17.11.23

cristiani e mussulamani un dialogo possibile ? Felix Körner docente islamico e Wael Farouq cristiano hanno tenuto un dibattito interessante in merito

il 15 novembre presso l'istitluto euromeditteraneo di tempio pausania e il \16 novembre presso il Museo Archeologico via Isola Peddone a Olbia si è tenutoi l’evento Cristinai ed mussulmani un dialogo possibile . Un programma che s'è rilevato utile per la comprensione delle dinamiche attuali e pone a disposizione della comunità locale un’opportunità di valore grazie alla partecipazione di due relatori di eccezione.

Infatti sono stati ospiti i professori Felix Körner, docente di Islamologia presso l'Università Humboldt di Berlino e il collega Wael Farouq, docente di lingua e letteratura araba presso l’Università Cattolica di Milano. Ma non tutti come si è evidenziato dai commenti ( che sono riuscito a copiare prima della cancellazione sulla pgina fb dell'istituto ne hanno capito l'importanza soprattutto in un clima di gr grandi tensioni come dimostra la a guerra gra: Essa è istraeliani ed palestinesi . Essa è gente che è ignora che la chiesa di cui si dicono fedeli da Giovani XIII ha condannato tali affermazioni e con il concilio vaticano II si sta aprendo tra alti e bassi al dialogo con le altre fedi \ religioni .






Antonella Mele
La grande APOSTASIA della Chiesa Cattolica, sempre più verso lo scisma !
Il tradimento della Fede Cattolica ovvero di Gesù Cristo, è uno dei peccati mortali! Insegnate il Vangelo, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, così co… 
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Antonella Mele
Ma fatela finita, apostati!
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Antonella Mele
Mi riferisco ovviamente al cosiddetto clero" cattolico "
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Franco Peschiera
Certo ke SI
Basta una sola cosa semplice : il Rispetto
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Antonella Mele
Franco Peschiera Gesù Cristo, non ha detto di dialogare a costo della Verità, ma di annunciare. Con questa storia del non giudicare avete stancato, vorreste cambiare la Fede, tra gli applausi generali e per farvi fare tutto quello che vi viene in mente… 
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Franco Peschiera
Antonella Mele Tu giudiki, Gesù Cristo non lo farebbe Mai, rispetto il tuo pensiero, ma non porgo mai l'altra guancia
Sono certo ke il nostro colloquio termina qua
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Antonella Mele
Franco Peschiera Ho capito io, caro mastro Geppetto
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Franco Peschiera
Antonella Mele non ciò capito niente di quanto hai scritto, ti posso solo ribadire ke kredono in Gesù Cristo sua mamma Maria la Madonna e suo padre Giuseppe
Questa è la Sacra Famiglia a Mantova la festeggiamo in prossimità della Festa della Befana
Non… 
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Antonella Mele
Franco Peschiera I Traditori della Fede, discepoli di Giuda Iscariota, faranno la sua stessa fine! Si precisa,a scanso di equivoci, viste le false dottrine oggi ricorrenti, che Giuda Iscariota non si è salvato ma è nella Genna eterna ( inferno)
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Franco Peschiera
Antonella Mele Mi sembrava di averti scritto ke il dialogo è terminato
Rispetta il mio pensiero x Cortesia
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Antonella Mele
Il mandato di Gesù Cristo, sancito nel Vangelo di Matteo e Marco, andato in fumo dalla prospettiva di una falsa religione mondiale che deve accomunare tutte le religioni, che deve andare d'accordo per forza con le altre religioni, compreso il buddismo.… 
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Decker Conrad
Dialogo possibile con chi vive secondo il precetto "uccidi gli infedeli ovunque si trovino"? Non mi stupisce che siano convinti di poter vincere.
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Giuseppe Scano
Decker Conrad logico che se parti da questi preconcetti il dialogoti sembrerà impossibile
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Decker Conrad
Giuseppe Scano "preconcetti"? Sono FATTI. Perché continuate ad essere così ciechi? Siete gazzelle che vogliono dialogare col leone. Al leone non interessa dialogare con la gazzella, se la vuole mangiare.
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Giuseppe Scano
Decker Conrad non sapevo che guardare la religione mussulmana senza paraocchi e senza preconcetti significasse essere ciechi . è come considerare tutti i cattolici e cristiani come fondamentalisti ( vedere le crociate … 
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Franco Peschiera
Certo ke SI basta una sola parola : Rispetto
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Fabrizio Pastorino
campa cavallo
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Mari Sol
Assolutamente no, noi con i primitivi musulmani non abbiamo e non vogliamo niente a che spartire, anzi, sarebbe cosa buona e giusta spazzare via le loro false e indegne moschee, qui da noi c'è la civiltà e la croce è il nostro simbolo.
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Giuseppe Scano
Decker Conrad logico che se parti da questi preconcetti il dialogoti sembrerà impossibile
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Giuseppe Scano
Decker Conrad ridi che la mamma ha fatto gli gnocchi . e studiati un po la storia della chiesa da giovanni XIII papa del concilio vaticano II a papa francesco e ti accorgerai che fra alti ed bassi la chiesa sta dialogando con la religione mussulmana
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Decker Conrad
Giuseppe Scano "preconcetti"? Sono FATTI. Perché continuate ad essere così ciechi? Siete gazzelle che vogliono dialogare col leone. Al leone non interessa dialogare con la gazzella, se la vuole mangiare.
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Giuseppe Scano
Decker Conrad non sapevo che guardare la religione mussulmana senza paraocchi e senza preconcetti significasse essere ciechi . è come considerare tutti i cattolici e cristiani come fondamentalisti ( vedere le crociate e l'inquisizioni , ed certi passi della bibbia ) .

  Tale  incontro   conferma   in  maniera  religiosa le   stesse  domande    che  io ed   Cristian   Porcino ci  stiamo  facendo  in senso Laico (  vedere il post   : <<  ci siamo mai  chiesti  chi siamo  e   qual'è  il nostro scopo  ? di  Cristian porcino >> .  Infatti da    tale  incontro   è   emerso    come  sia   importante dare un significato alla vita, il cristianesimo (  per  chi   crede  ) si riferisce alla religione con la parola "mistero". Cosa ci faccio qui? Che senso ha la mia vita? Come conosco me stesso? Come vado al profondo della mia esperienza? Non dobbiamo banalizzare queste domande, le risposte risiedono nell'incontro con l'altro. La più grande scoperta che si possa fare attraverso la conoscenza dell'altro è quella di sé stessi. Il dialogo é l'incontro più profondo che si possa avere con un altro: un incontro di conoscenza." - Wael Farouq "Religione è riconoscere l'altro. È un'azione di grande rispetto, perché io riconosco l'altro ma non desidero possederlo. È voglia di riconoscere nel senso di scoprire, rispettare, accogliere e camminare insieme, nel rispetto della diversitá, verso la civilizzazione umana." - Felix Körner

caccia al tesoro .il tartufo

Chi lo ha    detto che   che  i tesori debbano essere   solo :  oro , argento  , diamanti  , pietre  preziose  ,  terre rare  , ecc  .  IL  caso del Tartufo
 Infatti



Ci sono storie che si possono raccontare in molti modi, scegliendo diversi punti di vista, e spesso il risultato è completamente diverso. Il tartufo bianco che si trova nelle Langhe e nel Roero può essere raccontato partendo dai prezzi, dalle follie che si fanno nel mondo per conquistare l’esemplare più grande e dai piatti degli chef stellati, oppure andare a scoprire storie bellissime di uomini, cani, nebbia, buio, fulmini, pioggia e fango, tanto fango. Quest’ultima, naturalmente, è quella che preferisco.

                                       da Altre/Storie di Mario Calabresi |


I tartufi si cercano quando la luce è poca, dopo il tramonto o all’alba, perché c’è più calma e i cani non sono distratti. Nella tradizione popolare – rigorosamente rispettata dai cercatori, chiamati in dialetto piemontese trifulau – non bisogna mai mettersi in cerca con la luna piena, ma solo con quella calante che permetterebbe di trovare quelli più grossi e profumati. Non ci sono conferme scientifiche, ma nessuno viene meno a questa consuetudine. 


Tino Marolo e Stella, Monteu Roero (CN). ©️ Steve McCurry. Alba, Italy, 2023
Il progetto è stato realizzato con Sudest57

ell’antichità si immaginava che il tartufo fosse figlio di un fulmine scagliato da Zeus vicino a una quercia, l’albero a lui sacro. Ma già i romani mettevano in relazione la presenza di questo fungo ipogeo con le piogge. Plinio il Vecchio descriveva il tartufo come “una pianta in grado di crescere e vivere senza radici”, figlio del temporale e a metà strada tra il divino e il terreno. Mangiato nell’antichità, spesso dopo averlo cotto, venne dimenticato nel Medioevo – per secoli fu solo cibo per cinghiali, volpi e lupi – e riscoperto nel Rinascimento, periodo in cui divenne un cibo di corte.


Luca Bannò e Simone con Pallina e Asia, Rivalba (TO). ©️ Steve McCurry. Alba, Italy, 2023


Nella “cerca” la pioggia e la nebbia sono fondamentali perché con l’umidità si sente di più il profumo, ma la tradizione che si vada nel bosco di notte è dovuta anche al fatto che chi li trova non vuole farsi vedere. I tartufi nascono sempre sotto le stesse piante e così ogni trifulau sa dove andare a cercarli, ha le sue mappe mentali, che si tramandano di padre in figlio, e il buio serve per mantenerle segrete. Famosi sono i diari dei cercatori che vengono inseriti nei testamenti, per tramandarli. I cercatori sono importanti, ma i loro cani sono i veri protagonisti di queste storie, per questo nel Museo Mudet che è nato ad Alba ed è stato inaugurato da appena un mese, molto spazio è stato dedicato alla storia della cerca e al rapporto tra l’uomo e il cane. Il museo ha chiesto a Steve McCurry di fotografare cani e padroni e lo scorso settembre il grande fotografo americano è stato nelle Langhe a scattare, il suo lavoro è diventato parte permanente dell’esposizione.


Vittoria, Martina e Luca Aloi con Teo, Montà (CN).
 ©️ Steve McCurry. Alba, Italy, 2023


Negli anni ho conosciuto molti trifulau con i loro cani, quando ero direttore della Stampa sono stato anche presidente della giuria che premia ogni anno il più bravo tra i cercatori a quattro zampe e che si riunisce a Montà (dove verrà inaugurata l’anno prossimo una seconda parte del museo). Negli anni la storia più bella me l’ha raccontata Renato Agnello, 84 anni, che con il suo cane parla in dialetto come se fosse un suo vecchio amico: «Addestrarli è il più bel mestiere che ci sia, ma bisogna farlo con amore e non affamandoli. Prima di tutto devi capire se gli piace il tartufo e se lo mangia, altrimenti è meglio lasciar perdere subito. Poi devi creare un’intesa con il cane e lanciargli una sfida che è anche un gioco: devi nascondere il tartufo ogni volta in un posto più difficile da trovare, deve imparare ad essere tenace nella sua ricerca, quando lo scopre gli devi fare grandi feste. Mio padre amava talmente tanto i suoi cani che li lasciava entrare in casa e quando il pane era ancora una cosa rara e preziosa, io quello bianco l’ho visto per la prima volta che avevo sette anni, se lo toglieva di bocca per dividerlo con loro. Prima di andare nel bosco la notte gli dava la minestrina calda».


Massimo Cavanna e Blues, Ovada (AL).
 ©️ Steve McCurry. Alba, Italy, 2023


Il cane di Renato si chiama Pulin: «Ho sempre chiamato tutti i miei cani “Gigi”, ma quando ho preso questo ho pensato che sarà l’ultimo che addestrerò, e con cui farò le stagioni che mi restano nel bosco, e allora l’ho chiamato come l’ultimo cane che ha avuto mio padre. Il suo Pulin era un animale di un’intelligenza speciale, quando veniva sera andava a chiudere la porta di casa con la zampa».


Il Museo Mudet di Alba è stato inaugurato un mese fa e, in dieci sale, racconta tutti gli aspetti del mondo del tartufo con video, oggetti, fotografie, disegni e grafiche. È aperto tutti i giorni dalle 10 alle 19


Da molti anni ad Alba, la città dove si svolge la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco, si pensava di dare vita a un museo, che ora ha trovato casa nel palazzo che racchiude il Cortile della Maddalena, proprio nel centro della città. Il museo, che è aperto ogni giorno tutto l’anno, racconta tutti gli aspetti del mondo del tartufo e in dieci sale, con video, oggetti, fotografie, disegni e grafiche. E tra le sale, dopo le foto dei cani ho scoperto una storia che non immaginavo: grazie al loro fiuto finissimo i maiali sono sempre stati dei formidabili cercatori naturali. Pare che si facesse ricorso a maiali da tartufo fin dai tempi dell’Impero Romano. Di certo, nel Seicento vennero utilizzati in Francia per la cerca del tartufo nero e in Italia per il tartufo bianco fino a pochi decenni fa. L'uso del maiale si è perso nella pratica ben prima della legge - secondo cui la ricerca deve essere effettuata con l'ausilio del cane - perché i maiali sono certamente meno gestibili dei cani. Una volta individuato il tartufo, tendono a divorarlo e scavano forsennatamente non curandosi di rovinare piante, radici e tutto ciò che li divide dal loro boccone.

Taekwondo, quando lo sport vince sul sistema educativo che si arrende al mercato di Emiliano Morrone ., E siamo tutti Sinner di Daniela Tuscano

Eccovi   un approfondimento sul taekwondo in Italia, che supplisce al sistema educativo indebolito dal mercato e, soprattutto nel sud  ed  in particolare   in  Calabria, è un'arma pedagogica potente contro la cultura, imposta, della prevaricazione e del brutto.  Un  articolo  di Emiliano Morrone   da  https://www.corrieredellacalabria.it/  17/11/2023 – 6:33

Taekwondo, quando lo sport vince sul sistema educativo che si arrende al mercato
Può essere visto come un luogo sicuro di crescita ed emancipazione, oltre che una disciplina sportiva, un’arte marziale
                                   EMILIANOI MORRONE  

COSENZA Il calcio e i calci, i soldi e i soldati. È un gioco di parole per inquadrare il contrasto fra due sport, il pallone e il taekwondo, che in Italia vivono fasi diverse. All’Olimpico di Roma, stasera la Nazionale maschile di Luciano Spalletti sfiderà la Macedonia del Nord per acciuffare la qualificazione all’Europeo 2024. La partita è piuttosto delicata per gli Azzurri, che dovranno vincerla e poi battere l’Ucraina, lunedì prossimo allo stadio BayArena di Leverkusen, in Germania. Guidata dal direttore tecnico Claudio Nolano, la nazionale italiana di taekwondo è tornata dall’Open di Svezia con ottimi risultati, che la caricano per le Olimpiadi di Parigi, in programma nell’estate ventura.
Antonio Caratozzolo e Gaia Carvelli
Zeno Mancina-Gaia Corigliano e Jessica Talarico
Biagio Cariati

Nonostante l’enorme giro di affari, il calcio nostrano fatica ad affermarsi come una volta. Invece, il taekwondo italiano, molto meno remunerativo, continua a dare soddisfazioni nette, per quanto sia (a torto) bollato come sport minore e perciò tenuto ai margini dell’informazione di settore, pressoché sconosciuto dalla tv generalista. Significa che la spinta agonistica, accompagnata dall’orgoglio di rappresentare l’Italia, può essere più forte della prospettiva del lusso personale. Vuol dire, dunque, che non sempre «i soldi muovono il mondo», al contrario di quanto, nel luglio 2016, osservò don Giuseppe Milo, parroco di Agerola, a proposito della cessione alla Juve dell’allora calciatore del Napoli Gonzalo Higuaín. Dalla ripartizione per l’anno corrente del fondo statale destinato alle Federazioni sportive nazionali, emerge che la Figc (Calcio) ha avuto 36.229.054 euro, mentre la Fita (Taekwondo) ha ricevuto 4.103.851 euro, un importo nove volte inferiore.
Si obietterà che, stando al rapporto federale del 2023, in Italia il calcio genera un impatto socio-economico di oltre quattro miliardi e mezzo, che la Figc conta quasi un milione e 50mila tesserati e la Fita ne ha, invece, circa 30mila. Sarebbe un’argomentazione prevedibile, basata sui soliti criteri economicistici che, peraltro, giustificano le decisioni pubbliche in materia di sanità, di istruzione e altri servizi essenziali. Si vedano, al riguardo, i giganteschi e irrazionali bacini d’utenza contemplati nel regolamento ministeriale sugli standard ospedalieri, che penalizza le realtà periferiche e isolate. Ancora, si consideri il dimensionamento scolastico avviato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che condanna interi territori all’ignoranza. È un sistema oligarchico, avvertiva il filosofo Luigi Lombardi Vallauri nelle sue lezioni sull’individualismo possessivo; come se la ricchezza materiale fosse l’unica meta da raggiungere, come se non esistessero beni primari quali la salute, la solidarietà e la conoscenza, che anche lo sport è chiamato a perseguire. A cominciare dagli anni Settanta, Jean Baudrillard sostenne che «non c’è più finzione né realta», poiché «l’iperrealtà le abolisce entrambe».
Il filosofo francese rilevò l’onnipresenza, nella società contemporanea, di simboli e narrazioni virtuali quali sostituti delle realtà descritte e strumenti imposti per interpretarle. Il mito del libero mercato è stato disseminato proprio tramite simboli e narrazioni, dalla pubblicità alla tecnicizzazione del discorso politico, alla sottile rappresentazione fallica del potere del denaro. È un’illusione collettiva che impedisce il dubbio, il confronto e la dialettica, che imbriglia, confina e reprime la capacità di giudizio. È la «grande livella», per usare un’efficace espressione del filosofo Andrea Tagliapietra. Ne è una riprova il fideismo 2.0 sulla capacità di equilibramento economico della «mano invisibile», di Adam Smith: la liberalizzazione del mercato dell’energia, propagandata d’ufficio con toni trionfalistici, non ha affatto ridotto i prezzi per i consumatori, ma ha favorito speculazioni ed extraprofitti, non tassati, delle società fornitrici. Nel contesto suonano come sentito auspicio le dichiarazioni del ministro dello Sport, Andrea Abodi, il quale, riguardo all’ultima assegnazione dei fondi alle Federazioni sportive nazionali, ha detto che «le risorse finanziarie pubbliche devono produrre sempre più impatto sociale, sostenere progetti anche infrastrutturali per migliorare i luoghi di sport, generare sviluppo soprattutto dove vi è maggiore necessità» e «contribuire ad allargare la base sportiva, migliorando la qualità della vita delle persone e delle comunità, riconoscendo il merito e producendo efficienza nella gestione, a beneficio dell’intero sistema». Andrebbe dunque ripreso – ben oltre l’approfondimento giornalistico – il discorso dei luoghi dell’Italia in cui «vi è maggiore necessità» di sviluppo; atteso che, se si guarda al calcio, nel Sud e nelle Isole si trova il 19,8 per cento dei campi da gioco, nel Nord il 50,5 per cento e nel Centro il 29,7 per cento, sicché nel Mezzogiorno potrebbe non attecchire il messaggio intramontabile, di Francesco De Gregori, «Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore». Qui non si intende affatto demonizzare il calcio, ma riflettere su taluni aspetti ancora trascurati, comprese le condizioni dei ragazzi che lo praticano nel Meridione.
Angelo Cito – pressidente Fita

Ancora, i decisori pubblici dovrebbero riconoscere «il merito», anche in ambito sportivo. Domenica scorsa, il taekwondoka Simone Alessio ha conquistato la medaglia d’oro allo Swedish Open, nella categoria -80 chilogrammi. Due volte campione del mondo e numero uno del World Kyorugi Ranking nella propria fascia di peso, l’atleta calabrese ha confermato la sua superiorità tecnica e, come aveva anticipato al Corriere della Calabria, punta al primo gradino del podio alle Olimpiadi di Parigi. Anche Vito dell’Aquila, già campione olimpico nel 2020 e quinto nella classifica mondiale dei -58 chili, ha ottenuto la medaglia d’oro in Svezia. Nello stesso torneo, del tipo G1 per i punteggi in palio, la nazionale italiana di taekwondo ha brillato pure con il bronzo di Natalia D’Angelo nella -67 chilogrammi e quello di Giada Al Halwani nella -57 chili, cui si aggiunge il terzo posto di Hadi Tiranvolipour, rifugiato iraniano sostenuto dalla Fita, presieduta da Angelo Cito, che sta lavorando molto sul versante tecnico, pedagogico e comunicativo. Non è facile contrastare i pregiudizi radicati e radicali. Ma il taekwondoka Biagio Cariati, ragazzo dal volto limpido che vive in un paesino di mille abitanti alle pendici della Sila Grande, è impermeabile ai problemi sovrastrutturali. Sei giorni su sette, infatti, si allena in palestra per più di 20 ore settimanali, compreso il potenziamento muscolare, ed è pronto a partire per Ancona, dove il 18 e il 19 novembre si svolgeranno i Campionati italiani di taekwondo, categoria Senior, che comprende gli atleti dai 17 ai 35 anni.
Composto, maturo e concentrato, Biagio segue con tanto scrupolo le indicazioni dei maestri dell’associazione “Taekwondo in Fiore”: Jessica Talarico, vicepresidente del Comitato calabrese della Fita, e Zeno Mancina, che di recente è stato convocato dalla Nazionale in qualità di tecnico. Biagio è stato per due volte campione italiano e nel suo curriculum compaiono anche due medaglie d’argento e una di bronzo, oltre alla partecipazione, come junior, agli Europei di Sarajevo del 2021. Insieme a Biagio – e del suo stesso gruppo – partiranno Raffaella Giovinazzi, al debutto ai Campionati italiani senior, e Antonio Caratozzolo e Gaia Carvelli, entrambi, poi, nella squadra calabrese di combattimento. Ad Ancona la Calabria porterà in tutto una decina di atleti, provenienti anche da altre associazioni sportive, segno, aveva rimarcato Alessio, che nella regione il taekwondo sta facendo grandi passi in avanti come nel resto dell’Italia. E forse in Calabria vi è una motivazione più profonda, che sembra essere una risposta individuale e collettiva alla carenza di infrastrutture, all’aggressione dei territori e dei centri urbani, oppressi da violenze a danno dell’ambiente, brutture edilizie, disparità sociali e fatti di degrado civile, disorganizzazione pubblica e condizionamento dei poteri politici e dell’antistato. Allora il taekwondo può essere visto come un luogo sicuro di crescita ed emancipazione, oltre che una disciplina sportiva, un’arte marziale. E può supplire, come dimostra l’esperienza, al sistema educativo tradizionale, in cui il governo dell’istruzione non è più affidato ai maestri e in cui, non di rado, le «passioni tristi» dell’universo giovanile – indagate dagli psichiatri Miguel Bensayag e Gérard Schmit – sono perfino assecondate con sufficienza o indifferenza, al punto che nei minori tendono a evaporare la ricerca dell’identità e degli obiettivi personali. «Ero più che abituato alle gare importanti. Ma – ci ha chiarito Mancina – entrato con la divisa della Nazionale nel palasport dell’Europeo di Belgrado, ho capito che lì c’era altro, c’era il meglio del taekwondo, c’era il senso della mia vita».

Stavo per  schiacciare  sul  tasto pubblica  quando   mi sono ricordato     di questo breve    ma intenso  post    di    Daniela   Tuscano   
 

#janniksinner è un nome che, per ragioni personali, mi è molto caro. Lui, il campione, prescinde dalla disciplina. È uno che ti piace e basta, sia da tennista sia da boxeur o ciclista. Piace per la sua stringata precisione, perché non perdona ma senza cattiveria, o forse è la sua destrezza a essere cattiva. Perché è giovane e sbaraglia. Un fascio di nervi, limpido come un lago alpino. Perché non gigioneggia, anche quando lo fa. È il primo a non crederci, sempre distante da sé stesso, un italiano asburgico, la biondezza ironica ed esplicita, come quel suo cognome, Sinner, peccatore. Reo confesso di bravura.
E siamo davvero tutti Sinner quando lui stringe l'esile forte pugno, e ci prende in pugno, e non ci molla più. Vince con orgoglio, il nostro.

figli del demonio ? Dunque Netanyahu paragona i palestinesi agli amaleciti. di Daniela Tuscano

   Dedico  questo post  dellamia  amica  ed  utente   decennale   del nostro blog  Daniela  Tuscano  di Diaconia "Santa Maria Egiziaca" in Bresso a   chi  (  familari  compresi ) che   parlo e  si parla   di  religione  (  argomento  purtroppo anche  alla  base   fin dall'antichità  di guerre  di odi   e  abberrazioni dei dirittti umani   condotte   dagli stati in nome  d'essa )  er descrivere   conflitti moderni  esempio la  guerra   1992\5     nella  ex Jugoslavia  ed  ora  nei conflitti   nel medioriente   in particolare    quello  israeliano  palestinese  . 

 da legge  prima   altrimenti non  si capisce  il riferimento 

Dunque Netanyahu paragona i palestinesi agli amaleciti.
L'affermazione, in Occidente, è passata inosservata, non la si è compresa o non le si è conferito il significato simbolico (potentissimo) a essa legato.
Per un'approfondita esegesi rimandiamo al post "Netanyahu e gli amaleciti", da "Oasis". Anche noi, più modestamente, ci siamo occupati di Amalek.
Amalek è, per Israele, il Nemico. Popolazione vera o manifestazione storica del male (gli Edomiti, i
Romani, Hitler...) o, ancora, metafora del peccato, Amalek evoca, comunque, guerra e distruzione. È un jihad - da cui l'Islam avrebbe poi attinto - o un piccolo jihad, dato che il grande jihad è puramente spirituale e consiste nella lotta contro le passioni malvagie. Ma "piccolo" solo di nome; in realtà foriero di morte e devastazione.
I libri "storici" della Bibbia non seguono i criteri storiografici attuali; tuttavia non v'ha dubbio che una base storica esista e se si parla di genocidio, s'intende genocidio. Saul viene punito per aver risparmiato Amalek.
Quando l'ateo Netanyahu ricorre al lessico biblico per designare i palestinesi non solo addita il nemico, ma lo demonizza, con categorie assai simili al famigerato "razzismo biologico".
Che i bimbi dell'ospedale di Shifa o altri siano figli del maligno, lo lasciamo giudicare ai lettori. Ma c'è altro: la questione della violenza nella religione.
I Carmelitani di Gerusalemme fuggirono in Europa dopo l'arrivo dei musulmani. Andò così, certo. Ma perché non si prendono in considerazione anche i passi bellicosi della Bibbia? Perché negar loro una consistenza storica, letterale? Il messaggio vero era un altro, si risponde. E poi oggi nessuno stermina in nome di JHWH. Le parole di Netanyahu smentiscono questo luogo comune.
Non stiamo minimizzando il fanatismo islamista. Ma finché non faremo seriamente i conti con la violenza nelle religioni gli usurpatori alla Netanyahu e l'antisemitismo neovoltairiano continueranno a provocar danni.

16.11.23

il polpo un essere di un intelligenza superiore che noi umiliamo come pietanza; come fosse un'insalata.

 Credo    che  come   ho  diminuito   i mangiare  carne     diminuirò il mangiare  pesce  . Questo  racconto     trovato  su  facebok  , mi  fa entrare  un po' in crisi in quanto  il polpo è uno  dei miei iatti   preferiti 

 “Quando l'ho catturato era giustamente terrorizzato, lottava offrendomi uno o due tentacoli, sperando fossi una murena (amico mio, io e i miei consimili siamo assai peggio di qualsiasi murena).

Col pensiero gli dicevo "tranquillo, non voglio farti male ma solo spostarti da qui, ci passa troppa gente", che pensiero stupido.Si è calmato, allora ho mollato la presa. Si è spostato dietro il mio braccio e mi guardava. Istintivamente sapeva che il pericolo viene dai miei occhi, e se ne teneva distante, ma non riusciva a non guardare. Poi ha aderito totalmente
alla mia pelle, leggerissimo, senza presa, ma ben ancorato con le ventose centrali. I tentacoli mi toccavano appena ed ho capito che mi stava studiando, cercava di capire. La sua colorazione, inizialmente bianca di terrore, poi rossa di lotta adesso era moderatamente mimetica, tranquilla. Solo i due tentacoli frontali, più scuri, fiammeggiavano di coraggio e di curiosità. Il patagio tra i tentacoli si era allargato ad avvolgermi.Cosa voleva prendere da me?
Un pensiero mi ha attraversato la mente, come se non fosse mio, come se venisse da fuori entrato dalla mia pelle. Il calore! Gli piaceva? Gli interessava? Lo voleva "capire"? Senza mai smetterla di guardarmi negli occhi, mi percepiva con tutto il suo corpo. Sentivo che comunicavamo ma senza parole, senza mente. Una sensazione devastante, per me, letteralmente insopportabile. Una forma di vita, di intelligenza, sicuramente non inferiore alla mia, anzi sicuramente superiore alla mia e a quella di moltissimi dei miei conspecifici, mi voleva conoscere. Non per mangiarmi, non per cacciarmi dal suo territorio (o qualcun'altra umana stronzata) ma per conoscermi, per sapere di me. Un essere affamato di sensazioni che gli lampeggiano sulla cute, pure, mai filtrate, un esploratore. L'ho indotto ad andare via, chi si avvicina agli umani muore e muore male.E' diventato rosso cupo, il colore della fuga, e si è diretto verso uno spacco invincibile tra le rocce. Dove volevo io. Un attimo prima di tuffarsi nel buio si è fermato, è diventato di mille colori, poi è sparito. Cosa mi hai detto, cosa hai provato?? Sono tornato a terra diverso, per sempre. Queste parole gliele devo. Magari qualcuno, leggendo questa poca cosa, inizia a voler capire.”Grazie davvero #GiorgioPaesani per le parole, che ci restituiscono in maniera perfetta un essere di un intelligenza superiore che noi umiliamo come pietanza; come fosse un'insalata.

Davide Ferrerio, l'aggressore (condannato a 20 anni) fa appello: «Quella ragazza era cosa mia, non doveva avvicinarsi»

ecco  perchè   m'interesso   di  femminicidio \   violenza  di genere .  E' proprio da  un amore  malato      che  nasce   il femminicidio  .  Male  atavico  presente   da secoli  . 

  da   www.leggo.it 6 ora/e tramite   https://www.msn.com/it-it/notizie/italia/
 

Davide Ferrerio, l'aggressore (condannato a 20 anni) fa appello: «Quella ragazza era cosa mia, non doveva avvicinarsi»
Davide Ferrerio, l'aggressore (condannato a 20 anni) fa appello: «Quella ragazza era cosa mia, non doveva avvicinarsi»© Redazione

È passato più di un anno dall'aggressione che ha ridotto in fin di vita Davide Ferrerio. L'11 agosto 2022, il 20enne bolognese è stato massacrato di botte a Crotone. Da quel giorno, non si è più ripreso. Per questa aggressione, Nicolò Passalacqua è stato condannato a 20 anni e 4 mesi di reclusione in primo grado.
L'aggressione sarebbe dovuta a una ragazza, alla quale Ferrerio si sarebbe avvicinato. Il 23enne ha fatto appello contro la decisione dei giudici e ha ribadito che «nessuno si doveva avvicinare a quella donna perché era cosa mia», riporta il Corriere. Il giovane è in coma vegetativo. 

Davide Ferrerio è in coma vegetativo. Il dolore di mamma Giusy: «Quella donna sapeva che la figlia chattava con tutti»

Il processo

Il prossimo 24 gennaio si terrà l'udienza d'appello per Nicolò Passalacqua. Il suo avvocato, Salvatore Iannone, ha descritto l’azione del suo assistito come «un’aggressione che voleva solo percuotere, anche con la forza, il giovane antagonista, facendogli capire che quella ragazza era “cosa sua” e nessuno poteva avvicinarsi».Anche la gip ha confermato le intenzioni di Passalacqua di voler "marcare il territorio" intorno a quella ragazza. «L’aggravante dei motivi abbietti — scrive la gip — è avvalorata, infatti, dal voler difendere ciò che è suo, infliggendo una punizione esemplare a colui che aveva cercato un approccio con la ragazza che stava frequentando». 
Come sta Davide Ferrerio

Attualmente Davide Ferrerio è in coma vegetativo in ospedale, costantemente assistito dai genitori e dal fratello. Recentemente la mamma, Giusy Orlando, si era sfogata riguardo all'ultima perizia disposta dai giudici in merito alla connessione tra l'aggressione e le condizioni di Davide: «La cosa che mi strugge ulteriormente è che dopo 15 mesi, nonostante i filmati, le intercettazioni, le perizie, i giudici si chiedono se ci sia connessione fra i pugni sferrati dal mostro e le sue condizioni», perché «hanno disposto una perizia per valutare se le lesioni provocate a Davide siano legate all'aggressione, oppure se Davide cadendo se le sia provocato da solo. E’ un’ingiustizia», le sue parole riportate da Repubblica.

#anilagrishaj,Morta sul lavoro, morta per il lavoro. Assassinata dal lavoro. di Daniela Tuscano

 #anilagrishaj, 26 anni, albanese. Quasi coetanea di #luanadorazio, toscana. Come Luana, bella, operaia e morta. Morta sul lavoro, morta per il lavoro. Assassinata dal lavoro.


Come Luana, è stata uccisa da un compressore guasto. Che le ha fracassato la testa.
È guerra pure questa, guerra di sfruttamento e schiavitù. Non è accettabile rischiare la vita per un migliaio di euro.
Anila come Luana, come #stefanopoletti da #ravenna, come gli operai di #brandizzo e gli #edili di #milano. Li chiamano incidenti, sono esecuzioni.
Siamo ancora in tempo a firmare la #leggediiniziativapopolare contro i #delittisullavoro. È una urgenza. È un dovere. È un diritto.
Civile e umano.

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