21.8.17

facebok due pesi e due misure il caso di don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro e Ramin

IL fatto   che  mi accingo a riportare  mi riportare    mi ricorda  questo film 




da  http://iltirreno.gelocal.it/pistoia/cronaca/2017/08/20/

PISTOIA. Decine, centinaia, forse migliaia di messaggi: la pagina Facebook di don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro e Ramini, ieri è stata sottoposta ad un vero e proprio diluvio informatico. 

Don Biancalani si spiega: il razzismo nega il cristianesimo
Molti i messaggi di simpatia e solidarietà, ma tanti, a occhio la maggioranza, di insulti pesantissimi, minacce di morte e così via. Anche il leader leghista Matteo Salvini ha speso parole dure contro il parroco pistoiese.
REAZIONI:

Ma cosa è successo per scatenare un simile pandemonio? Semplice: che don Biancalani ha pubblicato alcune foto che ritraggono un gruppo di migranti ospitati nella parrocchia di Vicofaro mentre si recano alle piscine di Cantagrillo per una mattinata al fresco. Un viaggio che – spiega il sacerdote – costituiva un premio per loro, che avevano lavorato gratuitamente il giorno prima all’iniziativa benefica organizzata da una Onlus pistoiese, “Gli amici di Francesco”. «Tra l’altro quel viaggio – commenta don Biancalani – l’ho pagato con i miei soldi». Già le foto dei migranti che giocavano di fronte all’obiettivo parevano fatte apposta per titillare i razzisti da tastiera. Poi don Biancalani ha aggiunto, sulla sua pagina Facebook: “E oggi... piscina! Loro sono la mia patria, i razzisti e i fascisti i miei nemici!”.
a cosa è successo per scatenare un simile pandemonio? Semplice: che don Biancalani ha pubblicato alcune foto che ritraggono un gruppo di migranti ospitati nella parrocchia di Vicofaro mentre si recano alle piscine di Cantagrillo per una mattinata al fresco. Un viaggio che – spiega il sacerdote – costituiva un premio per loro, che avevano lavorato gratuitamente il giorno prima all’iniziativa benefica organizzata da una Onlus pistoiese, “Gli amici di Francesco”. «Tra l’altro quel viaggio – commenta don Biancalani – l’ho pagato con i miei soldi». Già le foto dei migranti che giocavano di fronte all’obiettivo parevano fatte apposta per titillare i razzisti da tastiera. Poi don Biancalani ha aggiunto, sulla sua pagina Facebook: “E oggi... piscina! Loro sono la mia patria, i razzisti e i fascisti i miei nemici!”.




Nel giro di poche ore sono iniziati a piovere messaggi sulla pagina del parroco, soprattutto critiche per aver utilizzato – lui, prete – parole come “nemici” riferiti ad altri esseri umani. Ma fin lì tutto abbastanza nella norma: don Biancalani alle polemiche è abituato, da quando – oltre un anno fa – ha chiesto e ottenuto dalla prefettura di poter accogliere dei migranti nelle sue due parrocchie, anche di fede islamica, insieme a don Andrea Carmignani parroco di Marliana. Questa scelta e il suo darsi da fare per gli immigrati con totale disponibilità, aiutandoli ad esempio a creare un laboratorio di cucito e un forno, ne ha fatto l’obiettivo ideale per tutti quelli che vedono come fumo negli occhi qualunque polirtica di accoglienza nei confronti dei migranti. Ma la vera svolta alla vicenda è arrivata ieri, quando il leader della Lega Matteo Salvini ha condiviso sulla sua pagina Facebook le foto dei migranti in piscina, commentando così: “Questo Massimo Biancalani, prete anti-leghista, anti-fascista e anti-italiano, fa il parroco a Pistoia. Non è un fake! Buon bagnetto”.





Questo Massimo Biancalani, prete anti-leghista, anti-fascista e anti-italiano, fa il parroco a Pistoia.
Non è un fake!
Buon bagnetto.

Nel giro di poco tempo migliaia di messaggi con insulti pesantissimi, allusioni e minacce sono arrivati alla pagina di don Biancalani, evidentemente stimolati dalla presa di posizione di Salvini.Nel frattempo Facebook era intervenuta bloccando il profilo del sacerdote, che ha rimosso le foto della gita in piscina e il suo commento sui “nemici”. Dopo di che il diluvio di offese ha continuato a dilagare ma don Biancalani, pur potendo, non risponde.«È increscioso quello che sta succedendo – dice – ma io ho sempre tenuto una pagina Facebook aperta a tutti e non mi sono mai posto dei problemi. È evidente che quello che sta succedendo ha ben poco di pistoiese. Io comunque continuo a pensare che il Vangelo ci chiede a tutti un atteggiamento di condivisione ed è quello che cerco di fare. E poi seguo quella massima che mi hanno sempre detto: male non fare, paura non avere»
 



Migranti, il parroco di Pistoia contro Salvini: "E' un furbo, questi ragazzi sono come miei figli"Gli insulti sui social e i tagli alle ruote delle bici "sono cose spiacevoli" ma "non mi fermeranno". Don Massimo Biancalani, parroco della chiesa di Santa Maria Maggiore alle porte di Pistoia, ospita da più di due anni una quindicina di migranti nella sua casa d'accoglienza. Le sue foto che ritraggono alcuni migranti fare il bagno in piscina durante una gita ha fatto il giro del web e ha scatenato numerose critiche alle quali si è unito anche il segretario della Lega Nord Matteo Salvini. "Mi sento come se me li avessero affidati - replica - e sono dispiaciuto per la violenza verbale apparsa sui social". "Salvini è un furbo - continua - perché coi suoi post tira fuori il peggio delle persone" Video di Andrea Lattanzi

l'ultima maglia di pele Il tesoro custodito da Jimmy: l'ultima maglia di Pelè e altre storie sportive



La prima storia è già ormai  storia . Ma a volte capita che che ritorni in auge a distanza di tempo, quarant'anni in questo caso , dal momento in cui è avvenuta .


 Infatti quarant'anni fa, il 28 agosto 1977, Pelé giocava la sua ultima partita ufficiale.                   Era la finale del campionato nordamericano: O Rei era il fiore all'occhiello dei Cosmos di New York, la squadra imbottita di mostri sacri – tra cui Beckenbauer e il nostro Giorgio Chinaglia – che avrebbe dovuto far scoppiare la passione per il soccer anche nei riluttanti Stati Uniti. Ma in quel match decisivo i supercampioni stentarono a imporsi sugli onesti pedatori dei Seattle Sounders; e Pelé non riuscì a segnare.
Merito anche del giovanissimo terzino che lo marcò: si chiamava Jimmy McAlister ( foto dell'epoca sotto e foto recente sotto  ) , aveva vent'anni ed entrò in campo solo perché i titolari erano infortunati. A fine partita Jimmy riuscì anche a portarsi a casa la sudatissima maglia numero 10 del giocatore più famoso della storia; da allora l'ha conservata gelosamente, senza mai metterla in vendita – e sì che varrebbe una fortuna – e senza nemmeno metterla in lavatrice...
A "quella sporca ultima maglia" è dedicato il servizio di copertina del numero del Venerdì di questa settimana ( foto   a sinistra    )  Dove Emanuela Audisio è andata a trovare Jimmy McAlister per farsi raccontare la sua finale da sogno («L'allenatore mi disse di bloccare Pelé anche a costo di mollargli un calcione», ricorda, «ma un tifoso non azzoppa il suo idolo» . sotto un estrattto dalla pagina online ( contiene degli estratti del settimanale , per il resto e per altri articoli la versione cartacea ) del settimale il venerdi di repubblica


SEATTLE.
Se ne andò per sempre dal campo, quarant’anni fa. Il 28 agosto 1977. Vincente, ma senza gol. Si liberò della sua maglia e la lanciò all’indietro, come a voler dire: stavolta è finita davvero
Aveva il numero 10 e il nome Pele. Gli dei non hanno bisogno dell’accento. Si alzarono molte braccia verso quell’eredità, anche se ancora nessuno sapeva che valeva quanto uno schizzo di Van Gogh. Jimmy aveva vent’anni, si attardò, era stanco, aveva marcato Pelé, non lo aveva fatto segnare, ma fece un ultimo scatto e afferrò quella che per l’America era solo una casacca sudata, ma per il resto del mondo una Sacra Sindone. Il numero 10 più famoso del mondo finì nelle mani del giocatore più sconosciuto del mondo. Una riserva, addirittura. C’erano 37 mila spettatori a Portland per la finale del Soccer Bowl, campionato nordamericano, Cosmos di New York contro Seattle Sounders. La squadra dei ricchi e famosi, di Pelé, Beckenbauer, Chinaglia, contro quella degli operai del pallone. I primi arrivarono allo stadio in limousine, gli altri in corriera, Pelé con le guardie del corpo. E alla fine i Cosmos ce la fecero: 2-1. Diventarono campioni.

 A segnare furono l’inglese Steve Hunt e l’italiano Giorgio Chinaglia, ma a essere portato in trionfo, mezzo nudo, fu O Rei, il grande seduttore, l’uomo dai tre Mondiali, dai mille gol, quello arrivato dal Brasile con una mission impossible: convertire l’America al soccer.
Quel ragazzo che quarant’anni fa prese la sua maglia ora ha 60 anni. Si chiama Jimmy McAlister,



 fa l’allenatore di calcio, perché è chiaro che se il destino ti consegna la bellezza, tu non puoi scartarla. Jim è l’ultimo uomo che ha marcato Pelé, 

che gli ha negato il gol, ma non se vanta. Sliding balls. «Giocai per caso, perché i due terzini davanti a me si erano infortunati. L’allenatore mi aveva detto: non dargli il tempo di girarsi, se riceve palla stagli appiccicato, anzi dagli pure un calcione, fagli sentire che ci sei, non lasciarti intimidire. Io una scarpata a Pelé? Mai e poi mai. Un tifoso non azzoppa il suo idolo. Del calcio brasiliano non sapevo niente, in tv allora non si vedeva, ma mai nessun calciatore si era guadagnato la copertina di Sports Illustrated, la bibbia dello sport Usa, e se non eri una star non ci finivi lì. Mi avessero riempito la testa di tattiche, mi avessero detto ecco come devi fermare laleggenda, sarei andato in confusione. Guadagnavo 1.800 dollari al mese, spiccioli. Pelé sei milioni per tre anni». Il suo non era un contratto da atleta, ma da performing artist, da professionista del palcoscenico. L’avvocato Norman Samnick, che lo ideò, aveva appena concluso quello di Dustin Hoffman per il film Tutti gli uomini del presidente, e per la firma si era dovuto anche scomodare il segretario di Stato, Henry Kissinger, altrimenti il Brasile non avrebbe lasciato andare quel patrimonio storico-sportivo dell’umanità. Nessun giocatore nero in America incassava così tanto, nemmeno i più famosi: il campione più pagato era O.J Simpson nel football Nfl, 700 mila dollari l’anno, seguito da Wilt Chamberlain, basket Nba, con 600 mila; anche Kareem Abdul Jabbar, la star dei Los Angeles Lakers, il più famoso gancio-cielo del mondo, nominato quell’anno miglior giocatore, era fermo a 600 mila. Per non parlare del dio del baseball, Hank Aaron, appena 200 mila dollari di stipendio, nonostante nel ’74 avesse battuto il record di Babe Ruth con 715 fuoricampo.
Ma Jim tutte queste cose non le sapeva. Era cresciuto giocando a pallone a scuola, in una comunità con molti scozzesi e irlandesi, a Seattle, sul Pacifico, patria di un altro Jimi (Hendrix) che suonava la chitarra in modo strano: «Avevo rispetto per Pelé, io ero un ragazzo di vent’anni che poteva a malapena permettersi un’auto, lui una celebrità, con lo stile del top-businessman, ai tempi il suo nome era più famoso della Coca-Cola. Va bene, non era più quello di una volta, ma nemmeno un patetico Buffalo Bill, si prendeva molta cura del suo corpo, cosa che qui non faceva nessuno, ed era sempre una forza fisica. Non dimenticherò mai gli occhi, vedeva tutto, intuiva i movimenti, la sua intelligenza in campo era fantastica. Io ero una giovane promessa del soccer, reclutata in un liceo di Seattle, uno dei pochi calciatori indigeni in una lega popolata di campioni stranieri, ero veloce, ma non statuario. Mi stampai su di lui, non gli dissi un parola, voglio dire nemmeno una parolaccia. Muto, gli augurai solo una buona partita, ma non era vero; mentre gli dicevo in bocca al lupo, dentro di me pensai: speriamo che non voglia finire in bellezza, che non si avvicini troppo alla porta, che non mi ridicolizzi rovinandomi la carriera. Avevo paura di finire io sul viale del tramonto, non lui: solo che io ero agli inizi, alla prima finale. Mi salvò l’incoscienza e la voglia di non farmelo scappare»... Continua sul Venerdì del 18 agosto



la seconda  un gesto    coraggiossimo  per  le cnseguenze  che  avrà  sulla   carriera   si sportivo  .  Uno  che    non  ci sta  alla regola    del




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 Negano minuto di silenzio per l'attentato di Barcellona: nuotatore non si tuffa dai blocchi

Ieri alle 11:34Aggiornato Ieri alle 12:49


E' successo ai Mondiali Masters di Budapest, con lo spagnolo Fernando Alvarez protagonista di questa particolare protesta dopo che il comitato aveva rifiutato la sua richiesta di eseguire un minuto di silenzio per le vittime di Barcellona: "Mi han detto che non si poteva perdere nemmeno un minuto, e così ho deciso di prendermelo da solo: certe cose valgono più di qualsiasi medaglia d'oro"
Una protesta dura, ma educata. Senza nessun tipo di violenza. Anzi. Una protesta che vale la pena essere sottolineata. Siamo ai Mondiali Masters di nuoto a Budapest (competizione aperta ad atleti con un'età uguale o superiore a 25 anni e divisi in categorie in base all'età, ndr) e anche lì gli atleti sono rimasti ovviamente sconvolti dagli attentati degli ultimi giorni, a cominciare da quello di Barcellona.

Così, il nuotatore spagnolo Fernando Alvarez chiede alla federazione un minuto di silenzio per ricordare le vittime della Rambla. Niente da fare. "Non c'è tempo", gli fanno sapere gli organizzatori. E così Fernando decide di prenderselo comunque quel minuto, decidendo di non tuffarsi dai blocchi di partenza mentre tutti i suoi avversari scattano in avanti alla caccia di una medaglia. Questa la sua testimonianza al quotidiano El Español.


" Avevo già nuotato venerdì nei 100m, poi i fatti di Barcellona hanno sconvolto un po' tutti e così venerdì ho deciso di mandare una mail al presidente visto che ne avevo ricevuta una da loro per partecipare alla festa di chiusura. Non ho ricevuto risposta. Così, prima della gara dei 200m, sono andato a parlare ancora con la direzione, ma mi han detto che non potevano farci nulla perché non si poteva perdere nemmeno un minuto visto lo schedule già prefissato della giornata. I fatti di Barcellona hanno colpito tutti, non solo noi spagnoli e credo sarebbe stato un buon gesto. E così quel minuto me lo sono preso comunque, fermo sul blocco mentre tutti si tuffavano. Non mi importa comunque, mi sento molto meglio così anche perché certe cose non valgono tutto l’oro del mondo..."




)

19.8.17

finalmente qualcuno\a reagisce a questa canea di prepotenti . Cagliari, turisti aggrediscono ambulante con i bastoni degli ombrelloni. Altri bagnanti lo salvano dal pestaggio

Qui a differenza della prepotenza che ha subito un venditore cingalese che vendeva bambolotti  di  pinguini a Vietri sul Mare (SA) ne ho parlato sempre  qui sulle pagine del blog c'è stata. Eccome.una  violenza    Per  fortuna  davanti  ai  turisti    rozzi   e  violeniu  che impugnano i tubi degli ombrelloni, l'intervento prima  ,del bagnino per cercare di calmare gli animi. ,  e  poi   dei   Cagliariatani   hanno  evitato   che  la  cazzimma  e prepotenza , razzista  in questo   caso ,   degenerasse .
 Ecco cosa è successo  al Poetto, alla prima fermata, dopo che un gruppo di turisti campani ha aggredito un ambulante senegalese dopo aver rubato un vestito del suo stock. Ed I bagnanti cagliaritani sono intervenuti per difenderlo

da http://www.youtg.net  DEL 18 Agosto 2017
poetto-cuccu-carta
CAGLIARI                 Un gruppo di turisti che accerchia un ambulante senegalese in spiaggia,al Poetto, davanti allo stabilimento de Le Palmette.          

Lo vogliono picchiare: il giovane africano li ha appena accusati di avergli rubato uno dei vestiti che mette in mostra. La tensione è altissima.                 Ma tra il gruppo - pare di campani - e il ragazzo si piazza Marina Cuccu, 57 anni, cagliaritana che da tempo vive a Milano. Li blocca. Ferma l'aggressione razzista. Subito dopo a darle man forte arrivano altri bagnanti cagliaritani: tutti si schierano in difesa del senegalese. Qualcuno chiama la polizia. E torna la calma.

L'episodio, avvenuto questo pomeriggio, è stato raccontato dall'avvocato Giorgio Carta, anche lui cagliaritano ma con studio anche a Roma. Era in spiaggia: "Poco fa, al Poetto, la spiaggia di Cagliari, un gruppo di turisti ha cercato di aggredire un povero venditore ambulante di colore (lo specifico perché per molti la cosa sarebbe determinante) e decine di bagnanti lo hanno impedito, facendo cerchio intorno alla vittima. Oggi sono molto orgoglioso di essere un cagliaritano".Orgoglioso, l'avvocato. È certa di aver agito nel giusto Marina Cuccu: "Ma torno a Cagliari e devo assistere a queste scene?", si chiede sconcertata. E racconta: "Questi energumeni, dall'accento per me erano campani, hanno rubato il vestito. Ho visto la scena: le donne hanno fatto finta di provarsi alcuni abiti e ne hanno fatto sparire uno. Il ragazzo se n'è accorto, si è lamentato. E quelli, coperti di catene e monili d'oro, lo volevano pestare. Mi sono messa in mezzo senza pensarci due volte", spiega ancora la donna, "e una di loro mi ha minacciata con il tubo dell'ombrellone. Mi hanno poi raccontato che quando il senegalese è riuscito ad allontanarsi si è creata una 'muraglia' di cagliaritani a proteggerlo". A confortare il giovane straniero anche un bagnino dello stabilimento: "In arabo", continua la Cuccu, "gli ha spiegato che ci sono anche italiani che si comportano male".

una lezione di civiltà insomma  

 
  concludo     ringraziando Luca Bernardini  

L'immagine può contenere: 1 persona, con sorriso, sMS


Attentato di Barcellona e non solo ci si concentra su particolari insignificanti e di poco conto ma non si analizzano a fondo le cause e i perchè lo sim è fatto ..



.... salvo eccezioni come questo  ottimo articolo   un po' di pensiero lucido oltre l'emotività , il buonismo  d'accatto e la giustificata rabbia post attacco .

Saggista e direttore editoriale di Dissensi Edizioni

La notizia dell’ennesimo attentato che ha colpito l’Europa sta riempiendo giornali, tv e blog di immagini e video. All’indignazione per le tante vittime innocenti si intrecciano i commenti di intellettuali, giornalisti e politici. Purtroppo, come al solito, si tratta di commenti fuorvianti che cavalcano l’emozione del momento, completamente incapaci di mostrare una visione d’insieme. La quasi totalità delle opinioni che ci apprestiamo ad ascoltare nello tsunami dis-informativo che giungerà nelle nostre case non ci spiegheranno i perché di tali gesti che sono solo sintomi di una grave malattia. Una malattia che è la fine delmodello di sviluppo del mondo occidentale che, per perseverare nella sua folle crescita economica, deve depredare nuovi territori sempre con maggiore voracità.
Attentato Barcellona, la verità è orribile. Per questo non viene dettaIl fine nei prossimi giorni sarà sempre lo stesso: dividere in modo ipocrita il mondo tra buoni e cattivi, in modo da permettere a coloro che esercitano il vero potere di raggiungere gli obiettivi prefissati. Obiettivi atti a giustificare nuove spese militari, ulteriori restrizioni delle libertà in Occidente e la possibilità di usare, ancora un volta, la religione come maschera per celare la vera posta in palio che è la razzia di petrolio, gas e stupefacenti. Negli ultimi anni pianificate guerre dirette e per procura hanno destabilizzato un’importante area geografica. Le aggressioni all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia, alla Siria hanno fatto montare la rabbia. Rancori e odi che si sono incanalati in tanti disadattati europei usati come concime per seminare paura ma anche in gruppi radicali e terroristici. Gruppi come Al Qaeda e Isis, che però sono stati usati e finanziati, come è accaduto in Siria, in maniera strumentale dagli Stati Uniti che si sono autoproclamati portatori sani di democrazia e libertà.L’invito che sento di rivolgere è di non limitarsi a volerinterpretare l’immagine di un puzzle solo con l’ultimo pezzo che ci viene mostrato dai mass media. Per rispettare le vittime degli attentati non serve essere informati su che musica ascoltassero e di quali film fossero appassionati, la vera sfida è spegnere la Tv e trovare gli altri tasselli del puzzle, quelli che poi danno la possibilità di vedere il quadro d’insieme, quello che è vietato mostrare. Secondo uno studio dell’associazione privata Council on Foreign Relations, solo nel 2016 il premio Nobel per la Pace, Obama, ha permesso che fossero sganciate ben 26.172 bombe su ben sette Paesi sovrani (Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia e Pakistan). Si tratta di tre bombe ogni ora per 24 ore al giorno che hanno ucciso migliaia e migliaia di civili innocenti come coloro che passeggiavano sulla Rambla a Barcellona.

Secondo un rapporto del 2014 dell’Ong britannica Reprive, per ogni “terrorista” ucciso nella guerra dei droni combattuta dagli Usa, le vittime civili sono state 28. In dieci anni, su 41 terroristi assassinati i droni hanno ucciso 1.147 innocenti. Uomini, donne e bambini di cui giornali e Tv non ci renderanno  [  o quasi mai   corsivo mio ]   conto

Ora  è  vero che     (  da  una  bacheca  fb di uno\a   m  che  ha  condiviso  uno   dei mie post  sull'attentato  )

Alessandro Breazzano .....in parte l'articolo è condivisibile ma l'autore non si pone una domanda fondamentale: come mai tra tutti gli oppressi, colonizzati e sfruttati della terra solo chi è di religione islamica (e spesso ha vissuto solo in occidente e non sa nemmeno dov'è uno dei paesi sfruttati) si fa saltare in aria, decapita ostaggi o investe persone inermi.....come mai nessun indiano d'America, nero Sudafricano, aborigeno australiano, indio sudamericano ha mai pensato di risolvere i problemi del mondo affidandosi all'estremismo religioso? .....perché non sono musulmani.....la colpa è di tanti ma l'Islam non può essere assolto....anzi....la religione in questo tipo di terrorismo e' il vero motore dell'odio....le cause economiche e le guerre, per me, sono al secondo posto.....

Rispondi
2
1 h
 ma   io penso  
Gestire
Giuseppe Scano invece secondo me vengono mascherate e unite alla relgione





Ora a  chi    dice  (  commenti  presi dall'articolo   de  ilfattoquotidiano  )

  • Avatar
    Siamo alle solite giustificazioni del terrorismo , si badi bene ho detto giustificazione, non comprensione, perché dubito che molti siano in grado di comprendere, quello che sta succedendo, infatti non vengono mai presi adeguati provvedimenti.
    La logica della giustificazione della legge del Taglione a difesa delle ingiustizie vere o presunte, a mio avviso è da folli.
    Comunque quando qualche g(per altro con grande ipocrisia), sia un dato di fatto. Impossibile da negareenitore o parente, reagirà per lo stesso principio medioevale , io almeno verbalmente lo giustificherò,debbano essere anche i media il loro insensato obbiettivo.
    Ho una certa età, ma meno di 70 anni e non ricordo, quali bombe siano state sganciate, sul Marocco e nemmeno sulla Spagna, paesi di origine degli ultimi attentatori, ma nemmeno su Belgio , Francia, Inghilterra, Germania e Tunisia.
      • Avatar
        invece il suo articolo non è il solito sermone su quanto gli americani siano cattivi ecc ecc. il problema è che queste persone sono dei pazzi furiosi e i mussulmani "moderati" e "integrati" in occidente fanno davvero ben poco per far si che tutto questo non accada. forse forse invece aveva ragione la Fallaci??? me lo domando spesso
        rispondo  che  non possiamo e non dobbiamo giustificare le violenze di nessuno  indipendemente  c  dala religione    ,   dall'etnia  , ecc   ma qui   si tratta   , cosa  che  pochi  fanno  , analizzando le  cause   e    di come  anche in paesi  dove non   sono intervenuti  in maiera  diretta  ( bombe   e  armi  )  ma  in maiera  subdola  ed  indiretta (    finanziamenti  di  governi fantocci  ,  del nemico  del mio nemico  , ecc  )   Lo leggano i 'cattivisti', quelli che si sentono attaccati dall'Islam in generale o dall'Isis in particolar e che  fanno di n tutrta  un erba  un fascioIo  credo   Credo che si possa essere ''buonisti" o "cattivisti'', ma il fatto che questa guerra la stia portando avanti l'Occidente ( per altro con grande (per altro con grande ipocrisia ), sia un dato di fatto. Impossibile da negare.




      ipocrisia), sia un dato di fatto. Impossibile da negare

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