25.1.23

perchè parlo ancora della shoah e dell'olocausto nonostante sia un tema inflazionato e ormai diventato giornata palla

 leggo   qualche      giorno fa      su  uno dei giornali  vecchi    che   uso  per  accendere  il  fuoco del  camino  che una  Liliana  Segre  particolarmente amareggiata quella che arriva a Palazzo Marino, a Milano, per presentare assieme al sindaco Beppe Sala le iniziative per il Giorno della Memoria  ha  dichiarato 



"Quando uno vecchio come me, che ha visto prima l'orrore, e poi, arriva a sentire che si nega addirittura quel che è stato la coscienza si sveglia. Dopo che sei stato silenzioso,
ammalato, non capito, a un certo punto succede che non si sia mai contenti, che si diventi pessimista. E che si ritenga che fra qualche anno, della Shoah ci sarà una riga sui libri di storia, e poi nemmeno quella".  [...] Capisco che la gente dice da anni "basta con questi ebrei, che cosa noiosa". [...]  "Il giorno della Memoria è inflazionato, la gente è stufa di sentire parlare degli ebrei.


il mio  commento  a  caldo  /d'istinto ( che poi  non lo è  se leggete i link riportati a fine post e le modifiche   segnalate  in  corsivo  del post  in questione    )è   stato  che  poi è  anche    la  risposta     a  chi mi  dice     perché   dici  che  è  una  giornata palla   e  poi  ne  parli  

19 h 
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adesso se ne accorge ? io sono anni che lo dico e lo scrivo come introduzione a miei post in cui ricordo tali che ancora continuo a scrivere perché ci sono ancora delle
💩 che negano o sminuiscono o creano miti auto assolutori tipo italiani brava gente dimenticando che anche noi italiani vi abbiamo partecipato direttamente ( leggi razziali , campi di internamento , poi di transito , collaborando con i tedeschi o da soli nelle deportazioni , con vagoni ferroviari la deportazione in quelli nazisti , ) o indirettamente ( silenzio , ovazioni nelle piazze , con spie e , delazioni , ecc ) a tali brutture e coloro che si sono opposti ed hanno reagito salvando e nascondendo ebrei si contano sulle dita delle due mani


le cause che i media ufficiali quando parlano del 27 gennaio fanno un unicum tra shoah e olocausto ( vedere nel precedente post , le differenze se pur sottili ) concentrandosi solo sul primo dimenticando o minimizzando che ci fu anche l'olocausto cioè lo sterminio di tutte le categorie di persone ritenute dai nazisti "indesiderabili" o "inferiori" per motivi politici o razziali, tra cui le popolazioni slave delle regioni occupate nell'Europa orientale e nei Balcani, neri europei e, quindi, prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, massoni, minoranze etniche come rom, sinti e jenisch, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali e portatori di handicap mentali e/o fisici

Sitografia




24.1.23

La ragazza Carla, una Anna Frank “bolognese” dai tulipani al lager

 


La ragazza Carla, una Anna Frank “bolognese” dai tulipani al lager

Simons amò un prof. italiano: perciò il diario è stato ritrovato qui. Per caso

Morta ad Auschwitz Carla Simons (1903-1943)

Nella scena iniziale di Voglio vivere, pubblicato alla fine del 1939, la protagonista arriva in stazione appena in tempo per vedere allontanarsi in treno il proprio amato. È un addio o forse un arrivederci,


sicuramente un anticipo di futuro: qualche anno dopo è la stessa autrice a salire su un treno che la porterà lontano dai suoi cari. Ad Auschwitz, nel campo di concentramento nazista dove morirà solo quattro mesi dopo.  QUESTA È LA STORIA di Carla Simons, una scrittrice e traduttrice di Amsterdam la cui vita è stata, almeno finora, sconosciuta ai più. Una copia di un suo diario, 150 fogli in tutto, è riemersa di recente durante il riordino dell’archivio della medievista “Romana Guarnieri”, custodito dalla Fondazione Lercaro di Bologna. Il testo, di cui esiste solo un’unica edizione in olandese, è appena uscito – complice anche l’imminente Giorno della Memoria – per le edizioni di Storia e Letteratura, a cura di Francesca Barresi, col titolo La luce danza irrequieta.

Se il Diario di Anna Frank ci ha mostrato le speranze e le insicurezze di una giovane donna, quello di Carla illumina la vita di una 40enne di talento che non voleva arrendersi all’abominio nazista. “Nel suo diario, delicato e drammatico, la Simons racconta la quotidianità di Amsterdam con gli occhi di chi ha scelto di non nascondersi – ha spiegato la curatrice Barresi alla stampa – Anche in quelle condizioni soffocanti, Carla cercava di mantenere mitezza e dolcezza. Il suo era lo sguardo maturo di una donna di 40 anni, consapevole del suo futuro, che si rendeva conto anche dell’indifferenza di molti verso quanto sta accadendo”.

Durante l’occupazione tedesca di Amsterdam, la vita da donna ebrea divenne sempre più difficile: le fu imposta la stella di David e le venne impedito di pubblicare per case editrici e media “ariani”. Eppure Simons non riesce a credere che le succederà qualcosa e si rifiuta di nascondersi, nonostante l’insistenza degli amici. E del compagno, Romano Guarnieri, un italiano, suo ex professore alla

facoltà di Lingua e Letteratura italiana all’università olandese. Originario del Polesine, amico di Prezzolini e Palazzeschi, nel 1907 l’accademico si era trasferito a L’aja, diventando un ambasciatore della cultura italiana. Guarnieri usa tutta la sua sua influenza all’interno della comunità italiana nei Paesi Bassi per salvare la donna amata, ma non basta. Nel settembre del 1943, Benito Mussolini cade e l’italia firma un trattato di amicizia con gli Alleati. Il 27 settembre, Adolf Eichmann in persona, responsabile della sezione per gli affari ebraici della Direzione del Reich, annuncia che data la mutata situazione politica non c’è alcun motivo per cui Carla debba essere liberata e partire per l’italia. Ordina quindi di “portare subito Simons a Est per incarichi di lavoro”. Un messaggio di morte, una condanna senza appello.

Il diario era rimasto chiuso fra le carte degli eredi di Romana Guarnieri, figlia di primo matrimonio del professore. Poche settimane prima di morire, nel 2004, lo aveva riletto trovandolo, come da appunto scritto di suo pugno: “Bellissimo! Da pubblicare”.

23.1.23

Si innamora di una donna sui social, perde il suo contatto e va in paese con un cartello: «Valentina, chiamami»

Il classico ago in un pagliaio come se diceva un tempo . Se avesse avuto o una foto o il cognome potevano esserci due soluzioni che con me hanno funzionato al 90 % : la ricerca su pagine bianche , chiamare se non ha l'indirizzo civico , tutte le persone con quel cognome alla fine trovi la famiglia o
qualche suo parente e gli dai il tuo numero e ti fai richiamare o sei hai .... la persona stessa ., se hai una sua foto va sulle pagine fb : sei di se ,.. o simili del paese in questione e metti li una sua foto scrivendo cerco questa persona con cui ho perso il contatto . Ma credo ch possa anche funzionare facendo la stessa cosa che ha fatto andando , come dice l'articolo sotto in giro , come un uomo sandwich



da leggo    9 h fa

2030
Si innamora di una donna sui social, perde il suo contatto e va in paese con un cartello: «Valentina, chiamami»
Si innamora di una donna sui social, perde il suo contatto e va in paese con un cartello: «Valentina, chiamami»© Internet (altro)

Ha superato la fredda distanza di Internet e dei social, alla ricerca della donna di cui si è invaghito in un sito di incontri. Antonio, 64 anni, è partito da Mantova, lasciando il suo computer, per cercare Valentina, la sua interlocutrice digitale, di cui non ha più alcun contatto perché per errore ha cancellato il suo profilo e qualsiasi collegamento con la sua amato. Domenica a Thiene, in provincia di Vicenza, si è presentato il 64enne con un cartello che ha destato la curiosità di tutti i residenti: «Valentina chiamami, sono Antonio» e sotto il suo numero di cellulare.


Incontro virtuale

In tanti hanno scattato una foto ad Antonio, postandola sui social, proprio per aiutarlo nella sua impresa disperata. Antonio e Valentina si sono conosciuti in un sito di incontri, lui ha iniziato a corteggiarla scrivendole piccoli romanzi, che lei ha gradito, tenendo in piedi una fitta corrispondenza epistolare, finché un errore non ha cancellato quella bella frequentazione, di cui ha solamente il nome e neanche una foto.

Amore epistolare

«Abbiamo iniziato a scriverci e io, che in 64 anni non avevo mai scritto nulla, ho iniziato a scriverle dei piccoli romanzetti, che lei ha apprezzato sempre più intensamente. Così si è creata un'alchimia incredibile, una corresponsione d'amorosi sensi, come direbbe il poeta che non sono. Stavo scrivendo l'ennesimo romanzo, ma non mi piaceva l'incipit così l'ho cancellato, ma per errore ho cancellato tutto, anche il profilo. Così non ho più potuto contattarla, né lei ha più potuto contattare me. Ora sarà arrabbiata» raccontata l'impiegato 64enne che per incontrarla ha rotto gli indugi e percorso i chilometri che separano Mantova da Thiene.

Solidarietà social

La notizia di Antonio ha fatto il giro di Thiene, e la speranza è che il tam tam social raggiunga Valentina che decida di venire allo scoperto e cercare il suo romanziere digitale, per incontrarlo dal vivo. Anche perché il 64enne sembra ostinato nel suo obiettivo. «Tornerò qui ogni domenica, finché non riuscirò ad incontrarla». 

Cartellino bianco in Portogallo: l’arbitro esalta il gesto di fairplay e il pubblico esulta .,

 


È successo durante il derby femminile Benfica e Sporting Lisbona valido per la coppa di Portogallo femminile 


CorriereTv

 

 Un momento di fairplay che l’arbitro ha voluto premiare in modo ufficiale. È successo sabato 21 gennaio durante la sfida di calcio femminile tra Benfica e Sporting Lisbona, valida per la coppa di Portogallo femminile. Al 43mo la partita viene interrotta per permettere al personale medico di assistere uno spettatore che si è sentito male sugli spalti. Anche i team medici delle due squadre si mobilitano e lasciano le panchine per accertarsi delle condizioni del tifoso. Al loro rientro in campo, i medici vengono applauditi. E l’arbitro Catarina Campos li “ammonisce” con un cartellino bianco: si tratta però di una nota di merito per evidenziare il gesto di fairplay, mai visto finora su un campo di calcio professionistico. Entusiasmo da parte del pubblico, esploso in un’ovazione a sostegno al gesto dell’arbitro, ma soprattutto del lavoro dei due team medici.

incuriosito     cercando  infornazuoni  ho  cercato quest  articolo da   il messaggero online  

Cartellino bianco: cos'è e quand'è che l'arbitro lo estrae? L'episodio nel match tra Benfica e Sporting Lisbona

Storia di Redazione Web • 1 h fa
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Avete mai visto un cartellino di colore bianco in una partita di calcio? È successo sabato, nel match feminile tra lo Sporting Lisbona e il Benfica, un derby tutt'altro che tranquillo in Portogallo. L'arbitro ha estratto il cartellino bianco ed il pubblico ha applaudito convinto: pur non sapendo assolutamente di cosa si tratti, gli spettatori del derby femminile hanno inuito che fosse «cosa buona e giusta» esaltare il gesto del direttore di gara. Scopriamo a cosa serve il cartellino bianco.

Cos'è il cartellino bianco?

Il pubblico ha capito che non si trattava di una sanzione, ma di una nota di merito. I cartellini bianchi infatti sono stati introdotti recentemente per fornire agli arbitri uno strumento con cui poter evidenziare i gesti di fairplay durante le partite: un'iniziativa per promuovere i valori etici nel calcio. Non è ancora una pratica comune, ma sarà qualcosa a cui dovremo abituarci. Per quanto riguarda la partita, il Benfica ha segnato altri due gol nel secondo tempo: il 5-0 finale lo ha qualificato alle semifinali di Coppa del Portogallo femminile.

22.1.23

non si finisce mai d'apprendere particolari scioccanti sulla shoah e sull'olocausto . la storia di elena colombo la prima bambina unico caso documentato in tutta la Shoah italiana. che affrontò da sola deportazione e sterminio che

leggendo delle varie iniziative  della   settimana della menoria    per ricordare anche a bambini ed i ragazzi , d'altronde è proprio su di loro che dobbiamo puntare perché certe brutalità non si ripetano , la shoah ed l'olocausto , ho letto che Il 27  gennaio su Rai 3, Rai Gulp e disponibile su Rai Play, andrà in onda “La cartolina di Elena“, una produzione originale Rai che racconta la storia di Elena  colombo   (  foto    sotto  al centro  presa  dall'account  fb di  Rondolino )  una ragazzina ebrea torinese,  la  prima    documentata   deportata  da  sola   nel ’44 ad Auschwitz  e  finita  subito nella  camera  a Gas  .
immagini  dell'opera  in questione 
Dal " bugiardino  "   della  rai  ecco  alcune   notizie   .
Uno speciale tv inedito, dedicato a ragazzi e famiglie, per il Giorno della Memoria della Shoah, in animazione e live action, prodotto da Rai Kids e Stand by me. "La cartolina di Elena" racconta la storia vera, finora poco conosciuta, di Elena Colombo, una bambina ebrea torinese che, nel 1943, fu separata dai genitori a 10 anni e deportata da sola ad Auschwitz: l'unico caso documentato in tutta la Shoah italiana. La vicenda è narrata attraverso gli occhi di due giovani protagonisti, Cecilia e Fabrizio, che vivono a Torino oggi e che ricostruiscono la storia di Elena e dei suoi genitori a partire da una vecchia fotografia di famiglia: la narrazione alterna presente e passato, sogno e realtà, in un'investigazione che, mescolando live action e animazione, è in grado di commuovere e sorprendere.




Eco  sotto  la  storia     

Shoah: storia di Elena Colombo, la bimba che affrontò da sola deportazione e sterminio

La piccola Elena Colombo, dal profilo Facebook di Fabrizio Rondolino

di Marco Zonetti 🖋️

Nella Giornata della Memoria, che cade il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime dell’Olocausto, si ricordano anche i tantissimi bambini che finirono vittime della barbarie umana. Al Memoriale della Shoah di Milano campeggia per esempio il ricordo della piccola Sissel Vogelmann, nata a Torino il 3 settembre 1935 e morta il 6 febbraio 1944, a neanche nove anni di età, nel campo di concentramento di Auschwitz. Caricata, per la sua fatale destinazione, sul convoglio numero 6 dal binario 21 della stazione di Milano. Quel binario che, prima adibito ai treni postali, fu invece impiegato durante la Shoah per deportare ebrei, partigiani, prigionieri politici – caricati su vagoni bestiame – ai campi di Auschwitz-Birkeneau. La tragica storia della piccola Sissel – particolarmente toccanti i suoi disegni dedicati alla nonna esposti nel Memoriale – ha ispirato romanzi, raccolte di poesie e un cortometraggio, Destinazione Auschwitz – viaggio nella fabbrica dello sterminio, commentato da Liliana Segre.
E un’altra bambina ebrea, Elena Colombo, è protagonista di una storia peculiare legata all’Olocausto, raccontata dal giornalista Fabrizio Rondolino sul suo profilo Facebook. Che pubblichiamo qui di seguito. “Elena Colombo nasce a Torino il 5 giugno 1933. Suo padre, Sandro, il fratello di mia nonna, aveva servito la patria nella Prima guerra mondiale e aveva poi aperto una piccola azienda di imballaggi per dolciumi; nel 1932 aveva sposato Vanda Foa. Nell’autunno del 1939 Elena comincia la prima elementare alla Scuola ebraica di Torino: le leggi razziali volute da Mussolini e firmate dal Re Vittorio Emanuele III le proibiscono di frequentare la scuola pubblica. “Nel dicembre del 1942 la famiglia Colombo si trasferisce a Rivarolo Canavese per sfuggire ai bombardamenti; dopo l’8 settembre 1943, quando i tedeschi occupano l’Italia e cominciano le deportazioni degli ebrei, Elena e i genitori si rifugiano a Forno Canavese, nascosti in una baita della frazione Milani.

Il 7 dicembre tedeschi e repubblichini arrivano a Forno, dove si era formata una delle prime bande partigiane, il “Gruppo Monte Soglio”, e iniziano i rastrellamenti. Nella battaglia del giorno successivo saranno catturati 18 partigiani, poi torturati e fucilati.“In quello stesso giorno, l’8 dicembre 1943, la famiglia Colombo è arrestata e, l’indomani, portata a Torino. Dopo qualche settimana alle Nuove, Sandro e Vanda vengono trasferiti nel carcere di San Vittore, a Milano. Da qui il 30 gennaio 1944 sono deportati ad Auschwitz, dove arriveranno il 6 febbraio. Nessuno dei due è tornato. Elena invece viene affidata ad una famiglia amica di Torino, dove resterà fino al 9 marzo 1944.“Quel giorno le SS la prelevano e la portano all’Istituto Charitas, dove tornano a riprenderla il 25 marzo per deportarla nel campo di transito di Fossoli (Modena). Da qui, il 5 aprile, Elena parte da sola per Auschwitz, dove arriverà la mattina del 10 aprile. Il giorno stesso è mandata alla camera a gas. Aveva 10 anni e 10 mesi. Elena Colombo è l’unico caso documentato nella Shoah italiana di un bimbo che ha dovuto affrontare da solo l’arresto, la deportazione, lo sterminio“.



non so che  altro  aggiungere  se  non   asciugarmi le  lacrime  


lasciamo in pace Lorenza Alagna la figlia di Matteo Messina Denaro non tutti\e hanno il coraggio di fare cento passi

DI COSA STIAMO PARLANDO

 

Lorenza Alagna , figlia di Francesca, è l'unica figlia ufficiale del boss arrestato dopo 30 anni di latitanza e fino al 2013 viveva nella casa della nonna paterna con la madre, poi insieme hanno deciso di andare a vivere altrove. Francesca, che porta il cognome materno,  abita a Castelvetrano e il 14 luglio 2021 ha partorito un bimbo che non si chiama come il nonno.

Non ha tutti i torti i legale della ragazza , Franco Lo Sciuto , che dice e chiede  [... ]

La sfera del rapporto padre-figlia è intangibile e insindacabile, e, come tale, deve rimanere rigorosamente riservata - continua il legale - Non possono, pertanto, tollerarsi indebite intromissioni
nella sfera di questi rapporti, le cui dinamiche devono restare estranee alle cronache ed alle critiche da parte di giornalisti, sociologi, opinionisti, mass-mediologi e di tutte quelle figure che, a vario titolo, dispensano sapere e giudizi sui mass-media. Ogni ulteriore intervento sul punto dovrà ritenersi indesiderato, inopportuno e fonte di sicuro turbamento per Lorenza". 

[...]   da  repubblica Palermo  del 21\1\2023   qui  l'articolo   integrale 



lasciamo che sia lei a decidere se fare cento passi come Peppino impastato o il nipote del Boss Matte Messina Denaro cioè rompere o riprendere i rapporti ( se mai ci sono stati stando a quello che raccontano i media ) o troncarli del tutto . Quindi come ho già detto , in un post del mio facebook , i cari media e cara gente lasciamola in pace . Lasciamo che decida da sola se rinnegare il padre non come affetto ma come ideologia oppure seguirlo come esempio . Solo dopo possiamo ,eventualmente criticarla . Per momento dobbiamo solo tacere .  Anche  se  come  dice   Massimo  fini sul il FQ di  qualche  giorno  fa (  articolo  riportato  su  queste  pagine )   ,    non  sopportiamo il silenzio .

Addio buio, nebbie... di Donatella@Camatta

                  Addio buio, nebbie


Non pensare che la nebbia non mi sfiori
ma c'e' sempre l'anima che m'illumina
e il cuore che mi guida !
Credi all'arte divina che hai dentro
sfoglia il tuo libro segreto dei sentimenti,
risultato appare luminoso
il sereno arriva immacolato
e un sorriso si appoggerà sul tuo volto
addio buio, nebbie
tutti i diritti Donatella@Camatta

l'identità non dev'essere confusa con folkore

Uno scritto    interessante  di Stefania     Calledda 
Quando da volontaria faccio divulgazione della cultura sarda, non m'interessa un approccio folkloristico e nostalgico della tradizione. Io credo che "la Sardegna è un'altra cosa", che oggi i sardi concorrono al progresso o regresso della società, che sono pienamente cittadini del mondo e spesso occupano cariche apicali, istituzionali e strategiche: è ora di finirla con "i sardi vessati poverini", piuttosto è dalla coscienza della propria storica condizione che oggi è possibile emanciparsi, ma non vedo nella classe dirigente sarda un moto perlomeno di orgoglio, e per quanto riguarda le classi subalterne vige una passività spaventosa.
Se questo atteggiamento è sicuramente generalizzabile, pesa di più dove lo sviluppo è rallentato o assente.
In altre parole la tradizione è per i turisti, ma io non voglio essere turista della e nella Sardegna.

Le  do    ragione pur  non essendo  :  Sardo d'oltre mare * ,  residente nella penisola \ in continente come lei  o all'estero    ma  risiedo nell'isola  . Leggendo quest   articolo mi  sem  trovo  conferma    a  quanto  dicevo  precedentemente    su queste  pagine  mi pare nel  post  : <<   siamo troppo  italiani  >>  . Infatti  noi  italiani     siamo   anche   uniti     a   forza   troppo provinciali 




* quei sardi emigrati all'estero ed i loro discendenti qui nel libnro : << Sardegna d'oltremare. L'emigrazione coloniale tra esperienza e memoria - Valeria Deplano (donzelli.it) >> trovate maggiori informazioni

21.1.23

Non sopportiamo più il silenzio di massimo fini

 Voglio che stian tutti zitti” (Sono stanco, Bruno Martino)  “Sopra le nuvole c’è il sereno… ma noi siamo qui tra le cose di tutti giorni” (Aria di neve, Sergio Endrigo)

 

“Dio è nel silenzio” ha detto di recente Papa Bergoglio contraddicendosi in re ipsa. Ma “noi siamo qui fra le cose di tutti i giorni” sommersi da un fracasso infernale (è il caso di dirlo). Non siamo più, capaci di sopportare il silenzio.




Quando esce una bara dalla chiesa applaudiamo, applaudiamo che cosa? Che quello è morto? Quando negli stadi si chiede un minuto di silenzio è molto difficile che sia rispettato, si vede benissimo che gli spettatori fremono, non aspettano altro che finisca e l’arbitro, prudentemente, accorcia


 La società industriale vive sul fracasso e del fracasso, un fracasso continuo, costante, insopprimibile: il rumore incessante, continuo delle auto, delle moto, della televisione, della radio, dei talk, dove individui senza qualità si accapigliano sul nulla, della musica sparata a palla nei bar, nei locali, nei ristoranti, sui taxi.         Probabilmente il silenzio c’era nella società agricola, il contadino durante la sua dura fatica, in genere solitaria, non aveva anche la forza per parlare, ma il tempo per riflettere sì. Forse oggi solo gli eremiti, gli anacoreti, i seguaci di certe religioni orientali (alla base del pensiero cinese c’è il libro della norma di Lao Tse che postula la “in azione”, la non azione, e per i taoisti “ il Tao detto non è il vero Tao”) conoscono il silenzio. Sono gli Illuminati che si difendono dal rumore di fondo del mondo .
C’è una divertente barzellettina. Tre Illuminati non sopportando nemmeno i rumori di fondo salgono su tre cime altissime del Tibet, lontani gli uni dagli altri. Dopo sette anni il primo dice “che pace c’è qui, passano altri sette anni e il secondo afferma “hai ragione”, Dopo ulteriori sette anni il terzo dice “me ne vado, state facendo troppo casino”. Ma forse senza dover ricorrere all’esoterico basterebbe andare in Lapponia dove 80mila sami vivono su una superficie di 320mila mila chilometri quadrati circa, densità 25 abitanti per chilometro quadrato. Ma oltre questo silenzio positivo che invita alla riflessione ce ne è anche uno sinistro. Che è proprio quello di Dio. Costui non parla, è dubbio che ascolti, si esprime attraverso suoi intermediari, il più importante  è quell’affascinante borderline che è il Cristo, un uomo che sulla Croce dubita, umanamente dubita “Padre, padre perché mi hai abbandonato ?” 
 Mica che abbia ricevuto una risposta. Poi ci sono intermediari minori, Vescovi, Arcivescovi, preti, fra questi ultimi spicca il classico “prete di campagna”, una conversazione con questo tipo di prete non è mai inutile perché attraverso la confessione conosce la vita. Insomma Dio è muto. “Se c’è si è nascosto molto bene” dice Rimbaud e Baudelaire rincara la dose: “l’unica scusante di Dio è  di non esistere”. È l’eterno, irrisolto, problema del Bene e del Male . 

.Com’è possibile che Dio “l’immenso, onnipotente" (Maddalena, Alessandro  Mannarino) tolleri il Male sulla terra, anzi, nell’eterna lotta con Lucifero, in qualche modo, per una dolorosa eterogenesi dei fini, lo favorisca ? La sola alternativa è che Dio sia morto. E in effetti lo è nella razionalità illuminista che ha sostituito a Dio la dea Ragione. Ed effettivamente per la nostra se pur limitata ragione è incomprensibile pensare che un bambino di due anni colpito da un tumore possa avere una qualsiasi colpa. Quando Nietzsche afferma che Dio è morto non pensa, prometeicamente, di averlo ucciso lui, ma constata, con un secolo e mezzo di anticipo, perché  è un genio, che Dio è morto nella coscienza dell’uomo occidentale. Non resta che lo scatto della Fede. C’è chi lo fa, probabilmente per lenire la propria angoscia di morte, questo precipitare nel Nulla dove tutto ciò che hai vissuto, amato, letto non esiste più. Poi ci sono molti a cui questo triplice tuffo carpiato non riesce. Io mi annovero fra costoro e seguo la lezione di Lorenzo il Magnifico:” quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia/chi vuol esser lieto sia/ di diman non c’è certezza”.

Il Fatto Quotidiano 19/01/2023

Due vite a confonto

 


20.1.23

Ricordo di Willy Monteiro di Lorenzo Tosa

 La notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 Willy Monteiro Duarte, 21 anni, aveva appena finito il proprio turno come aiuto-cuoco per trascorrere una serata con gli amici a Colleferro, un quarto d’ora d’auto dalla sua Paliano.All’interno del locale Mario Pincarelli molesta una ragazza e il fidanzato di lei reagisce. Ne nasce una lite, che poi degenera in rissa nella piazza centrale del paese. In difficoltà, Pincarelli e il suo amico Francesco Belleggia chiamano a rinforzo i

fratelli Gabriele e Marco Bianchi, due criminali locali esperti di MMA con precedenti per lesioni e spaccio.Quando Willy vede il pestaggio, violentissimo, riconosce nel ragazzo a terra inerme un amico, Samuele. A quel punto fa la cosa per lui più naturale - e per tutti meno scontata - del mondo: interviene per soccorrerlo, si mette in mezzo, lo aiuta a rialzarsi. Inrisposta, viene massacrato di botte dai fratelli Bianchi con pugni e calci talmente forti al torace da provocargli fibrillazioni ventricolari e poi l’arresto cardiaco che gli sarà fatale.Willy è morto ammazzato per un gesto d umanità e altruismo, ha sacrificato la sua vita per salvare quella di un altro essere umano.iC sono voluti due anni, ma alla fine, nel settembre scorso, i suoi assassini sono stati condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Frosinone.Oggi, 20 gennaio 2023, Willy Monteiro avrebbe compiuto 24 anni. Mai dimenticarlo.

Tigri romantiche, trapianti suini, bestemmiatori fatali, smemorati fedeli, babbi Natale atletici, docenti truffaldini e omicidi su Google

Il prof di Economia si laurea in Fisica sfruttando un errore e gli esami di un omonimo L’accademico dell’anno è il prof. Sergio Barile, doce...