3.2.15

Serve ancora il giorno della memoria ?

 Dopo  quest fatti  
  da  Milano repubblica   del 2\II\2015

Milano, scritte antisemite contro il convegno sulla Brigata Ebraica: la denuncia del Pd

L'atto vandalico alla sede della Provincia denunciato dal Pd milanese. Bussolati: "Condanniamo ogni provocazione contro una pagina importante della guerra di Liberazione dai nazifascisti"


"Non ci fermano e non ci condizionano le scritte ingiuriose apparse nottetempo davanti a Palazzo Isimbardi, in vista della conferenza sulla Brigata Ebraica". Il Pd metropolitano milanese così prende posizione sulle scritte comparse ('Sionisti assassini') su palazzo Isimbardi, dove prende il via la serie di eventi del programma di 'Bella Ciao Milano!', l'iniziativa promossa dal Partito Democratico Area Metropolitana di Milano per ricordare, celebrare e narrare il 70° anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo. continua   qui

 Mi "  marzuullo  "  cioè mi faccio domanda e risposta   se    come   suggerisce  ,  questo articolo   di http://caratteriliberi.eu/   che trovate  sotto    di   cui ho ripreso  apposta    il titolo . 
N.B
 Ho riportato   integralmente  l'articolo in quanto   la risposta  che  do' alla mia domanda elucubrartoria  e  forse  ovvia  \ scontata   per  me  chje ricordo  a  360  la  giornata del 27  gennaio di  ogni anno  stessa     è alla fine  più  precisamentre  : << ( .....)   questa delega alla memoria ebraica mostra una sempre più scoperta vocazione a collocare l’intera storia della Shoah in una storia ebraica e solo ebraica. Quasi che anch’essa vada assegnata al dolore “privato” di ciascun popolo che la storia ha nel tempo percosso e offeso, non importa neppure in che misura.
Eppure, se non si prende coscienza del fatto che il carattere mostruosamente inedito di quello sterminio riguarda l’intera Europa, compresi soprattutto i non ebrei, la Shoah continuerà a restare inesplicata, macigno rimosso che continuerà a gravare sulla coscienza pubblica e privata d’Europa, ombra pesante al cui riparo altre ombre potranno di nuovo allungarsi. >>

                        Serve ancora il giorno della memoria  ?
                         di Marco Brunazzi

Da tempo alcuni intellettuali ebrei in Italia (David Bidussa, Alberto Cavaglion, Elena Loewenthal e non pochi altri) si interrogano su quella che a loro pare la progressiva irrilevanza culturale e sociale di quella commemorazione e la sua perdita di significato etico-civile.
Non si tratta soltanto dell’effetto saturazione o, peggio, di”business”, peraltro, in vario modo e peso presenti entrambi. Si tratta proprio della constatazione della distorsione che si sta determinando, pur con le migliori intenzioni delle istituzioni, delle finalità stesse dell’iniziativa e della sua legge istitutiva, ormai quindici anni fa.
In sostanza, si constata che per troppi quelle commemorazioni sono percepite ormai come risarcimenti simbolici agli ebrei vittime della Shoah e dunque come qualcosa che riguarda “loro” e non “noi” e quindi, tutto sommato, persino stucchevoli: dopo tutto, che ognuno pianga i suoi morti e non ci stia a importunare oltre. Ovviamente, le vittime non ne hanno alcun bisogno, in quanto tali, ma sono tutti gli altri, le non-vittime che ne avrebbero sempre più bisogno. Infatti, il nodo della memoria della Shoah è il nodo irrisolto della domanda su come sia potuta accadere quella mostruosità incrociata di “barbarie e modernità”. E tutto ciò nella “dotta e civile Germania”, come scriveva Thomas Mann, ma per estensione collaborativa anche da parte di tutti i”volenterosi carnefici” in tutta Europa, Italia compresa.
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 dalla rete  un estratto del film  Il bambino con il pigiama a righe di   Mark Herman Usa  2008        
 
Qui sta appunto il problema, il comandamento ebraico della memoria riguarda certamente un imperativo di sopravvivenza culturale di un popolo da duemila anni almeno esposto alla minaccia dell’annientamento (violento o per assimilazione più o meno pacifica). Ma per l’Europa tutta quel dovere di memoria non dovrebbe affatto essere soltanto un atto di dovuta solidarietà per “le povere vittime”. Al contrario, dovrebbe essere un serio tentativo di fare i conti, finalmente, con le radici oscure di un passato che si crede di demonizzare su qualcuno soltanto (i nazisti, in primis, certo) ma senza alcun serio sforzo di analisi sulle origini e natura di quel terreno fecondo (culturale, politico, sociale) che nutrì il nazismo e il razzismo omicida che ne scaturì. E poiché questa autocoscienza riguarda tutti, ma innanzitutto quei paesi che posero mano per tempo all’edificio ignobile del razzismo antisemita (tra cui l’Italia, con le sue leggi del 1938 e l’attivo concorso alle deportazioni verso i Lager da parte della Repubblica neofascista dopo l’8 settembre 1943), forse occorre che anche in Italia si cominci a ragionare senza più compiacenti indulgenze.
Da parecchi anni la letteratura storiografica ha affrontato il tema delle leggi antiebraiche del 1938 in Italia (le c.d. leggi razziali) e valga citare, tra le prime e più accurate, le ricerche di Michele Sarfatti. Così, il complesso lavorìo che portò a quella odiosa legislazione è oggi riscontrabile in tutti i suoi aspetti politici, giuridici e amministrativi.
Grazie a tali ricerche appaiono oggi ormai inadeguate e superate le spiegazioni che puntavano sulla occasionalità e superficialità di decisioni attribuite essenzialmente all’ondivago umore di Mussolini in materia.
E così pure smascherata si rivela l’infondatezza della opinione, presentata quasi come senso comune, per la quale quelle leggi sarebbero state in complesso blande e tali da non arrecare grave nocumento alla vita degli ebrei italiani, per i quali invece la sciagura della deportazione nei Lager e della persecuzione anche cruenta sarebbero iniziate soltanto con l’occupazione tedesca e soltanto per causa esclusiva dei Tedeschi stessi.
Al contrario, le gravi responsabilità del regime fascista, sia prima dell’8 settembre 1943 e soprattutto dopo, con l’instaurazione della Repubblica Sociale Italiana, sono oggi chiaramente individuate e documentate.

Certo, ancora aperto resta il dibattito sulle ragioni decisive che indussero Mussolini a quella svolta, anche se qui oramai il problema non si pone più nei termini esclusivi e deterministici ancora presenti nella storiografia meno recente (come nel pur apprezzabile e originale lavoro di Meir Micaelis, per esempio).
In realtà, a quel passo concorsero, sia pure con intensità, tempistica e gradazioni diverse, una molteplicità di fattori che andavano dall’antisemitismo latente (ma non troppo) nella cultura fascista alle esigenze di politica estera non meno che di quella interna e di riposizionamento del partito fascista in vista di una guerra ormai ritenuta comunque imminente e, presumibilmente, da condursi a fianco della Germania nazista.
In questo quadro, finalmente preciso e documentato, hanno da tempo assunto crescente rilevanza le vicende dei “giusti” che si prodigarono, non di rado con grave rischio personale, per recare soccorso e salvezza agli ebrei perseguitati e ricercati per essere avviati alla deportazione. Tali vicende hanno spesso occupato e con larga risonanza l’informazione e la divulgazione pubblicistica.
Non infrequenti sono state anche le trasposizioni letterarie e cinematografiche (basti citare la storia di Perlasca o quella, in realtà tuttora controversa, di Palatucci). Anche la memorialistica ha apportato, in misura crescente, nuovi contributi, così come le stesse procedure avviate, da parte ebraica, per pervenire al riconoscimento ufficiale del ruolo di “giusto” nei confronti di personaggi prima sconosciuti anche se, per altre ragioni, di storica notorietà (basti citare il recente caso del campione del ciclismo Gino Bartali).
D’altra parte, che tali riconoscimenti siano oggi accolti molto favorevolmente dall’opinione pubblica italiana è facilmente comprensibile, ma non solo per l’ovvia soddisfazione di vedere così migliorata l’immagine della propria identità etico-civile in sede storica.
In realtà, questi riconoscimenti sembrano poter confermare e corroborare la vulgata da tempo presente nella memoria diffusa e nel senso comune. Che cioè gli italiani non sono mai stati antisemtiti, tranne frange estreme del fascismo più filonazista; che le leggi razziali vanno addebitate totalmente alla spregiudicatezza politica del Duce e ai suoi errati calcoli opportunistici per compiacere l’alleato tedesco; che sino all’occupazione tedesca “nessun ebreo perse la vita per causa di tali leggi”; che di fronte alla brutalità nazista all’opera nell’Italia occupata la stragrande maggioranza degli italiani, civili e religiosi, antifascisti e anche fascisti, si prodigarono per mettere in salvo quanti più ebrei poterono.
Queste semplificazioni storiche sono da tempo smascherate, dalla storiografia più attenta, per quelle che sono: mezze verità che sono anche, inevitabilmente, bugie intere, raccontate con finalità autoconsolatorie e di “giustificazionismo” per una storia altrimenti troppo imbarazzante.
In tali edificanti racconti non hanno quasi mai posto le numerose delazioni che, per denaro o qualsivoglia altra ragione, consegnarono invece non pochi ebrei ai loro carnefici; per non parlare dell’attivo ruolo svolto dalle istituzioni e dalle varie autorità civili e militari della RSI nella ricerca, cattura e consegna delle vittime al loro destino.
Si ha insomma l’impressione che in tutta la storia sciagurata e tragica delle persecuzioni contro gli ebrei italiani continuino a mancare alcuni tasselli fondamentali. Primo fra tutti quello di una indagine più capillare della rappresentazione dell’ebreo nell’immaginario italiano del 1938 e poi anche dopo.
Naturalmente, molto è stato finora indagato, anche a livello documentario, dalla storiografia più recente, ma molto deve essere ancora ricercato. Ad esempio in quelle minute notizie di cronaca locale nelle quali spesso si nasconde l’ombra del pregiudizio, pur se solo indirettamente richiamato. Né andrebbe trascurato il lessico corrente, specialmente là dove la natura del suo luogo di elezione (la comunicazione pubblicitaria, quella di intrattenimento, ecc.) potevano facilmente e subdolamente (persino inconsapevolmente) veicolare messaggi di sottinteso razzismo antiebraico.
Si vuole dire insomma che un fenomeno come quello dell’inaspettato irrompere di un antisemitismo istituzionale in una società apparentemente sino allora esente, complessa e articolata come quella italiana (e sia pure costretta nelle forme di un regime autoritario e tendenzialmente totalitario), richiede un supplemento di analisi che tenti di andare più a fondo nella comprensione della “dimensione “molecolare” di quell’evento stesso.
Come è potuto accadere tutto ciò, anzi, che cosa è accaduto davvero in una realtà di diffusa e profonda assimilazione della minoranza ebraica, di fronte all’ improvviso ribaltamento formale e sostanziale di quella stessa realtà? La memorialistica e la sua rielaborazione letteraria (pur di dignitosa qualità e onestà autocritica, si pensi ad esempio a “La parola ebreo” di Rosetta Loy) non paiono sufficienti a fornire un quadro adeguato.
Si consideri che, a tale scopo, assai più significativo e probante del punto di vista degli ebrei italiani e della loro memoria (necessariamente sofferta, oscillante, soprattutto nei primi anni dopo la fine della guerra, tra rimozione e minimizzazione) sarebbe stato fondamentale scandagliare il punto di vista degli italiani non ebrei. Qui le stesse fonti memorialistiche sono scarse e troppo spesso autoassolutorie rispetto alla diffusa passività con le quali quelle leggi infami furono accolte.
Oramai è troppo tardi, per le ovvie ragioni del venir meno fisiologico dell’era del testimone, ma si pensi quanto sarebbe stato interessante avviare una sorta di questionario diffuso, almeno tra gli “opinion makers”del tempo. Giornalisti, insegnanti, magistrati, avvocati, operatori sociali e culturali, che provassero onestamente a raccontare come vissero, pur nel silenzio e nella imperturbabilità delle forme esteriori del loro vivere civile e professionale, quella inaspettata “novità”. Novità che non era solo normativa, ma di sovversione di un costume, di una pratica di relazioni condivise, di un codice etico implicito oltre che esplicito. Oggi possiamo soltanto tentare di coglierne qualche riflesso nelle avare testimonianze documentarie e memorialistiche, ma con tutti i limiti prima ricordati.
E anche per il tempo dell’occupazione nazista, quanto effettivamente è rimasto di quelle delazioni, quali tracce, non soltanto nelle rare, sfuggenti e ambigue carte, ma nella memoria personale di chi seppe, di chi tacque, di chi rimosse una vicenda subito collocata nel generico contenitore dei “mali” della guerra?
Insomma, nonostante i reiterati “giorni della memoria”, continuiamo a sapere ben poco di ciò che realmente accadde nella coscienza degli italiani del tempo.
Eppure, l’antisemitismo (come altri pregiudizi, del resto) non è mai riducibile alla sua dimensione istituzionale e formale. Esso presuppone una ben più grande e profonda estensione sottostante, proprio come la scontata immagine dell’iceberg può utilmente suggerire.
Il fatto è che qui entra in gioco l’autorappresentazione storica di una società, prima ancora che di un popolo (termine di per sé già ambiguo e di scarsa maneggiabilità scientifica). Di fatto, tale autorappresentazione continua ad essere affidata alle fonti ristrette delle retoriche del discorso politico-culturale e delle sue finalità moralistiche e consolatorie, senza alcun vero tentativo di indagine sul campo.
Si badi che tale problema, di uno sforzo tuttora latitante per spiegare la realtà di una vicenda che ha segnato orribilmente la storia europea del ventesimo secolo, non riguarda solo l’Italia. Dalla Francia alla Polonia, tanto per citare due altri importanti paesi, pur con le loro distinte peculiarità, questo stesso sforzo è apparso tardivo e ancora incompleto.
E’ come se la coscienza pubblica e privata degli europei tutti cercasse di sottrarsi ancora, a quasi ottant’anni dagli eventi, a quel doloroso compito di elaborazione di un lutto che le generazioni di allora e di dopo non seppero e non vollero affrontare sino in fondo.
Così, ci si continua di fatto ad affidare all’imperativo ebraico della conservazione e trasmissione della memoria, per non lasciar cadere nell’oblio della banalizzazione e della insignificanza comparativa l’altrimenti inesplicabile e “aliena” Shoah.
Ma questa delega alla memoria ebraica mostra una sempre più scoperta vocazione a collocare l’intera storia della Shoah in una storia ebraica e solo ebraica. Quasi che anch’essa vada assegnata al dolore “privato” di ciascun popolo che la storia ha nel tempo percosso e offeso, non importa neppure in che misura.
Eppure, se non si prende coscienza del fatto che il carattere mostruosamente inedito di quello sterminio riguarda l’intera Europa, compresi soprattutto i non ebrei, la Shoah continuerà a restare inesplicata, macigno rimosso che continuerà a gravare sulla coscienza pubblica e privata d’Europa, ombra pesante al cui riparo altre ombre potranno di nuovo allungarsi.


ecco perchè il film TORNERRANNO I PRATI di Ermanno Olmi non ha creato ( almeno in ITalia ) dibattiti sulla grande guerra

L'intervista esclusiva di Fabio Falzone a Ermanno Olmi in occasione dell'uscita del suo nuovo film “Torneranno i prati”. Lo speciale è arricchito da immagini inedite e coinvolgenti dal set del film, girato in condizioni ambientali e climatiche estreme.
per  sicurezza   metto anche il codice    d'incorporamento di youtube


Su Pier Paolo Pasolini troppa retorica e uso pro domo suo .Meglio non leggerlo o leggerlo dopo i bla bla ufficiali del potere

  stavoltas  concordo  conquanto dice      MASSIMO ONOFRI (  foto a destra  )   nella  sua rubrica  contro amno su la nyuova   sardegna  del  2\2\2015


Il ministro Franceschini ha istituito il comitato per celebrare il quarantennale della morte di Pasolini. Niente da dire sui nomi: a cominciare da quello del presidente, Dacia Maraini,per finire con quello di Emanuele Trevi. Non ho mai visto tanto zelo ministeriale per un quarantennale:per il cinquantenario,
l’alfiere, cioè, d’un nuovo conformismo,il conformismo dell’anticonformismo, buono per qualsiasi salotto televisivo alla Fabio Fazio. Tra parentesi: credo che farebbe assai bene a Pasolini, e anche a tutti noi, se smettessimo di leggerlo per unpo’. Ogni retorica anti moderna, di destra o di sinistra che sia, passa ormai per qualche citazione da lui ricavata. E sempre la più banale.
allora,che arriveremo a fare? Ma la questione è un’altra: non credo che sia una buona cosa, dico per l'intelligenza e la cultura,per la libertà e la poesia,la costituzione di comitati di Stato per glorificare intellettuali che, come Pasolini, furono eretici nell’arte e nella vita,e fieri avversari del Potere, in qualsiasi forma si palesasse. Uncomitato di Stato per Pasolini è, per qualsiasi autore scomodo al potere ( corsivo mio ) innanzi tutto, un’offesa per Pasolini e per tutto quanto ha rappresentato. Tanto più ora che il grande friuliano è diventato un’icona di questa sinistra veltroniano-renziana,l’alfiere, cioè, d’un nuovo conformismo,il conformismo dell’anticonformismo, buono per qualsiasi salotto televisivo alla Fabio Fazio. Tra parentesi: credo che farebbe assai bene a Pasolini, e anche a tutti noi, se smettessimodi leggerlo perunpo’. Ogni retorica anti moderna, di destra  o di sinistra che sia, passa
ormai per qualche citazione da lui ricavata. E sempre la più  banale.

2.2.15

Su un ponte in Iraq i 'lucchetti dell'amore', così si sfida l'oscurantismo dell'Is. Un simbolo del macchino occidentale diventata in oriente sombolo di resistenza culturale al fondamentalismo islamico del'Iss



leggendo  repubblica  d'oggi    nbo letto unnarticilointeresanre    ma essendo   ndlla versione a pagamento   ed essendo http://avaxhm.com/newspapers/rpbblc20150202.html  intasato e  lento da  
da dove sono riuscito a   copiarlo solo con il  sistema  png   .

scaricare   ,  ho  cercato in rete   ed  l'ho trovato sulla  rasegna stampa di    www.zeroviolenza.it  .  Ecco che allora    cercando l'articolo   da altere parti   , ho trovato  la notizia    dalla pagina facebook degli amici del UAAR ( unione atei agnostici  razionalisti  ) .Tale fatto   che  costituisce  il post  \  articolo d'oggi  . Per me  è  si  una bella notizia  , ma  mi fa cadere le braccia  e  mi sconforta  nel vedere  come un simbolo del consumismo  e   del " macchino " occidentale   sia  diventato  anche un  simbolo di  resistenza cuylturale  ai  fondamentalismi  .Ma  il mio spirito di  guerriero culturale  e  antifondamentalista   fa  sdi che   io  che odio i libri di Moccia e  tuttto quello  d'esso derivato.( non mi soffermo  perchè ne ho parlato  abbastanza  in questi   11   di blog   ed  altrove nella rete   ) , racconto   questa  storia   che pur  immersa  nella  globalizzazione culturale  occidentale  è sintomi di resistenza  al fondamentalismo  e  ad uan visione   radicale  e  folle  della   religione   \ cultura islamica. Ma  ora  basta perdersi in chiaccherare  e vediamo all'articolo in se  .

dalla  pagina  Fb di UAAR

Prove di resistenza all'oscurantismo da Bassora, in Iraq. Il giovane Ayman Kharim ha chiesto e ottenuto dal comune di poter restaurare un ponte, quindi ha lanciato l'iniziativa di posizionare dei lucchetti "dell'amore" (per il partner o i parenti) su una rete metallica, che ha ottenuto un certo successo. Ma ad Ayman sono addirittura arrivate minacce di morte e un gruppo di uomini ha gettato la rete nel fiume. Lui non si scoraggia e rilancia per San Valentino: "C'è bisogno di lanciare il messaggio che anche nella situazione in cui si trova oggi l'Iraq, c'è amore e c'è gentilezza". Alla faccia degli integralisti.



  che    riporta   un articolo di http://www.adnkronos.com/aki-it/cultura-e-media/2015/01/31/
Articolo pubblicato il: 31/01/2015

Anche nell'Iraq scosso da una scia interminabile di violenza e brutalità c'è spazio per l'amore. I jihadisti dello Stato islamico impongono la loro morale oscurantista in gran parte del nord del paese e bussano alle porte del Kurdistan e della capitale Baghdad. L'eco delle violenze arriva fino al sud, ma a Bassora c'è chi non si scoraggia e non ha paura di importare dalle capitali europee la moda dei 'lucchetti dell'amore'.
Ayman Kharim è un ingegnere di 26 anni e la scorsa estate si è innamorato di una ragazza conosciuta su Facebook. "Ero felice - racconta - e volevo condividere il mio amore con tutti". Così si è ricordato di aver letto della moda diffusa in Italia, a Ponte Milvio, o a Parigi, sul Pont des Arts, dove gli innamorati fissano un lucchetto sulle balaustre e gettano la chiave nel Tevere o nella Senna, giurandosi amore eterno.
Non è stato facile replicare l'iniziativa a Bassora, dove è presente una componente sciita molto
conservatrice e dove spadroneggia una milizia sciita chiamata Asaib Ahl al-Haq. Ma Ayman non si è scoraggiato. Insieme ad alcuni amici, ha chiesto e ottenuto dal comune di poter riparare e restaurare un ponte sul fiume Shatt al-Arab, affluente del Tigri e dell'Eufrate.
Il gruppo ha applicato una rete di metallo su un lato del ponte e a settembre scorso ha organizzato una festa a base di musica e poesia, lanciando l'iniziativa dei lucchetti. Il successo è stato enorme. Centinaia di 'lucchetti dell'amore' sono stati applicati alla rete in poco tempo.
La notizia si è diffusa in tutto il paese e la gente ha cominciato ad arrivare da Baghdad, da Amarah, da Nassiriya, da Najaf per giurare amore eterno sul ponte. I lucchetti non erano affissi solo per il fidanzato o la fidanzata, ma anche per un genitore, per un fratello o per una sorella.
Ma l'iniziativa non è piaciuta a qualcuno e un giorno Ayman ha ricevuto una minaccia di morte. Una lettera firmata dal "popolo di Bassora" recitava: "Ti avvisiamo di stare lontano dal ponte, per te può essere molto pericoloso". Nella busta c'era anche un proiettile. I genitori di Ayman hanno cercato di convincerlo a rinunciare alla sua iniziativa e la madre, una politica locale, lo ha fatto controllare dalle sue guardie del corpo.
Poi un giorno un amico gli ha telefonato dicendogli di correre a quello che era ormai stato ribattezzato 'Ponte dell'amore'. Ayman ha appena fatto in tempo a vedere un gruppo di uomini a volto coperto che abbattevano la rete e la gettavano nel fiume.
La fama del ponte tuttavia non si è spenta. Da Baghdad ancora in tanti continuano a venire a Bassora per cercarlo. "Avevo visto le foto su Facebook ed ero venuto a mettere un lucchetto, fotografarlo e inviare la foto alla mia ragazza - dice il 25enne Haider Fadl, arrivato apposta dalla capitale - e ora vedo che tutto è stato abbattuto".
Ma Ayman non si scoraggia. E' intenzionato a rimontare la rete in tempo per San Valentino. "C'è bisogno - dice - di lanciare il messaggio che anche nella situazione in cui si trova oggi l'Iraq, c'è amore e c'è gentilezza". 

una mela al giorno , specie se senza pesticidi , toglie il medico di torno . il caso di Malles ( bolzano ): il primo Comune italiano libero dai pesticidi


  canzone  consigliata  \  in sottofondo    AltrItalia - Modena City Ramblers

http://www.italiachecambia.org/2014/09/malles-venosta-primo-comune-no-pesticidi/ 

Lo so che  la notizia  e  vecchia  ( settembre  \ ottobre  2014  )   ma    i media ufficiali \ maistream  l'hanno subito  fatto  scomparire   quello  che  è successo a  Malles Venosta 


da https://www.facebook.com/tzetze.politica
 : <<  un comune italiano di 5.123 abitanti dell'alta Val Venosta della provincia autonoma di Bolzano in Trentino-Alto Adige. da Wikipedia >>
  da  https://www.google.it/
Ora   Speriamo che tale  esito del referendum   non sia  reso vano  e ritardato  da  garbugli  burocratici leggislativi  e forti pressioni   dei  grupi di potere   e  di politicanti lobbistici nel caso di quello sull'acqua e  sul caso  della fecondazione assistita   fatto fallire    ipocrtiti  \ opportunisti  falsamente  cattolici  e ligi   quand  gli conviene  ale gerarchie ecclesiastiche  che non solo lo  hanno fatto fallire  ma poi  cercano scuse  per  fare  i decreti attuativi  e nonapplicare le leggi e le sentenze     che    hanno smantelllato  la legge incivile    .  Speroamo cjhe tale fatto   sia  seguito anche  da  altri  comuni  , soprattutto del sud   che hanno  caratteristiche  produzioni  e  artiginali  
  da  

 Come è successo che un paese di cinquemila persone, prossimo al confine austriaco e svizzero, sia diventato un faro per il futuro dell'agricoltura ecologica in Europa? Semplice: i residenti non potevano più tollerare di vedere spargere pesticidi, stagione dopo stagione, intorno alle loro case, ai loro orti e campi. Alla fine, il comune ha ceduto alla crescente pressione sul problema e ha indetto un referendum: il 75% dei cittadini votanti ha scelto il bando di tutti i pesticidi dall'intero territorio comunale!

Non è sorpreso dell'esito del referendum Claudio Porrini, entomologo dell'Università di Bologna, esperto che lavora nella zona e conosce la situazione: "Gli apicoltori sono disperati per le morie che hanno falcidiato le arnie e che sono legate a un uso molto intenso dei pesticidi. E poi quelle sono valli strette, con i frutteti che si alternano a scuole, impianti sportivi, boschi".
"Per poter convivere bisogna ridurre progressivamente l'uso di fitofarmaci. Il trattamento con i pesticidi frena l'aggressione dei parassiti ma apre altri problemi. I fitofarmaci vengono distribuiti con botti: ne esce uno spray che solo in minima parte va a colpire il bersaglio, il resto si diffonde nell'ambiente. È chiaro che, se i frutteti stanno vicino alle case, l'opposizione cresce". - ha detto
 da greenpeace
 Porrini recentemente intervistato da La Repubblica. È facile quindi capire perché gli abitanti di Malles preferiscano rafforzare la produzione biologica piuttosto che continuare ad utilizzare pesticidi. Una decisione di così vasta portata incoraggia e incrementa il turismo sostenibile, permette di creare percorsi ciclistici ed escursionistici nella valle e le visite alle aziende agricole, facendo crescere i benefici per gli abitanti nella vallata.
E ancora più importante è l'esempio dato ad agricoltori europei che ancora usano pesticidi: applicare le pratiche dell'agricoltura ecologica per coltivare cibo sano in armonia con la natura è possibile.
Il Consiglio comunale di Malles dovrà ora valutare i necessari cambiamenti del regolamento municipale in seguito al referendum. Non sarà semplice, dato che come sempre arriveranno le pressioni - a colpi di diffide e diatribe legali - promosse da chi non vuole cambiare lo stato di fatto, ma è chiaro che la consultazione popolare potrebbe avere, in ogni caso, un effetto domino sull'intero distretto delle mele nel nord Italia. Ci congratuliamo quindi con la popolazione di Malles che ha
https://www.google.it/
promosso e vinto il referendum e speriamo che questa iniziativa sia solo la prima di molte altre in Italia e nel resto dell'Europa. Per il territorio di Malles questo significa mele sane e un ambiente privo di residui di pesticidi, per il beneficio delle persone, delle api, dell'agricoltura e del nostro ambiente. (Fonte)
Infatti secondo  Greeenpeace ( la  finte  dell'artiolo precedente  ) 
(...) 
È facile quindi capire perché gli abitanti di Malles preferiscano rafforzare la produzione biologica piuttosto che continuare ad utilizzare pesticidi. Una decisione di così vasta portata incoraggia e incrementa il turismo sostenibile, permette di creare percorsi ciclistici ed escursionistici nella valle e le visite alle aziende agricole, facendo crescere i benefici per gli abitanti nella vallata.
E ancora più importante è l’esempio dato ad agricoltori europei che ancora usano pesticidi: applicare le pratiche dell’agricoltura ecologica per coltivare cibo sano in armonia con la natura è possibile.
Il Consiglio comunale di Malles dovrà ora valutare i necessari cambiamenti del regolamento municipale in seguito al referendum. Non sarà semplice, dato che come sempre arriveranno le pressioni - a colpi di diffide e diatribe legali – promosse da chi non vuole cambiare lo stato di fatto, ma è chiaro che la consultazione popolare potrebbe avere, in ogni caso, un effetto domino sull’intero distretto delle mele nel nord Italia.
Ci congratuliamo quindi con la popolazione di Malles che ha promosso e vinto il referendum e speriamo che questa iniziativa sia solo la prima di molte altre in Italia e nel resto dell’Europa. Per il territorio di Malles questo significa mele sane e un ambiente privo di residui di pesticidi, per il beneficio delle persone, delle api, dell’agricoltura e del nostro ambienteChi sarà il prossimo?

                   Federica Ferrario, Responsabile Campagna Agricoltura Sostenibile

 

IL sapore di granchio del surimi viene ottenuto con l'impiego di aromi artificialied altre porcherie tossiche per la salute





http://www.leziosa.com/surimi.htm


www.ilfattoalimentare.it/surimi-granchio-pesce.html

 

 Per  una  volta  hanno ragione  i " Matusa  \  vecchi  " e   dei miei amici  vegano il primo  vegetarianoa  la seconda      che mi avevano fatto  il cazziatone  perchè per un pranzo fra  amici  ,  a cui partecipano  anche   non vegani  \  vegetariani  .  stavo pendando di comprarlo  .Quindi se  da bambino  , quando mia nonna paterna  lo usava in cucina ,  o   fino a poco tempo fa  lo mangiavo nelle insalate di mare o di riso   , ci andavo pazzo  . Ma  ora    che  ho trovato ulteriori conferme a quanto mi dicevano    sia  da   questro articolo Pubblicato il 16/12/2014 da La Fucina




Non tutti lo sanno, ma lo possono immaginare: il sapore di granchio del surimi viene ottenuto con l’impiego di aromi artificiali, infatti di polpa di granchio non c’è traccia: “Le aziende amano questo prodotto perché permette di utilizzare pesci economici conferendo loro l’aspetto di prodotti di qualità come il granchio o altri crostacei, tanto che circa il 2% del pescato mondiale viene trasformato in surimi“, spiega il blog Foodeducate. Inoltre in questo prodotto si possono trovare ingredienti, come l’olio di palma, che sono di scarsa qualità e danneggiano l’ambiente.
Secondo Greenme.it
ci sono almeno 5 motivi per non mangiare questo cibo:

1) È un falso cibo:
“Dal surimi si ottengono per l’appunto delle “finte” chele di granchio, “affettati” di mare, surimi “al gusto di salmone affumicato” o altri prodotti di forma simile ai crostacei come i gamberoni dall’artificiale sapore di pesce. Si tratta di un insieme di cibi artificiali di cui nessuno di noi ha bisogno all’interno della propria alimentazione“.

2) È prodotto con parti di scarto:
“La sua lavorazione industriale avviene impiegando le parti di scarto provenienti da altri alimenti, come merluzzo, sgombro, suri e differenti specie di carpe asiatiche”

3) Contiene additivi:
“Dalla lavorazione delle parti di scarto di altri alimenti si ottiene una polpa di colore bianco praticamente insapore. Giunge dunque il momento di arricchire la preparazione del surimi mediante l’impiego di sostanze aggiuntive che possano migliorarne l’aspetto, il sapore e la conservazione”

4) Comporta rischi per la salute
“Non esisterebbero al momento degli obblighi relativi all’indicazione in etichetta delle specie ittiche utilizzate per la produzione del surimi. Ciò potrebbe portare all’impiego di materie prime di scarsa qualità, realmente scadenti, o addirittura tossiche”

5) Ha un costo elevato

“I prodotti a base di surimi, pur essendo considerabili come dei veri e propri falsi cibi, presentano solitamente dei costi piuttosto elevati, soprattutto tenendo conto di come essi vengano ottenuti a partire da materie alimentari di seconda scelta, con l’aggiunta di conservanti e di coloranti di dubbia provenienza”


Sia    da  delle ricerche che ho fatto. di cui trovate la prima sotto  le  altre  negli url  sopra  al post  da  http://it.wikipedia.org/wiki/Surimi  eccetto la  foto 

Con il termine surimi (in giapponese: 擂り身 surimi che significa "pesce tritato") si indica un prodotto composto essenzialmente da polpa di merluzzo (generalmente pollack dell'Alaska) e carboidrati confezionato solitamente in cilindretti colorati arancioni e bianchi formati a vari strati di sfoglia di polpa di pesce arrotolata e tenuta insieme da addensanti di tipo alimentare. La definizione giuridica di surimi è preparazione a base di proteine di pesce. È un tipo di preparazione diffuso da alcuni secoli in Giappone e che grazie alle nuove tecniche di produzione e conservazione industriale si è diffuso in tutto il mondo. Sebbene nella dizione comune siano noti come "bastoncini di
da http://www.ilfattoalimentare.it/
granchio", le restrizioni legali impediscono ai produttori di usare questa definizione, perché non contengono carne di granchio.

Preparazione dell'alimento

La polpa di pesce viene pulita, tritata e pressata e successivamente addizionata con sostanze quali stabilizzanti, polifosfati e zuccheri, e congelato a -20 °C. Il prodotto che si ottiene è piuttosto insapore, con un tenore idrico elevato (72-80%), l'8-13% di proteine e lo 0,1% circa di grassi. Nei paesi occidentali, il surimi normalmente viene utilizzato per imitare la polpa di crostacei, ma attualmente è presente sui mercati in diverse forme (a bastoncino, a sfoglia arrotolata, etc...) e diversi sapori (il più diffuso è quello aromatizzato al granchio). Una delle caratteristiche del surimi è di essere un alimento particolarmente ricco di proteine e povero di grassi. Viene spesso addizionato con considerevoli quantità di sale, che può renderlo controindicato per gli ipertesi o per chi soffre di patologie renali.
Causa ulteriore della controindicazione può essere il grande quantitativo di polifosfati utilizzato in alcune preparazioni.

Ingredienti surimi industriali

Nei surimi industriali sono utilizzati i seguenti ingredienti:[2]
Non credo che lo mangero  più o quanto meno  molto  facilmente 

ricordare la prima guerra mondiale per capire l'oggi

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Dopo questa lezione  di Paolo Rumiz  sulla  grande guerra  ricordero ancora  di più   questa serie  di centenari sula grande  guerra  e la mia indignazione per il silenzio Italiano mediatico quasi assordante ( almeno fin adesso visto  che quest'anoi si celebreranno, prepariamoci al diluvio di retorica patriota , i centenari italiani  ) .Sempre  grazie  a  Rumiz    ho capito meglio  il titolo , non vedo l'ora  che lo portino a tempio , dell'ultimo film d'Olmi   di cui trovate  sotto il promo





Ecco   secondo  me  quelli che  sono   i pezzi  più belli  \ i più  significativi  dell'ottimo affabulatore    racconta storie  Paolo Rumiz 







qui  la  versione  integrale deòl'intervento  \  lezione di P. Rumiz   http://goo.gl/ugdKLH

Ora  sentendola mi sono venute     le lacrime  a  gli occhi  per  riaffiorare    i ricordi  delle  storie  sentite d  bambino  dai nonni  ( e lette  attraverso le lettere  che  essi  scrivevano  a casa   )   o lette  attraverso le  lettere    dei parenti   che sono andati   a  combattere li  (   due morti  . uno da parte paterna e   uno da parte materna  .  un altro morto   tornato    ) . 
Concludo  , scusatemi  ma  è più forte di me  ,   non riesco a tenermi tutto dentro    a  chi mi dirà  che   guardo solo al passato  e   chi  ( miie compaesani    e compaesani  d'oltre mare   )  mi dira  : <<   ma ricordi solo    le  cacate  di minnannu  >>  .

1.2.15

6 segreti ( facili ed ovvi ma duri d'applicare ) dall'isola dove la gente dimentica di morire: camminare, lasciar correre, vivere senza fretta

 tale news     mi ha  portato   a rileggermi  il  2956   di topolino in particolare la storia  zio paperone    e l'isola senza prezzo  (  foto sotto  )


da  +www.google.it   in  quanto   la pagina     mbasic.facebook.com
risulta 
: << La pagina che hai richiesto non è stata trovata>>
e il  famoso film  oscar  meditteraneo


 

6 segreti dall'isola dove la gente dimentica di morire: camminare, lasciar correre, vivere senza fretta (FOTO)

Pubblicato: Aggiornato:
IKARIA


C'è un'isola in Grecia in cui la gente "dimentica di morire". Letteralmente. Perché ad Ikaria gli abitanti superano di gran lunga i 90 anni. Di più. Non è solo la longevità a stupire, ma anche la scarsa diffusione di patologie come il cancro, le malattie cardiovascolari, la demenza.Questa piccola isola nel Mare Egeo è stata oggetto di numerosi studi condotti da ricercatori di tutto il mondo. La domanda
da http://www.tribunodelpopolo.it/io-aspetto-che-si-depositi-il-caffe/
alla quale cercano una risposta è per tutti la stessa: quale è il segreto di una vita così lunga e sana? Nel suo nuovo libro di cucina "Ikaria: Lessons on Food, Life, and Longevity from the Greek Island Where People Forget to Die", Diane Kochilas offre una prospettiva interna sul perché questa comunità greca vive così a lungo e così bene.
Kochilas, pluripremiata autrice di oltre 18 libri sulla cucina greca, ha elencato i sei segreti che porterebbero gli abitanti di Ikaria a vivere così a lungo. Piccoli consigli per provare a "non morire", ricette che somigliano a quelle che la scrittrice dà nei suoi libri di cucina. Ma che promettono qualcosa di più.
  • 1. Mangiare a livello locale, stagionale e con parsimonia
     
    Gli ottagenari, novantenni e centenari con cui l'autrice ha parlato hanno dato a Ikaria hanno dato tutti la stessa formula alimentare: negli loro primi anni di vita, anni di povertà, isolamento, scarsità di risorse, hanno mangiato poco, semplicemente perché non avevano molto cibo. Pesce pescato ogni tanto, prodotti della natura come lumache, funghi e verdure selvatiche.
     
  • 2. Vivere secondo le proprie inclinazioni e senza fretta.
     
    "Il ritmo con cui le persone si muovono su Ikaria non finisce mai di stupirmi: lenta, deliberata, senza fretta, ma con abbastanza tempo per osservare e vivere in ogni momento" scrive la scrittrice su HuffPost Usa. "Quando si va a comprare un barattolo di miele dal nostro amico apicoltore Yiorgos, per esempio, ci si siede di fronte alla sua scrivania prima, si parla un po', si scherza, poi dopo circa 20 minuti si alza e va verso i suoi barattoli di miele". È il passo che consente alle persone di sentire il proprio corpo dall'interno, come si fa con gli esercizi di meditazione. Gli abitanti di Ikaria non hanno orologio.
     
  • 3. Godetevi il sonno
     
    Ad Ikaria si dorme molto. È una manna dal cielo. Forse l'atmosfera o forse l'aria pulita, ma si può dormire per oltre 10 ore. Gli Ikariani sono strenui difensori del pisolino: dormire nel pomeriggio di vivere due vite in un solo giorno, soprattutto in estate.
  • 4. Lasciate che le cose vadano come devono andare
     
    I greci dicono: "Non tenere il male". C'è tanta verità e saggezza in questo detto. Ikaria è un luogo dove le persone tendono a essere accomodanti, tolleranti. È anche un luogo dove la cultura locale permette un'interpretazione molto liberale di ciò che significa essere disinibiti. Le panygyria, feste locali che traboccano di vino e danze sono di solito in occasione dell'onomastico di un santo e sono il luogo per testimoniare come si faccia a "lasciar correre e a godere".
  • 5. Usate erbe per curare i mali minori e lasciate che sia il vostro corpo a guarire se stesso
     
    La farmacologia popolare è molto diffusa sull'isola. Ma a quanto pare sarebbe il corpo stesso la migliore medicina: in grado di trovare in se stesso la formula per guarire.
  • 6. Camminate
    Chiaro e semplice. L'esercizio è una spinta per il corpo e la mente allo stesso modo. "Ogni persona anziana che conosco su Ikaria cammina ancora molto"

 Praticamente  gli stessi principi che   seguivano i nostri nonni e  bisnonni   dove  per motivi economici e sociali la rivoluzione industriale  non era a livelli d'oggi . Infatti  è per  questio    che  in certe  zone d'italia    nel sud  in particolare  e  , scusate  se   sono parte  in causa  ,  la mia sardegna  .Infatti a Telti    , paese dell'entro terrra  gallurese   è  è morta  una  nonnina di  106  anni 



“Io, imprenditore, ecco come mi sono salvato dalle banche”la storisa di Giuseppe Alunni

Di solito per  non finire  vittima  delle  tasse  e   quind non avere debiti con le banche o fai del nero  \ piccola  evasione. Ma    chi  non volendo ,  - come  *****  falegname  \  artigiano del legno   del mio paese  ,   fare debiti con le banche  per  aprirsi  la sua attività, ha lavorato   per  conto d'altri  poi unavolta raggiunti i soldi necessari si è  apero la sua attivita  . Ma  volendo  fare titto in regola  ed  evitare  anche il più piccolo  nero   ha  finito  per  chiudere perchè  <<  non  volevo  ne  fare  debiti con le banche  per  l'attività  .,   gli ho  con lo stato  >> cioè  fatturava  tutto  fino all'ultimo centesimo  e  lo stato   come solito  più fatturi  più tase paghi  . Ma   c'è anche  chi  èriuscito  a salvarsi da questo circolo vizioso del   : consuma , produci , crepa


ed  è a  storia   che  d'oggi   presa, libri consigliati  compresi   da
http://www.ilcambiamento.it/moneta/

Ha scritto un libro e ha colto talmente tanto nel segno da trovarsi nella necessità di ristamparlo. Si intitola “Salvarsi dalle banche”, dunque non ci sono ambiguità nel messaggio. E ad essere emblematica è la sua storia, esperienza e disavventure dalle quali ha tratto quanto poi ha riportato sulla carta. “Voglio che tutti sappiano, solo così ci si libera dalla schiavitù” dice Giuseppe Alunni.

di Redazione - 30 Gennaio 2015

Lui, Giuseppe Alunni, ha 55 anni ed è ternano; alle spalle una famiglia di imprenditori, lui stesso impegnato nell’azienda di famiglia dal 1978, nel campo delle forniture industriali.
La sua “disavventura” con le banche comincia quando l’istituto di credito di riferimento gli dice che il fido è troppo alto e che i crediti non rientrano abbastanza velocemente. I costi per l’indebitamento sono sempre più alti per l’azienda, che comunque continua ad andare bene. Eppure la banca “succhia” linfa vitale. “All’epoca mi capitò di leggere la storia di una donna che aveva ottenuto dalle banche un risarcimento milionario per anatocismo e usura – spiega Alunni - Prendo contatto con un’associazione che segue queste problematiche e scopro un’Italia che si difende, imprenditori che non si rassegnano. Scopro che si occupano dei balzelli e delle truffe che si nascondono in tutte le forme tecniche che intratteniamo nei rapporti bancari: conti correnti, mutui, leasing, derivati, carte di credito, swap. Un’emorragia che dissangua imprese, famiglie e contribuenti. L’illecito nell’applicazione d’interessi e more coinvolge anche gli enti pubblici”. Forte di questa acquisita consapevolezza, Alunni non molla e comincia a giocare all’attacco anziché in difesa. Comincia a far presente alla banca che sa che nei loro mille calcoli complicati lui ha capito che qualcosa non va, che certi interessi possono essere riconducibili al reato di usura. E in questo è supportato da due avvocati con le spalle larghe.
“Sono entrato a conoscenza degli illeciti quando i conti hanno cominciato a non tornare. Avevo la consapevolezza che la mia azienda stava andando bene, eppure c’era qualcosa che non andava, la liquidità veniva deviata verso altre destinazioni, nella gestione finanziaria era l’inghippo. A quel punto ho agito con urgenza, ho tagliato i costi improduttivi, ho ridotto l’indebitamento e ho guardato i conti. Spesso i consulenti finanziari propongono polizze. Ma conviene invece farsi fare una perizia econometrica su conti e mutui, in modo da avere un’idea dei guai finanziari al netto di quanto sottratto con l’usura. Peraltro così diventi meno attaccabile da manovre di richieste di rientro e pressioni indebite. Quando ho fatto esaminare i miei rapporti mi si è aperto un mondo. Tre Leasing, quattro mutui, dodici rapporti tra conti correnti e anticipi fatture e ricevute bancarie: non ne ho trovato uno che non avesse qualche inghippo. Quindi bisogna liberarsi da questa schiavitù, altrimenti per l’azienda non esiste salvezza”.
Sembra quasi impossibile anche solo pensare che possano essere le banche stesse a macchiarsi del reato di usura, “invece è possibili” dice Alunni. “Per la nostra legislazione è ancora un reato grave e la lobby bancaria sta facendo pressione per derubricarlo. L’ultima vergogna da parte del governo è stato il tentativo di rendere legittimo il calcolo degli interessi sugli interessi, il cosiddetto anatocismo, in Italia vietato dal codice civile dal 1942”. Nomi Alunni non ne fa, se ne guarda bene. “Sto trattando con istituti bancari per rientrare di quanto mi hanno indebitamente portato via, quindi devo mantenere la riservatezza. Inoltre facendo nomi si rischiano querele per diffamazione. Mi sto accorgendo che gli istituti di credito non hanno alcun interesse a finire in tribunale e quindi molto spesso tutto si conclude per via transattiva o in mediazione”.
Alunni cita poi nel suo libro a quali “minacce ho dovuto far fronte – spiega - iscrizione a sofferenza, revoca dei fidi, scomunica a vita dal sistema bancario”. “Le banche praticano un commercio, sono negozi finanziari e sanno che un brutto accordo è meglio di una causa. Inoltre in giudizio possono emergere ulteriori elementi che possono aggravare la posizione della banca: nullità dei contratti, danni morali e da lucro cessante e danno esistenziale. Quindi se uno si mostra deciso e informato, quasi sempre trattano”.
“Bisogna innanzitutto munirsi di perizia econometrica, trovare un avvocato specializzato in materia, sempre guardandosi da soggetti che già fanno mercato, come procacciatori, venditori di perizie, imbonitori, profeti dell’antiusura, che fanno firmare contratti capestro ai malcapitati – prosegue Alunni - Poi occorre agire con prudenza prima sulle banche meno strategiche, poi sulle più importanti. E’ bene mostrarsi preparati, acquisire nozioni di base sulla normativa bancaria, non aver paura di parlare con funzionari e direttori. Quando la banca e i funzionari sanno di avere torto alzano la voce. State attenti alle provocazioni, esistono tecniche per far perdere la calma. Cercate di farla perdere a loro. Nel mio libro ho inserito suggerimenti specifici”.
Alunni mette anche in guardia dai “finti salvatori”.
“Purtroppo esistono loschi figuri che intercettano vittime di usura, le raggirano con false prospettive di recupero, chiedono somme assurde sul recuperato che garantiscono con illusorie assicurazioni. Salvo poi tirarsi indietro quando la persona, già vessata, è a corto di denaro per difendersi, avendo mal speso gli ultimi soldi per strumenti peritali poco solidi. Le esche sono spesso procacciatori poco seri, mezze figure, ex mediatori finanziari con pregressi non limpidi nel campo bancario. Detto ciò, onore a tecnici, legali, imprenditori ed associazioni che, spesso anche con grandi sacrifici e rischio personale, si dedicano disinteressatamente alla lotta a questo vergognoso fenomeno. La giurisprudenza cammina fortunatamente a grandi passi, le ultime sentenze favorevoli alle vittime costringono gli istituti di credito a risarcimenti che in un caso sono arrivati ad otto milioni di euro. Ed ancor più interessante è il recepimento in giudizio del risarcimento per danno esistenziale ad una vittima di usura bancaria, primo caso in Italia. Nel campo della contrattualistica poi, quando si chiedono alle banche i contratti di apertura di conto, si trovano spesso cose assurde: contratti stipulati con normative vecchie di oltre trenta anni, con nullità di tutti gli interessi pagati, clausole vessatorie, tassi non indicati, polizze non sottoscrivibili per scarsa propensione al rischio del sottoscrittore. Insomma, spesso la clausola interessi è nulla già per irregolarità contrattuale. Interessantissima poi la sentenza 350 del gennaio 2013, che rende nulla la clausola interessi su mutui e leasing qualora la somma di tasso e tasso di mora sia superiore al tasso soglia; strumento importante per le famiglie, che possono chiedere sul mutuo l’annullamento degli interessi pagati e di quelli futuri”.
Giuseppe ha fatto da apripista; chissà che non ci siano altri, esasperati e determinati, a provare a mettere in discussione il sistema!
Il libro, edito da Intermedia, è disponibile presso l’associazione ‘’Articolo 20’’per l’educazione finanziaria e la lotta all’usura bancaria, tel. 0744300160/305349, fax 0744303732. Oppure potete scrivere una mail a g.alunni@alunnibalilla.com se avete bisogno di chiedere aiuto.



Foibe, un ricordo sempre al netto delle colpe

  canzone consigliata  Magazino 18  - Simone Cristicchi 

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Il 10 febbraio di ogni anno, si celebra il Giorno del ricordo, dedicato alle vittime delle foibe e a tutti gli esuli dalmati e istriani di origine italiana costretti dal governo e dalle truppe jugoslave di Tito ad abbandonare le proprie case alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Così come per la Giornata della memoria , al di là di ogni polemica e scontro ideologico, il Giorno del ricordo serve ( o almeno cosi  dovrebbe ) per non lasciare che si perda nell’oblio una pagina nera della storia contemporanea, per far sì che le coscienze rimangano vigili e attente e che si evitino i terribili errori del passato. Il ricordo però va alimentato: ecco allora una  bibliografia  ragionata   a scoprire ( almeno   per  chi ancora  non lo sa o  ha  vaghe  notizie  ) come e perché migliaia di persone morirono o   emigrarono dalle loro terre  .
Ma   soprattutto  a  ricordare  ed  evitare  che  su tali   tristi eventi e  storie   cali l'oblio  o il ricordo  sia  solo di una  parte  come lo  è stato  causa  silenzio  imposto da  Usa-Urss    durantre la  guerra fredda  in quanto  la  ex  jugoslavia  se pur  guidata   da un dittatore sanguinario e comunista  era  uno stasto cuscinetto   verso L'Urss   (  ed  in parte  continua  ad esserlo oggi   )    fino all'istituzione   alla sua  istituzionalizzazione       diventando strumentalizzazione  ed  ricordo a senso unico 
La storia è come un processo: in tribunale si ascolta l'accusa e la difesa. La giuria deve sapere tutti i fatti se vuole emettere un verdetto "il meno sbagliato possibile".Ma soprattutto : << GLI INTERVENTI LI RIPORTIAMO "LIBERAMENTE", NON PER PARTITO PRESO O PER ATTRIBUIRE TORTI O RAGIONI.MA PERCHE' E' GIUSTO CERCARE DI CAPIRE - QUINDI LI OSPITIAMO ANCHE SE HANNO UNA TESI DIVERSA DAGLI ALTRI PRESENTI.OGNUNO DI NOI SA, CHE ESISTONO DIFFERENTI STORIOGRAFIE E DIFFERENTI INTERPRETAZIONI DEI FATTI STORICI. DIFFICILE FARLI CONDIVIDERE O TENTARE DI METTERE D'ACCORDO IMPORTANTE E' INFATTI SOSPETTARE, METTERE IN DUBBIO LE NOSTRE CONOSCENZE, SOPRATTUTTO QUANDO LA NOSTRA TRACCIA "DIDATTICA" E' IMPOSTA E IMPEDISCE DI FARE UN'ALTRA SCELTA; SCELTA CHE DOVREBBE ESSERE TESTIMONIANZA DI LIBERTA', IN CASO CONTRARIO SIGNIFICHEREBBE CHE "LA NOSTRA DEMOCRAZIA LIBERALE NON E' ANCORA COMPIUTA".E QUESTA NON E' UNA INTEPRETAZIONE !! Francomputer >>  da http://cronologia.leonardo.it/mondo38y.htm (  un ottima ed  obiettiva pagina  su tali eventi  )Se dopo  gli approfonditi post ( vedere il più noto nell'url sopra ) vi aspettavate anche quest'anno un post di tale calibro vi sbagliate di grosso . Sul serio stavolta non ho niente di nuovo e d'altrettanto arguto da scrivere su tali eventi . se  che  le persone morte  <<  (....) Sono state le vittime sacrificali di odi antichi fomentati da ideologie aberranti. >>  (  das  http://www.arenadipola.it/index.php?option=com_content&task=view&id=233&Itemid=2 ) Se  non  che  essi sono  un concentrato  di atrocità   e   pulizia etnica \  genecidio ideologico \  nazionalista    che riassume in se  le brutture del  secolo scorso   Quindi vi lascio sia con la solita raccomandazione su come intendo il ricordo di tali eventi , sia con elenco di testi e di altri documenti per farvi un idea a 360° gradi ed evitare di cadere prigionieri delle balle e del ricordo a senso unico che ci propongo i media ufficiali . Infatti e  quyi concludio  rinviandovi ( oltre  a quella dei  miei post precedenti  )   ad  una coorposa  biografia  , ha  ragione [--] Non ho mai letto sui libri di testo, a scuola, dei lager fascisti nell’attuale Croazia. Non sapevo che l’Italia fascista contasse più campi di concentramento della stessa Germania nazista, ignoravo che nel campo di Rab, in Croazia (dove sono morti migliaia di Sloveni, in gran parte deportati dai rastrellamenti di Ljubljana) la mortalità quotidiana superasse quella di Dachau (dove trovò la morte il fratello di mio nonno). Oggi lo so, ma non ho mai assistito alla celebrazione di quel ricordo, di quelle persone, all’ammissione di quelle colpe. Come ricordare in modo maturo e sereno le vittime delle foibe? Come non dire che quel naturale fenomeno carsico – una grotta verticale – venne utilizzato dagli stessi fascisti, che per primi lo utilizzarono nei territori di Istria e Dalmazia per uccidere e occultare corpi, dedicando alla foiba addirittura una canzone dove questa compare come musa ispiratrice? Come ritrovare un equilibrio nella memoria che rispetti i corpi di Basovizza e tutti gli altri, se tuttora vengono USATI per dei distinguo che, a oltre settant’anni da quei giorni, dovrebbero essere messi da parte per restituire a questo Paese e a quelle terre la verità storica che meritano.L’unico studio portato avanti da una commissione di professori universitari italiani, sloveni e croati, che ovviamente restituì colpe a entrambe le parti, venne chiuso in un cassetto anche dall’Italia, perché dava fastidio a destra e a sinistra. Gli esuli, e quanti rimasero per continuare ad abitare la loro casa, furono vittime innanzitutto dell’odio che gli italiani avevano seminato in quelle terre. Il carteggio del responsabile di Mussolini per quelle terre con lo stesso Duce parla di “esigenza di pulizia etnica”. E così fecero: persone rastrellate mentre erano al lavoro nei campi, donne e bambini presi e divisi per sempre. Gente uccisa sul posto. I campi di concentramento dislocati anche sul territorio italiano li conoscono in pochi. Pochissimi sanno cosa accadde al loro interno.
Quando, anni fa, visitai il campo di concentramento dell’isola di Rab (Arbe), tra le lapidi non c’era anima viva. Eppure l’Isola era piena di turisti italiani, come ogni anno. All’ufficio informazioni turistiche mi dissero che mai nessuno domandava di quel cimitero della memoria, dove le persone assumevano le sembianze dei più noti ospiti di Auschwitz e morivano di fame, malattie, percosse. Poi, mentre stavo per lasciare quel luogo, un signore arrivò. Capii che era italiano. Scambiammo due parole, scoprendo che a portarci in quel posto era stato lo stesso libro, quel Italiani brava gente? di Del Boca (il più grande studioso del colonialismo italiano). Solo grazie a quella lettura, incontrata da adulti, non certo da ragazzi perché prevista da un programma ministeriale. Solitari ricercatori di una verità storica negata alle vittime come ai colpevoli.
Fu mio padre a consigliarmi la lettura di quel libro, che tutt’ora consiglio a quanti sentono l’esigenza di sapere. Mio padre me lo fece leggere perché sapessi, per poter capire meglio, per distribuire colpe, se mai fosse necessario per la mia generazione, in modo più rispettoso della verità che tanti morti aveva causato. Mio padre, che è nato a Montona d’Istria (oggi Croazia) nel 1942, che a meno di due anni lasciò la casa materna con tutta la famiglia. Mio padre, che sposò una ragazza della minoranza slovena di Trieste, che non cercò mai la verità nella ricomposizione strumentale di mezze verità. Ai morti e alle vittime di una guerra e delle sue conseguenze, prima di tutto, si deve l’amore per la verità. Coltivato poco e male in questo Paese, sempre parziale. Mai nella ricostruzione ufficiale della storia di quelle terre. >> (  qui  l'articolo integrale http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/10/foibe-un-ricordo-sempre-al-netto-delle-colpe/875917/  ) 


  Biografia   e  documenti   vari
 www.panorama.it
 speciale  10 febbraio  dell'ano scorso  2    ita.anarchopedia.org/foibe  che   consiglio   per i motivi detti all'inizio  del post   ma con le pinze  in  quanto   troppo  di parte  3   http://cinquewnews.blogspot.com/2014/02/libri-sulle-foibe-10-febbraio-giorno.html
  •  Rossana Mondoni e Luciano Garibaldi  FOIBE: UN CONTO APERTO Il testamento di Licia Cossetto Edizioni Solfanelli Pagine . 56
  • AESPI ITALIA, CONFINE ORIENTALE E FOIBE Atti del Convegno AESPI - Rete Scuole Superiori Milano, 5 maggio 2011Edizioni SolfanelliPagg. 152
  • Luciano Garibaldi e Rossana Mondoni NEL NOME DI NORMA Norma Cossetto, la tragedia dell'Istriae altre vicende a Trieste e sul confine orientale italiano Presentazione di Renzo Codarin Edizioni Solfanelli Pagg. 152
  • Rossana Mondoni  SOPRAVVISSUTO ALLE FOIBE La vicenda di Graziano Udovisi,combattente italiano al confine orientale,infoibato dai titini, miracolosamente sopravvissuto Presentazione di Luciano Garibaldi Edizioni Solfanelli Pagg. 126
  • Luciano Garibaldi e Rossana Mondoni VENTI DI BUFERA SUL CONFINE ORIENTALE Edizioni Solfanelli Pagg. 152
www.edizionisolfanelli.it/confineorientale.htm


Lo storico e giornalista Gianni Oliva ha ricostruito in questo saggio tutta la vicenda degli italiani esuli, partendo dalla fine della Prima Guerra Mondiale fino ai giorni nostri. Un buon punto di partenza per capire le ragioni storiche, politiche e ideologiche che hanno portato alla tragedia. Tutta l’opera è accompagnata da immagini inedite.



Si tratta di un romanzo in cui la voce narrante è quella di un bambino nato in uno dei campi profughispuntati durante l’esodo giuliano-dalmata. Il suo incontro con un uomo, un testimone muto della catastrofe, sarà l’occasione per raggiungere una nuova consapevolezza della propria storia e delle proprie radici. Come il protagonista, anche l’autore è nato in un campo profughi, quello di Servigliano , da genitori fiumani.



Un altro saggio che aiuta a capire le dinamiche politiche e ideologiche dietro le vicende istriane e che tenta un’analisi del complesso ruolo giocato dai comunisti italiani in quella terra di confine. Nel secondo dopoguerra, mentre si andava delineando lo scenario della guerra fredda, le missioni dei delegati italiani e sloveni si scontravano sulle divergenze politiche e militari, sulle questioni resistenziali e sul massacro delle foibe.



Lorenzo Goretti vuole scoprire il passato di suo padre, il capitano Carlo Goretti, morto ormai da 15 anni e decorato con la Croce di guerra. Inizia così una difficile ricerca che lo porta al confine orientale, nelle terre dei combattimenti contro i partigiani di Tito e davanti alle bocche oscure delle foibe.



Si tratta di una testimonianza diretta di chi ha vissuto in prima persona l’attimo del “salto” nella foiba. 14 maggio 1945 l’ufficiale istriano Graziano Udovisi deve scegliere in un secondo se rimanere fermo ed essere falciato dalla mitragliatrice, oppure buttarsi nel baratro e morire cadendo. La sua storia è quella di un miracolato, che salvò se stesso e un commilitone, riuscendo a risalire in superficie da trenta metri di profondità. Udovisi ricorda in questo libro gli orrori della guerra e del carcere, delle torture e dei tragici momenti sull’orlo della foiba.



I "foibologi"

Molti dei presunti esperti di foibe e di infoibamenti, autori di testi e articoli spesso utilizzati come fonte anche da esponenti della sinistra italiana, non sono altro che fascisti od ex-fascisti.:
  • Luigi Papo:
Autore di molti testi sulla questione delle foibe, pubblicati con la casa editrice fascista Settimo sigillo, Luigi Papo, che si firma “Luigi Papo de Montona”, è da sempre stato un fascista che durante la guerra si rese responsabile di rastrellamenti, esecuzioni sommarie e rappresaglie in Istria «Luigi Papo ex ufficiale della Milizia fascista al servizio dei tedeschi in Istria, il più fecondo "storico" delle foibe di estrema destra, è arrivato a scrivere che gli "eccidi" portarono alla "eliminazione del 5 per cento degli Italiani"! Insomma, si sono toccati livelli incredibili di esagerazioni e di falsificazioni.» 
  • Marco Pirina:
Nato nel 1943 da un ufficiale della Guardia Nazionale Repubblicana (Francesco Pirina), ucciso dai partigiani nel luglio del ‘44, fu militante e poi presidente del FUAN romano. Pirina Entrò a far parte del Fronte Delta, che nel tentato golpe Borghese avrebbe dovuto avere un ruolo di primo piano. Negli anni 80 militò nella Lega Nord, poi passò a Forza Italia e poi ancora ad Alleanza Nazionale. A Pordenone fondò il Centro Studi Silentes Loquimur [29]. Claudia Cernigli ha più volte denunciato le falsità storiche riportate dal Pirina in molti suoi testi (es. l'inserimento nella lista degli infoibati anche di partigiani uccisi dai nazifascisti o di caduti in altre circostanze). Per il suo libro Genocidiò nel gennaio 2010 ha subito una condanna per diffamazione poiché il suo testo non forniva prove sulle accuse rivolte a tre partigiani sulla loro partecipazione agli infoibamenti [30]
  • Augusto Sinagra
Legale di Licio Gelli, membro della loggia p2 e legale del governo turco all'epoca del “caso Ocalan, recentemente ha affermato «Ha anche detto che le foibe sono il prodotto di "una barbarie antica che viene da lontano" perché i popoli "slavi" sono privi di civiltà, come s'é visto poi anche con le vicende della Bosnia.» [31]
  • Padre Flaminio Rocchi
Pseudonimo di Anton Sokolic, di padre croato, in seguito cambiò il suo nome originale nell'italiano Flaminio Rocchi. Divenne francescano all'età di 14 anni e fu cappellano militare durante la guerra, poi dirigente dell'Unione degli Istriani, esponente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, di chiara tendenza nazifascista, Rocchi fu anche vicepresidente della “Lega istriana” . Il suo libro L'esodo dei 350.000 Giuliani, Fiumani e Dalmati, secondo Claudia Cernigoi, è infarcito di molti errori marchiani, in particolare sulla cosiddetta “foiba” di Basovizza. [32]
  • Giorgio Rustia
Triestino, si è avvicinato negli anni '90 a Forza Nuova dopo aver fondato un “Comitato spontaneo di triestini che non parlano lo sloveno”. Laureato in scienze biologiche si spaccia per storico; ha stretti contatti con le varie associazioni combattentistiche comprese quelle dei reduci della Repubblica di Salò, unite nell'Associazione Grigioverde.

o  Altri "esperti di foibe" non fascisti:ma  vicino anticomunisti  
  • Gianni Bartoli
Democristiano, esule istriano e sindaco di Trieste negli anni ‘50. Nel suo Martirologio delle genti adriatiche cita 4.000 nomi di infoibati per tutta la “Venezia Giulia” (le attuali province di Trieste e Gorizia, ed il retroterra di queste che si trova oggi in Slovenia), l'Istria, Fiume e la Dalmazia, in riferimento al periodo che va dal 1943 all'estate del 1945. Secondo Foibe e mito vi sarebbero molti errori di trascrizione, nomi duplicati e addirittura di persone che non morirono affatto e rientrarono dalla prigionia.
  • Gianni Oliva:
Laureato in lettere, è anche studioso ed insegnante di Storia delle istituzioni militari alla Scuola di applicazione d'arma di Torino. Pubblica libri per la Mondadori


le risposte di Jovanotti: "Mozart e Tony Effe sono colleghi" - a Belve 17/12/2024

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