Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
24.5.21
23.5.21
Il naturalista che salva l'ululone appenninico: "Sono così pochi che li riconosco tutti"
La sopravvivenza appesa a un filo (d'erba). Pieroni continua la sua osservazione delle pozze, che l'ufficio tecnico della Riserva Monti Navegna e Cervia, dove restano circa un centinaio di ululoni, ha recintato per evitare che cinghiali e altri animali entrino nell'acqua bassa. Con pazienza certosina osserva i germogli dei giunchi e delle erbe acquatiche alle quali sono attaccate le uova di ululone e le conta. "Rispetto ad altri anfibi l'ululone depone poche uova - dice - poche si schiudono e la mortalità dei girini e dei metamorfosati è altissima, circa il 92%". Con un altro filo d'erba recupera un grappoletto gelatinoso dal fondo e lo posa su uno stelo: "Perché le uova si schiudano devono essere a mezz'acqua, non posate sul fango. Provo a rimetterle qui, ma chissà...". Il suo non è fatalismo, è la praticità che, dopo anni di monitoraggio e tentativi di salvaguardare i nuovi nati, ha portato a cambiare strategia. Dal 2012, infatti, un progetto tra la Riserva, l'Università di Roma Tre e il Bioparco di Roma per aumentare la popolazione abbina alle attività sul campo quelle di laboratorio: dalle pozze si prelevano le uova, che vengono allevate nei laboratori del Bioparco, poi gli ululoni metamorfosati (cioè non più girini né adulti, a un anno di vita) sono rilasciati nelle pozze e monitorati.Uova al Bioparco, adolescenza nella riserva. "Il progetto sta dando risultati - dice il naturalista mentre controlla palmo a palmo anche l'abbeveratoio, che si trova un po' più a monte - ma mi preoccupa il cambiamento del clima: l'acqua è molto diminuita e non basta che, come abbiamo fatto, in agosto si sia arrivati a rifornire le pozze". Pieroni si blocca di colpo: "Ecco, hai sentito il verso?". Naturalmente soltanto lui ha l'orecchio allenato per percepire in mezzo al cinguettio degli uccelli un "uh uh", assai forte, considerato che è prodotto da un animaletto di pochi centimetri, e tanto particolare da aver dato il nome all'anfibio. È un buon segnale, vuol dire che i maschi stanno lanciando richiami alle femmine, che però oggi non si fanno trovare: alla fine si riesce a fotografarne soltanto due.
Il naturalista si infila in un pozzetto lungo strada, ammira una biscetta d'acqua e dopo aver passato palmo a palmo il tombino emerge con un altro ululone in mano. "Meno male che l'ho trovato - dice mettendolo nel barattolo che gli si porge - questo sarebbe finito dall'altro lato della strada e chissà se sarebbe riuscito a ritrovare la via delle pozze". Nel suo sollievo è palese la preoccupazione di chi sa che con una popolazione così ridotta perdere anche un solo esemplare è una tragedia. "Oggi ne abbiamo trovati pochi, ma è ancora presto, date le temperature - conclude - e poi ci vorrebbero più fondi e più personale. Se vengo da solo riesco a catalogarne meno, mi è prezioso qualcuno che prenda nota mentre li osservo".
Però la Riserva dei Monti Navegna e Cervia crede nel progetto ed è già molto: "Dopo anni di collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre e la Fondazione Bioparco di Roma,- conferma il presidente della Riserva, Giuseppe Ricci - ora c'è l’accordo con l’Università Agraria di Vallecupola, che ci ha concesso il terreno per ampliare un’area in cui intendiamo realizzare piccoli siti umidi adatti alla vita dell’ululone appenninico; in questo modo potremo proseguire con il ripopolamento di questa specie e allo stesso tempo dare una possibilità di colonizzazione di nuovi habitat alle popolazioni esistenti". E magari quando Andrea Pieroni ne tirerà qualcuno fuori dal fango potrà gioire di non riconoscerlo a prima vista.
Mia Canestrini: "Noi, donne e amiche dei lupi"La zoologa e ricercatrice, da oltre 10 anni studia gli esemplari italiani. "Non dobbiamo avere paura ma imparare a conviverci. È normale che si avvicinino ai centri abitati. Ma proteggiamo i nostri animali domestici dai pericoli
leggendo questo articolo di di Giacomo Talignani su repubblica 22\5\2021 mi chiedo se è possibile farlo con animali selvatici come i lupi , perchè non le donne non lo fanno anche siu certi uomini ?
Più che un appello un “ululato”, un richiamo sociale affinché la nostra società - proprio ora che vive un momento critico per la pandemia - faccia quel passo in più che servirebbe davvero a contribuire alla salvaguardia della biodiversità, della conservazione della natura. Lo si potrebbe definire così, il desiderio della “ragazza dei lupi”. Mia Canestrini [ foto sinistra ] , zoologa, ricercatrice che da oltre dieci anni studia i lupi italiani, protagonista di diverse trasmissioni tv e radio, autrice del libro “La ragazza dei lupi” è oggi impegnata nel primo monitoraggio nazionale di questi splendidi animali, è convinta che per riuscire a proteggere la biodiversità che stiamo perdendo serva coinvolgere sempre più persone, soprattutto le nuove generazioni, e farlo attraverso «tutti gli strumenti, che prima non c’erano, che oggi la scienza ha a disposizione: come i social, per divulgare e parlare ai giovani», racconta a Green&Blue. E, spiega la “lupologa”, "quando ho iniziato io c’erano pochissime donne ad interessarsi di lupi, mentre ora sempre più ragazze dimostrano una nuova attenzione per la natura e la convivenza con questi animali. Spero che l’Italia diventi più attrattiva, per chi vuol fare scienza, soprattutto per le donne".
Quando sente la parola biodiversità a cosa pensa?
"Alla Terra in difficoltà. A quanto diverse specie stanno soffrendo tra crisi climatica, inquinamento, perdita di habitat, urbanizzazione. Io da più di dieci anni mi occupo soprattutto di lupi, la mia specialità, e nel loro caso la perdita di biodiversità è soprattutto negli habitat in cui vivono. Se parliamo solo di lupi, qui ci sarebbero due biodiversità da raccontare".
Quali?
"Il lupo è un animale particolare, perché se è vero che ha rischiato l’estinzione in passato - e negli anni Settanta in Italia si contavano appena tra i 100 e i 300 lupi - in realtà questo era dovuto soprattutto alla caccia. Ma grazie alle leggi per la loro protezione si sono adattati e ripopolati e senza caccia direi che non corrono grandi rischi. È invece diverso se per esempio parliamo di biodiversità genetica, in questo caso un elemento critico per la conservazione del lupo è proprio la scoperta continua di esemplari che hanno nel loro albero genealogico un antenato cane".
Ci sono molti ibridi?
"Diciamo che stiamo riscontrando sempre più incroci fra lupi e cani, confermati localmente da analisi genetiche di lupi che hanno un contenuto canino, probabilmente di un trisavolo o chissà quale cane del passato. Dal punto di vista conservazionistico questa può essere una minaccia e come influiscono queste varianti genetiche di origine domestica in popolazioni selvagge a livello di impatto è difficile da ipotizzare. Ma, per esempio, abbiamo riscontrato alcune caratteristiche morfologiche selezionate dalla natura, come molti lupi che oggi hanno un mantello color crema, tigrati, nero focato oppure con strane pezzature che non sono tipiche del lupo selvatico. E se le colorazioni in natura hanno una fuzione, per esempio per caccia e comunicazione, queste alternative derivate dal cane stanno deviando il percorso genetico del lupo e aprendo a nuove strade che non conosciamo".
La via selvatica - Mia Canestrini: "Il ritorno dei lupi"
Lei insegna a proteggerli, a come conviverci, anche perché - come ha ripetuto più volte - cercava i lupi e ha trovato se stessa.
"È vero, e ora provo a fornire e divulgare le giuste attenzioni per questa convivenza uomo lupo. Ricordo sempre che è normale che i lupi si avvicinino ai centri abitati e non bisogna avere paura, è il meccanismo con cui i primi lupi centinaia di migliaia di anni fa si sono auto-addomesticati e poi attraverso l’intervento diretto uomo si è arrivati al cane. Il lupo per opportunismo si avvicina dove c’è cibo: non c’è bisogno di preoccuparsi, ma se si abita in zone di lupi è bene adottare comportamenti compatibili con la convivenza col predatore. Per esempio non lasciare animali domestici incustoditi all’esterno nelle ore notturne, così come evitare di lasciare umido o mangimi all’aperto perchè potrebbero attirarli".
Prima del successo com’è stato essere “la ragazza dei lupi” in un mondo di maschi al vertice?
"A volte mi sono sentita abbastanza sola, ma non ero l’unica donna, nonostante il mio sia un ambiente che tende ad essere più maschile che femminile. Ma le cose lentamente cambiano. Per esempio il monitoraggio nazionale lupo, che stiamo facendo per la prima volta in Italia, ha quattro coordinatrici e sono tutte donne. Una prima volta anche per un team lupo tutto coordinato da figure femminili. Direi che se prima quello del lupo era un mondo di baronetti, adesso è di lupesse donne. Però credo che finché in Italia si sente l’esigenza di istituire eventi, manifestazioni o associazioni in cui viene valorizzato il ruolo delle donne nella scienza significa che la parità ancora non c’è. Bisogna ancora lavorare molto per la parità di genere".
Cosa consiglia ai giovani che vogliono diventare zoologi?
"Devo dire, da quando ho pubblicato il libro e fatto interventi in televisione, che moltissimi giovani soprattutto in età da liceo mi chiedono cosa ho studiato, oppure mi contattano sui social network ragazze dell'università che non hanno le idee molto chiare, chiedendomi come fare la mia professione, spesso pensando che questo sia un ambiente ostile, difficile. Io consiglio di non mollare, magari di andare all'estero a fare un po' di esperienza. Dopo quindici anni di militanza nella conservazione in Italia se tornassi indietro io per prima andrei all'estero, magari in Inghilterra. Oppure oltreoceano, in Usa o Canada, dove è molto più valorizzato questo lavoro rispetto all'Italia o al sud Europa".
Intende in termini economici?
"Fare scienza o ricerca in Italia spesso significa avere un ritorno che ti serve giusto per sopravvivere a meno che, come sto provando a fare, non si stratifica con attività di divulgazione. Perché altrimenti il trattamento economico è davvero pessimo rispetto per esempio a nord Europa o oltreoceano, dove si hanno più opportunità di carriera. Quello che qui si ignora è che se le persone che si occupano di scienza sono gratificate anche dal punto di vista economico o di carriera, c'è un entusiasmo diverso. Invece sempre più spesso qui mi capita di vedere molti colleghi mollare, anche dopo 20 anni, e cambiare lavoro perché con i mille euro al mese di un progetto di conservazione non riesci anche a portare avanti progetti di vita".
Se non avesse studiato i lupi, quali altri animali avrebbe voluto proteggere? E quali sono i suoi progetti futuri?
"Devo dire che ho sempre avuto un occhio verso i primati. Da giovane mi vedevo partire per il Tropico del Capricorno a seguire le orme di Jane Goodall, ma mi sono ritrovata a seguire quelle dei lupi. E sono felice così".
Mia Canestrini: "Noi, donne e amiche dei lupi"
22.5.21
la cultura ( ? ) dello stupro colpisce ancora . anche lady gaga se la sarebbe cercata ?
che siamo impazziti, aspettate un attimo. Ma se state pensando che il modo in cui ci si veste non possa in alcun modo giustificare una rapina, non possiamo che essere d’accordo con voi.
Fermi tutti, però. Perché, invece, se le stesse domande vengono poste ad una donna che denuncia una molestia o uno stupro, vengono percepite come “normali”?
Lo sketch di BBC Comedy
È quello su cui vuole far riflettere uno sketch realizzato da BBC Comedy (uno dei canali del network della TV pubblica britannica) in cui un uomo ben vestito va a denunciare di essere stato rapinato. Protagonista è la comica Tracey Ullman che conduce il seguitissimo show che porta il suo nome. Ecco il video, segue traduzione dei dialoghi.
L’agente che raccoglie la denuncia, una donna, comincia a fargli delle domande sulla dinamica dei fatti. Prima gli chiede di descrivere l’uomo che lo ha aggredito. L’uomo risponde e poi spiega che gli è stato messo un coltello alla gola e che, a quel punto, il ladro gli ha chiesto il telefono e l’orologio. È lì che cominciano le domande strane: “Era vestito come adesso?” chiede l’agente. L’uomo non capisce. “È questo l’orologio che indossava quando è successo?” insiste la donna. “Ehm, sì… ma…”. “Lei sembra provocatoriamente benestante” incalza l’agente. L’uomo si agita: “Non capisco come quello che indosso…”. “Be’, è una sorta di invito, no – lo interrompe lei -? Come se lo stesse pubblicizzando”. “Aveva bevuto? L’uomo tenta di rispondere, ma l’agente deduce che è stressato e chiama la psicologa. La seconda donna entra: “Quest’uomo è un po’ arrabbiato, è stato rapinato poco fa” le spiega l’agente. “Oh, caro… Aveva bevuto?” chiede la psicologa. “Sì, perché se aveva bevuto potrebbe aver mandato segnali confusi – spiega l’agente -. Un uomo ben vestito, con il telefono che alla fine dice: Non voglio essere rapinato…”. L’uomo tenta di riportare la questione ai fatti: “Mi ha puntato un coltello alla gola e mi ha chiesto le mie cose…” spiega. “E gliele ha date?” chiede la prima donna. “Ha urlato?” gli chiede la psicologa. “Vede, una persona come può capire che lei non è contento di dargli le sue cose se lei non chiarisce le sue intenzioni?” aggiunge l’agente. “Non ho urlato. Aveva un coltello! Ero terrorizzato” risponde l’uomo cercando di far capire la paura che ha vissuto. “E noi siamo molto solidali, ma lei deve assumersi parte della responsabilità”. Le email offensive Per aggiungere assurdo all’assurdo, entra nella stanza un agente in divisa che spiega che nell’altra stanza c’è un uomo che racconta dia vere ricevuto diverse email offensive. La donna che sta interrogando la vittima della rapina gli suggerisce di chiedere quale fonte abbia usato: “Se è qualcosa di civettuolo come l’Helvetica, probabilmente se l’è scritte da solo”.
...DI PASSAGGIO Un ricordo di Franco Battiato © Daniela Tuscano
disco non sempre felice ma, nella sua melodia inconfondibile, preludio - o eco, a seconda delle angolazioni - del Battiato più autentico, di quel suo libertarismo filosofico - spirituale, mentale - che lo portava sul palcoscenico di #ReNudo e al Teatro Greco di #Segesta, a posare travestito per una marca di divani e a esibirsi davanti a #giovannipaoloii . In tutti questi mondi Battiato entrava con la disinvoltura del ballerino, salutava e andava, ignoto come il dio dell'areopago. Poeta del fallimento, non della rivelazione; spirituale e antireligioso, Trinacria e Sibari, sufismo e teutoni, #lacura e #stranigiorni . Lo percepiamo sincero quando, in pieno deserto, confida all'amico beduino d'esser venuto "a fermare la latinizzazione della lingua araba"; perché non è una posa, perché c'è stata un'Europa che dialogava coi maomettani e lui lo sapeva. Gli si perdonavano le cadute - sempre leggere, attutite - perché era già altrove, di passaggio come tutti noi. Solo che Battiato, nel suo mistico nichilismo, l'aveva realmente compreso; altri s'aggrappano invano a minuscole deità.
21.5.21
CHI LE CAPISCE LE DONNE . Un uomo si siede al tavolo di una ragazza mettendola a disagio
Quello che mi chiedo leggendo la storia che trovate sotto è chi le capisce è bravo . quindi chiedo alle mie amiche comprese quelle femministe come possiamo allora corteggiarvi se ciò vi mettete paura o disagio ? Come è successo a questa ragazza qui sotto
Ora come dice il sito https://www.curioctopus.it/ del 14\5\2021 cui riporto sia il video sopra sia la storia \ vicenda sotto
Nessuno dovrebbe mai sentirsi come si è sentita questa ragazza. Nessuno dovrebbe mai provare paura, disagio, violazione della propria privacy e dei propri spazi. Nessuno dovrebbe mai trovarsi costretto a chiedere ad una persona di smetterla o di allontanarsi, minacciandola seppur in maniera impercettibile, perché questa non è in grado di capire che la sua presenza non è desiderata. Purtroppo è quello che una ragazza è stata costretta a fare quando un uomo più grande di lei le si è avvicinato.
ecco l'articolo
Una ragazza di 18 anni ha condiviso un video su Tiktok, con una didascalia che fa già capire il suo disagio: “la notte più spaventosa della mia vita finora”. I video, che riprendono la ragazza nel cortile di un hotel, sono in poco tempo diventati virali sui social media e molte donne non solo si sono immedesimate nella sua situazione, ma dicono di averne vissute di altrettanto spaventose. Un uomo le si è avvicinato e si è seduto al suo tavolo mentre lei stava girando un video. Le ha chiesto se la sedia del suo tavolo fosse occupata e lei le ha detto di no, pensando che volesse portarla ad un altro tavolo. Invece l’uomo si è seduto e ha iniziato a parlarle.
Ma le espressioni della ragazza fanno capire che è a disagio e non è felice di quella situazione. Lui le chiede cosa stesse facendo e come si chiamasse e la ragazza risponde a monosillabi, cercando di non sembrare scortese o paranoica, e inventa un nome finto. Non appena la ragazza dice di essere in diretta video, l'uomo se ne va dicendo “piacere di averti conosciuto”.
In un altro video la ragazza ha spiegato che l’uomo sembrava avere circa 30 anni: era più grande di lei di molto e avrebbe dovuto capire che non fosse il caso di avvicinarsi ad una ragazza seduta da sola e visibilmente impaurita e a disagio.
Il video della ragazza è stato visualizzato più di 11 milioni di volte e non è difficile intuire il perché: molte donne sono state importunate da “uomini raccapriccianti” e hanno vissuto la stessa identica situazione. Una situazione in cui non si sa bene cosa fare: un sesto senso dice che c’è qualcosa di strano, dall’altro lato però non si vuole reagire in modo eccessivo.
#allamiaetà: L’incredibile storia di Titta Colleoni, sintetizzatori e libertà a cavallo degli anni Settanta
Layla - Eric Clapton
Il ricordo di Franco Battiato, le serate con il batterista degli Area Giulio Capiozzo e un giovane cantante a cui dare una mano come Edoardo Bennato. C’è tutto questo in una chiacchierata con Titta Colleoni, tastierista bergamasco che ha collaborato con i grandi della musica italiana
C’è stato un tempo in cui il meglio della musica alternativa italiana passava da Suisio, suonando al campanello di casa Colleoni. Era lo stesso periodo in cui, come spiega Titta Colleoni, “i produttori facevano ancora i produttori e i talenti li andavano a cercare negli studi di registrazione e nei locali”.
Sembrano passati secoli, eppure si parla degli anni Settanta, di una cinquantina di anni fa, più precisamente nel periodo che va dal 1972, anno dell’uscita di “Fetus” primo album di Franco Battiato, fino al 1976 circa. Anni in cui Titta suonava nei Perdio, trio bergamasco composto da basso, tastiera e batteria e riconosciuto come uno dei pionieri del prog italiano. Ma sono anche gli anni dell’uscita di “Non farti cadere le braccia”, esordio discografico di Edoardo Bennato e di “Arbeit macht frei”, storico disco degli Area.
“Bergamo ha un che di magnetico e speciale per la musica – racconta Titta – un po’ lo fa anche il nostro carattere, il modo di fare dei bergamaschi che non hanno mai troppo la puzza sotto il naso e ci si rende conto dei nostri limiti. Ma all’epoca Bergamo era quella mezza dimensione giusta per i musicisti, abbastanza vicina a Milano, ma meno caotica e più economica per i produttori che dovevano pagare i dischi”.
E ancora: “Perché una volta era così. Non è come adesso che i musicisti devono creare prima il brand e poi il prodotto. Una volta erano i produttori a girare in lungo in largo per cercare musica nuova e se credevano in un progetto pagavano tutto di tasca loro per farlo nascere. Ora, nella maggior parte dei casi se non stacchi un bonifico sostanzioso a chi di dovere non entri nel giro”.
Inutile negare che nelle parole di Titta Colleoni ci sia un po’ di amarezza nel confronto con un mondo musicale che non si può definire solo cambiato, piuttosto è stato trasformato dalle dinamiche dello streaming . Il tastierista bergamasco si permette di dirlo a onor del vero, visto che ancora adesso collabora con tanti giovani artisti, bergamaschi e non solo: “Ogni tanto mi chiamano dallo studio di Suisio, per ascoltare qualcosa e provare a inserire due note o un’idea e non sono tutti ragazzi persi. Ci sono molti bravi artisti all’orizzonte e mi sto adoperando per chiamarne qualcuno, anzi qualcuna, da far esibire in occasione della Festa della Musica di Brescia e, in prospettiva, per Bergamo e Brescia capitali della cultura”.
Alessandro Ducoli, Titta Colleono e Jean-Luc Stote (Foto Tomasz Fiedziuk)
Titta Colleoni, infatti, è tutt’altro che in pensione. Grazie a un altro amico di vecchi data come Jean Luc Stote, storica voce di Radio Onda d’Urto e direttore artistico della Festa della Musica del capoluogo bresciano, una delle più riuscite d’Italia, riesce a mantenere il contatto con molte realtà della nuova musica emergente. Il tutto, conferma, senza provare nostalgia: “Mi viene solo un po’ di invidia perché vorrei entrare dentro il loro progetto, essere parte attiva di qualcosa che nasce”.
Eppure tanto è cambiato dai suoi vent’anni e dal suo fare musica e a spiegarlo è proprio lui, tramite le parole di un grande maestro che ci ha lasciato da poco, Franco Battiato: “Mi ripeteva sempre che serve l’educazione all’ascolto, non al sentire”.
Titta e Franco hanno collaborato insieme durante la prima fase della carriera del cantautore siciliano e in questi giorni la tristezza si mescola con i ricordi: “La prima volta che ci siamo visti è stato a Milano nella sede della casa discografica Bla Bla. Lui stava lavorando al suo primo disco. Poi, una sera noi stavamo suonando all’Auditorium ed è comparso sotto il palco con un tabarro nero come quello che usano gli anziani. Dopo il concerto abbiano iniziato a parlare e da lì ci siamo visti sempre più spesso. Lui ha cominciato a frequentare Suisio e Bottanuco e in sala prova sperimentavamo con i sintetizzatori, ed era tutto nuovo. C’era la possibilità di filtrare gli strumenti e creare variabili infinite maneggiando direttamente il suono. La fantasia poteva agire liberamente”.
Titta Colleoni e Giovanni Salis
Non solo i mezzi tecnici permettevano di provare a comporre con nuove soluzioni armoniche, le occasioni che nascevano con la musica e il fermento di quel periodo davano stimoli continui: “Una sera dovevamo suonare a Casatenovo ed eravamo d’accordo che sarebbe venuto anche Franco. Sulla strada ha incontrato un autostoppista polacco che aveva con sé un violino. Non serve che ti dica com’è andata, alla fine sono saliti entrambi sul palco con noi e il violinista credo abbia anche suonato poi in un suo disco”.
L’album che più di tutti sancisce la collaborazione fra il tastierista bergamasco e Battiato è “Sulle corde di Aries”, terza pubblicazione per l’etichetta Bla Bla del maestro siciliano. Titta ricorda così quell’incredibile tournée: “Abbiamo fatte una serie di date in Sicilia, dove il pubblico era veramente eccezionale. Alcuni concerti magnifici, poi siamo risaliti sulla sua Nsu prinz arancione e in due giorni siamo tornati a Milano, cantando parecchio e ridendo ancora di più. Era un guidatore improbabile”.
Altri anni, altre abitudini, altri modi di sperimentare e vivere la musica. “Una sera invece avevamo un concerto a Bergamo con il Banco del Mutuo Soccorso. Mi si avvicina il loro produttore Sandro Colombini e mi parla di un ragazzo che aveva dei bei pezzi che andavano ‘un po’ tirati insieme’ e dice che me lo vuole affidare”. Il ragazzo in questione è Edoardo Bennato che una settimana dopo arriva a Suisio. “Passavamo le giornate in un’osteria di Città Alta che aveva il pianoforte per arrangiare i pezzi, poi in un alberghetto di Oltre il colle abbiamo lavorato a tutto il disco e infine abbiamo registrato a Milano”.
In quel periodo la frequentazione era assidua anche con gli Area, al lavoro a Zingonia sul loro capolavoro più noto. “A Giulio, il batterista, non piaceva tanto stare a Zingonia e quasi ogni sera veniva da me a Suisio”.
Cosa sia capitato invece ai Perdio che quel successo discografico lo hanno solo sfiorato è lo stesso Titta a spiegarlo: “Ad un certo punto siamo andati a Genova per registrare un Lp per Patty Pravo e Riccardo Fogli. Era il nostro trampolino di lancio, ma volevano farci cambiare una frase di un testo e ce ne siamo andati. Non se ne fece più nulla, in quegli anni avevamo l’idea che dovevamo rifiutare la commercializzazione a ogni costo. Ci abbiamo ripensato tutti, spesso, a quell’occasione persa, forse avremmo dovuto comportarci diversamente, ma in quel momento contava solo mantenere la nostra purezza”.
Titta Colleoni ha vissuto una vita a dir poco intensa, fra alti e bassi e ritorni alla musica. La racconta in “Sette bicchieri quasi uguali”, un volume nel quale si racconta al cantautore bresciano Alessandro Ducoli. Insieme c’è anche un disco, “In The Garden Of Eden” (potete acquistarlo qui).
Titta Colleoni su Wikipedia
20.5.21
Uno scorcio di Sicilia interna tra le Catania ed Enna riscoperto grazie alla passione di militanti e agricoltori. Pronti a sfidare discariche e mafie dei pascoli
non è mai tardi La laurea a 85 anni di Francesco Pitocco: "La mia tesi scritta a mano. La didattica online? Con i nipoti"
repubblica 20\5\2021
Sarà il primo studente a laurearsi in presenza all'università di Modena e Reggio Emilia, ora che sono finite le restrizioni per la pandemia. Ci ha messo anni, dopo una frase detta da un collega dalla quale tutto è partito
Ha avuto qualche problema con la didattica online, lui che ha scritto la sua tesi a mano, per poi farla copiare al computer da una stenografa. Ma Francesco Pitocco, 85 anni, domani sarà il primo studente a laurearsi in presenza all'università di Modena e Reggio Emilia (Unimore) dopo la fine delle restrizioni dovute al Covid. "Sono molto contento che questo giorno sia arrivato - ha detto alla vigilia - anche se in un periodo per me molto complesso, costellato da dispiaceri e lutti: ho perso un nipote di quarant'anni e appena otto giorni fa è mancato mio fratello, il mio fratellone, colui che mi ha sempre sostenuto in questo lungo percorso, incominciato molti anni fa e che, a causa del lavoro e della famiglia, ha conosciuto un lungo periodo di stop".
L'ultraottantenne di Reggio Emilia, abruzzese di origine, ha completato il suo percorso di studi in Giurisprudenza con una tesi in diritto penale che discuterà davanti ad una commissione di 11 componenti, presieduta da Marco Gestri, docente ordinario di diritto internazionale. Relatore sarà Francesco Diamanti, ricercatore di diritto penale e da molti anni docente a giurisprudenza. Titolo della tesi: ’I soggetti responsabili nel diritto penale della sicurezza del lavoro'.
"Ho lavorato per 35 anni in una società telefonica - ha raccontato ai tanti che gli chiedono in questi giorni del suo stato d'animo - una volta un collega mi disse 'ho ragione io perché sono laureato', ci ho messo un po': mi sono iscritto, ma ho impiegato anni per arrivare alla tesi. Il passaggio alla didattica online dovuto alla pandemia, mi ha dapprima provocato un certo disagio perché ho poca confidenza con gli strumenti informatici. Devo dire, però, che mi sono subito adattato grazie all'aiuto dei miei nipoti e alla gentilezza e disponibilità dei docenti: ho affrontato due esami online e anche tutti gli incontri con il mio relatore per discutere della tesi si sono svolti a distanza. Mi sono così tanto abituato che quasi mi dispiace laurearmi in presenza".
Le discussioni delle tesi dei dieci laureandi sono in programma venerdì mattina nella sala del consiglio del dipartimento di giurisprudenza, nel pieno rispetto di tutte le norme in materia di prevenzione del contagio, e inizieranno alle 9.30 proprio con Francesco Pitocco. "Siamo particolarmente contenti - spiega Elio Tavilla, direttore del dipartimento di giurisprudenza - di tornare a svolgere gli esami di laurea in presenza. Per quanto la macchina organizzativa sia particolarmente complessa, proprio in ragione dello scrupoloso ossequio di tutte le disposizioni anti-contagio, ritengo che gli studenti e le studentesse abbiano il diritto di vivere un momento tanto importante negli spazi deputati, con tutte le emozioni proprie di questa modalità e, soprattutto, lontani dagli schermi del computer. Come dipartimento e, più in generale, come ateneo - conclude Tavilla - abbiamo sempre ritenuto la didattica online parte fondamentale del nuovo contesto pandemico: nessuno, però, ha mai ceduto alla tentazione di considerarla sostitutiva della presenza e della prossimità, modalità che continuano ad essere il punto centrale del nostro modo di intendere l'università".
omaggio alle api
Oggi è la giornata mondiale delle api per questo ho voluto fare loro un omaggio in poesia
Ode all’ape – Pablo Neruda
per evitare chiamate indesiderate o messaggi molesti su whatsapp usate due schede una pubblica ed una privata
questo post di Aranzulla conferma il consiglio che davo in un post ( cercatevelo nell'archiviuo dell'ann...
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Come già accenbato dal titolo , inizialmente volevo dire Basta e smettere di parlare di Shoah!, e d'aderire \ c...
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Aveva ragione de Gregori quando cantava : un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memor...