28.4.24

ma in iraq non avevano portato la democrazia ? Om Fahad, tiktoker irachena uccisa a colpi di pistola. Era stata condannata per i suoi video «contro pudore e moralità» ed altre storie


   

Om Fahad, tiktoker irachena uccisa a colpi di pistola. Era stata condannata per i suoi video «contro pudore e moralità»


ecco a cosa è servità la guerra contro sadam hussein a portare la democrazia il caso di Om Fahad, tiktoker irachena uccisa a colpi di pistola. Era stata condannata per i suoi video «contro pudore e moralità» .


Om Fahad, tiktoker irachena uccisa a colpi di pistola. © Ansa

Vitale, sorridente, paffuta, vestiti sgargianti: così appariva nei filmati condivisi la settimana scorsa in cui si era ripresa davanti a uno specchio e mentre guidava il suo suv. Ogni video visto centinaia di volte su TikTok. Di Om Fahad, vero nome Ghufran Sawadi, influencer irachena da mezzo milione di follower resteranno immagini gioiose, nonostante venerdì sera uno sconosciuto le abbia sparato a bruciapelo uccidendola mentre era seduta in macchina davanti casa, nel quartiere Zayouna di Baghdad. Quello di Om Fahadnon non è il primo omicidio di una influencer in Iraq. Lo scorso anno a settembre Noor Alsaffar, una tiktoker di 23 anni seguita sui social da centinaia di migliaia di persone, è stata uccisa a colpi di pistola. Cinque anni prima, nel 2018, a cadere sotto i colpi dei killer era stata Tara Fares, modella di 22 anni. Nel Paese inoltre continua ad essere una pratica diffusa il delitto d'onore: l'ultimo a gennaio scorso quando la 22enne star di YouTube Tiba al-Ali è stata strangolata dal padre

......

Si tatua una donna nuda sulla pancia, il particolare dell'ombelico lo mette nei guai: lui si toglie la maglietta in vacanza e rischia l'arresto

Farsi fare il tatuaggio più assurdo che possa venire in mente e non avere rimpianti. Nonostante gli sia quasi costato l'arresto. Richard Hart, sessantenne del Galles, ha speso 65 euro per imprimersi una donna nuda sulla pancia per il suo 40esimo compleanno. Fin qui nulla di assurdo, se non avesse però deciso di raffigurarla con le gambe spalancate, con il suo ombelico al centro a rappresentare le parti intime. «Se avessi una sterlina per tutti coloro che hanno chiesto di fare una foto, sarei un uomo molto ricco», ha
detto al Southwest News Service. Tuttavia, durante una vacanza in Spagna quel disegno gli è quasi costato l'arresto. Durante una vacanza a Benidorm, località di mare sulla costa est della Spagna, i poliziotti hanno minacciato Richard Hart di arrestarlo se non si fosse immediatamente rimesso addosso la maglietta, nascondendo quel tatuaggio. «Ero a Benidorm e faceva caldo, mi sono tolto la maglia e sono venuti due poliziotti dicendomi di coprirmi altrimenti mi avrebbero ammanettato», ha ricordato Hart, che è un ex proprietario di bar in pensione.
«Abbiamo litigato un po', poi ho dovuto accettare la loro imposizione. Ho dovuto tenere una maglietta per il resto delle vacanze». La moglie dell'uomo ha raccontato di non essere a disagio con quel tatuaggio, ma «davanti ai nipotini è sempre meglio nasconderlo».

.....
ELICOTTERO  ATTERRA DAL   BENZINAIO:  DOVEVA FARE   RIFORNIMENTO
Un piccolo elicottero è  atterrato su una strada e  ha fatto rifornimento in una  stazione di servizio in Romania, tra lo stupore di automobilisti e  passanti. È avvenuto a Curtea  de Arges, piccola cittadina in  Romania. Il pilota, un   tedesco, ha spinto l’elicottero,  modello Robinson R44, Fino alla pompa per fare rifornimento. Le immagini  (  a  lato) sono state viste  migliaia di volte sui social, mentre la polizia ha avviato  un’indagine per accertare l’accaduto. Molto   probabilmente il velivolo è  rimasto senza carburante e il  pilota ha deciso di atterrare  alla stazione di servizio più  vicina. Fatto rifornimento, è  decollato, mentre i passanti  filmavano la curiosa scena. 


....

Porta a spasso un suricato in piazza Duomo: l’animale assediato dai curiosi che chiedono di fare una foto


I milanesi sono piuttosto abituati a vedere spettacoli fuori dall’ordinario in piazza Duomo, eppure la presenza di un suricato al guinzaglio che passeggiava tranquillamente con i suoi amici umani è riuscita a coglierli di sorpresa: ad accompagnare Timon – che è una femmina e ha preso in prestito il nome del suo famosissimo alter ego disneyano – nella sua escursione nel centro di Milano c’erano Efrem Brambilla, il sindaco di Santa Maria Hoè (nel Lecchese), e sua moglie Eleonora Maria Rizzo.
“Non mi sarei mai aspettato di ricevere un’attenzione del genere. Non riuscivamo a muovere un passo perché tutte le persone che incontravamo volevano accarezzare Timon o farci qualche domanda su di lei – sorride Brambilla – Adulti e bambini, chiedevano informazioni sulla sua età, le sue abitudini alimentari, la sua storia e così via. E lei era perfettamente a suo agio, felice di godersi tutto quell’affetto”.
Qualcuno poi ha riconosciuto in lei il suricato già visto su Facebook, dove Timon è diventata una
piccola star grazie ai numerosi post che Efrem Brambilla le dedica, raccontando la propria quotidianità domestica.
“Sia io sia mia moglie siamo cresciuti circondati dagli animali e li amiamo moltissimo. Eleonora in particolare nutre da sempre una passione per i suricati – continua – Così quando qualche mese fa una delle nostre due cavie Sheltie è morta per un tumore mi è venuto naturale pensare di regalargliene uno. Ovviamente ne abbiamo parlato a lungo prima dell’acquisto, perché ogni animale ha le sue particolari esigenze ed è fondamentale informarsi per conoscerle al meglio prima di farlo entrare in famiglia”.
Nata lo scorso novembre in un allevamento in Veneto, Timon ha trascorso i primi due mesi di vita insieme alla madre e ai fratelli e poi si è trasferita a Santa Maria Hoè.
“In casa abbiamo anche un bulldog francese e una cavia e tutti vivono insieme liberi, anche se ciascuno di loro ha i propri spazi – prosegue – Timon alla sera si accoccola sul nostro petto mentre ci rilassiamo sul divano, mentre di giorno esplora la casa o gioca con Madame Muffin, la nostra cagnolina”.
A cinque mesi, il suricato sta scoprendo il mondo e adora le passeggiate: “L’abbiamo abituata al guinzaglio e lei è felicissima di uscire – conclude il sindaco di Santa Maria Hoè – Quando siamo stati a Milano le ho protetto la punta della coda con uno strato di nastro medico, ma solo a scopo precauzionale, per evitare che raccogliesse germi e sporcizia da terra. È stata benissimo: lo so perché gli animali sono molto bravi a farci capire quando qualcosa li fa sentire a disagio. Basta saperli ascoltare”

......

Ginevra, record di nonni e bisnonni per la neonata di quinta generazione: ha anche la trisavola

La città di Roma, tra le antiche mura e gli storici vicoli ci regala una storia familiare meravigliosa. infatti,questa non è stata semplicemente una nascita, ma il culmine di una storia familiare straordinaria che abbraccia cinque generazioni, tutte riunite per celebrare l'arrivo di questa piccola meraviglia.
Ginevra è una bimba fortunata: nata il  7 aprile, ha trovato ad   accoglierla l’amore dei genitori e 
dei nonni, ma anche di quattro   bisnonni e di una trisavola di  92 anni. Un vero “record di  affetti”. Ma
va anche detto   che i suoi genitori sono   giovani per la media  italiana: mamma Chiara  Marchegiani ha 22 anni e   papà Lorenzo Angelini 24   (nel tondo). Racconta Chiara: «Siamo molto felici di iniziare 
questo percorso accompagnati   dall’affetto di così tanti nonni».Insieme ai genitori, che hanno accolto la loro bambina con l’amore indescrivibile che solo una mamma e un papà possono dare, c'è un caleidoscopio di nonni e  bisnonni  , ciascuno dei quali portatore di una parte preziosa di quel legame che unisce il passato al presente e al futuro  .  qui  in qiuesto video ( on sono riuscito ad estrararlo ) di www.leggo.it ulteriori dettagli  su questa grande   famiglia   allargata 

-----


le  ultime   news  sono      sotto   forma  di  slide  \  foto    non avevo  voglia  di   di  fare  cute  - paste

 






27.4.24

Contenuti o-Scurati Molto bella la condivisione in massa del monologo di Scurati, peccato che serva come applicare un cerotto su una ferita da motosega. LORENZO FANTONI

 




Contenuti o-Scurati

Molto bella la condivisione in massa del monologo di Scurati, peccato che serva come applicare un cerotto su una ferita da motosega.

 
LEGGI NELL'APP
 

In queste ore mi sono visto Civil War, che è senza dubbio un film sugli scenari possibili di una pressione politica, economica e sociale che sta montando da molti anni ma è anche, tra le altre cose, un film sul giornalismo di guerra, sul bilanciamento tra raccontare ed esporre, sulla verità e la post verità e sui sacrifici e le compartimentazioni che sono necessarie perché determinate storie arrivino al pubblico. E perché i giornali campino.

Uno dei più crudeli paradossi dell’informazione è che un clima sereno è il più grande nemico della stampa. La guerra non è solo un grandissimo business per gli Stati, per i politici che sanno sfruttare le nostre paure e per molte aziende che ci sguazzano, ma lo è anche per l’informazione. Perché le immagini di guerra ci colpiscono facilmente (quando ci arrivano e non sono filtrate), perché ci spingono a volerci informare e a “consumare” il prodotto notizia.

E questa cosa è ancora più vera oggi, che pur avendo tutti i mezzi per conoscere qualcosa siamo così bombardati di notizie che non riusciamo più a capire il confine tra verità, manipolazione e ci affidiamo a servizi che, in qualche modo, facciano per noi una curatela con meccanismi che ci sono oscuri.

Allargando il campo, qualsiasi periodo di incertezza è una manna per la stampa (e per i comici). Pensate agli anni d’oro del governo Berlusconi che ha praticamente dato vita a una nuova testata e ha lanciato la carriera di alcuni giornalisti.


A margine: ovviamente in questi giorni mi sono visto Il Giovane Berlusconi su Netflix che pur sfiorando l’apologia e intervistando quasi solo voci amiche ci mostra sia quanto non fosse ‘sto grande imprenditore e di come il passaggio dalla televisione alle politica sia stato un naturale scivolamento di campo dopo aver conquistato cuori e menti degli italiani. Conquista che lui aveva capito già ai tempi in cui cercarono di oscurarlo e furono gli italiani stessi a rivolere i puffi e Dinasty.


Molto più in piccolo, penso anche alle discussioni vuote e cicliche attorno a quale sia il miglior hardware, quale gioco meriti il premio di titolo dell’anno.

C’è poco da fare, il giornalismo non se ne fa niente della calma. E questo è una cosa con cui dobbiamo scendere a patti anche quando pensiamo che a sguazzare nel drama siano solo i content creator più abietti o i politici più discutibili. Pensavo queste cose leggendo un articolo di Nieman Lab che riporta un calo del traffico per molti siti d’informazione nel periodo post Trump e post-pandemia.

Meno attacchi e fuochi d’artificio di Trump vuol dire meno gente che cerca di capire cosa ha detto e magari si abbona ai siti per sostenere una informazione che gli vada contro. Quando Trump si scagliava contro la stampa alcuni erano incentivati a spendere soldi per supportarla.

Inoltre, e questa è un’altra cosa interessante del nostro comportamento: chi vince un’elezione tende a leggere meno giornali e informarsi meno. E lo fa perché tutto sommato gli va bene così, considera il suo ruolo assolto, smette di interessarsi della politica. E magari non vuole sentire eventuali voci che mettono in discussione la sua scelta di voto. Scusate il lungo prologo.

La cultura si fa coi soldi

Nell’ennesima dimostrazione dell’Effetto Streisand¹ (sì, c’entra Barbra Streisand), quel mirabolante meccanismo secondo cui più qualcuno vuole nascondere qualcosa, più quella cosa verrà condivisa perché improvvisamente caricata di un senso e di una valenza persino maggiore dopo il tentativo di censura, offerta dal monologo di Scurati sul 25 Aprile si è inserito anche il dibattito sul prezzo del lavoro culturale.

Perché il trucco, alla fine, è sempre buttarla sui soldi, sugli intellettuali strapagati, sull’ “e io pago!”, perché se c’è una cosa che chiunque può capire è il linguaggio dei quattrini, soprattutto chi quei soldi li vede dopo un mese di duro lavoro e può essere manipolato a odiare il solito professorone di sinistra.

A Napoli applausi per Scurati che legge il monologo

Mentre il monologo veniva ripetuto, copiato, utilizzando anche biecamente per cercare di far diventare virale il proprio post (vi giuro di aver visto proprio call to action a tema), mentre c’è chi ha prontamente tentato di paragonarsi a Scurati per salire sul carro del censurato e fare un po’ di cara vecchio marketing della vittima, io non potevo fare a meno di notare come per l’ennesima volta fossi complice di una reazione di pancia che, per quanto lodevole, svuotava di significato ogni tentativo di approfondimento.

Insomma, come quando tutto quello che si è fatto per l’orribile scena di Porta a Porta con una platea di uomini che parlava di aborto è stato postare l’immagine di Bojack Horseman.

Innanzitutto perché Scurati è solo il caso più eclatante e palese di uno smantellamento che va avanti da tempo e del quale ci arrivano solo i tonfi più grossi, quelli che sono più facili da condividere o sono raccontati da chi può permettersi una esposizione.

Ma mentre un sacco di intellettuali, anche di sinistra, correvano impauriti dietro alla narrazione del “pensiero unico” e della cancel culture, mentre ci si preoccupa di evitare una shitstorm perché mettersi in discussione è faticoso e un sacco di gente viene costantemente invitata, premiata, ascoltata mentre urla di venire cancellata e silenziata, qualcuno la cancellazione l’attuava davvero e di certo non riguardava il diritto delle persone di insultare e fare battutine su minoranze e altre categorie.

Per non parlare di quando non si parlava di Gaza o se ne parlava (e se ne parla tutt’ora) in modo distorto e, tutto sommato, tutta sta voglia di urlare alla censura non c’era.

Quello che mi ha colpito in questo ennesimo tumulto social non riguarda tanto la censura, il fascismo di governo, il sistematico gaslight² meloniano che a ogni critica ti risponde come il marito manipolatore per cui è tutto nella tua testa e sei una pazza, ma che venga dato per scontato il ruolo degli intellettuali e il prezzo del lavoro intellettuale.

Tutto questo nel paese che da sempre dice ai suoi figli che con la cultura non si mangia e vede nell’intellettuale una figura o inutile o santa, che si nutre d’aria.

Perché se da una parte c’era chi riteneva esorbitante la cifra chiesta per quel monologo, era straniante vedere un sacco di gente difendere il diretto di un intellettuale a venire pagato per il proprio lavoro, ribadire che era una cifra congrua per la sua levatura. Ma nel frattempo il lavoro culturale viene quotidianamente demolito e deprezzato anche da chi nella cultura ci si rotola come se fosse un bel prato verde.

Come ci racconta l’aneddoto su Picasso e la signora che voleva un ritratto: quando lei si arrabbia perché ci ha messo solo pochi minuti per farlo lui risponde che ci ha messo tutta la vita (in verità credo dicesse che ci ha messo tutta la vita per disegnare come un bambino, ma vabbè).

Quindi è ovvio che un monologo di due minuti in televisione non richiede due minuti, ma vi assicuro che anche moderare un dibattito, presentare un libro, scrivere un articolo o qualsiasi altra cosa per cui è quasi sacrilego chiedere dei soldi non si fa in due minuti. Spesso sono momenti in cui si condensano anni di studi, di riflessioni, di letture. Distillati di conoscenza che spariscono con la stessa velocità con cui si butta giù un sorso di liquore, che ha richiesto magari anni di affinamento in botte.

Il lavoro culturale in Italia è costantemente deprezzatosvilitotrasformato in un favore tra amici, in uno scambio palese o meno di cortesie. Perché è chiaro che se nessuno mi pagherà mai allora presenterò soltanto cose di amici e amiche (o persone che stimo e ammiro) perché mi fa piacere dargli una mano. Ve lo leggereste il libro di una persona sconosciuta o quasi solo per passare un’ora circa del vostro tempo a fargli promozione? Se la risposta è sì allora forse devo mandarvi qualche copia del mio.

Il discorso sulla moderazione dei panel invece a volte può sconfinare nel discorso “vabbè è tutta visibilità” che ancora ci raccontiamo e che magari per qualcuno funziona. Ma, e questo sarà probabilmente oggetto di una mail successiva, quella della visibilità è una promessa che funziona raramente.

Fidatevi, sono una persona che va tutte le settimane in televisione, ho calcato i palchi delle fiere più importanti e scritto su quotidiani nazionali. Molto raramente qualcuno mi ha chiamato a lavorare perché ero visibile.

E attenzione, quando parlo di lavoro culturale parlo anche di situazioni molto meno apicali rispetto alla Rai eh? Gran parte di eventi, fiere, presentazioni e così via si reggono sulla speranza che qualcuno tutto sommato sia semplicemente felice di salire sul palco.

Anche quella è cultura, non solo quell’immagine paludata e immobile che abbiamo qua in Italia, paese che adora vendere ai turisti il suo passato senza creare un futuro.

Il risultato è quello di una cultura e di un lavoro culturale che diventano quindi sempre più appannaggio di chi se lo può permettere, perché è ricco, perché vive a casa coi genitori, per connivenze o agganci, perché ha un altro lavoro. O magari perché pensa di investire e di avere poi un ritorno.

Vogliamo esagerare? Allora forse dovremmo anche tirare in ballo quanto vengono pagati oggi gli articoli ai freelance, il mercato editoriale e così via. La stessa musica che suono da anni. Dovremmo ripensare tutta la filiera e forse anche il concetto romantico di cultura, quel concetto che per certi versi la rende una roba da ricchi o da giovani.

A pensarci ovviamente ci si sente soverchiati, schiacciati, annientati, anche se fosse possibile contare su associazioni sindacali o altri fronti comuni. Ma anche se la soluzione appare impossibile ricordarlo è importante.

Quindi sì, bello condividere il monologo di Scurati, giustissimo, ma suona tanto come quell’attivismo da social che alla fine della fiera sposta poco e niente, per quanto possa infastidirci quando ce lo ricordano.

In un Paese che non legge, non compra giornali e generalmente si infastidisce, a ogni livello sociale, se qualcuno chiede soldi, se mette dei paywall, se parla di bollette e gettoni presenza per quel valore sacro e intoccabile che è la cultura.

Chiudiamo dunque il cerchio di questo articolo: quanto dovremmo pagare il fotoreporter di guerra che rischia la vita e la propria sanità mentale per permetterci di postare su Instagram la foto di un corpo martoriato e invocare un cessate il fuoco?

Note a margine, link e tutto il resto

Si diceva di Civil Warecco il parere di N3rdcore.

Se bazzicate i videogiochi vi saranno capitate le discussioni attorno a Stellar Blade, gioco con protagonista fisicata e… non tanto altro.

Lo dicono pure Barili Esplosivi qua e Le parole dei videogiochi qua

Sapete chi è il più invitato negli ormai saturi e terrificanti salotti televisivi?

Se pensate che il giornalismo freelance sia ancora sostenibile non cliccate qua.

A proposito di togliersi un po’ di dosso la retorica della Liberazione.

Giulia Blasi | Servizio a domicilio
La storia, diceva quello, è fatta di corsi e ricorsi. L’umanità ripete sé stessa, riproduce gli stessi movimenti, le stesse ondate, in modo diverso e sempre uguale, anno dopo anno, secolo dopo secolo. Ed eccoci qua, a quasi ottant’anni dalla fine della guerra, e ci sono di nuovo i fascisti al governo, nei giornali, nelle istituzioni culturali, non fanno…
2 days ago · 107 likes · 8 comments · Giulia Blasi

Chiudiamo con questo pezzo che vi racconta i Sigma Male, se non sapete cosa sono probabilmente c’è un vostro amico che crede di esserlo.

Diario di bordo n 47 anno II .Gino Cecchettin: «Volevo vendicarmi di Filippo Turetta, quando sento la rabbia che cresce mi concentro su Giulia»., Nè uomo, né donna”, 27enne di fa togliere i genitali: piatta come una bambola., r BigMama a Domenica In: "Prima nascondevo la mia sessualità, la mia fidanzata mi ha aiutata"


 fra  le storie   della settimana  ecco quelle  che  mi hanno  colpito   di più    ed  alcune  la  prima  ed  l'ultima  corrispondo  al  mio percorso      di cui   ho  parlato   qui  in : <<  un vagabondo stanco sa che deve andare avanti >>



Gino Cecchettin: «Volevo vendicarmi di Filippo Turetta, quando sento la rabbia che cresce mi concentro su Giulia




Il dolore dentro, per sempre. Gino Cecchettin lo affronta ogni giorno dalla morte di sua figlia Giulia Cecchettin, uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta. «Dopo il fatto avevo voglia di vendetta, ma poi mi sono concentrato su di lei che era amore ed è scomparso tutto il resto. Quando sentimenti di rabbia e vendetta iniziano a palesarsi mi concentro su di lei e ogni sentimento di odio svanisce. Per questo non ho voluto nominare Filippo. Nel libro volevo lasciare solo il bello. E non faccio “il firma copia”, scusatemi, perché per me è un memoriale», le sue parole dialogando con Viola Giannoli nel cortile d'Onore del Palazzo Reale a “Repubblica delle Idee”.

Cecchettin e il dolore per Giulia

«Mi sveglio tutte le mattine e passo davanti alla camera di Giulia. Soffro tantissimo, ma poi divento più forte e quando esco da quella stanza sono in grado di salire su un palco come questo e sono in grado di parlare, di contattare le Università per la Fondazione e sono in grado anche di andare a mangiare una pizza e di essere felice. Ho altre due figli e ho il dovere di essere forte. Voglio ricordare la mia Giulia e questo mi permetterà di essere potente e nessuno mi potrà dire di come vivere il mio dolore. Ognuno deve capire come vivere il suo», le parole di Cecchettin riportate da Repubblica.


......

la  nuova sardegna   22 aprile 2024

Macomer
Accoltellò un ragazzo per una sigaretta. Pace tra i genitori: «Lo perdoniamo»
di Alessandro Mele
Accoltellò un ragazzo per una sigaretta. Pace tra i genitori: «Lo perdoniamo» 
Il ferimento il 4 aprile fuori da scuola, poi l’incontro chiarificatore tra le due famiglie



Inviato a Macomer Accoltellato per 30 euro. Al centro del litigio tra i due ragazzini, una sigaretta elettronica contesa. «Ma perdoniamo il ragazzo». Sono le parole di Marco e Barbara (nomi di fantasia attribuiti per tutelare i due minorenni ndr), i genitori del giovane di 15 anni che, lo scorso 4 aprile, era stato accoltellato da un coetaneo a pochi passi dall’uscita di scuola, un istituto superiore di Macomer, a pochi minuti dalla fine delle lezioni.
Una coltellata alla coscia che poteva trasformarsi in una tragedia, arrivata dopo una questione banale tra studenti: «È accaduto tutto a causa di una sigaretta elettronica – spiegano i genitori del 15enne –. Era stata rubata a nostro figlio dall’altro ragazzo, ma i due avevano trovato un accordo tra di loro affinché venisse restituita o pagata 30 euro». Tutto ciò non è mai avvenuto e la questione si è protratta per mesi, fino allo scontro: «Anche gli altri due genitori non si spiegano perché i nostri figli siano arrivati a questo – dicono – e, come ci hanno detto loro, neanche il figlio si capacita di come abbia potuto reagire con una coltellata».
Tutto è bene quel finisce bene. Almeno dal punto di vista della civiltà e del senso civico. Qualche giorno fa, infatti, è avvenuto un incontro chiarificatore tra la famiglia dell’accoltellato e i genitori dell’aggressore. Un incontro che il padre e la madre della vittima, hanno deciso di raccontare in esclusiva alla Nuova Sardegna. «Dopo circa una settimana dallo spiacevole accadimento – raccontano Marco e Barbara – siamo stati contattati dai genitori del ragazzo che ha aggredito nostro figlio. Abbiamo accettato di incontrarli anche per mettere a confronto le rispettive versioni riportateci dai ragazzi. Combaciavano». Le famiglie, intanto, hanno chiuso il loro incontro con una stretta di mano: «Abbiamo accettato le scuse fatte dai genitori del ragazzo – raccontano Marco e Barbara –, ma per il momento un incontro tra i due ragazzi non avverrà. Non chiudiamo la porta a una loro riappacificazione, ma sono ancora entrambi troppo turbati da quanto è accaduto. Non sono pronti, il loro umore non è ancora quello giusto».
Marco e Barbara fanno poi una riflessione più ampia su ciò che è accaduto tra i due ragazzi all’uscita di scuola: «Quello che è accaduto è di una gravità assoluta – commentano – eppure la scuola non ha preso alcun provvedimento disciplinare. Avrebbero dovuto invece dare un segnale forte a tutti i giovani, perché sia nostro figlio che l’altro ragazzo andavano sanzionati. D’altronde a scuola non si possono portare né i coltelli né le sigarette elettroniche, è vietato. Non può passare il messaggio che tutto va bene e che gli studenti possono stare nelle aule senza aver paura di essere puniti. Non si tratta di una ragazzata, bisogna dare un messaggio chiaro». Secondo quanto riportato dai genitori del ragazzo aggredito, la scuola non ha preso una posizione precisa: «Non siamo mai stati convocati, fino a quando non abbiamo mandato una mail di lamentele all’istituto. Infatti, i giorni successivi al fatto, i due ragazzi si son ritrovati insieme a scuola. Per fortuna non è successo niente e niente succederà. Qualsiasi reazione a quanto accaduto da parte di nostro figlio o degli altri studenti non sarebbe accettata da parte nostra».
E concludono: «Al rientro in classe, nostro figlio ha avuto una bellissima accoglienza sia da parte dei suoi compagni che degli insegnati. Crediamo che sia giusto che a scuola si parli di questi temi. Ad esempio, sarebbe bello che venisse convocata un’assemblea di istituto nella quale tutti i ragazzi possano analizzare il tema e snocciolarlo anche con il coinvolgimento di esperti».
La difesa del ragazzo aggredito e della sua famiglia, è affidata all’avvocato Luciano Rubattu: «La valutazione sulle responsabilità penali di quanto è accaduto – afferma il legale – sono naturalmente rimesse all’autorità giudiziaria – Io però ho suggerito ai miei assistiti di aderire alla richiesta di un incontro chiarificatore, avanzata dai genitori di quello che è stato individuato come il responsabile del fatto. Un incontro che è avvenuto in un clima di totale serenità e rispetto reciproco. Personalmente – prosegue – resto convinto che il dialogo, sia lo strumento più efficace laddove si registrano comportamenti devianti, analoghi a quelli che hanno visto protagonisti questi due adolescenti».
E conclude: «Al di là della pace sancita tra le famiglie, la questione si concluderà davanti al tribunale dei minori, dove è giusto che i ragazzi siano messi davanti alle proprie responsabilità. Anche questa per loro sarà un’esperienza di vita formativa. Non la dimenticheranno».

-------------



© Web



Una persona transgender ha condiviso la propria esperienza dopo aver ricevuto un intervento chirurgico sperimentale che prevede la rimozione totale dei suoi genitali esterni. Adrian, 27 anni, della Florida, non è binario – nel senso che non si conforma né al maschio né alla femmina – ed è stato operato in una controversa clinica in Texas, soprannominata “il laboratorio di Frankenstein”. È uno dei pochi ospedali degli Stati Uniti che offre un intervento chirurgico di annullamento genitale, una procedura che prevede la rimozione di tutti i genitali esterni per creare una transizione graduale dallo stomaco all’inguine.
Rimane una piccola ma nascosta apertura affinché l’urina possa uscire dal corpo. Le nate biologicamente femmine vengono sottoposte a un’isterectomia, che interrompe loro le mestruazioni. “Ho dovuto usare un catetere nelle prime due settimane, ma ora faccio pipì normalmente”, ha detto Adrian due mesi dopo l’operazione. Adrian ha documentato la sua esperienza con la procedura di rimozione dei genitali, nota anche come procedura Nullo, o procedura dell’eunuco, su Reddit.
Per l’operazione che viene descritta dalla clinica come la trasformazione in un “essere umano non normativo” servono almeno 10mila dollari di anticipo. La motivazione per sottoporsi alla procedura, eseguita al Crane Center l’anno scorso, era la “disforia”, definita come una sensazione di disagio o angoscia subita da coloro la cui identità di genere non corrisponde al loro sesso. Hanno optato per l’annullamento perché non potevano permettersi una falloplastica (intervento chirurgico per costruire un pene artificiale) o una metoidioplastica, che utilizza un clitoride ingrandito ormonalmente come corpo del pene.
Adrian è nata donna e ha iniziato a prendere gli ormoni testosterone all’età di 23 anni nell’agosto 2020. Nel 2021, ha subito un intervento chirurgico superiore e rimosso i capezzoli. Anche l’asportazione dei capezzoli “ha avuto un ruolo nel mio desiderio di annullamento”, ha detto Adrian. “Ho dichiarato di essere un uomo trans binario e queer poco dopo l’intervento chirurgico”, ha scritto su Reddit. Ovviamente il racconto di Adrian ha aperto un dibattito molto acceso tra gli utenti dei social, molti dei quali erano commenti negativi sulla procedura e soprattutto sulle autorizzazioni “facili” a questo tipo di intervento.



-----


BigMama a Domenica In: l'amore per la fidanzata Ludovica


Durante l'intervista, Big Mama ha toccato argomenti delicati e profondamente personali, come la sua sessualità e il sostegno cruciale ricevuto dalla sua compagna, Ludovica Lazzerini. "Amo la mia compagna, Ludovica", ha confessato apertamente, spiegando come prima di incontrarla avesse difficoltà a vivere apertamente la sua identità. Ludovica non solo ha scritto il brano sanremese che poi la cantante ha portato sul palco dell'Ariston ma è stata anche un pilastro nella vita di Marianna, aiutandola a superare il trauma dell'abuso sessuale subito a soli 16 anni e rafforzando la sua autostima. Big Mama ha descritto come la loro relazione l'abbia aiutata a comprendere il valore dell'amore e del meritare di essere amata, un messaggio potente per chiunque abbia affrontato simili difficoltà.





Instagram @sonoailo © Fornito da Rumors.it

BigMama e la lotta contro il bullismo
L'intervista ha inoltre offerto a Marianna l'occasione di parlare anche del suo impegno contro il bullismo, argomento che l'ha vista protagonista in una significativa conferenza all'ONU. L'artista ha raccontato di come da ragazzina è stata vittima di bullismo per il suo aspetto fisico. Il suo passato ha lasciato cicatrici profonde ma anche la forza di utilizzare la sua voce per fare la differenza. Raccontando di come fosse stata fisicamente attaccata da giovane, Marianna ha sottolineato l'importanza della sua musica e della sua visibilità pubblica come mezzi di lotta e sensibilizzazione. Ma la forza che ha usato per superare questo passato difficile, l'ha usata anche per combattere un cancro maligno al sangue che le è stato diagnosticato all'età di 20 anni: la giovane infatti ha dichiarato che non ha mai pensato alla possibilità di morire perché era concentrata a guarire per poi tornare a fare musica, motore della sua vita. Con la sua prossima partecipazione al concertone del primo maggio e l'annuncio del suo nuovo libro, Cento occhi, Big Mama continua a trasformare le sue ferite in simboli di speranza e cambiamento.


------

per evitare chiamate indesiderate o messaggi molesti su whatsapp usate due schede una pubblica ed una privata

  questo post     di  Aranzulla     conferma    il consiglio      che  davo    in un post   (  cercatevelo  nell'archiviuo  dell'ann...