». Tanti episodi legati alla memoria locale di quegli anni. «A quanto si racconta – continua Luciano Giannini – nel 1942 un gruppetto di fascisti attaccò e cominciò a picchiare una persona in città. Dei marinai presero le difese di quest’uomo che riuscì a scappare. Ma tutti i marinai furono trasferiti e babbo venne mandato a Taranto. Non c’erano contatti con la famiglia, il fronte nel 1943 era tagliato in due. Mamma era tornata dai genitori a Capoliveri. Piombino, l’Elba, la Toscana con la Repubblica di Salò. Da qui nessuna possibilità di comunicare col Regno del Sud, re e alleati. Ecco perché la triangolazione della lettera di mamma in bottiglia è stata davvero fortunata. La bottiglia viene affidata alle onde dalla costa che confina con le miniere del Calamita e arriva in Sardegna, liberata e non più occupata da tedeschi». A Trinità d’Agultu è un ragazzo, Andrea Murelli, che la trova e poi incarica di rispedirla - stavolta in modo più tradizionale - il militare Giovanni Spirti. È il 16 marzo del’44. «Dopo poco tempo babbo venne congedato. Liberata Roma, con mezzi di fortuna, cercava di avvicinarsi il più possibile a casa. Si sono rivisti quando la Toscana è stata liberata, era il 1945 – sorride Luciano – . Ovviamente... io sono nato nel 1946! » .

Dal palco alla campagna: ‘Una vita quasi country’, la rivoluzione di Ale Spedicati ‘Diablo’, voce e leader dei Sikitikis

Dal palco alla campagna: ‘Una vita quasi country’, la rivoluzione di Ale Spedicati

                                         di   Laura Fois



Un cambio di passo e di ritmo. Alessandro Spedicati nell’immaginario collettivo resta ‘Diablo’, voce e leader dei Sikitikis, il gruppo cagliaritano nato nel 2000 che ha fatto cantare una e più generazioni. Vent’anni e passa dopo, l’artista non ha smesso di evolvere e adesso, come confessa, sta rivivendo una quarta giovinezza. A quasi 50 anni ha fondato il progetto editoriale ‘Una vita quasi country’ che coincide con un cambio di vita: un lento trasferimento dalla città alla campagna condiviso con la moglie Annalisa e raccontato online.

Da Cagliari al Sinis

Una proprietà importante, con ulivi, un pollaio, un pozzo, tante cose da sistemare e imparare. “Sono spaventato ed eccitato – racconta Spedicati -. Acquistare una casa in campagna anziché in città ti mette nelle condizioni di dover cambiare. Per riscrivere la mia vita da zero ho sentito prima il bisogno di allontanarmi dalle dinamiche egoiste della città. Ho cercato per tre anni uno spazio per essere concentrato, trovare connessioni con la comunità, vivere con lo sguardo verso l’alto. In campagna si guarda l’orizzonte, in città il marciapiede: si sperimenta un cambiamento di postura. E noi abbiamo trovato il posto giusto a pochi chilometri dalla costa ovest dell’Isola, nel Sinis”. Dove può anche surfare, una delle sue passioni. “Qui vogliono tutti aiutarci. Ho iniziato appena due settimane fa, aprendo il canale YouTube, e mi hanno scritto una marea di persone pronte a darci una mano gratis. Abbiamo trovato un posto già pronto ad accoglierci dal punto di vista umano. Sono canali di empatia fortissimi che non puoi sperimentare nelle città”. Proprio lui, che ha Cagliari tatuata. Una fuga ponderata, iniziata da lontano, osservando dinamiche in tempi non sospetti che poi sono diventate la norma. “Il momento storico che stiamo attraversando mi sta colpendo molto, conferma le sensazioni che molti di noi hanno avuto nel decennio scorso. La cupezza delle persone che incontro per strada mi preoccupa molto. In molti stanno accantonando le proprie speranze e sogni e non riescono a vedere un futuro”. 

La rivoluzione

“Un tempo la mia ‘Piccola rivoluzione’, come cantavo in una canzone dei Sikitikis, mi limitavo a scriverla. Oggi la faccio”, dice Spedicati. “La vera rivoluzione è quella che ognuno fa per sé, è quella umana. Con ‘Una vita quasi country’ ci stiamo divertendo a rivoluzionare la nostra vita. L’obiettivo è quello di stimolare nelle altre persone, a partire da me stesso, il coraggio di trasformarsi. Nei video vogliamo essere uno stimolo all’abbandono di quelle zone di comfort che ci siamo costruiti. Ho iniziato a sognare questa svolta già nel 2014, poi nel 2019 abbiamo visitato l’Australia. Lì abbiamo osservato come fosse possibile vivere una vita in equilibrio con gli spazi aperti e la sostenibilità. Adesso abbiamo costruito qui quel piccolo pezzo di Australia”. 

Nuove professioni

L’ultimo concerto dei Siki, l’evoluzione dei Sikitikis, è stato il 29 dicembre del 2019. Ma ancora prima era arrivata un’altra intuizione: “Il lavoro del musicista è bello ma se smetti di amarlo diventa una tortura. Il palco mi ha dato tanto, ma non ero lucido, quando facevo musica niente era in ordine”. E dopo la musica Spedicati si è definitivamente aperto al mondo della comunicazione e del marketing. “Il social media marketing in particolare è un servizio che ho iniziato a offrire nel 2013, poi col passaparola e la crescita il lavoro mi è esploso in mano. Durante il Covid il fatturato è raddoppiato. Il progetto di ‘Una vita quasi country’ è figlio di questo passaggio, dalla comunicazione musicale al marketing, dove mi piace sperimentare uno storytelling più lungo e dilatato. Si tratta sia di un esperimento professionale ma anche di una scelta dalla forte valenza ideologica, e tutto sta ruotando su questo: come riappropriarci della capacità di cambiare”.

Perché da ex maschio alfa parlo di femminicidi e d'argomento femminili

In realtà  il post  d'oggi avrebbe dovuto essere  un altro    . Ma   visto   l'ennesimo  femminicidio    visto   che   Teresa di Tondo di  44 anni ed era un'educatrice. Il marito l'ha fatta a pezzi con un coltello. E dolore nel dolore, a trovarla sul pavimento di casa è stata la figlia diciassettenne. Ma  visto    che ,   è notizia  di  qualche  ora   fa  ,  lui   è  stato  trovato impiccato  ,   e  quindi   si  parlerà  di  omicidio  suicidio .  Femminicidio  o   omicidio   .-  suicidio  sempre  di  violenza    di genee   o  sulle  donne  si tratta  .  Ho deciso  il titolo  del  post      ,  visti    i  commenti  poi  rimossi     e non  pubblicati    in attesa  di  moderazione  ( ecco  uno  dei motivi     per  cui   uso la moderazione   )    a tali argomenti  o   a semplici post    \  storie   od  argomenti  femminili    mi   si  replica  

"Eh, ma non parli d'altro, sei monotematica" come se la colpa fosse mia se questa cosa accade tutti i giorni, diverse volte al giorno in ogni luogo del mondo in cui nascere femmina ti espone ad una maggiore possibilità di morire in modo violento per mano maschile.

Purtroppo    nel mio  piccolo     sia   che  me ne  occupi  come  ora    in  maniera  diretta    o  indiretta  ,  lasciando  che  siano le  utenti  a parlarne  ,    d'evitare     cosa  purtroppo     ormai  sta  prendendo  sempre  più     di    evitare    il  fatto che  

Ci stiamo "abituando", tra una forchettata di spaghetti e un sorso d'acqua, al tg annunciano una morte violenta, fanno il resoconto di quante da 1 gennaio ad oggi, entrano in particolari privati della vita di vittime e carnefici e noi, scuotiamo il capo
per disappunto e passiamo al secondo . [...] Il dramma è questo : svegliarsi e quasi ogni mattina venire a sapere che da qualche parte un uomo ha ucciso la moglie, la compagna, o la fidanzata. Teresa di Tondo aveva 44 anni ed era un'educatrice. Come me, mi viene da dire. Il marito l'ha fatta a pezzi con un coltello.E dolore nel dolore, a trovarla sul pavimento di casa è stata la figlia diciassettenne. [...]


Non vedo prese di posizione, non sento la responsabilità di una messa in discussione collettiva, corale, di un sistema che non può più essere tollerato e che andrebbe perseguito con la medesima e indomita determinazione che si riserva alle stragi di mafia e terrorismo. Niente, queste vite spezzate sono un soffio in cronaca che si disperde un attimo dopo. Fanno parte di un sistema, ma vengono trattate come episodi accidentali e isolati, e la violenza è conflitto familiare. Senza leggi, senza tutela, carne al macello.Finché non cambieranno i criteri educativi e culturali che puntano ad insegnare la supremazia , la prevaricazione , il sorpasso ed infine la fagocitosi dell ' uno sull' altro in particolare del maschio sulla femmina , non se ne verrà mai a capo.Il problema sta nella prevenzione. Non credo che un uomo, nell' atto di compiere un omicidio d' impeto, pensi alle conseguenze. Dovrebbe esistere un meccanismo tale che, alle prime avvisaglie, isoli il potenziale omicida, scongiurando che il fattaccio accada. Ma ciò è complicato perché le leggi potrebbero contrastare e perché sono interpretabili    a  vantaggio dell'accusato  .  Come dimostra la  vicenda    dell'amica   Patrizia  (  la stessa  del post  citato  )



   


 Basta  un buon azzeccagarbugli  . Ma  soprattutto    dal  fatto  che  una  richiesta  di   un educazione sentimentale    diventi  per la  classe politico legislativo  battaglia  ideologica  e  non di  civiltà   .   Ed  intanto   lo  stillicidio giornaliero  continua  

  concludo  con  questa      frase   Virginia Woolf

Le donne devono sempre ricordarsi chi sono, e di cosa sono capaci. Non devono temere di attraversare gli sterminati campi dell’irrazionalità, e neanche di rimanere sospese sulle stelle, di notte, appoggiate al balcone del cielo. Non devono aver paura del buio che inabissa le cose, perché quel buio libera una moltitudine di tesori. Quel buio che loro, libere, scarmigliate e fiere, conoscono come nessun uomo saprà mai.

15.1.23

sara deiana la signora delle monete

 


Applausi, sorrisi, strette di mano. Lei al centro della sala, gli occhi di tutti puntati addosso e uno sguardo più importante degli altri, quello di mamma Rosalba, carico di orgoglio e approvazione. È in quel momento che Sandra Deiana capisce che la sua strada è tracciata, non ci sono più dubbi. È il 2016, Sandra ha 26 anni ed è a Dublino alla cerimonia organizzata dalla Central Bank of Ireland per presentare la moneta d’argento da 10 euro realizzata per commemorare Eileen Gray, designer e

architetto irlandese. Sandra è lì da protagonista, perché è lei l’artista ad avere dato vita alla prima moneta dedicata a una donna, una professionista molto importante per l’Irlanda al punto che la sua moneta celebrativa da quel giorno è esposta al Museo nazionale di Dublino, al quale la Banca l’ha donata. In quei momenti, Sandra Deiana capisce che è giusto accarezzare i sogni, anche perché a volte non restano così per sempre. Sei anni dopo, ci sono le iniziali S.D. incise nella moneta Britannia 2022, l’ultima moneta commemorativa della regina Elisabetta II, scomparsa a settembre dopo 70 anni di regno: è Sandra, oggi 32enne, la prima artista italiana a firmare una moneta per il Regno Unito dopo più di 150 anni. Lei, nata a Cagliari e cresciuta a Settimo San Pietro, è “una donna semplice che fa cose straordinarie”: per questo, per il suo enorme talento, a dicembre ha ricevuto il prestigioso riconoscimento Standout Woman Award a Palazzo Montecitorio. A Roma, La moneta per terra C’è un episodio dell’infanzia che Sandra ricorda con chiarezza, in ogni dettaglio. «Avevo sette anni, ero con mio padre Vittorio a Costa Rei, in un terreno dove d’estate facevamo il campeggio. Mio padre stava facendo dei lavori e scavando per terra, quando all’improvviso è saltata fuori una moneta. Ricordo perfettamente il gesto di mio padre che con la mano la ripuliva dalla terra. Era d’argento, molto bella, risalente al 1700 e probabilmente legata alla dominazione spagnola. La portammo a casa, dove la teniamo ancora. Io rimasi molto affascinata». Passano gli anni e Sandra conclude gli studi al Liceo Artistico di Cagliari, poi dopo la maturità si iscrive a Roma all’Accademia delle Belle Arti. Nella Capitale vivrà per 10 anni, l’Accademia invece l’abbandonerà dopo due, perché non era la scuola giusta
per lei. «Vengo a sapere di un bando alla Scuola dell’Arte della Medaglia, l’istituto della Zecca di Stato, nata nel 1907 per volere del re Vittorio Emanuele III. Ammettono solo 12 studenti per ogni triennio, ci provo e passo la selezione. Non è facile spiegare ai miei genitori che lascerò l’Accademia: vengo da una famiglia umile che per farmi studiare fa tanti sacrifici e sogna di vedermi laureata. Ma l’idea di disegnare monete è una calamita, non so ancora che farò da grande ma so che ripenso spesso a quella moneta trovata con mio padre quando ero bambina». Gli studi a Roma Nell’elegante palazzo in via Principe Umberto, quartiere Esquilino, si formano disegnatori e di monete e incisori. Per Sandra Deiana è un triennio intensissimo durante il quale la sua passione si conferma e si fortifica e lei si mette in evidenza per il grande talento. Tra le insegnanti c’è Uliana Pernazza, docente di modellazione e incisore della Zecca di Stato dove nacque la sua passione e i suoi primi bozzetti. Dove tutto iniziò. La moneta per terra C’è un episodio dell’infanzia che Sandra ricorda con chiarezza, in ogni dettaglio. «Avevo sette anni, ero con mio padre Vittorio a Costa Rei, in un terreno dove d’estate facevamo il campeggio. Mio padre stava facendo dei lavori e scavando per terra, quando all’improvviso è saltata fuori una moneta. Ricordo perfettamente il gesto di mio padre che con la mano la ripuliva dalla terra. Era d’argento, molto bella, risalente al 1700 e probabilmente legata alla dominazione spagnola. La portammo a casa, dove la teniamo ancora. Io rimasi molto affascinata». Passano gli anni e Sandra conclude gli studi al Liceo Artistico di Cagliari, poi dopo la maturità si iscrive a Roma all’Accademia delle Belle Arti. Nella Capitale vivrà per 10 anni, l’Accademia invece l’abbandonerà dopo due, perché non era la scuola giusta per lei. «Vengo a sapere di un bando alla Scuola dell’Arte della Medaglia, l’istituto della Zecca di Stato, nata nel 1907 per volere del re Vittorio Emanuele III. Ammettono solo 12 studenti per ogni triennio, ci provo e passo la selezione. Non è facile spiegare ai miei genitori che lascerò l’Accademia: vengo da una famiglia umile che per farmi studiare fa tanti sacrifici e sogna di vedermi laureata. Ma l’idea di disegnare monete è una calamita, non so ancora che farò da grande ma so che ripenso spesso a quella moneta trovata con mio padre quando ero bambina». Gli studi a Roma Nell’elegante palazzo in via Principe Umberto, quartiere Esquilino, si formano disegnatori e di monete e incisori. Per Sandra Deiana è un triennio intensissimo durante il quale la sua passione si conferma e si fortifica e lei si mette in evidenza per il grande talento. Tra le insegnanti c’è Uliana Pernazza, docente di modellazione e incisore della Zecca di Stato uno dei pochissimi, un’eccellenza assoluta che proprio in quella scuola si è specializzata: «Mi insegna l’arte del design e del rilievo, mi porta dentro il suo mondo, inizio a capire che appartiene anche a me». La permanenza nella scuola si prolunga oltre il triennio: grazie alle sue capacità Sandra vince una borsa di studio biennale a cui si aggiungono 12 mesi ulteriori. «Resto 6 anni e sono ancora lì quando partecipo al concorso della Central Bank of Ireland: con mio grande stupore vengo selezionata e lo vinco». La carriera È Dublino il luogo della svolta, interiore e professionale. Nonostante lo scetticismo di tanti: «Mi dicevano che difficilmente disegnare medaglie sarebbe diventato un lavoro, perché entrare nella Zecca italiana è complicato e nel nostro Paese non c’è un mercato privato. In effetti la maggior parte degli studenti della Scuola della medaglia abbraccia altre carriere grazie alle competenze acquisite nei corsi di oreficeria, sbalzo e cesello. Una delle pochissime coin designer free lance è Chiara Principe, allieva della scuola prima di me: siamo diventate amiche e nel 2019 siamo state invitate al Shanghai Coin design forum & award, evento internazionale organizzato da Shanghai Mint per rafforzare gli scambi sul design di monete nel mondo. Eravamo tre dall’Italia: io, Chiara e Loredana Pancotto». A Shangai Sandra arriva dopo un’altra esperienza entusiasmante negli Stati Uniti: «Nel 2018 ho frequentato il corso di specializzazione tenuto da Heidi Wastweet in South Carolina, una medaglista molto affermata da cui ho imparato tantissimo e che mi ha fatto innamorare dell’America, dove un giorno spero di trasferirmi». La Britannia 2022 Nel 2021 Sandra Deiana viene invitata dalla Royal Mint, con cui collabora, a partecipare insieme ad altri artisti alla selezione per la Britannia 2022, la moneta commemorativa che rappresenta l’identità della nazione. «Ovviamente dico sì e mi indicano il tema scelto: “Le tre età della donna, ispirato al dipinto di Gustav Klimt del 1905». Per diversi giorni il foglio resta bianco e l’idea inizia a prendere forma nella testa di Sandra. «Un pomeriggio sento di avere l’ispirazione giusta e la bozza viene fuori. Quando Simone, il mio ragazzo, rientra a casa, gliela faccio vedere. Poi guardiamo il telegiornale e scopriamo che è il compleanno della Regina: è il 21 aprile. È fantastico che l’ispirazione mi sia venuta proprio quel giorno». Ed è una ispirazione vincente, perché il bozzetto di Sandra viene scelto: sarà lei a realizzare la Britannia 2022 con la sua interpretazione delle tre età della donna. «Ho scelto di rappresentare la Britannia che passa dall’infanzia alla maturità: bambina, per raffigurare la nazione alla nascita, pacifica e con l’ulivo sui capelli, adulta con l’elmo sulla testa in una immagine classica, e la Britannia ai giorni nostri, donna anziana ma moderna ed elegante che porta sulle spalle la bandiera del Paese ». La Britannia 2022 è stata emessa l’8 marzo in una serie in oro e argento: sarà l’ultima ad avere sul retro l’effige della Regina. «Per me è un’emozione incredibile, sono orgogliosa di essere stata scelta per rappresentare attraverso la moneta l’identità di una nazione che non è la mia». Ma la vittoria per Sandra è stata doppia: la Royal Mint dopo avere scelto il suo disegno le ha infatti chiesto di realizzare anche il modello. Lei è uno dei pochi coin designer che non si avvale della tecnologia 3D ma fa la modellazione manuale tradizionale con il gesso. Un’arte imparata a Roma, alla Scuola della Medaglia, dove tutto iniziò.

quando arte e letteratura coincidono il caso di uno scritto di maria pia fabiani e i dipinti di dolores chinea


quando i dipinti di #doloreschinea dove raffigurare la donna vera, naturale, forte ed espressiva".





suggeriti da Maria Patanè corrispondono a quanto scritto da Maria Pia Fabiani e da me riportato ne precedente post 👉https://bit.ly/3GHWjtg .