Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
8.6.19
Gli alunni della scuola primaria De Gasperi di Piacenza e “Cisco” ex dei MCR riscrivono insieme “La strada”
Stamattina appena sveglio , come tutte le mattine , giuardo la rassehgna stampa di google news e dei vari aggregatori di news ( open, squid , newsrepubblic , news suite ) ed vi ho trovato questa bellissima news , che mi fa ben sperare ( almeno mi da la forza di farlo ) che se stimolate e incentiviate queste nuove generazioni posso creare e tirare fuori qualcosa e non vivere come zombi e passivamente .
da https://www.piacenzasera.it/2019/06/
da https://www.piacenzasera.it/2019/06/
Tutto incentrato sul tema del viaggio e dei ricordi, lo spettacolo si è infatti concluso con una canzone dei MCR – “La strada” – riscritta dagli stessi ragazzi della 5B che, aiutati dalle maestre Claudia e Manuela, hanno inserito i loro pensieri e le loro parole seguendo la traccia dell’originale.
I novelli parolieri hanno poi inviato a Bellotti il testo della loro canzone e l’idea è piaciuta moltissimo al musicista carpigiano, tanto che ha deciso di riarrangiare appositamente le note del brano e realizzare per i ragazzi una base musicale ad hoc, che è stata appunto utilizzata per concludere il viaggio, metaforico e reale, compiuto dai giovani studenti piacentini nei cinque anni del ciclo scolastico che termina oggi
7.6.19
DI COSA DOVREBBERO OCCUPARSI GLI SCRITTORI SE NON DELLA REALTA' ? Massini insultato, la risposta è una dura lezione: "Io feccia perché scrittore? Dante non era un cacasotto"
Nel suo consueto intervento a Piazzapulita, in onda su La7, Stefano Massini è tornato sul monologo della settimana precedente, quando ha parlato delle offese razziste verso un bambino che giocava a calcio su un campetto di periferia: "Ho ricevuto tantissime reazioni, ma una mi ha particolarmente colpito", ha detto. "Una signora ha scritto che devo stare muto perché sono feccia in quanto scrittore e che gli scrittori non si devono occupare di razzismo ma del mio mestiere.
Le ricordo che tutti i più grandi scrittori della letteratura italiana, da Foscolo a Dante, erano gente gagliarda che ha rischiato la galera per raccontare la realtà e la politica: tutto fuorché dei cacasotto. Ma siccome ho deciso di darle ascolto, ho guardato la sua pagina Facebook e ho visto che è un tripudio di criceti e pappagallini, per cui ho deciso di seguirla: non parlerò di politica, ma di animali". E lancia il suo manuale di 'zoologia politica' con i ritratti di cinque animali in cui dipinge a modo suo la politica italiana.
Le ricordo che tutti i più grandi scrittori della letteratura italiana, da Foscolo a Dante, erano gente gagliarda che ha rischiato la galera per raccontare la realtà e la politica: tutto fuorché dei cacasotto. Ma siccome ho deciso di darle ascolto, ho guardato la sua pagina Facebook e ho visto che è un tripudio di criceti e pappagallini, per cui ho deciso di seguirla: non parlerò di politica, ma di animali". E lancia il suo manuale di 'zoologia politica' con i ritratti di cinque animali in cui dipinge a modo suo la politica italiana.
Palermo, il geriatra Mario Barbagallo a capo del Conservatorio: il caso approda in parlamento
DI COSA STIAMO PARLANDO
Palermo, il geriatra Mario Barbagallo a capo del Conservatorio: il caso approda in parlamento
Le deputate del Pd Serracchiani e Piccoli Nardelli rivolgono un'interrogazione al ministro Bussetti: il primario nominato dal governo non ha competenze specifiche ma nel curriculum vanta quelle della nonna e di uno zio musicista
Palermo, il geriatra Mario Barbagallo a capo del Conservatorio: il caso approda in parlamento
Le deputate del Pd Serracchiani e Piccoli Nardelli rivolgono un'interrogazione al ministro Bussetti: il primario nominato dal governo non ha competenze specifiche ma nel curriculum vanta quelle della nonna e di uno zio musicista
Leggendo di vicende come quella dell'assegnazione al geriatra Mario Barbagallo, del ruolo di di direttore del conservatorio musicale di palermo , ormai dovrei essere rassegnato e non dovrei neppure scandalizzarmi \ indignarmi visto che ormai è la regola italiana , se non fosse : 1) per la sua risposta che poi è la citazione : << la famiglia Barbagallo -San Giorgi è e da sempre impegnata i ambito artistico musicale . La nonna Maria san Giorgi era una delle proprietario del teatro San Giorgi di Catania dove nel secolo scorso hanno recitato i maggiori artisti italiani .>> Lo zio rammenta sempre lui << era il famoso compositore Alfredo San Giorgi che ha insegnato in diversi conservatori italiani . [...] E poi io non sono iscritto a nessun partito politico e non conosco nè il ministro Buffetti nè il viceministro Fioramonti >> [.... ] quella nomina me la merito >>. 2) la sua prevaricazione su gente titolata come Paolo Petrocelli che fra i suoi vari titoli è anche E’ Esperto in Materia di Cultura Musicale della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, Membro del Comitato Giovani dell’International Music Council, la più grande rete mondiale di organizzazioni e istituzioni attive nel settore musicale, già Membro del Comitato Giovani dell’European Music Council, Leonardo di Franco Vicepresidente Fondazione Teatro Massimo, Palermo Vicepresidente del Consiglio di Indirizzo 12/03/2013–alla data attuale Presidente Accademia di Belle Arti di Palermo Presidente del Consiglio di Amministrazione 2) per la difesa a spada tratta di - suoi colleghi , si sa la casta categoria si difende . Infatti << [--- ] In difesa di Barbagallo interviene anche Gianluca Floris, presidente del Conservatorio di Cagliari e della Conferenza mazionale dei presidenti dei Conservatori di musica (organo ausiliario della pubblica amministrazione), che parla di nomina "legittima a pieno titolo". Devo fare una precisazione - spiega Floris a https://www.palermotoday.it/ - Il presidente di un Conservatorio è il rappresentante legale dell'istituzione e presiede il consiglio di amministrazione. Non ha compiti artistici e il fatto di avere o meno competenze musicali non entra nella valutazione da parte del ministro che lo nomina. Tra noi presidenti ci sono avvocati, ex magistrati, professori universitari, imprenditori e altre personalità delle più varie estrazioni. Quindi nessun problema per un medico che diventa presidente di un Conservatorio. Legittima a pieno titolo è la sua nomina". [...] continua qui >> e dello stesso conservatorio che in una nota afferma
"Nel sistema dell'alta formazione artistica e musicale - si legge in una nota del Conservatorio - la governance fa capo a due figure apicali che rappresentano legalmente le istituzioni con due distinte mansioni: il direttore didattico e artistico che presiede il consiglio accademico e il presidente, che presiede il consiglio di amministrazione, di cui fa parte anche il direttore. Il direttore è un docente eletto da tutto il corpo docente - prosegue la nota - e quindi ha competenze specifiche musicali e artistiche, il presidente viene designato dal Ministro dell'università e ricerca di turno su indicazione di una terna di nomi proposti dal Conservatorio di prestigio professionale e manageriale, svolge funzioni esclusivamente amministrative e non percepisce alcun compenso"
allora mi chiedo perchè non ci hanno messo chi fa le pulizie o il portiere della stabile ? Ma soprattutto se cosi fosse anch'io allora mi merito la nomina a primario di geriatria perché ho seguito ed accudito per dieci anni mia nonna paterna con Alzheimer . Addirittura uscendo a cercarla in piena notte visto che usciva a tutte le ore non capendo più la differenza tra il giorno e la notte. O quando ...... mi fermo qui potrei scrivere un libro con aneddoti e vicissitudini che abbiamo passato , ecc .
L’unica donna tra i cinquemila boscaioli delle Dolomiti. “Non c’è tempo, dobbiamo essere più veloci dei parassiti” ed Imola c'è un corriere in bicicletta che ripara anche l’interruttore ma non solo che non funziona più
da repubblica del 06 Giugno 2019
La sfida di Vania: “Salverò i boschi feriti dal vento”
L’unica donna tra i cinquemila boscaioli delle Dolomiti.
“Non c’è tempo, dobbiamo essere più veloci dei parassiti”
dal nostro inviato GIAMPAOLO VISETTI
FORESTA DEL CANSIGLIO (BELLUNO) - Il primo abete rosso
finisce di cadere alle sei. Il sole non ha ancora risalito il Col Solèr
e la foresta del Cansiglio è muta. Alla motosega basta una dentata
invisibile, sopra le radici. Questo albero era nato oltre un secolo fa e
ha cominciato a morire la notte del 29 ottobre. A sfibrarlo, la
tempesta Vaia."Lo metto a terra solo dopo sette mesi - dice Vania Zoppè - prima che
per riposare ne trascini sull'erba altri tre. Se non facciamo ordine, il
bosco rinasce troppo lento e sbagliato".
Vania è venuta al mondo nell'Alpago, tra Veneto e Friuli. Fa la
boscaiola da quando aveva 14 anni. Adesso ne ha 39: è l'unica donna, in
un esercito di oltre 5 mila maschi, a lavorare sugli schianti che hanno
sconvolto le Alpi del Nordest. Il vento, in quattro ore, ha abbattuto
oltre 41 milioni di piante. Le Dolomiti solo adesso riemergono dalla
neve dell'inverno. Un'area di 42 mila ettari resta irriconoscibile.
Anche la guerra di Vania contro Vaia, un secolo dopo quella ingaggiata dai recuperanti alla fine del primo conflitto mondiale, è perduta in partenza. "Sulle Alpi la distruzione è tale - dice - che le montagne non saranno più come prima. I nostri nipoti potranno camminare di nuovo nella bellezza, ma quel mondo sarà diverso".
La sua vita, dall' 11 giugno, verrà raccontata in un documentario tv su Dmax ( https://dmax.it/ )ha seguito quattro famiglie di boscaioli al lavoro per aiutare la natura a ripartire in un modo compatibile con la vita umana.
Anche la guerra di Vania contro Vaia, un secolo dopo quella ingaggiata dai recuperanti alla fine del primo conflitto mondiale, è perduta in partenza. "Sulle Alpi la distruzione è tale - dice - che le montagne non saranno più come prima. I nostri nipoti potranno camminare di nuovo nella bellezza, ma quel mondo sarà diverso".
La sua vita, dall' 11 giugno, verrà raccontata in un documentario tv su Dmax ( https://dmax.it/ )ha seguito quattro famiglie di boscaioli al lavoro per aiutare la natura a ripartire in un modo compatibile con la vita umana.
"È importante capire perché siamo noi la causa del disastro - dice Vania
- ma essenziale è spiegare come lo si può superare. Sfugge un
dettaglio: nelle foreste devastate sta lottando la più grande armata
internazionale di boscaioli mai schierata in Europa. È invisibile, ma se
perde la sfida contro i parassiti che con il caldo polverizzano il
legno morto, prima di divorare quello vivo, in montagna sparirà anche la
vita".
Suo bisnonno coltivava i boschi già nell'Ottocento. Lei è la quarta generazione. Anche la mamma, Catterina Gazzi, menava l'accetta. "Con mio fratello Abramo - dice Vania nella baracca dove si prepara il pranzo - abbiamo cominciato da bambini. Ho acceso la prima motosega a 11 anni, in pochi mesi ero sul trattore. Mio padre Pasquale veniva in classe e mi portava nel bosco. Diceva che dovevo stare attenta: quando sbagli con i tronchi, se sei fortunato, resti ucciso. Io ho scelto gli alberi dopo le medie. Solo in questi giorni intuisco che non l'ho fatto solo per essere libera e mangiare".
Dalle foreste, tra Lombardia e Friuli, ogni giorno partono per le segherie di mezza Europa 800 tir carichi di legname. In tempi normali un simile carico si accumula in 5 anni. Sono già sei, da marzo, i boscaioli morti per un incidente. Centinaia i feriti. Lavorare sugli schianti significa non vedere la cima dell'albero: se l'inclinazione è sbagliata, la pianta ti schiaccia. Vania, sette anni fa, aveva deciso di smettere. "Mio marito Luca - dice - è stato ucciso dalla leucemia. Aveva trent'anni, lavorava con me. Ci erano nati due bambini: Elisa non aveva compiuto 7 anni, Andrea 4. Senza di loro mi sarei buttata giù da una diga. Ho provato cos'è la violenza dell'amore".
Anche allora l'ha salvata la foresta del Cansiglio. Per cinque giorni ha lavorato in una fabbrica di pasta. Al sesto, come da bambina, è tornata nel bosco. "Per accettare di vivere - dice - dovevo concentrarmi. Un tronco ti impone di pensare solo a ciò che fai. Tagliavo, sramavo, accatastavo e caricavo 12 ore al giorno. La foresta ha risparmiato me, adesso sono qui per saldare il mio debito e fare qualcosa per lei".
A fine aprile anche forestali e botanici, impegnati a mettere a dimora 10 milioni di nuovi alberi, stavano per arrendersi. La neve tardiva e le gelate, paradossale effetto del clima surriscaldato, hanno spezzato e bruciato le piantine sopravvissute alla tempesta. Vania ha smesso di pulire radure e canaloni e ha raddrizzato migliaia di cime. Una per una, con le mani. "La testa di faggi e pecci - dice - deve trovare la strada del cielo. La vita è una questione verticale. Deve stare in piedi: la terra guasta invece mette tutto in orizzontale". Anche le famiglie che oggi combattono per salvare la vita in alta quota. Un anno fa i tronchi da opera valevano 70 euro al metro cubo, oggi 50. A fine estate non si arriverà a 40. Il legname da imballo è sotto i 30. Per quello da cippato non danno più di 1 euro. Fra Alto Adige, Veneto e Trentino, ringraziano chi lo porta via gratis.
"Stare qui - dice Vania - non conviene. Se pensi alla paga vai via. Mai una vacanza, mai il capriccio di un desiderio realizzabile. Solo se la foresta è casa e le piante sono le amiche che ti fanno compagnia, ha senso ridare il posto giusto a ogni cosa. La mia famiglia mangia spesso minestra: ma quando pulisci un pascolo e vedi che le punte dei nuovi ciliegi selvatici spingono dal sottosuolo, come adesso, senti che stai facendo la tua parte".
I suoi figli e il cane pastore Max non se ne accorgeranno. Migliaia di corridoi aperti nel folto per i verricelli, come torrenti scavati nei ghiacciai, non si rimargineranno in questo secolo. Habitat fragili vengono sconvolti da maxi-mezzi di imprese straniere, costrette a reggersi sulla quantità. La terra allo stremo cerca di riprogrammarsi: prevede eventi climatici ignoti e per riprodurre le specie adotta essenze aliene. "Nel Cansiglio - dice Vania - scopro già piante pioniere di altre latitudini. Migrano con il vento, come gli umani vanno dove non sono condannati a morire giovani. Ogni forma di vita conosce la sua tempesta ed è pronta al sacrificio per resistere a chi la scatena".
È sera. La boscaiola di Spert conta i fusti alzati e puliti, una miniera di biossido di carbonio generosamente sottratto all'aria avvelenata del mondo. "Nessuno si accorge - dice - ma anche oggi io ho combattuto. Voi che navigate online, che parlate e che ricordate perfino come si chiamano i politici - chiede - cosa fate di buono per convincere un larice a rimanere in piedi nonostante tutto?".
Parla di fiducia. sa che oggi, sulla montagna italiana degli alberi perduti, non serve meno della sua motosega.
Suo bisnonno coltivava i boschi già nell'Ottocento. Lei è la quarta generazione. Anche la mamma, Catterina Gazzi, menava l'accetta. "Con mio fratello Abramo - dice Vania nella baracca dove si prepara il pranzo - abbiamo cominciato da bambini. Ho acceso la prima motosega a 11 anni, in pochi mesi ero sul trattore. Mio padre Pasquale veniva in classe e mi portava nel bosco. Diceva che dovevo stare attenta: quando sbagli con i tronchi, se sei fortunato, resti ucciso. Io ho scelto gli alberi dopo le medie. Solo in questi giorni intuisco che non l'ho fatto solo per essere libera e mangiare".
Dalle foreste, tra Lombardia e Friuli, ogni giorno partono per le segherie di mezza Europa 800 tir carichi di legname. In tempi normali un simile carico si accumula in 5 anni. Sono già sei, da marzo, i boscaioli morti per un incidente. Centinaia i feriti. Lavorare sugli schianti significa non vedere la cima dell'albero: se l'inclinazione è sbagliata, la pianta ti schiaccia. Vania, sette anni fa, aveva deciso di smettere. "Mio marito Luca - dice - è stato ucciso dalla leucemia. Aveva trent'anni, lavorava con me. Ci erano nati due bambini: Elisa non aveva compiuto 7 anni, Andrea 4. Senza di loro mi sarei buttata giù da una diga. Ho provato cos'è la violenza dell'amore".
Anche allora l'ha salvata la foresta del Cansiglio. Per cinque giorni ha lavorato in una fabbrica di pasta. Al sesto, come da bambina, è tornata nel bosco. "Per accettare di vivere - dice - dovevo concentrarmi. Un tronco ti impone di pensare solo a ciò che fai. Tagliavo, sramavo, accatastavo e caricavo 12 ore al giorno. La foresta ha risparmiato me, adesso sono qui per saldare il mio debito e fare qualcosa per lei".
A fine aprile anche forestali e botanici, impegnati a mettere a dimora 10 milioni di nuovi alberi, stavano per arrendersi. La neve tardiva e le gelate, paradossale effetto del clima surriscaldato, hanno spezzato e bruciato le piantine sopravvissute alla tempesta. Vania ha smesso di pulire radure e canaloni e ha raddrizzato migliaia di cime. Una per una, con le mani. "La testa di faggi e pecci - dice - deve trovare la strada del cielo. La vita è una questione verticale. Deve stare in piedi: la terra guasta invece mette tutto in orizzontale". Anche le famiglie che oggi combattono per salvare la vita in alta quota. Un anno fa i tronchi da opera valevano 70 euro al metro cubo, oggi 50. A fine estate non si arriverà a 40. Il legname da imballo è sotto i 30. Per quello da cippato non danno più di 1 euro. Fra Alto Adige, Veneto e Trentino, ringraziano chi lo porta via gratis.
"Stare qui - dice Vania - non conviene. Se pensi alla paga vai via. Mai una vacanza, mai il capriccio di un desiderio realizzabile. Solo se la foresta è casa e le piante sono le amiche che ti fanno compagnia, ha senso ridare il posto giusto a ogni cosa. La mia famiglia mangia spesso minestra: ma quando pulisci un pascolo e vedi che le punte dei nuovi ciliegi selvatici spingono dal sottosuolo, come adesso, senti che stai facendo la tua parte".
I suoi figli e il cane pastore Max non se ne accorgeranno. Migliaia di corridoi aperti nel folto per i verricelli, come torrenti scavati nei ghiacciai, non si rimargineranno in questo secolo. Habitat fragili vengono sconvolti da maxi-mezzi di imprese straniere, costrette a reggersi sulla quantità. La terra allo stremo cerca di riprogrammarsi: prevede eventi climatici ignoti e per riprodurre le specie adotta essenze aliene. "Nel Cansiglio - dice Vania - scopro già piante pioniere di altre latitudini. Migrano con il vento, come gli umani vanno dove non sono condannati a morire giovani. Ogni forma di vita conosce la sua tempesta ed è pronta al sacrificio per resistere a chi la scatena".
È sera. La boscaiola di Spert conta i fusti alzati e puliti, una miniera di biossido di carbonio generosamente sottratto all'aria avvelenata del mondo. "Nessuno si accorge - dice - ma anche oggi io ho combattuto. Voi che navigate online, che parlate e che ricordate perfino come si chiamano i politici - chiede - cosa fate di buono per convincere un larice a rimanere in piedi nonostante tutto?".
Parla di fiducia.
6.6.19
è difficile capire questo mondo in cui le bufale ed errori circolano più delle loro smentite
Di cosa stiano parlando
la prima notizia https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2019/06/stuprata-da-piccola-17-anni-ottiene.html
la smentita https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2019/06/la-bufala-sulleutanasia-concessa.html
Mentre mettevo ordine agli appunti della mia moleskina su un commento espresso a caldo siu come sul caso della ragazza Olandese morta suicida per le conseguenze psicologiche di uno o più stupri sia più diffusa la Bufala che la smentita , almeno fino ad ieri , la radio trasmette Me cago en el amor erroneamente accreditata come È un mondo difficile è un brano musicale del cantautore spagnolo di eritaggio italiano Antonio de la Cuesta, meglio noto come Tonino Carotone. Primo brano con il quale si è fatto conoscere ed ha ottenuto successo proprio in Italia, questa canzone parla d'amore - nonostante si usi spesso una parte ricorrente del brano, per l'esattezza la prima, soprattutto per indicare il malessere della società attuale. Infatti 15 anni fa la ascoltavamo e ci ridevamo su, adesso quanto amaro era quel ridere, Tonino aveva capito tutto tempo fa, rimpiango quel tempo
Ma ora basta con i rimpianti e veniamo al post vero è proprio .
Giuseppe Scano 20 h
le solite stranezze del web e del social . una smentita e una bufala smontata trovano meno like del ost che ha diffuso la fake news
YOUTUBE.COM Franco Battiato-Ecco Com'è Che Va il Mondo Era la più grassa puttana che mai avessi visto, la donna più grassa che avessi guardato. Aveva un vestito di seta cangiante, perline al collo, un ventaglio ...
Mi piace Commenta Condividi
Daniele Jommi succede quasi sempre così.
La smentita è irrilevante rispetto al proverbiale "mostro sbattuto in prima pagina".
Love · Rispondi · 20 h
poi riflettendo e a mente fredda m'accorgo che ha ragione Daniele . Infatti permettetemi di concludere con un altra canzone , una profezia dal lontano passato
alla prossima cari lettori \ lettrici
la prima notizia https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2019/06/stuprata-da-piccola-17-anni-ottiene.html
la smentita https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2019/06/la-bufala-sulleutanasia-concessa.html
Mentre mettevo ordine agli appunti della mia moleskina su un commento espresso a caldo siu come sul caso della ragazza Olandese morta suicida per le conseguenze psicologiche di uno o più stupri sia più diffusa la Bufala che la smentita , almeno fino ad ieri , la radio trasmette Me cago en el amor erroneamente accreditata come È un mondo difficile è un brano musicale del cantautore spagnolo di eritaggio italiano Antonio de la Cuesta, meglio noto come Tonino Carotone. Primo brano con il quale si è fatto conoscere ed ha ottenuto successo proprio in Italia, questa canzone parla d'amore - nonostante si usi spesso una parte ricorrente del brano, per l'esattezza la prima, soprattutto per indicare il malessere della società attuale. Infatti 15 anni fa la ascoltavamo e ci ridevamo su, adesso quanto amaro era quel ridere, Tonino aveva capito tutto tempo fa, rimpiango quel tempo
Ma ora basta con i rimpianti e veniamo al post vero è proprio .
Giuseppe Scano 20 h
le solite stranezze del web e del social . una smentita e una bufala smontata trovano meno like del ost che ha diffuso la fake news
YOUTUBE.COM Franco Battiato-Ecco Com'è Che Va il Mondo Era la più grassa puttana che mai avessi visto, la donna più grassa che avessi guardato. Aveva un vestito di seta cangiante, perline al collo, un ventaglio ...
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Daniele Jommi succede quasi sempre così.
La smentita è irrilevante rispetto al proverbiale "mostro sbattuto in prima pagina".
Love · Rispondi · 20 h
alla prossima cari lettori \ lettrici
5.6.19
La bufala sull’eutanasia concessa dall’Olanda alla 17enne Noa Pothoven
colonna sonora
Di cosa stiamo parlando
NOA POTHOVEN EUTANASIA BUFALA – No, Noa Pothoven (ne ho parlato precedente ), la diciassettenne olandese ammalatasi di anoressia e depressione in seguito a uno stupro subito all’età di dodici anni, non ha ottenuto alcuna eutanasia. Quindi la storia dell’eutanasia ottenuta da Noa Pothoven è una bufala.
leggi anche
- Chi era Noa, la ragazza di 17 anni che non ha ottenuto l’eutanasia in Olanda
- Eutanasia, come funziona la dolce morte in Olanda
prima di far scannare la gente dobbiamo verificare la news onde evitare errori .
Infatti https://www.tpi.it/2019/06/05/
Il caso di Noa è deflagrato in Italia nella giornata di ieri, martedì 4 giugno, e ha tenuto banco per quasi 24 ore, scatenando un accesissimo dibattito pubblico. Fiumi di parole sono però stati spesi per commentare una notizia che, allo stato attuale, altro non è che una vera e propria fake news.Come rivelato a TPI da Marco Cappato, leader dell’associazione Luca Coscioni, la diciassettenne olandese non ha affatto ottenuto l’eutanasia ma al contrario si è lasciata morire di fame e di sete proprio perché l’Olanda le ha negato la possibilità di accedere al trattamento di fine vita.“L”Olanda ha autorizzato l’eutanasia su una 17enne? Falso!!! I media italiani non hanno verificato. L’Olanda aveva rifiutato l’eutanasia a Noa. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, coi familiari consenzienti. Si attendono smentita e scuse”, si legge nel tweet pubblicato da Cappato.
“Ho chiesto informazioni a una mia amica, per sapere che cosa stessero scrivendo i giornali olandesi sul caso e lei mi ha risposto che non ne stavano parlando perché in realtà la ragazza aveva semplicemente smesso di magiare e di bere. Inoltre è venuto fuori anche che lei aveva fatto richiesta per ottenere l’eutanasia, ma la domanda le era stata rifiutata.A leggere la stampa italiana sembrava invece che l’Olanda avesse eutanasizzato una ragazza depressa di 17 anni. Il fatto che un caso del genere fosse esploso in Italia, in prima pagina ovunque, senza che in Olanda se ne parlasse minimamente mi ha fatto capire che c’era qualcosa che non tornava”, spiega Marco Cappato.“In Italia, peraltro, in una situazione del genere, il caso avrebbe potuto essere trattato allo stesso modo perché nessuno può essere costretto a nutrirsi e idratarsi se non si dimostra che è una persona incapace di intendere e di volere e allora si procede con un Tso. Ma se non fai un Tso, la persona si lascia morire. A creare confusione è stata l’espressione “legal euthanasia” utilizzata in un articolo inglese. La ragazza non ha agito contro la legge, se si usa “legal” in quel senso può anche andare bene, ma Noa non ha avuto accesso a quella che noi chiamiamo “eutanasia legale” e dunque una pratica che avviene sotto controllo medico e con autorizzazione legale da parte delle istituzioni”, conclude Cappato.Ad annunciare il rifiuto dell’eutanasia da parte dell’Olanda era stata proprio la stessa Noa: “La domanda è stata rifiutata perché sono troppo giovane e avrei dovuto prima affrontare un percorso di recupero dal trauma psichico fino ad almeno 21 anni. Pensano che sia molto giovane, pensano che debba finire il trattamento psicologico e che il mio cervello sia completamente sviluppato. Non succederà fino all’età di 21 anni. Sono devastata perché non posso aspettare così a lungo”, si legge nel libro autobiografico della diciassettenne pubblicato lo scorso anno.Nel suo ultimo post Instagram, pubblicato pochi giorni prima della morte, la diciassettenne aveva inoltre annunciato di aver deciso di smettere di mangiare e bere per lasciarsi morire: “Voglio arrivare dritta al punto: entro un massimo di 10 giorni morirò. Dopo anni di continue lotte, sono svuotata. Ho smesso di mangiare e bere da un po’ di tempo, e dopo molte discussioni e valutazioni, ho deciso di lasciarmi andare perché la mia sofferenza è insopportabile. Respiro, ma non vivo più”.Nessuna eutanasia legale è stata quindi concessa dal sistema sanitario olandese, i medici dissero a Noa, anche nel tentativo di trovare un rimedio alla patologia depressiva che da troppi anni la affliggeva, che qualora non avesse cambiato idea avrebbe dovuto attendere il compimento del 21esimo anno di età. Nonostante queste informazioni sul caso di Noa fossero di dominio pubblico, in Inghilterra – complice un articolo pubblicato dal Daily Mail – e in Italia a traino, la notizia della morte per eutanasia si è diffusa a macchia d’olio.
4.6.19
Lei era Marta e ha scelto di morire impiccandosi
Di cosa si Parla
da https://fattodavoi.ilfattoquotidiano.it
Lei era Marta, mia figlia. Il 15 aprile 2019 all’ età di 40 anni ha scelto di morire impiccandosi.
Non la troverete in nessuna statistica di morti per suicidio perché non abbiamo informato nessun organo di stampa; l’ha fatto in casa sua a Roma, ci ha lasciato uno scritto sul tavolo della cucina, due mozziconi di sigaretta nel posacenere, il telefono in modalità aerea, una bottiglia di vodka e troppo dolore.
Marta era una persona fragile, molto profonda, spirituale e colta. Marta era bella, aveva la capacità di entrare nei cuori, di trovare parole adatte per comunicare, questo mondo è certamente più povero senza di lei. Marta non riusciva più ad affrontare la vita, troppo difficile per me, come ha
testualmente lasciato scritto.
Aveva una famiglia che la amava, un lavoro, un ragazzo, tantissimi libri, tanti pensieri profondi e nascosti.
Da quel momento io non sono più quella che ero, un tornado mi ha scaraventato in un’altra dimensione sconosciuta e crudele. Ma l’intento di questa mia lettera non sono io né la mia famiglia, i survivor come veniamo definiti dalla poca letteratura in merito al suicidio.
Vi scrivo per denunciare il silenzio degli organi di stampa riguardo alle morti per suicidio che rappresenta la seconda causa di morte tra gli adolescenti; spesso per notizie così si spendono quattro parole in un trafiletto che si conclude quasi sempre con – soffriva di depressione-
Cristiana
di suicidi sia che avvenga per eutanasia come il caso precedentemente trattato che non come la storia che riprendo sotto su tali storie c'è ancora moilto pudore e tabù a parlarne .di suicidi ed ed si sottovaluta il problema ed a considerare malato \pazzo chi per farsi aiutare ricorrere a o psichiatri e psicologici
Infatti concordo, avendolo vissuto personalmente ed avendo due conoscenti e concittadini giovanissimi suicidatisi
Lei era Marta, mia figlia. Il 15 aprile 2019 all’ età di 40 anni ha scelto di morire impiccandosi.
Non la troverete in nessuna statistica di morti per suicidio perché non abbiamo informato nessun organo di stampa; l’ha fatto in casa sua a Roma, ci ha lasciato uno scritto sul tavolo della cucina, due mozziconi di sigaretta nel posacenere, il telefono in modalità aerea, una bottiglia di vodka e troppo dolore.
Marta era una persona fragile, molto profonda, spirituale e colta. Marta era bella, aveva la capacità di entrare nei cuori, di trovare parole adatte per comunicare, questo mondo è certamente più povero senza di lei. Marta non riusciva più ad affrontare la vita, troppo difficile per me, come ha
testualmente lasciato scritto.
Aveva una famiglia che la amava, un lavoro, un ragazzo, tantissimi libri, tanti pensieri profondi e nascosti.
Da quel momento io non sono più quella che ero, un tornado mi ha scaraventato in un’altra dimensione sconosciuta e crudele. Ma l’intento di questa mia lettera non sono io né la mia famiglia, i survivor come veniamo definiti dalla poca letteratura in merito al suicidio.
Vi scrivo per denunciare il silenzio degli organi di stampa riguardo alle morti per suicidio che rappresenta la seconda causa di morte tra gli adolescenti; spesso per notizie così si spendono quattro parole in un trafiletto che si conclude quasi sempre con – soffriva di depressione-
In Italia esiste un solo centro di prevenzione al suicidio e supporto ai survivor del Sant’ Andrea di Roma diretto dal professor Pompili, unico suicidiologo in questo nostro strano paese.
Pompili fa molto con poco, è una goccia lucente nella disperazione.
Ogni anno è come se scomparisse un paese intero. Molto spesso chi sceglie il suicidio è tra le persone più colte, profonde e possiede un’ anima raffinata. Come Marta che incantava tutti coloro che la conoscevano.Io non ho la risposta alla grande domanda- perché l’ha fatto ? Gli anni che mi resteranno da vivere non saranno sufficienti per trovare la risposta.
Vi ringrazio della vostra attenzioneCristiana
noi e loro quello che noi siamo loro erano e quello che noi saremo loro sono . passaggio di generazione
di cosa stiamo parlando
Anche i vecchi meritano rispetto ed hanno molto da insegnarci come la storia di cui di "Zio " 97 anni e non sentirli: immerso in un mare di colori, continua a lavorare nel suo negozio di stoffe, a Tempio Pausania di cui ho parlato in un post precedente
Infatti è grazie a loro che si hanno iniziative come queste
E poi non dimentichiamo che quello che noi siamo loro erano e quello che noi saremo loro sono
Stuprata da piccola, a 17 anni ottiene l’eutanasia in Olanda La giovane è morta domenica in casa con l’assistenza medica fornita da una clinica specializzata
Non giudico la scelta dell'eutanasia, possibile in quel paese. Ma dopo 6 anni di sofferenza credo che sia comprensibile. Ripeto, questa ragazza è stata uccisa 6 anni fa, nella sua anima. E se poi , per parafrasare una vecchia canzone popolare del 1939-45 , una persona muore non piangetela dentro al cuore, perchè se ha scelto di morire liberamente di morire che cosa importa di morir
. Lo so che sembrerà cinico ma a volte ciò è l'unica via
da https://www.lastampa.it/
Pubblicato il 04/06/2019 Ultima modifica il 04/06/2019 alle ore 18:53
Una ragazza olandese di 17 anni, Noa Pothoven, ha chiesto e ottenuto, dopo una lunga battaglia, l’eutanasia, legale nei Paesi Bassi, dopo anni di sofferenze psichiche seguite ad una violenza subita da bambina, quando aveva 11 anni. La giovane è morta domenica in casa con l’assistenza medica fornita da una clinica specializzata. La ragazza aveva dichiarato di non sopportare più di vivere a causa della sua depressione. A seguito della violenza subita, soffriva anche di stress post traumatico e di anoressia. Lo riferiscono i media olandesi. Secondo la legge olandese, l’eutanasia è legale fin quando è eseguita secondo rigidi standard. La legge è entrata in vigore nel 2002. Ai bambini dai 12 anni in su può essere concessa l’eutanasia, ma solo dopo che un medico abbia stabilito senza ombra di dubbio che la sofferenza del paziente è insopportabile e senza alcuna prospettiva di miglioramento. Con un ultimo messaggio su Instagram, ha chiesto ai suoi follower di non cercare di farle cambiare idea. «In questo caso, amare è lasciare andare», ha scritto. «Forse sarà una sorpresa per alcuni, visti i miei post sul ricovero, ma il piano è nella mia testa da tanto tempo e non è una scelta impulsiva. Vado dritta al punto: entro dieci giorni al massimo, morirò. Dopo anni di battaglie, sono prosciugata. Ho smesso di mangiare e bere da un po’ ormai, e dopo molte discussioni e valutazioni, è stato deciso di lasciarmi andare perché le mie sofferenze sono insopportabili». Dopo la sua esperienza drammatica, Noa aveva scritto un libro “Winning or Learning” sulla sua lotta contro i disturbi che la distruggevano dopo lo stupro subito da piccola. L’aveva scritto per aiutare altri giovani in condizioni di vulnerabilità, lamentando che in Olanda non ci siano strutture specializzate dove gli adolescenti possano ottenere supporto fisico o psicologico in casi simili.
Il cammino di Barbara per Mediterranea: da Bologna a Lampedusa facendo l'autostop e Cagliari a sorpresa, i mercati diventano biblioteche
C'è chi macina chilometri in pellegrinaggio verso Santiago de Compostela, confine Ovest d'Europa e chi, invece, s'inventa un cammino tutto suo, puntando all'altro confine, quello più a Sud, Lampedusa, per ricordare i migranti morti nel mar Mediterraneo. Barbara Cassioli, 32 anni, assistente sociale bolognese, è partita il 21 marzo, "giorno simbolo della Primavera" come sottolinea lei stessa, da Livergnano (Bo) e ha raggiunto l'isola il 2 giugno.
Un viaggio rigorosamente in autostop e senza soldi perché lo scopo è ben preciso: tutto ciò che non spende e quello che le offrono durante il tragitto lo destina mensilmente alla ong Mediterranea, tramite bonifici sulla piattaforma di crowdfunding
Produzioni dal Basso e raccontando il viaggio sul suo blog. "Grazie a tutte le persone che mi hanno ospitato, pagato cene, autobus o traghetti - racconta - finora ho donato circa 850 euro e conto di arrivare intorno a 1200 euro entro la fine di questa bellissima avventura". L'abbiamo incontrata in Calabria dove abbiamo viaggiato con lei da Gioiosa Jonica a Rosarno.
Il blog e la pagina facebook di Barbara Cassioli
https://viaggiareapiediscalzi.com/
https://www.facebook.com/viaggiareapiediscalzi/
e sempre dal suo blog uno dei testi più belli
La cosa più difficile di questo viaggio.
“-Ne*ri di me*da, per me possono affondare tutti” (Grosseto, circolo arci)
-“Sono dei traditori della loro patria se se ne vanno” (Grosseto, circolo arci)
-“Gli stranieri sono avvantaggiati rispetto agli italiani perché un giorno a settimana hanno diritto a non lavorare” (Porrettana)
-“Beh, ma anche agli irregolari Conviene vivere in Italia perché lo Stato gli dà qualcosina ogni giorno” (Pistoia)
-“Chissà poi perché non prendono l’aereo!?” (Piombino)
-“Con tutti questi ne*ri, la città è pericolosa” (Grosseto)
La cosa più difficile di questo viaggio non è fare l’autostop e non sapere chi mi carica.Non è non sapere dove dormirò tra 3 giorni.Non è nemmeno salire a piedi al Vomero, sotto al sole, con questo zaino e neanche chiedere una pizzetta senza poterla pagare quando ho una gran fame La cosa più difficile di questo viaggio é il toccare con mano l’ignoranza nel suo significato etimologico, creata ad arte da una classe dirigente, per essere pilotata e lanciata, come una bomba, nella rabbia.Nella guerra innaturale contro l’essere umano più fragile.Sentire queste frasi con le mie orecchie é atroce, sconfortante, mi fa paura perché sono menti sdradicate dai corpi, dalla realtà e dunque facilmente pilotabili in qualsiasi direzione.Perché sono menti che non pensavo ma bevono come lavandini.Occhi che non vanno oltre. Corpi che non vivono, orecchie sorde che hanno paura. Vivono nella paura e nella convinzione di essere vittime di ingiustizia.É la cosa più faticosa di tutto il viaggio,Ma è lì che devo stare.Sono loro le persone che io cercavo.Per respirare un attimo e poi domandare, raccontare. Aprire la porta e così uno spiraglio. A volte sono riuscita.“Non lo sapevo che i marocchini avessero bisogno del visto per venire in vacanza qui”. “Non lo sapevo che gli eritrei non hanno il passaporto”A volte, invece, non c’è nemmeno stato modo di arrivare alla maniglia, solo urla, solo violenza. Nessuna intenzione di ascoltare chi ha più conoscenze e competenze in materia. È troppo bello avere un nemico chiaro da combattere che viene da fuori. Dà troppo gusto per stare a sentire cosa c’entra Dublino con l’obbligo di consegnare le impronte in frontiera.Sono loro le persone con cui io devo stare. É lì che c’è bisogno di ascoltare le paure, di accogliere e di mettere un po’ di luce.Cosa ti spaventa? Perché sei così arrabbiato? Cosa ti manca?É che lì che posso raccontare di me, di quanto è cresciuto Mustapha in questi anni e di quanto è bello vederlo sereno, dei deliri e delle contraddizioni del sistema d’accoglienza e della complessità mondiale che non si può ridurre ad un dibattito politico. É lì che voglio portare domande, più che risposte.È lì che tutta la bellezza che io osservo in questo Paese va travasata. É lì che la finestra va aperta per far entrare la luce. É la cosa più difficile di questo viaggio, ma é la sola che è urgente fare.
-“Sono dei traditori della loro patria se se ne vanno” (Grosseto, circolo arci)
-“Gli stranieri sono avvantaggiati rispetto agli italiani perché un giorno a settimana hanno diritto a non lavorare” (Porrettana)
-“Beh, ma anche agli irregolari Conviene vivere in Italia perché lo Stato gli dà qualcosina ogni giorno” (Pistoia)
-“Chissà poi perché non prendono l’aereo!?” (Piombino)
-“Con tutti questi ne*ri, la città è pericolosa” (Grosseto)
La cosa più difficile di questo viaggio non è fare l’autostop e non sapere chi mi carica.Non è non sapere dove dormirò tra 3 giorni.Non è nemmeno salire a piedi al Vomero, sotto al sole, con questo zaino e neanche chiedere una pizzetta senza poterla pagare quando ho una gran fame La cosa più difficile di questo viaggio é il toccare con mano l’ignoranza nel suo significato etimologico, creata ad arte da una classe dirigente, per essere pilotata e lanciata, come una bomba, nella rabbia.Nella guerra innaturale contro l’essere umano più fragile.Sentire queste frasi con le mie orecchie é atroce, sconfortante, mi fa paura perché sono menti sdradicate dai corpi, dalla realtà e dunque facilmente pilotabili in qualsiasi direzione.Perché sono menti che non pensavo ma bevono come lavandini.Occhi che non vanno oltre. Corpi che non vivono, orecchie sorde che hanno paura. Vivono nella paura e nella convinzione di essere vittime di ingiustizia.É la cosa più faticosa di tutto il viaggio,Ma è lì che devo stare.Sono loro le persone che io cercavo.Per respirare un attimo e poi domandare, raccontare. Aprire la porta e così uno spiraglio. A volte sono riuscita.“Non lo sapevo che i marocchini avessero bisogno del visto per venire in vacanza qui”. “Non lo sapevo che gli eritrei non hanno il passaporto”A volte, invece, non c’è nemmeno stato modo di arrivare alla maniglia, solo urla, solo violenza. Nessuna intenzione di ascoltare chi ha più conoscenze e competenze in materia. È troppo bello avere un nemico chiaro da combattere che viene da fuori. Dà troppo gusto per stare a sentire cosa c’entra Dublino con l’obbligo di consegnare le impronte in frontiera.Sono loro le persone con cui io devo stare. É lì che c’è bisogno di ascoltare le paure, di accogliere e di mettere un po’ di luce.Cosa ti spaventa? Perché sei così arrabbiato? Cosa ti manca?É che lì che posso raccontare di me, di quanto è cresciuto Mustapha in questi anni e di quanto è bello vederlo sereno, dei deliri e delle contraddizioni del sistema d’accoglienza e della complessità mondiale che non si può ridurre ad un dibattito politico. É lì che voglio portare domande, più che risposte.È lì che tutta la bellezza che io osservo in questo Paese va travasata. É lì che la finestra va aperta per far entrare la luce. É la cosa più difficile di questo viaggio, ma é la sola che è urgente fare.
Cagliari a sorpresa, i mercati diventano biblioteche
Per lo scrittore David Herbert Lawrence era una città "sorprendente". Pochi sanno della sua vivace attività culturale. A Cagliari i mercati vengono riconvertiti in spazi per la condivisione e la contaminazione artistica e intellettuale. Come l'ex mercato civico oggi pieno di teatri, sale per dibattiti e biblioteche o l'ex mattatoio, oggi centro culturale per mostre2.6.19
l'amicizia fra l'uomo e il gabbiano nel nome del pecorino sardo
da www.olbia.it
Golfo Aranci, 2 giugno 2019
Con quella dei delfini di Cala Moresca, l’amicizia tra Paolo Porcelli e Jonathan, gabbiano buongustaio, è diventata un’attrazione che incuriosisce i turistiala Moresca, l’amicizia tra Paolo Porcelli e Jonathan, gabbiano buongustaio, è diventata un’attrazione che incuriosisce i turisti
Sono occhi placidi, in cui sembra riprodursi il tersissimo fondale tra Cala Moresca e Figarolo. Più che un dono genetico avuto dal padre immigrato dalla Campania e dintorni – come accade per buona parte dei nonni dei golfarancini attuali – da ieri sono più propenso a credere che quel rasserenante riflesso azzurro-mare sia sopraggiunto in un secondo momento, in età adulta, per un rarissimo miracolo di Poseidone – pagana divinità del mare – che solo in Sardegna, e per alcuni, anzi pochissimi fra i sardi, si degna eccezionalmente di manifestarsi in tal modo. Poseidon lo protegge e lo tutela in tutto ciò che tocca e fa, sul mare e sotto il mare. E dal mare l’uomo dagli occhi cerulei trae le sue benedizioni, i suoi prodigi, per poi offrirli all'altrui stupore.
Mi capita ancora – e ho dovuto chiedergli scusa più di una volta – di chiamarlo per errore Marco. Lui è sembrato rimanerci un po’ male. Ma il fatto è che qui, se qualcuno domanda dov'è ormeggiato il suo grosso cabinato vintage varato quarantadue anni fa, quello che accoglie dieci curiosi per volta, di ogni dove del mondo, per ammirare i delfini in libertà di Cala Moresca che si avvitano su se stessi, sinuosi, intorno e sotto la chiglia meglio che in un acquario californiano, tutti questi curiosi chiedono di “Marco del Mare”. Finendo così per scambiare nome di natante con nome di nocchiero. E Paolo, Paolo Porcelli, se dobbiamo proprio dire anche il suo cognome, si dovrà rassegnare, prima o poi, a sentirsi appellare con questo nuovo gentilizio, conquistato in anni ed anni di lavoro di sommozzatore e di guida delle meraviglie del feudo golfarancino di Poseidon.
“Marco del mare” (forse non tutti lo sanno) , non è un nome di barca inventato lì per lì. Fu una delle prime realizzazioni cinematografiche a regia del compianto Piero Livi. Un corto in bianco e nero pluripremiato (anche a Cannes) e girato nel 1957 con lo sfondo perenne di Figarolo e Capo Figari. Oggi “Marco del mare” naviga lento al suono delle canzoni di Adriano Celentano e dei Boney M, e ripercorre le stesse rotte litoranee della barchetta del giovane pescatore di Golfo Aranci protagonista del film, interpretato dal bellissimo Matteo Maciocco. Il Marco di Piero Livi si aggirava penoso dopo la tragica e prematura morte in mare, senza poter più comunicare con la giovanissima vedova ed il piccolissimo figlio che portava il suo stesso nome. Forse il suo spirito si aggirava ancora e ci spiava, ieri, celato tra gli scogli dei “Baracconi”, mentre mamma delfina Dafne, che ogni tanto allatta Gioia, delfino giocherellone di un paio d’anni, si faceva depositare in bocca un’orata freschissima da trecento grammi, e con la delicatezza di una farfalla la estraeva dalla mano di Paolo e se la portava giù verso il fondale cristallino.
“ Quando allattano mangiano esclusivamente pescato di giornata – mi spiega Paolo – mentre normalmente accettano il pesce anche di due tre giorni”. Attenzioni estreme di una madre per il suo cucciolo già adolescente, ma che ancora poppa il latte davanti a noi. “Ci ho messo due anni almeno per conquistare la loro fiducia. All’inizio il maschio dominante, che abbiamo battezzato Saddam, mi strappava il pesce dalla mano con brutale violenza, provocandomi anche ferite alla mano. Forse non accettava l’intruso, o forse tale mi considerava”. Paolo è però tutt'altro che intruso in questa nicchia di paradiso tra Cala Moresca e l’isolotto di Figarolo, dove ogni giorno si compie il miracolo del suo incontro con i regni della natura.
“Eccoli, li vedete, laggiù, in basso? È una madre che sta allattando il suo piccolo!”. Stavolta la scena si è spostata sui calcari impervi di Figarolo, nel versante di libeccio. Un muflone femmina ci vede, siamo lì a pochi metri, tutti scattiamo foto e filmiamo, ma lei non scappa. “Come, non scappa? – mi chiedo fra me e me -. Un muflone selvatico scappa sempre a gambe levate quando vede l’uomo a pochi metri. È una legge di natura. Questa invece continua beata a brucare beata gli ultimi ciuffetti verdi di erba, regalo tardivo del maggio più piovoso e freddo del secolo, e ad allattare il piccolino che ci guarda pure e sembra addirittura salutarci”. Resto sorpreso, perplesso.Finito il periplo di Figarolo ci riappare Cala Moresca nello splendore fatato del primo giugno. “Io lo vedo già, l’ho riconosciuto, è l’unico che volteggia planando sulle nostre teste”, avverte Paolo. Guardo in alto e vedo un piccolo stormo di gabbiani che sembra disturbato dal nostro arrivo. Uno di questi in effetti non batte le ali bianche e grigie, come se si preparasse all'atterraggio. Mai avrei immaginato che lo facesse inaspettatamente fra le mie gambe, mentre distrattamente mi godevo la vista dell’insenatura. Una giovane coppia inglese, discreta e garbatamente riservata come solo quel popolo sa essere, ha un sobbalzo. La loro meravigliosa bimba, che pare comprata in un negozio di bambole degli anni Sessanta, batte le mani squittendo. È il rumore più percepibile che la piccola famiglia riesce a esprimere per l’intera durata dell’escursione.
Jonathan. Quale altro nome poteva essere dato a un gabbiano? Nella fiaba di Richard Bach, libro cult degli anni Settanta, il gabbiano Jonathan Livingston si allontana dal suo stormo, i cui membri pensavano solo a procacciarsi il cibo e alle cose materiali, e preferisce volare, volare alto, sempre più in alto, dove gli altri non arrivano, non sanno arrivare e nemmeno ci provano. Invece il nostro Jonathan, il Jonathan di Golfo Aranci, fa esattamente il contrario. Lui lascia gli altri a volteggiare sopra di noi, in alto, e piomba a capofitto sulla barca di Paolo perché, da buon gabbiano sardo, ama il pecorino, e sa che lui gliene ha messo da parte una bella porzione. Jonathan oltre che intenditore di formaggi nostrani (guai però a rifilargli la buccia) è scaltro e, come ogni gabbiano che si rispetti, intraprendente. Anche troppo. Nel video che pubblichiamo è lì che in pieno inverno bussa alla finestra di Paolo per chiedere cibo. Lo fa la mattina prima dell’alba, lui non ha bisogno di regolarsi la sveglia. “In questo periodo non viene, perché è il periodo della cova, ma lui sa bene dove e quando cercarmi, e sa anche aspettarmi quando faccio le escursioni. Ha scoperto da solo la mia casa davanti al porto, dopo avere studiato i miei movimenti. Una volta che tardavo a rispondere e ad aprire la finestra ha preso con il becco un piattino dove avevo messo il rosmarino a seccare, e lo ha buttato per terra con violenza.” Dispettoso e permaloso come una scimmia, anzi, come un gabbiano sardo.
Dopo essersi rimpinzato di formaggio dalle mani di noi tutti Jonathan si alza improvvisamente in volo se ne vola verso sud, piantando in asso tutti senza nemmeno salutare. I delfini sono più educati: danzano ammiccanti nel loro lento congedo, e danno l’arrivederci al giorno dopo con un sbuffo delicato, piuttosto un soffio vitale che rilascia mille bolle d’aria a salire in superficie. Jonathan tuttavia è l’altro prodigio che Poseidon esiliato in questi luoghi ha concesso al suo prediletto Paolo, alias “Marco del Mare”.
Il sole affonda inesorabile dietro il colle di Saccuri. Ormeggiamo e salutiamo gli educatissimi turisti stranieri, i primi della stagione iniziata così tardi. “La prossima volta non venire solo, porta anche Patrizia”, mi raccomanda mentre sbarco. Sta seduto a poppa a godersi l’ultimo raggio di sole insieme ad Irene, sua giovanissima assistente ed interprete. “Sarà fatto, garantito” rispondo con un sorriso di conferma. E per un attimo, lì a prua, quasi come in un riflesso soprannaturale, mi sembra di intravedere Poseidon che solenne mi saluta, circondato da cortei festosi di Tritoni e Nereidi, e dagli immancabili delfini.
Ideologia oggi parte II
Di cosa stiamo parlando
Riprendiamo l'argomento trattato nel precedente post : << cosa è oggi l'ideologia e se essa sia o meno una sovrastruttura mentale >>
Chiacchierando , sulla domanda che mi sono fatto nel post precedente , con amici filosofi non accademici e filosofi ufficiali ( insegnanti di filosofia ) è nata questa interessante discussione Essa vede protagonista Alessandro Fontana (studente del liceo G. M .Dettori di tempio pausania ) uno dei relatori alla manifestazione GIORNATA DELLA FILOSOFIA 2019 - “COME FILOSOFARE CON IL MARTELLO, PREMIO ANDREA BIANCO II edizione
una manifestazione culturale che vuole valorizzare l’approccio dei giovani alla filosofia, organizzata dagli studenti del Liceo stesso, dedicata ad un ex studente di Luras prematuramente scomparso, Andrea Bianco [ foto a sinistra ] scomparso prematuramente negli anni dell’Università. Studente estremamente serio e scrupoloso, Andrea Bianco è stato una delle migliori eccellenze del Liceo Dettori. Infatti amava la filosofia e, in generale, lo studio e la cultura. È stato il primo studente del liceo cittadino a vincere la selezione d’Istituto per l’ammissione alla finale regionale delle Olimpiadi di filosofia. Anche per questa ragione la scuola che ha frequentato per cinque anni ha deciso di intitolare alla sua memoria un concorso che si può considerare unico per le sue modalità organizzative.
IO
che ne pensi del quesito posto nel mio precedente post ?
LUI
Io penso che al giorno d'oggi per ideologia si debbano intendere tutte quelle pseudo idee non supportate da un pensiero critico o analitico, ma solo da stralci di questo, per cui si prende un ideale a metà, lo si universalizza e lo si rende un dogma innegabile sulla base di strumenti e concetti banalizzati come "libertà" e "democrazia". Parliamone, io sono in disaccordo con quella canzone
N.a
perché è fondata su un qualcosa di assolutamente astruso, prima di parlare di ideologia è bene conoscere cosa veramente sia la libertà.
Poi è incominciata la lezione in palestra e ci siamo promessi che avremo il discorso . Ma non riuscendo a far collimare i nostri impegni : maturità lui , lavoro io per il momento la discussione rimane in sospeso.
Dico solo che siamo arrivati alla stessa conclusione ma da strade diverse . infatti se si ascolta in ritornello della canzone citata oltre a non sapere cosa sia oggi l'ideologia ( intendendo per essa un qualcosa di critico o analitico ) essa finisce , anzi è diventata al 90 % una sovrastruttura mentale \ qualcosa di banalizzante
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