6.3.12

Rossella Urru: Lettera aperta al Presidente dell'Europarlamento Martin Schulz sulle dichiarazioni di Borghezio

lo  so  che     dovrei  ignorare questo   putribondo figuro     coem suggerisce  il commento   da  dove  ho preso la lettera  : << 

Chiedo scusa a tutti vo ma perchè ci lasciamo prendere dall'ira facendo cosi' il gioco di questo figuro? Non aspettava altro che finire, ancora una volta, al centro dell'attenzione, per di più questa volta, non più in ambito nazionale ma nel panorama Europeo il massimo per lui. Ci sono che se non dicono e/o fanno azioni eclattanti conterebbero meno di zero nella vita, dirò di più, sentirebbero una fortissima necessità d'andare a nascondersi nei luoghi più bui ed introvabili della terra. Lui è sicuramente una di queste Ma ve lo siete dimenticati (come è fatto ,come si muove , come parla,e le cazzatte che ha sempre detto)? Un cesso, naturalmente detto, con tutto il rispetto per non rischiare di recare offesa ai cessi. Ecco perchè, preso da un irresistibile bisogno, spalanca sempre più spesso la sua fogna per vomitare tutta la merda di cui purtroppo è fatto. Oramai per lui è peggio che essere in astinenza non può assolutamente farne a meno di essere al centro dell'attenzione. Poi, dopo avere vomitato le cazzatte, sta meglio sicuramente molto meglio.Se noi invece lo andiamo a cercare si farà sempre trovare non aspetta altro. Come si può per cui chiedere a Schulz di rimproverarlo? Si può rimproverare un bambino,si può redarguire un essere umano in generale, ma sperare che rimproverare un cesso maleodorante come lui possa servire a qualcosa, consentitemelo, mi sembra proprio una inutile perdita di tempo. Ignoriamolo tanto, meglio prima che poi, schiatterà. Speriamo solo, quel giorno,di essere molto lontani da quel cesso.

ma non ci riesco  .






Rossella Urru: Lettera aperta al Presidente dell'Europarlamento Martin Schulz sulle dichiarazioni di Borghezio
pubblicata da Emiliano Deiana il giorno lunedì 5 marzo 2012 alle ore 19.15 ·



Gent.mo Martin Schulz Presidente dell’Europarlamento,
le scriviamo per sottoporre alla sua attenzione un fatto increscioso che vede protagonista l'Europarlamentare Mario Borghezio della Lega Nord.
L'Eurodeputato - abbiamo delle difficoltà a chiamarlo Onorevole, ma con l'andare avanti nella lettura capirà meglio il motivo - non è nuovo a prese di posizione pubbliche di stampo razzista e fascista. Ricordiamo con vergogna la sua condanna per un episodio risalente al 2000 quando con alcuni attivisti della Lega, a seguito di una manifestazione antidroga, concorse ad appiccare un incendio nel pagliericcio dove dormivano alcuni migranti sotto il ponte della Principessa Clotilde a Torino. La Cassazione, nel 2005, ha condannato Borghezio in via definitiva a due mesi e venti giorni di galera.
Questo le serva, Presidente, per inquadrare il personaggio che, purtroppo, frequenta l'Assemblea che Lei presiede con imparzialità e senso di giustizia.
Qualche giorno fa Borghezio, durante un'intervista radiofonica al giornalista Klaus David, si è reso protagonista di affermazioni gravissime su una nostra conterranea, Rossella Urru, che si trova nelle mani di rapitori appartenenti al terrorismo islamico.
Rossella Urru è una giovane donna sarda di Samugheo, rappresentante del Comitato Italiano dei Popoli (CISP) che nella notte fra il 22 e il 23 ottobre del 2011 è stata rapita in Algeria insieme a due colleghi spagnoli Ainhoa Fernandez de Rincon ed Enric Gonyalons.
Al momento del rapimento Rossella si trovava nel campo profughi Saharawi per svolgere la sua missione umanitaria a servizio delle popolazioni.
Nei giorni scorsi si sono rincorse voci, non confermate dal Governo italiano, di una sua possibile liberazione nel Mali. La famiglia, la comunità di Samugheo, il popolo sardo e quello italiano vivono ore d’angoscia per la mancanza di certezze sulla sorte di Rossella. In questo contesto si inseriscono le offensive dichiarazioni di Borghezio, allegate alla presente, che accusa il mondo del volontariato di spassarsela in giro per il mondo – quindi anche Rossella - invece di aiutare le vecchiette che vivono da sole nelle valli del Nord che Borghezio, evidentemente, ama più della Sardegna.
L’Europarlamentare parla di "moda Radical Chic" inventata da un certo "catto-comunismo" italiano e da un certo cattolicesimo "che ama autoflaggellarsi sulle colpe dell’Occidente" nei confronti dei Paesi del Terzo Mondo.
Colpisce, ma se ha avuto modo di ascoltare all’Europarlamento il delirio dei suoi interventi sa cosa intendiamo, oltre a un’ignoranza crassa sulle ragioni del colonialismo e sugli strascichi lasciati l’assoluta insensibilità umana verso una giovane donna in mano, ancora oggi e speriamo per poco, a dei rapitori che conducono, loro per davvero, una lotta contro l’Occidente.
Dichiarazioni che noi riteniamo non solo offensive, ma anche pericolose in un momento di trattativa coi rapitori che possono condurre alla liberazione di Rossella.
In concorso col giornalista Borghezio afferma che Rossella "quel che faceva lì poteva farlo in Italia" senza peraltro mettere a repentaglio la propria incolumità. Ancora una volta Borghezio dimostra tutta la sua ignoranza sul mondo della Cooperazione internazionale che si avvale del lavoro delle tante, tantissime Rossella sparse per il mondo.
In un momento di profonda angoscia, per i familiari innanzitutto, ma per l’intera Sardegna, noi le chiediamo con assoluta deferenza, di utilizzare il suo alto incarico per censurare le parole dell’Eurodeputato Mario Borghezio e per esaltare il ruolo della Cooperazione Internazionale a favore delle popolazioni del Terzo Mondo e in particolare il ruolo di Rossella Urru.
Per noi è un vanto che Rossella, che viene da una terra povera e con tanti problemi, sia andata in Algeria ad aiutare un’intera popolazione a migliorare la propria condizione di vita. Noi pensiamo che solo con l’umanità dimostrata da Rossella i popoli possano cooperare al fine di abbattere le disuguaglianze presenti nel mondo.
Quel che solleva muri e steccati sono le dichiarazioni di Borghezio e la sua ideologia razzista e fascista, steccati che noi vorremmo abbattere col dialogo, la fratellanza e la cooperazione.
Rossella, per la Sardegna, per l’Italia e per l’Europa, è un esempio di umanità ed è per questo che, insieme all’insostituibile lavoro delle autorità italiane e dell’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri, vorremmo Rossella a casa, sana e salva, libera per continuare ad aiutare i poveri di questo Pianeta.
Certo che Lei saprà trovare i giusti modi per censurare le parole dell’Europarlamentare Mario Borghezio e per esaltare il ruolo della cooperazione internazionale e di Rossella Urru le porgiamo i più Distinti Saluti.


seguono 300  firme

pensieri di Eros Menchetti da il gruppo "noi che abbiamo ancora queste emozioni nel cuore "




pensieri

pensieri che si dissolvono nell'acqua
svaniscono le preoccupazioni
le frustrazioni
i tormenti.
ci sono giorni che starei le ore sotto la doccia
non mi fa pensare a niente
mi estrania dal mondo
e' stupendo.
senti tutto il tuo corpo che freme
al caldo tepore dell'acqua
scivola dalla mia pelle
come i mie pensieri
svaniti 
dalla mia pelle!

ecco perchè no alla tav


L'INCHIESTA
Tav, da Napoli alla Val di Susa
le mani della mafia sui cantieri
I clan si presentano con imprese che vincono perché fanno i prezzi più vantaggiosi e sbaragliano il mercato. Il tracciato della Torino-Lione si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari nel ciclo del cemento




 ROBERTO SAVIANO


TUTTI parlano di Tav, ma prima di ogni cosa bisognerebbe partire da un dato di fatto: negli ultimi trent'anni l'Alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business perfezionatosi dai tempi dalla costruzione dell'Autostrada del Sole e della ricostruzione post-terremoto in Irpinia. Questa è una certezza giudiziaria e storica più solida delle valutazioni ambientali e politiche (a favore o contro), più solida di ogni altra analisi sulla necessità o sull'inutilità di quest'opera. In questo momento ci si divide tra chi considera la Tav in Val di Susa come un balzo in avanti per l'economia, come un ponte per l'Europa, e chi invece un'aberrazione dello spreco e una violenza sulla natura. Su un punto però ci si deve trovare uniti: bisogna avere il coraggio di comprendere che l'Italia al momento non è in grado di garantire che questo cantiere non diventi la più grande miniera per le mafie. Il governo Monti deve comprendere che nascondere il problema è pericoloso. Prima dei veleni, delle polveri, della fine del turismo, della spesa esorbitante, prima di tutte le analisi che in questi giorni vengono discusse bisognerebbe porsi un problema di sicurezza del sistema economico. Che è un problema di democrazia.

Ci si può difendere dall'infiltrazione mafiosa solo fiaccando le imprese prima che entrino nel mercato, quando cioè è ancora possibile l'economia mafiosa è assai aggressiva e l'Italia, invece, è disarmata. Il Paese non può permettersi di tenere in vita con i fiumi di danaro della Tav le imprese illegali. Se non vuole arrendersi alle cosche, e bloccare ogni grande opera, deve dotarsi di armi nuove, efficaci e appropriate. La priorità non può che essere la "messa in sicurezza dell'economia", per sottrarla all'infiltrazione e al dominio mafioso, dotandola di anticorpi che individuino e premino la liceità degli attori coinvolti e creino le condizioni per una concorrenzialità, vera, non inquinata dai fondi neri. Oggi questa messa in sicurezza non è ancora stata fatta e il Paese, per ora, non ha gli strumenti preventivi per sorvegliare l'enorme giro degli appalti e subappalti, i cantieri, la manodopera, le materie prime, i trasporti, e lo smaltimento dei rifiuti, settori tradizionali in cui le mafie lavorano (inutile negarlo o usare toni prudenti) in regime di quasi monopolio. Quando i cantieri sono giganti con fabbriche di movimenti umani e di pale non ci sono controlli che tengano. 

IL BUSINESS CRIMINALE
Le mafie si presentano con imprese che vincono perché fanno prezzi vantaggiosi che sbaragliano il mercato, hanno sedi al nord e curricula puliti, e il flusso di denaro destinato alla Tav rischia di diventare linfa per il loro potenziamento, aumentandone la capacità di investimento, di controllo del territorio, accrescendone il potere economico e, di conseguenza, politico. Non vincono puntando il fucile. Vincono perché grazie ai soldi illeciti il loro agire lecito è più economico, migliore e veloce. Lo schema finanziario utilizzato sino ad ora negli appalti Tav è il meccanismo noto per la ricostruzione post-terremoto del 1980: il meccanismo della concessione, che sostituisce la normale gara d'appalto in virtù della presunta urgenza dell'opera, e fa sì che la spesa finale sia determinata sulla base della fatturazione complessiva prodotta in corso d'opera, permettendo di fatto di gonfiare i costi e creare fondi neri per migliaia di miliardi. La storia dell'alta velocità in Italia è storia di accumulazione di capitali da parte dei cartelli mafiosi dell'edilizia e del cemento. Il tracciato della Lione-Torino si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari nel ciclo del cemento. Sono tutte pronte e già si sono organizzate in questi anni. 

Esagerazioni? La Direzione nazionale Antimafia nella sua relazione annuale (2011) ha dato al Piemonte il terzo posto sul podio della penetrazione della criminalità organizzata calabrese: "In Piemonte la 'ndrangheta ha una sua consolidata roccaforte, che è seconda, dopo la Calabria, solo alla Lombardia". Così come dimostra la sentenza n. 362 del 2009 della Corte di Cassazione che ha riconosciuto definitivamente "un'emanazione della 'ndrangheta nel territorio della Val di Susa e del Comune di Bardonecchia". L'infiltrazione a Bardonecchia (che arrivò a portare lo scioglimento del comune per infiltrazione mafiosa nel 1995 primo caso nel Nord-Italia) è avvenuta nel periodo in cui si stava costruendo una nuova autostrada e il traforo del Frejus verso la Francia. Gli appalti del traforo portarono le imprese mafiose a vincere per la prima volta in Piemonte.

I LEGAMI CON IL NORD
Credere che basti mettere sotto osservazione le imprese edili del sud per evitare l'infiltrazione è una ingenuità colpevole. Le aziende criminali non vengono dalle terre di mafie. Nascono, crescono e vivono al Nord, si presentano in regola e tutte con perfetto certificato antimafia (di cui è imperativa una modifica dei parametri). È sempre dopo anni dall'appalto che le indagini si accorgono che il loro Dna era mafioso. Qualche esempio. La Guardia di Finanza individuò sui cantieri della Torino-Milano la Edilcostruzioni di Milano che era legata a Santo Maviglia narcotrafficante di Africo. La sua ditta lavorava in subappalto alla Tav. La Ls Strade, azienda milanese leader assoluta nel movimento terre era di Maurizio Luraghi imprenditore lombardo. Secondo le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Luraghi era il prestanome dei Barbaro e dei Papalia, famiglie 'ndranghetiste. Nel marzo 2009 l'indagine, denominata "Isola", dimostrò la presenza a Cologno Monzese delle famiglie Nicoscia e Arena della 'ndrangheta calabrese che riciclavano capitali e aggiravano la normativa antimafia usando il sistema della chiamata diretta per entrare nei cantieri Tav di Cassano d'Adda. Partivano dagli appalti poi arrivavano ai subappalti e successivamente - e in netta violazione delle leggi - ad ulteriori subappalti gestendo tutto in nero. 

Dagli appalti si approdava prima ai subappalti e successivamente - e in contrasto con le norme antimafia - ad ulteriori subappalti con affidamento dei lavori del tutto in nero. Nell'ottobre 2009 l'Operazione Pioneer arrestò 14 affiliati del clan di Antonio Spagnolo di Ciminà (Reggio Calabria), proprietario della Ediltava sas di Rivoli, con la quale si aggiudicò subappalti sulla linea Tav. Dalla Lombardia al Piemonte il meccanismo è sempre lo stesso: "Le proiezioni della criminalità calabrese, attraverso prestanome, - scrive l'Antimafia - hanno orientato i propri interessi nel settore edile e del movimento terra, finanziando, con i proventi del traffico di droga e dell'usura, iniziative anche di rilevante entità. In tale settore le imprese mafiose sono clamorosamente favorite dal non dover rispettare alcuna regola, ed anzi dal poter fare dell'assenza delle regole il punto di forza per accaparrarsi commesse". 

A Reggio Emilia l'alta velocità è stata il volano per far arrivare una sessantina di cosche che hanno iniziato a egemonizzare i subappalti nell'edilizia in Emilia Romagna. Sulla Tav Torino-Milano si creò un business mafioso inusuale che generò molti profitti e che fu scoperto nel 2008. Fu scoperta una montagna di rifiuti sotterrati illegalmente nei cantieri dell'Alta Velocità: centinaia di tonnellate di materiale non bonificato, cemento armato, plastica, mattoni, asfalto, gomme, ferro, intombato nel cuore del Parco lombardo del Ticino. La Tav diventa ricchezza non solo per gli appalti ma anche perché puoi nascondere sottoterra quel che vuoi. Una buca di trenta metri di larghezza e dieci di profondità è in grado accogliere 20mila metri cubi dì materiale. Ci si arricchisce scavando e si arricchisce riempiendo: il business è doppio.

IL SISTEMA DEI SUBAPPALTI
I cantieri Tav sulla Napoli-Roma, raccontano bene quello che potrebbe essere il futuro della Tav in Val di Susa. Il clan dei Casalesi partecipa ai lavori con ditte proprie in subappalto e soltanto fino al 1995 la camorra intasca secondo la Criminalpol 10mila miliardi di lire. Fin dall'inizio gli esponenti del clan dei Casalesi esercitarono una costante pressione per conseguire e conservare il controllo camorristico sulla Tav in due modi: o infiltrando le proprie imprese o imponendo tangenti alle ditte che concorrevano nella realizzazione della linea ferroviaria. I cantieri aperti dal 1994 per oltre dieci anni, avevano un costo iniziale previsto di 26.000 miliardi, arrivato nel 2011 a 150.000 miliardi di lire per 204 chilometri di tratta; il costo per chilometro è stato di circa 44 milioni di euro, con punte che superano i 60 milioni. Le indagini della Dda spiegarono alcuni di questi meccanismi scoprendo che molte delle società appaltatrici erano legate a boss-imprenditori come Pasquale Zagaria, coinvolto nel processo Spartacus a carico del clan dei Casalesi (e fratello del boss Michele, il quale, ancora latitante, riceveva nella sua villa imprenditori edili dell'alta velocità). Il clan dei Casalesi partecipò ai lavori con ditte proprie, accaparrandosi inizialmente il monopolio del movimento terra attraverso la Edil Moter. Nel novembre del 2008 le indagini della procura di Caltanissetta ruotarono intorno alla Calcestruzzi spa, società bergamasca del Gruppo Italcementi (quinto produttore a livello mondiale), che forniva il cemento per realizzare importanti opere pubbliche tra cui alcune linee della Tav Milano-Bologna e Roma-Napoli (terzo e quarto lotto), metrobus di Brescia, metropolitana di Genova e A4-Passante autostradale di Mestre. Le indagini (che aveva iniziato Paolo Borsellino) mostrarono: "Significativi scostamenti tra i dosaggi contrattuali di cemento con quelli effettivamente impiegati nella produzione dei conglomerati forniti all'impresa appaltante". L'indagine voleva accertare se la Calcestruzzi avesse proceduto "a una illecita creazione di fondi neri da destinare in parte ai clan mafiosi dell'isola, nonché l'eventuale esistenza di una strategia aziendale volta a tali fini". 

Ecco: questa è l'Italia che si appresta ad aprire i cantieri in Val di Susa. Che la mafia non riguardi solo il sud ormai è accertato. Di più: le organizzazioni criminali non solo in Italia, ma anche in Usa e in tutto il mondo, stanno approfittando enormemente della crisi, che è diventata per loro un'enorme occasione da sfruttare. Bisogna mettere in sicurezza l'economia del paese e siamo, su questo terreno, in grande ritardo. La giurisprudenza antimafia è declinata sulla caccia ai boss mafiosi. Giusto, ma non basta: serve un balzo in avanti, serve una giurisprudenza che dia la caccia agli enormi capitali, alle casseforti criminali che agiscono indisturbate nel mondo della finanza internazionale. O ci si muove in questa direzione o l'alternativa è che ogni forma di ripresa economica sarà a capitale di maggioranza mafioso.

(06 marzo 2012)

5.3.12

Mylène Farmer - Je T'aime Mélancolie





J'ai comme une envie
De voir ma vie au lit
Comme une idée fixe
Chaque fois que l'on me dit
La plaie c'est ça:
C'est qu'elle pousse trop vite
La mauvaise herbe nuit
C'est là qu'il me vient une idée:
Pouvoir m'apitoyer
C'est bien ma veine
Je souffre en douce
J'attends ma peine
Sa bouche est si douce
J'ai comme une envie
De voir ma vie au lit
Comme une idée triste
Qui me poursuit la nuit-la nuit-la nuit
Je savoure la nuit
L'idée d'éternité
La mauvaise herbe nuit
Car elle ne meurt jamais
Quand tout est gris
La peine est mon amie
Un long suicide acide
Je t'aime mélancolie
Sentiment qui
Me mène à l'infini
Mélange du pire, de mon désiré
Je t'aime mélancolie
Quand tout est gris
La peine est mon amie
J 'ai l'âme humide aussi
Tout mon être chavire
Oh viens je t'en prie
C'est ton amie aussi
C'est l'élexiré de mes délires
Je t'aime mélancolie
J'ai comme une envie
De voir ma vie en l'air
Chaque fois que l'on me dit
C'est de la mauvaise herbe
Et moi je dis:
Qu'une sauvage née
Vaut bien d'être estimée
Après tout elle fait souvent la nique
Aux (trop bien) cultivées, et toc!
C'est bien ma veine
Je souffre en douce
J'attends ma peine
Sa bouche est si douce
J'ai comme une idée
De la moralité
Comme une idée triste
Mais qui ne meurt jamais
En somme c'est ça:
Pour plaire aux jaloux
Il faut être ignorée
Mais là, mais là, mais là, pour le coup
C'est Dieu qui m'a planté, alors?... 
Quand tout est gris
La peine est mon amie
Un long suicide acide
Je t'aime mélancolie
Sentiment qui
Me mène à l'infini
Mélange du pire, de mon désiré
Je t'aime mélancolie
Quand tout est gris
La peine est mon amie
J 'ai l'âme humide aussi
Tout mon être chavire
Oh viens je t'en prie
C'est ton amie aussi
C'est l'élexiré de mes délires
Je t'aime mélancolie

 traduzione

Ho nostalgia di vedermi a letto.
Come un'idea fissa,
ogni volta che mi hanno detto:
“lo scotto è questo”.
Ma l'erba cattiva
cresce troppo in fretta,
ed è là che ho un'idea,
una scusa per impietosirmi. 

E' la mia fortuna,
soffro dolcemente;
aspetto la mia sentenza,
dalla bocca così dolce.




Ho nostalgia
di vedermi a letto:
pensiero cattivo
che - di notte - mi strazia.
E' che io assaporo la notte,
pensiero d'eternità.
La notte è come l'erba cattiva,
essa non muore mai.


Quando tutto è smorto,
il tormento è amico mio,
suicido lungo, acido,
Malinconia ti amo.
Sentimento che
mi porta nell'infinito,
mescolando il peggio dei miei desideri,
Malinconia, ti amo.


Quanto tutto è grigio,
il dispiacere è mio amico,
la mia anima è bagnata,
tutto il mio essere è in rotazione.
Vieni, ti prego,
è anche amica tua,
è l'elisir delle mie paranoie,
Ti amo malinconia.


Ho nostalgia
di vedermi allo sbando,
ogni volta che mi hanno detto
"sono solo cattiverie",
e io rispondo:
che un incompreso
va comunque rispettato.
La malinconia, dopotutto, prende in giro i "perfettini". 


E' la mia fortuna,
dolcemente, soffro,
aspettando la mia sentenza,
dalla bocca così dolce.


Ho un'idea
della moralità,
come un pensiero cattivo,
che non muore mai.
Insomma, è questo:
per compiacere gli invidiosi,
devi restare nell'ombra.
Ma poi, come risultato,
sono tutta sbagliata.
E allora?



(Myléne Farmer)

4.3.12

riflessioni sul 8 marzo

 affronto  questo argomento  con questa  canzone presa  dall'efficcentissimo ildeposito.org  e  un commento  che  condivido e di cui  , ma  questa  è un altra storia  che prima o poi racconterò ho vissuto personalmente  ,   in pieno di una mia  amica




Ricordatevi di noi
siamo morte in una fabbrica
sfruttate sul lavoro
sfruttate a casa e fuori

Ricordatevi di noi
siamo morte ma non per sempre
noi vivremo eternamente
sinchè durerà la lotta

Siamo state assassinate
per avere scioperato
voi dovete vendicarci
vendicarci col lottare
vendicarci col creare

Creare un mondo nuovo
un mondo di giustizia
un mondo di uguaglianza
un mondo di libertà

Ricordatevi di Adele
l'hanno presto incarcerata
per avere contestato
per avere militato

L'hanno messa in una cella
una cella isolata
per paura che parlasse
con chi vuol sapere le cose

Saper di un mondo nuovo
un mondo di giustizia
un mondo di uguaglianza
un mondo di libertà

Fonte:
Maraini Y. (a cura di), Siamo in tante...(la condizione della donnanelle canzoni popolari e femministe: libro + disco.Movimento Femminista Romano, Canti delle donne in lotta 2,Vedette Albatros, 1976)




Informazioni storiche :

Questa canzone fu scritta nel 1974 per un intervento di teatro di strada in occasione della Giornata Internazionale della Donna.
8 marzo non è "la festa delle donne", è "la giornata di lotta" delle donne. Nel 1910 le compagne del Congresso internazionale delle donne socialiste hanno indetto l'8 marzo "giornata internazionale di lotta della donna". (maria rollero)



ecco  il commento   di ******

E invece è stata decisamente snaturata. E non solo; è stata trasformata in una giornata in cui le donne possono "trasgredire", possono andare a cena, a ballare, assistere a spogliarelli maschili nei locali. Con la "concessione" dei mariti, o fidanzati, o compagni ipocriti. Ma temo che il male peggiore non sia l'ipocrisia maschilista, ma il fatto che tante, troppe donne hanno vanificato le lotte per la conquista di diritti, dignità e parità. Lotte che sono costate tanto, anche la vita. E quanto mi dispiace vedere tante donne (e attraverso il mio lavoro ne vedo davvero tante) che non difendono il loro orgoglio e la loro dignità dell'essere donne; e spesso non per mancanza di intelligenza o a causa di condizioni sociali degradate, ma perchè la cultura femminile di questo momento storico è dettata dalla supericialità. E così si lasciano usare dagli uomini/maschi e si sentono importanti, sino a quando gli stessi uomini/maschi non le sputtanano malamente definendole stupide, oche, "facili"; se poi sono donne separate e con figli vengono definite delle pessime madri, delle "troie". Che rabbia.....ma così è....

Fotografia

Testimone, dov'è il testimone?
Nel passato remoto della gioventù,
in quei tratti nervosi, nelle schegge degli occhi,
o nella sapienza dolente dei passi stanchi?
E' ritratta, in voi, la musica.
La fine dei padri. Le generazioni complicate.
Il sussulto dell'incerto domani.
L'ansia d'un Dio rinnegato e sfuggito.
L'età della perdita. Un diamante folle.
Troppo prezioso e fulgido per noi,
poveri carboni spenti.




Sopra: Renato Zero e Lucio Dalla davanti alle immagini di Tenco ed Endrigo. Sotto: Montreux, 29 febbraio 2012, l'ultimo concerto di Dalla, a poche ore dalla morte.




2.3.12

quando un post di un amico e una canzone ( sulla cattiva strada di de de anmdrè ) confermano il mio viaggio

la prima   è  un omaggio  fattomi sulla mia bacheca  fb   da un amica del gruppo  di  utenti di facebook   radio faber



e il post  del compagno di  strada  http://mattax-mattax.blogspot.com  essi confermano questa canzone  dei Modena City Rambles






Ma  ora  bando  alle  ciance  ed  eccovi  il post   in  questione  



                               La Solitudine con la "C" maiuscola

Maggioranze
smisuratamente organizzate,
talvolta armate

(Fabrizio De André mentre canta "Smisurata Preghiera", rielaborata da un poema colombuiano di Alvàro Mutis)

Quando si può rimanere soli con se stessi, credo che si riesca ad aver più contatto con il circostante che non è fatto soltanto di nostri simili, ma direi che è composto soprattutto di tutto il nostro universo, dalla possibilità di bere acqua a quella di drogarci con ansiolitici o Viagra (non parlo di me in senso stretto in questo ultimo esempio). Il nostro circostante che forse sarebbe meglio scriverlo con la “C” maiuscola, è composto dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle luminose che ogni notte si danno appuntamento allo stesso posto in cielo, dalle montagne ruvide come il masso alle acque spumeggianti che ci rendono tante piccole o immense isole, teatro di sconci mai narrati da uomo o donna. La realtà arriva sempre prima della fantasia, da anarchico spiritualista quale sono, rimango persuaso di questa rozza e materiale certezza, che la realtà abbia più fantasia della fantasia stessa. Bisogna arrendersi a tale obbrobrio, perché è nelle cose primordiali, noi non possiamo farci nulla se non ricordarcelo. Fra pochi simili a volte si è riuscito anche ad accordarci meglio col tutto il nostro circostante, persone, cose, libri, Mannerini, cieli, croci, mari, Calvino ne "Gli amori difficili", tutti i day hospital, i dilemmi di folle impazzite di nuovi "poeti", amica di Riccione per cui cancellerei ogni mio umile saper cianciare nelle ore sbagliate, per una tua giornata di pace fisica e d'anima.

                                                   Il diritto all'imprevisto

Abbiamo delle franchigie, noi, che non usiamo però, le lasciamo lì per chissà chì. Talvolta, siamo un pò fessi anche noi, suvvia, l'ignoranza mista alla pigrizia a codice a barre, come posso non capirvi?! Franchigie che ci permetterebbero di vivere meglio.Come l'esercizio del Dubbio in ogni istante della nostra vita, proprio per non cadere in ciò che Cristo stigmatizza, la vanità anche quando la navi da Crociere si spaccano su un Giglio. Segno che i tempi non sono stati rispettati, ne

la storia riciclata . Il reparto scorte di Palermo stava per riciclare un documento storico: l'ordine di servizio del giorno della strage di Capaci.





LA STORIA RICICLATA
Pubblicato: 07/12/2009

Fotocopiatrice senza carta. Il reparto scorte di Palermo stava per riciclare un documento storico: l'ordine di servizio del giorno della strage di Capaci. Servizio di Rita Mattei

Lucio Dalla, un ricordo di Daniela Tuscano




Come mi son sentita povera, non appena mi è giunta la notizia della morte di Lucio Dalla. Quasi vicina a quel fatidico 4 marzo. È solo il primo.
Morte? Impossibile. Uno scherzo del web, abbiamo subito ipotizzato, ormai assuefatti alla banalizzazione d’un evento divenuto anch’esso liquido, evanescente, irreale. “È la vita che finisce, ma lui non ci pensò poi tanto”, cantava Lucio in quello che è considerato il suo capolavoro assoluto, Caruso. La tragedia contemporanea consiste appunto in questo: nel non pensarci poi tanto. Ma la morte giunge, radicalmente grave, incredibilmente volatile: prende e rapisce, lasciandoci dentro un pesante vuoto. Il vuoto del rammarico, del rimpianto. Dell’inafferrabile.
Ma Lucio era così cattolico. E da cattolico, per lui, non era la morte a giungere, ma la vita a finire; e, come il suo Caruso, non ci pensava poi tanto perché aveva molto amato. Perché la vita naturalmente e ovviamente finiva, e finisce così, per tutti noi, per ognuno di noi.
Abbiamo eluso una verità così semplice? Colpa nostra.
Era immenso, questo piccolo-grande uomo. E lo dico senza retorica alcuna. Da quanti secoli mi manca? Gli chiedo scusa, scusa per non aver assimilato del tutto quel suo messaggio di vita che finisce, ciclica, spontanea, profumata d’erba, di mare.
Lucio Dalla era un meticcio marino. Non si capiva bene da quale parte iniziasse, o finisse, il suo corpo basso e stortignaccolo. Un mozzo irsuto? Un Querelle italiano? Un avventore di bar di provincia? Tutto questo, e molto di più. Un periferico che come nessuno aveva saputo scrutare la mia Milano. Quella degli anni ’70, truce e concitata, di Corso Buenos Ayres. Odiava quella frenesia da calibro 9, il bolognese Lucio, e lo urlava, lo digrignava anzi, sempre con un lampo di ferrigna ironia, ma sapeva anche accarezzare così bene, e delicatamente, la città nuda e tentacolare: “Milano lontana dal cielo, tra la vita e la morte continua il tuo mistero”.
Ancora mare, profondo, ovviamente. Quella sì, era la sua traversata biblica. Con qualche accento disperato, degno d’un moderno Giobbe: “Frattanto un mistico, forse un aviatore, inventò la commozione, che li mise d’accordo tutti, i belli con i brutti, con qualche danno per i brutti che si videro consegnare un pezzo di specchio così da potersi guardare”. Insomma: la religione ci ha lasciati più inguaiati di prima, quando si è istituzionalizzata. E chi ne ha fatto le spese è sempre stato il povero diavolo. Lo stesso concetto nell’altro suo eroe marino, Ulisse: “Mi sono immaginato la protesta d’un marinaio: senta signor Ulisse, lei parte, va, conquista mondi, seduce le donne più belle, e quando si trova nei guai, tracchete! Ecco un dio che la salva. I suoi sbagli, però, siamo noi a pagarli, noi non protetti da nessuna divinità, noi che abbiamo solo una casa e una moglie e un misero stipendio”. Con queste parole, una volta, Dalla spiegò la genesi di Itaca, con quel magnifico coro “fuori sincrono” maschile e pure femminile; coro di mondine e di operaie, perché Itaca era la metafora, anche, della violenza del potere sulla classe oppressa; forse, persino del capitalista illuminato. Come nell’”orazion picciola” dell’Ulisse dantesco, infatti, alla fine anche il marinaio di Lucio resta sedotto dal fascino ambiguo dell’eloquio itacense: “Anche la paura in fondo, mi dà sempre un gusto strano: se ci fosse ancora mondo sono pronto, dove andiamo”.
Mi è impossibile elencare tutte le canzoni di Lucio che hanno segnato il mio cuore. Sono davvero tante. Troppe. Oggi, un Dalla sarebbe improponibile, ed è un pessimo segnale. Ha amato, dicevamo all’inizio: proprio per tutte le perle disseminate in questo lungo e fulmineo cammino. Non riesco ad ascoltarlo, adesso. Le lacrime mi chiudono la gola. Un brano però, quello sì, è pianto per eccellenza, è puro vento. Lo vedo nelle varie tonalità del blu, dal celeste all’oltremare. Mare, ancora una volta. O meglio, La casa in riva al mare. Una sola, bianca, sotto un sole greco, e quel prigioniero che sogna la donna, lo vedo relegato in uno stambugio levantino, anch’esso chiaro, ma d’un silenzio di calce, spoglio, vano. Che aspetta, aspetta, inutilmente e disperatamente, con un certo sorriso sciocco, baluginato, sotto palpebre vetrose. E poi lo sai, che… fu solo in mezzo al blu. Morto il prigioniero con un’allegria (Quale allegria?) azzurra d’illusione, ma forse ambiguamente rappacificato, accarezzato da un’ala di misericordia. La voce di Lucio è anch’essa leggera mentre lo racconta, quasi buttata lì, fischiettata in semitono. Era una vita che finiva, nel peggiore dei modi, perché non c’eravamo accorti che era quella d’un uomo. Voglia di ribellione. Di dignità. Ci ha insegnato questo e molto altro, Lucio Dalla. Malasorte, il perderti così.

1.3.12

Lucio Dalla, la vita che finisce

Come mi son sentita povera, non appena mi è giunta la notizia della morte di Lucio Dalla. Quasi vicina a quel fatidico 4 marzo. È solo il primo.

Morte? Impossibile. Uno scherzo del web, abbiamo subito ipotizzato, ormai assuefatti alla banalizzazione d’un evento divenuto anch’esso liquido, evanescente, irreale. “È la vita che finisce, ma lui non ci pensò poi tanto”, cantava Lucio in quello che è considerato il suo capolavoro assoluto, Caruso. La tragedia contemporanea consiste appunto in questo: nel non pensarci poi tanto. Ma la morte giunge, radicalmente grave, incredibilmente volatile: prende e rapisce, lasciandoci dentro un pesante vuoto. Il vuoto del rammarico, del rimpianto. Dell’inafferrabile.

Ma Lucio era così cattolico. E da cattolico, per lui, non era la morte a giungere, ma la vita a finire; e, come il suo Caruso, non ci pensava poi tanto perché aveva molto amato. Perché la vita naturalmente e ovviamente finiva, e finisce così, per tutti noi, per ognuno di noi.

Abbiamo eluso una verità così semplice? Colpa nostra.

Era immenso, questo piccolo-grande uomo. E lo dico senza retorica alcuna. Da quanti secoli mi manca? Gli chiedo scusa, scusa per non aver assimilato del tutto quel suo messaggio di vita che finisce, ciclica, spontanea, profumata d’erba, di mare.

Lucio Dalla era un meticcio marino. Non si capiva bene da quale parte iniziasse, o finisse, il suo corpo basso e stortignaccolo. Un mozzo irsuto? Un Querelle italiano? Un avventore di bar di provincia? Tutto questo, e molto di più. Un periferico che come nessuno aveva saputo scrutare la mia Milano. Quella degli anni ’70, truce e concitata, di Corso Buenos Ayres. Odiava quella frenesia da calibro 9, il bolognese Lucio, e lo urlava, lo digrignava anzi, sempre con un lampo di ferrigna ironia, ma sapeva anche accarezzare così bene, e delicatamente, la città nuda e tentacolare: “Milano lontana dal cielo, tra la vita e la morte continua il tuo mistero”.

Ancora mare, profondo, ovviamente. Quella sì, era la sua traversata biblica. Con qualche accento disperato, degno d’un moderno Giobbe: “Frattanto un mistico, forse un aviatore, inventò la commozione, che li mise d’accordo tutti, i belli con i brutti, con qualche danno per i brutti che si videro consegnare un pezzo di specchio così da potersi guardare”. Insomma: la religione ci ha lasciati più inguaiati di prima, quando si è istituzionalizzata. E chi ne ha fatto le spese è sempre stato il povero diavolo. Lo stesso concetto nell’altro suo eroe marino, Ulisse: “Mi sono immaginato la protesta d’un marinaio: senta signor Ulisse, lei parte, va, conquista mondi, seduce le donne più belle, e quando si trova nei guai, tracchete! Ecco un dio che la salva. I suoi sbagli, però, siamo noi a pagarli, noi non protetti da nessuna divinità, noi che abbiamo solo una casa e una moglie e un misero stipendio”. Con queste parole, una volta, Dalla spiegò la genesi di Itaca, con quel magnifico coro “fuori sincrono” maschile e pure femminile; coro di mondine e di operaie, perché Itaca era la metafora, anche, della violenza del potere sulla classe oppressa; forse, persino del capitalista illuminato. Come nell’”orazion picciola” dell’Ulisse dantesco, infatti, alla fine anche il marinaio di Lucio resta sedotto dal fascino ambiguo dell’eloquio itacense: “Anche la paura in fondo, mi dà sempre un gusto strano: se ci fosse ancora mondo sono pronto, dove andiamo”.

Mi è impossibile elencare tutte le canzoni di Lucio che hanno segnato il mio cuore. Sono davvero tante. Troppe. Oggi, un Dalla sarebbe improponibile, ed è un pessimo segnale. Ha amato, dicevamo all’inizio: proprio per tutte le perle disseminate in questo lungo e fulmineo cammino. Non riesco ad ascoltarlo, adesso. Le lacrime mi chiudono la gola. Un brano però, quello sì, è pianto per eccellenza, è puro vento. Lo vedo nelle varie tonalità del blu, dal celeste all’oltremare. Mare, ancora una volta. O meglio, La casa in riva al mare. Una sola, bianca, sotto un sole greco, e quel prigioniero che sogna la donna, lo vedo relegato in uno stambugio levantino, anch’esso chiaro, ma d’un silenzio di calce, spoglio, vano. Che aspetta, aspetta, inutilmente e disperatamente, con un certo sorriso sciocco, baluginato, sotto palpebre vetrose. E poi lo sai, che… fu solo in mezzo al blu. Morto il prigioniero con un’allegria (Quale allegria?) azzurra d’illusione, ma forse ambiguamente rappacificato, accarezzato da un’ala di misericordia. La voce di Lucio è anch’essa leggera mentre lo racconta, quasi buttata lì, fischiettata in semitono. Era una vita che finiva, nel peggiore dei modi, perché non c’eravamo accorti che era quella d’un uomo. Voglia di ribellione. Di dignità. Ci ha insegnato questo e molto altro, Lucio Dalla. Malasorte, il perderti così.


addio dalla voglio ricordarti cosi


29.2.12

quando non riesco ad esprimermi mi descrivo in musica


per una volta stimo un carabiniere che non reagisce agli insulti di manifestanti [ un carabiniere non reagisce agli insulti del manifestante NO tav ]

Lo so  che  con questo video  sarò  riempito di  ....   e perderò molti   contatti   ma   se  questo  è il porezzo da  pagare  per  essere  libero ed  andare in direzione ostinata   e contraria  , lo  pago  .
Ora  dopo    questa  premessa  veniamo  al post    .

Stavolta  , io  critico  verso  le forze ( ovviamente senza  generalizzare  perchè   in mezzo alla merda  ci sono anche delle perle  )    dell'ordine per  i loro eccessi vedi  le  Napoli e  Genova  2001 , sto i carabiniere  .
un faccia a faccia che passerà alla storia
un manifestante frustrato per l'occupazione della sua terra provoca ed  insulta  un carabiniere
il quale , facendo semplicemente il suo dovere  (  e  senza   usare  violenza gratuita  e senza   mancare  di rispetto o insultare   vedi  i casi citati sopra  ) non reagisce in alcun modo e come un padre sembra capire il disagio del suo figlio .
  e  voi ?

Liberate Rossella Urru!



Rossella Urru, 29 anni, volontaria italiana e rappresentate del Comitato Internazionale Sviluppo dei popoli (CISP), operava in Algeria, nei campi profughi Saharawi, per portare aiuto alla popolazione, in particolare ai bambini. Nella notte tra il 22 e 23 ottobre 2011, mentre cenava con alcuni colleghi spagnoli (Ainhoa Fernandez de Rincon dell'Associazione amici del popolo Saharawi e Enric Gonyalons, dell'organizzazione Mundobat) è stata prelevata da terroristi islamisti e di lei si son perse le tracce. Oggi, 29 febbraio, i blogger si dànno appuntamento sul web per ricordare Rossella e altri nostri connazionali rapiti: Maria Sandra Mariani, Giovanni Lo Porto, Franco Molinara, Valerio Longo, Letterio La Maestra, Agostino Musumeci, Valentino Longo, Daniele Grasso e Carmelo Sortino [lista delle adesioni nel blog di Sabrina Ancarola, http://sabrinaancarola.blogspot.com/]. Chiediamo di supportare l'iniziativa condividendo e commentando i post in rete oggi e pubblicando una foto di Rossella sui rispettivi blog, sul profilo di Facebook ecc.

"Ci sono donne straordinarie che non fanno niente per essere notate e con grande cuore donano la propria vita agli altri. Manteniamo viva l'attenzione su Rossella Urru. I media non lo fanno, sensibilizziamo il governo, spetta a noi!"

(Sabrina Ancarola)

28.2.12

gli anni passano i miei 36 anni

Ammetto che gli anni sono stati buoni con me, ma i mesi sono stati un po’ villani.

ma i nostri politici sanno collegare il cervello prima di parlare ? STRACQUADANIO (PDL): ITALIA ALLA FAME ? MA SE CI SONO 6 MILIONI DI OBESI...


Spettabile  Straquadanio 
Leggo solo ora  causa lavoro  , le  sue farneticcanti  dichiarazioni  fatte  a   Klaus Condicio




Probabilmente Lei onorevole, dal suo dorato mondo, non si è accorto  che milioni di persone faticano ad arrivare da anni alla terza settimana del mese, e oggi molti faticano ad arrivare anche alla secondo settimana ? Lo sà   che L'obesita dipende  anche da  fattori  psicologici ? Infatti  : << (....)   Tickell pensa che “Tutto dipende dall’atteggiamento; tutto dipende dal cervello umano.” Ė lui che determina se la persona sarà magra o grassa, se mangerà del cibo sano o no.
E Medicine Health ha espresso un’opinione simile, dichiarando che alcune ragioni per le quali le persone si abbuffano potrebbero essere le seguenti: “Depressione, mancanza di speranza, rabbia, noia e molte altre che non hanno niente a che fare con la fame”. In altre parole, “I sentimenti delle persone influenzano le loro abitudini alimentari, causando eccessi”.
La Kabbalah è ancora più precisa quando si tratta del fattore colpevolizzante – è il sentimento di vuoto interiore che nasce dalla mancata capacità di appagare il nostro egoismo crescente. Siamo costretti a compensare questo vuoto dentro di noi, la mancata realizzazione e la sensazione di futilità, in qualsiasi modo possibile – uno di questi è il cibo.
In altre parole, l’epidemia dell’obesità, che oggi dilaga nel mondo, è un altro sintomo della vacuità che avverte l’uomo moderno.
L’ appagamento – non la compensazione La crescita dell’egoismo umano fa sì che, oggi, molti di noi si sentano insoddisfatti, indipendentemente da quello che stanno facendo. Continuiamo a “volere qualcosa” e non importa quanti beni accumuliamo, perché ci sentiamo vuoti dentro. La vacuità costante ci fa cercare delle compensazioni e, per alcuni di noi, questo significa mangiare in continuazione. (....)  >> (  da  http://www.kabbalah.info/it/giornale/?p=145  numero di febbraio ) >> .
Inoltre Nei paesi ricchi i più grassi sono i poveri che non hanno abbastanza denaro per diete sane. Ecco un esempio di cosa si mangia  con poco


L'hamburger dopo 679 giorni. Puoi trovare tutte le foto che ha scattato il fotografo
Sally Davies in ordine cronologico, nella sua 
pagina Flickr


L'hamburger nella foto sopra è li da quasi 2 anni: ed è evidentemente, in ottimo stato di conservazione. Il video fa vedere alcune foto realizzate a distanza di settimane l'una dall'altra, circa l'avanzamento della decomposizione, o meglio della non-decomposizione, visto che il panino non accenna ad "andare a male".

Il fotografo newyorkese Sally Davies, avendo appreso che i prodotti del McDonald sono "duri a morire" ha deciso, il 1° Aprile 2010, di fare un esperimento: ha messo su un piatto un menù "Happy Meal" (il menù dedicato ai bambini) per vedere quando si sarebbe decomposto: i risultati sono sorprendenti: l'esperimento è tuttora in corso, e a distanza di ben  679 giorni - quasi due anni - i segni di decadimento del panino e della porzione di patate sono ridottissimi: puoi osservarela foto qui. Nelle prossime settimane il fotografo continuerà ad aggiungere foto sull'avanzamento della decomposizione del panino.... che non si decompone!

Puoi visualizzare tutte le foto che ha scattato, in ordine cronologico, nella sua pagina Flickr

Il fatto che i prodotti non si decompongono, si commenta da solo, e viene da chiedersi quali conservanti avranno utilizzato, e in quali quantità. NON FARANNO MALE ALLA SALUTE QUESTE SOSTANZE?


da   http://www.nocensura.com/2012/02/   
                                                                                              
I dati arrivano dalla rivista Lancet che questa settimana dedica uno speciale alla pandemia di obesità che appesantisce la terra.
I poveri e i fast food Nei paesi ricchi, a differenza di alcune decadi fa quando essere povero significava quasi sempre essere denutrito e sottopeso, oggi i più obesi si contano tra le classi meno abbienti perchè mangiare con pochi soldi significa spesso nutrirsi di junk food ed  altre schifezze  , e  cibo  "  baratto " a prezo inferiore  e  con molta probabilità di scarsa o pessima qualità   coem di mostra  questo articolo   di  http://www.universofood.net che  riporta  l'inchiesta  della coldiretti  . Non lo sa   oppure  la  sua faziosità   , cecità  non gli lo fa vedere   che   ci sono   ragazzi  che accettano (   infatti è per  questo  che il  caso di  Valeria Gentile   è  molto  evidente perchè non  ha voluto cedere  ) visto la crisi che  c'è  di lavorare  sottopagati e  sfruttati  o  che  accettano di fare  qualunque  lavoro    come questo caso qui  di  una  ragazza   laureata  in giurisprudenza   ma  che  pur  di lavorare  è disposta  anche  a fare la bidella  
Quindi  la prossima  volta   è Meglio tacere e dare l'impressione di essere stupidi, che parlare e togliere ogni dubbio." o rischia  di fare  come  homer  simpsons  

Quindi per  favore   prima  di parlare   s'accerti che il cervello e corde  vocali siamo  collegate     farebbe una più bella  figura  

27.2.12


L’uccellino e la volpe


Conoscete la storia dell’uccellino che andò a beccare per terra le briciole di pane tra il bue e il carro? Potrà sembrare strano ma, anche da una storiella così in apparenza leggera, si possono trarre degli insegnamenti profondi. Un agricoltore dopo aver portato il suo raccolto al mercato, nella via del rientro vista la giornata afosa, decise di fermarsi sotto un albero e di rifocillarsi. Seduto nel cassone incominciò a mangiare un tozzo di pane. Mentre mangiava, delle briciole caddero per terra, tra il carro e il bue che faceva da traino. Un uccellino si accorse di ciò e infilatosi sotto, saltellando incominciò a beccare quelle briciole. Improvvisamente l’agricoltore fu preso da repentino bisogno fisiologico e frettolosamente scese dal cassone e andò a cercarsi un luogo appartato. Per una ragione misteriosa che ancora non si riesce a spiegare, anche il bue sentì analogo bisogno, e una montagna di escrementi rovinò addosso al povero uccellino, seppellendolo. Una volpe che passava da quelle parti aveva osservato la scena e subito si precipitò sul luogo dell’accaduto.
“Oh, povero uccellino”, disse la volpe mentre girava, annusando, attorno a quella montagna, “dimmi dove sei che ti tiro fuori”. L’uccellino cercò di urlare, ma dalla gola gli uscì un suono strozzato, ma sufficiente alla volpe per individuare dove fosse. Con la zampa lo levò dalla cacca. “Povera creatura”, disse con fare quasi amorevole mentre lo ripuliva, “hai visto che ti ho tirato fuori da lì?”. L’uccellino fece per ringraziare ma non fece a tempo perché la volpe, completata la pulizia, lo divorò in un sol boccone. Questa favola ha una morale: non sempre chi ti mette nella merda vuole il tuo male, così come chi te ne tira fuori non vuole il tuo bene. Tutto questo a beneficio di coloro che continuano a ritenere che la prima repubblica, sì, ci abbia messo nella merda, e la seconda abbia continuato, ma che il governo tecnico ce ne stia tirando fuori, o almeno ci stia provando! Ogni altro commento è inutile.