14.2.22

Erin Jackson, oro nero: "Ma il ghiaccio mi fa paura" ., Valentino Caputi da Roma a Pechino sotto la bandiera brasiliana-., Kamila Valieva potrà gareggiare, via libera del Tas. Il Cio: "Niente premiazione per lei" ed altre storie

 Era caduta ai Trials, una compagna le ha ceduto il posto: "Lo meriti più di me". Ed è diventata la prima pattinatrice afroamericana a vincere una medaglia ai Giochi

PECHINO. Si è capito subito, al via, che aveva qualcosa di speciale. Dinamite nelle gambe, passi che divoravano il ghiaccio e facevano sembrare normali campionesse asiatiche, russe, canadesi. Cinquecento metri tutti d'un fiato: Erin Jackson è la nuova

Erin Jackson dopo aver vinto l'oro (ansa)
medaglia d'oro dei 500 metri dello speed skating, prima afroamericana a salire sul podio olimpico, prima pattinatrice Usa a vincere su pista lunga dal 2002. Ma fa anche parte del Libro Cuore di Pechino 2022, in un capitolo scritto con un'amica e rivale. Il titolo è, più meno: Corri al posto mio, te lo meriti di più.
C'è umanità anche ai Trials, la spietata selezione tra chi va alle Olimpiadi e chi non ci va, perché è finito terzo o quarto ma magari è il migliore del mondo. Quello che pensava Brittany Bowe, quando era appena finita la gara decisiva di Milwaukee ed Erin era fuori squadra. Punita da una scivolata, nonostante un ruolino di marcia internazionale da numero uno. Può succedere, succede qualche volta a Erin Jackson perché è nata sui pattini a rotelle e ancora adesso confida: "Ho ancora un po' di paura quando vado sul ghiaccio, non ho una fiducia totale in me stessa, nelle lame e nella gente attorno a me".
Ma è una fuoriclasse, diventata la prima afroamericana nella squadra Usa alle scorse Olimpiadi nonostante si sia allenata solo quattro mesi sul ghiaccio. Forse il Cio dovrebbe ammettere alle estive il pattinaggio a rotelle, se è capace di sfornare campioni del genere, altro che break dance. Però la situazione è questa, e ai Trials una lieve indecisione costa il posto a Erin. Qui interviene Brittany Bowe, che s'è qualificata ma sa di non valere quanto la compagna, quindi rinuncia: "Nessuno è più
Valentino Caputi, 17 anni, ai Mondiali di Cortina 2021 

meritevole di lei di avere l'opportunità di dare una medaglia al Team Usa". Ci ha visto lontano. Rovina la favola dire che poi in un complicato gioco di riallocazioni gli Stati Uniti hanno guadagnato una quota in più, restituita a Brittany che ha corso ed è finita 16ª? Il senso del gesto rimane. Erin Jackson riporta in alto una squadra che non vinceva più da dodici anni (zero medaglie a Sochi), Brittany Bowe vince il premio Olympic Spirit, urlando per spingere la compagna in pista "stavo quasi per morire". I lucciconi sono permessi.  La chiamata è arrivata a Olimpiade iniziata : “Valentino, sei convocato, vieni a Pechino”. Il 9 febbraio Valentino Caputi è atterrato sul suolo cinese con sua madre Simona e con i suoi sci. Da Roma a Yanqing col cuore in gola. Romano del quartiere Trieste, 17 anni, studente del quarto liceo scientifico Azzarita, papà italo-brasiliano, madre maestra di sci, tesserato per la polisportiva SS Lazio, Valentino gareggia per la federazione del paese sudamericano, di cui ha la cittadinanza. Sotto la bandiera verde oro Caputi ha già partecipato ai Mondiali di Cortina e a Pechino è arrivato “grazie” alla positività al Covid del titolare Michel Macedo. Una passione nata a Ovindoli e Campo Felice  Valentino ha ereditato la passione per la neve dalla mamma, Simona Frigeri, e ha cominciato a sciare sulle piste appenniniche di Ovindoli e Campo Felice, per poi passare sotto i colori della polisportiva biancoceleste. Nel frattempo suo padre Gianluca, yacht designer, ha scoperto l'esistenza di un progetto della Federsci brasiliana a favore dei giovani europei che hanno anche la cittadinanza del Brasile e da qui è nata l'avventura olimpica. “La chiamata non è stata improvvisa” spiega papà Gianluca, “negli ultimi mesi abbiamo fatto tutto il necessario, tra preparazione, tamponi, tutto davvero per essere a puntino per l’obiettivo olimpico. Tutta esperienza, naturalmente, nessuna velleità, e poi scenderà con un pettorale talmente alto che ho dovuto fare l’abbonamento a Eurosport, che trasmette la gara per intero. Ha un’emozione incredibile addosso, non ce lo aspettavamo più, il nostro obiettivo era Milano-Cortina 2026. È partito con sua madre, nei prossimi giorni andrà al Villaggio, per ora è in hotel. Nei mesi scorsi ha partecipato a diverse gare del circuito Fis tra Solda, Santa Caterina Valfurva, Alleghe e l’Abetone, è campione regionale di slalom, deve guadagnare tanti punti per entrare nel giro di Coppa del Mondo. Ha ancora tanto da imparare ma intanto ci godiamo l’atmosfera olimpica”.


Pechino 2022, l'ultimo uomo in piedi: 20 anni fa l'oro olimpico di Steven Bradbury nello short track


Nel 2002 ai Giochi di Salt Lake City un pattinatore di short track australiano, Steven Bradbury, vinceva una delle medaglie d’oro più inaspettate delle Olimpiadi. Un risarcimento del destino per una carriera fin lì molto sfortunata. Nella prima metà degli anni Novanta Bradbury conquista medaglie olimpiche e mondiali nella staffetta 5000 metri.

Nel 1995 però subisce un gravissimo infortunio: il pattino di un avversario gli lacera l’arteria femorale ed è costretto a 18 mesi di riabilitazione. Cinque anni dopo è costretto a fermarsi ancora per una frattura al collo ma Bradbury non demorde e si presenta ai Giochi di Salt Lake City. Da outsider supera la propria batteria, i quarti di finale e le semifinali ma sono gli ultimi secondi della finale che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.



Giuliano Razzoli: "In slalom senza paura, mi sento ancora vivo"
Il campione olimpico del 2010 arriva a Pechino dopo la sua migliore stagione in coppa del mondo: "A 37 anni non è facile tornare sul podio, questo sport è crudele. Ma la mia sciata, anche se non è moderna, funziona ancora"

PECHINO. Riecco Razzo. Dodici anni dopo l'oro a Vancouver. "Cosa direbbe il Razzoli del 2010 al Razzoli del 2022? Goditela, perché non ne farai più tante". Eppure a 37 anni sembra il Giuliano migliore di sempre.
Quattro top ten in sei slalom in questa stagione, per l'emiliano di Villa Minozzo. Un podio (3°) con lacrime a metà gennaio a Wengen, sei anni dopo l'ultima volta (2° sempre a Wengen). Dal titolo in Canada a questa sua terza Olimpiade (non si qualificò 4 anni fa) una via crucis di infortuni che lo hanno costretto a ripartire da Coppa Europa e gare Fis per risalire verso la cima. A lui e ai suoi giovani eredi, Alex Vinatzer, 22 anni e Tommaso Sala, 26, l'ultima chance dell'Italia al maschile dopo lo zero della velocità e l'illusione perduta del gigante con Luca De Aliprandini, uscito nella seconda manche in una giornata tormentata dalla neve e dalla scarsa visibilità. Tra i pali stretti si corre il 16 febbraio (nella notte italiana, prima manche alle 3.15, seconda alle 6.45).

Primo impatto con i Giochi di Pechino?
"Non sembra neanche di essere alle Olimpiadi, è davvero atipico, tutti chiusi nella bolla. È strano, il contorno sarà difficile che lasci le stesse emozioni di Vancouver di cui mi ricordo tutto. Ma alla fine la medaglia peserà come le altre e ci concentriamo su quello".

A giudicare da questa stagione, sembrerebbe molto concentrato.

"Sto bene, riesco a esprimere la mia sciata, paga la continuità del lavoro degli ultimi due anni e mezzo senza intoppi fisici, tranne il Covid l'anno scorso: 20 giorni fermo, per recuperare la condizione fisica è stata dura, non ho più vent'anni".

Può essere anche un vantaggio?
"L'esperienza aiuta, gestire i grandi eventi non è semplice, e io in questo ho un vantaggio. I più giovani ne avranno altri. Le Olimpiadi sono una bella sfida sotto molto aspetti".

Che slalom sarà?
"Pista abbastanza semplice ma con una neve particolare, diversa dalle nostre europee, vincerà chi si adatterà e saprà sfruttarla meglio. Il gigante? Non è stato facile, poca visibilità, De Aliprandini ci ha provato ma non è andata, che sport crudele. Lo slalom sarà combattuto, non c'è un padrone, penso sia bello anche da vedere in tv. Si giocherà in molti e ci metto anche noi italiani. Il me stesso di Vancouver mi direbbe: vai all'attacco, senza paura".

A cosa si deve questa sua rinascita?
"Nessun particolare cambiamento. È che conosco il mio corpo sempre meglio con l'età, mi alleno senza strappi, tenendomi sempre attivo. Non faccio tardi la sera. E intanto evolvo, le cose attorno cambiano. La mia sciata, anche se non è delle più moderne, ancora funziona ed è competitiva, è fluida, pulita. I ragazzi invece oggi sono più bruschi ed energici. Mi piace stare tra i giovani, mi rinnova e tiene vivo".
Cos'altro la tiene vivo? "Dove, come e con chi sono cresciuto, la mia terra e la mia gente. Il loro affetto che mi ha dato la forza di ricominciare mille volte. A 37 anni tornare sul podio non è facile. Oppure venire a questa Olimpiade non era semplice e invece ce l'ho fatta. Alberto Tomba? Ci sentiamo, rimane un nostro tifoso".

A Sofia Goggia cosa consiglia?
"Non ha bisogno dei miei consigli, è un'atleta molto forte anche caratterialmente, convinta e consapevole delle proprie capacità, sta facendo le cose giuste per trovarsi di nuovo. Vedremo, e ha tanti anni davanti".

Le ragazze ancora una volta meglio degli uomini, finora.
"Credo siano cicli, per anni sono stati gli uomini a tirare avanti la carretta, ora ci sono loro. Le donne sono forti, dobbiamo fare loro i complimenti, in questi anni ci hanno dato soddisfazione e orgoglio, qui Federica Brignone ha già portato a casa una bella medaglia e hanno altre possibilità, noi un po' meno, ma cercheremo di fare qualcosa, perché si può fare, il colpo c'è".

Kamila Valieva potrà gareggiare, via libera del Tas. Il Cio: "Niente premiazione per lei"

La decisione del tribunale sportivo a Pechino, dopo la positività della quindicenne russa alla trimetazidina: "È un'atleta protetta, rischia un danno irreparabile". Gli Usa protestano: "Per la sesta volta la Russia ruba le Olimpiadi agli atleti puliti"

PECHINO Kamila Valieva potrà partecipare alla gara in cui è favorita. Lo ha stabilito il Tas, il tribunale arbitrale dello sport con la sua divisione ad hoc riunita all'hotel Continental di Pechino. La quindicenne russa scenderà in pista al Capital Indoor Stadium martedì alle 21,52, le 14,52 italiane, dopo l'americana Chen e prima della coreana You, andando a caccia di una delle medaglie d'oro più scontate alla vigilia dei Giochi. Il Tas non ha deciso sulla gara a squadre vinta dalla ROC, la squadra degli atleti della Russia squalificata, la cui premiazione non avverrà durante le Olimpiadi come ammesso con imbarazzo dal Cio. Il tribunale ha invece respinto il ricorso d'urgenza presentato dal Comitato Olimpico Internazionale, dalla Wada e dalla federazione internazionale ghiaccio (Isu) contro la decisione della Rusada, l'agenzia antidoping russa che ha cancellato la sospensione provvisoria della pattinatrice. Risultata positiva a un test antidoping per trimetazidina, sostanza che rientra nella categoria dei modulatori ormonali e metabolici proibiti dal Codice mondiale antidoping. "L'atleta è una "persona protetta" ai sensi del Codice mondiale antidoping (WADC)" ha stabilito il Tas. Dura la reazione del Cio: se Valieva finirà tra le prime tre in classifica non ci sarà la premiazione.

L'annuncio del direttore generale del Tas Matthieu Reeb (afp)

"Il silenzio sulle sospensioni alle persone protette"

Il Tas ha in pratica ammesso l'impossibilità di procedere in una situazione così particolare: "Le regole antidoping della Rusada e il Codice mondiale antidoping tacciono sulla sospensione provvisoria inflitta alle persone protette, mentre tali norme prevedono specifiche disposizioni per standard diversi di prova e per sanzioni minori in caso di persone protette". C'è poi il problema di un'atleta minorenne a cui si può fare un danno irreparabile: "Il collegio ha considerato i principi fondamentali di equità, proporzionalità, danno irreparabile, e il relativo equilibrio di interessi tra i richiedenti (Cio, Isu) e l'atleta, che non è risultata positiva alle Olimpiadi ed è ancora soggetta a sanzione disciplinare dopo il test positivo a dicembre 2021. In particolare, il collegio ha ritenuto che impedire all'atleta di gareggiare a Pechino le causerebbero un danno irreparabile". Il Tas ha poi puntato il dito contro gli incredibili ritardi del procedimento su un  test eseguito il 25 dicembre, parlando di "seri problemi di notifica dei risultati del test eseguito a dicembre che hanno pregiudicato la capacità dell'atleta di difendersi, di fronte a una notifica così tardiva che non era colpa sua, nel bel mezzo dei Giochi Olimpici".

Valieva in allenamento a Pechino (reuters)

Gli Usa: "La Russia disprezza lo sport pulito"

Dura la reazione della delegazione americana a Pechino: "Siamo delusi dal messaggio partito da questa decisione" protesta Sarah Hirshland, Ceo del comitato olimpico e paralimpico. "Gli atleti hanno il diritto di sapere che stanno gareggiando su un piano di parità. Sfortunatamente, oggi ciò viene negato. Questo sembra essere un altro capitolo del disprezzo sistematico e pervasivo per lo sport pulito da parte della Russia". Travis Tygart, Ceo dell'ageniza antidoping Usa: "Per la sesta Olimpiade consecutiva la Russia ha manipolato la competizione e rubato l'evento agli atleti puliti e al pubblico. Ma anche questa giovane atleta è stata terribilmente delusa dai russi e dal sistema globale antidoping che l'ha gettata ingiustamente in questo caos".

Il test reso noto solo l'8 febbraio

La quindicenne originaria di Kazan nel Tatarstan aveva vinto i campionati russi a San Pietroburgo, sottoponendosi il 25 dicembre a un test condotto proprio dalla Rusada, la cui gestione è stata uno dei motivi della squalifica della Russia che a Pechino presenta i suoi atleti sotto la bandiera olimpica e senza inno nazionale. Il campione di Valieva è stato poi inviato al laboratorio di Stoccolma, dove è rimasto per settimane: un ritardo causato, secondo i russi, dai contagi di Covid tra gli addetti della struttura svedese. La pattinatrice ha poi dominato gli Europei, arrivando a Pechino dove è stata determinante per la vittoria della squadra russa nella gara a squadre: durante il libero è diventata la prima donna a eseguire un quadruplo salchow e un quadruplo toeloop alle Olimpiadi. Solo l'8 febbraio, a Giochi iniziati da cinque giorni, il caso è diventato ufficiale. Ma la pattinatrice il giorno dopo, 9 febbraio, ha fatto subito ricorso alla Disciplinare della Rusada, che ha congelato la sospensione permettendole di continuare la sua Olimpiade. Il Cio si è così rivolto al Tas, insieme alla federazione internazionale del ghiaccio, non nascondendo il disagio nel procedere contro una quindicenne. I russi intanto hanno annunciato un'inchiesta sull'entourage di Kamila, che porta direttamente alla scuola moscovita di Eteri Tutberidze.

come raccontare san valentino ai bambini senza sdolcinature ed censure . il caso della storia di Topolino “Ho sposato una strega

 le  varie storie   sdolcinate  sull'ultimo n  di  topolino (  vedere    copertia    sinistra ) e la  striscia  d'oggi della  rubrica  /  foto sotto a  centro di  penauts     proposta  da  Il Post  d'oggi    mi  hanno  riportato alla  mente una storia  bellissima    storia  degli anni  90    che letta  oggi    sarebbe   considerata  da  educande  ma    al'epoca   c'erano    ancora   forti  sacche  di  perbenissimo  e  bigottismo . Essa  s'intitola    Topolino in: “Ho sposato una strega”   ( SIC  a  non averlo  conservato oggi  varebbe  un  bel  po' di €  visto  che stando alle dichiarazioni rilasciate da Marconi in un’intervista del 2008, le tavole originali dovrebbero essere state distrutte  . 
Meno male  che    c'è la  rete   a supllire   tale  mancanza    e desiderio di rileggerla  o leggerla per  la   prima  volta  .  Infatti  : 
Questa “parodia del celebre film di René Clair interpretato da Fredric March e Veronica Lake (1944) non ha avuto vita facile. Non è mai stata ristampata, ma, di più, si potrebbe dire: non è mai stata stampata correttamente; infatti nell'unica edizione (quella su "Topolino" numero 1785 dell'11 Febbraio 1990) le tavole 17 e 18 sono state stampate rispettivamente a pagina 22 e 21 anziché a pagina 21 e 22 come sarebbe stato esatto.
Per questi motivi offriamo per la libera consultazione questa storia, fatti salvi i diritti di ciascuno e con l'impegno di togliere dalla rete queste pagine non appena sarà disponibile in qualsiasi forma una ristampa della storia.  >>   da inducks.org  dove  potete  trovare  l'intera storia  

 C’è chi   come  me  prova nostalgia  per averla scoperta  ed  letta  in tenera età, chi la ricorda con affetto per le sue scelte coraggiose e il suo finale malinconico e persino chi la cita con una punta di sarcasmo, riferendosi al polverone che sollevò pochi giorni dopo la sua uscita in edicola, l’11 febbraio 1990. Da allora, infatti, Topolino in: “Ho sposato una strega” non è da  quel  che     so  ed  ho letto sull'articolo  dell'ottimo  e  inmformatissimo    https://www.fumettologica.it/  : <<   La storia d'amore più "scandalosa" mai apparsa su "Topolino"  >> di   che  trovate sotto  di   che   mai stata ripubblicata e (anche) per questo gode ormai di una grande fama.

 
topolino ho sposato una strega
Il frontespizio di Topolino in: “Ho sposato una strega” (da Topolino 1785)

Prima del matrimonio

La storia, come molte altre pubblicate all’epoca, nasceva da un’esigenza precisa: svecchiare Topolino. Il detective dalle grandi orecchie stava diventando antipatico, borioso, saccente, ed era sempre meno popolare tra i lettori. Risolveva velocemente anche i casi più difficili, senza vacillare; non si cacciava mai nei guai e trattava gli amici con fare da superiore. Era raro che ricoprisse un ruolo comico, perché sulla carta era privo di difetti e se non avesse mostrato le sue fragilità più profonde (come sapevano fare Pippo o Paperino) non avrebbe fatto ridere nessuno. Per molti era solo un tipo noioso che cominciava ad aver vissuto troppe avventure.
Alcuni sceneggiatori, però, la pensavano diversamente, e tra questi c’era Massimo Marconi. Era molto noto nell’ambiente per essere stato tra i primi a cimentarsi nelle storie su commissione, realizzate in collaborazione di enti come la F.I.S. o per promuovere il lancio di alcuni gadget, e i suoi rapporti con la redazione si erano intensificati nel 1985, quando aveva iniziato a vagliare i soggetti altrui e coordinare l’attività dei colleghi. La sua influenza sull’agenda della rivista era enorme, ed essendo in ottimi rapporti con il direttore di allora, Gaudenzio Capelli, poteva permettersi il lusso di osare nei propri fumetti, che di fatto sottoponeva al suo stesso giudizio.«Quando sono diventato il responsabile delle storie mi sono subito preoccupato di Topolino, il personaggio più debole che c’era allora», ricorda Marconi a Fumettologica. «Tra le varie idee c’era la volontà di uscire dall’impasse che si era creata tra Topolino e Minni, che, a differenza di Paperino e Paperina, non litigavano mai: la loro era una relazione un po’ fiacca. Io volevo dare a Topolino la possibilità di innamorarsi sul serio». In passato era già capitato che il Topo si invaghisse di un’altra, ma alla fine, com’era logico aspettarsi, aveva sempre trionfato l’affetto per Minni. Questa volta, però, le cose sarebbero andate diversamente. Dopo una lite più dura del solito, Topolino si sarebbe concesso una piccola pausa ricreativa fuori città, conoscendo Samantha, una ragazza di cui si sarebbe innamorato e che avrebbe deciso di sposare, nonostante fosse una strega. «Era sicuramente una scelta rischiosa», prosegue Marconi, «ma, se non li avessi fatti sposare, la storia non sarebbe stata così intensa, e io non volevo che si trattasse di una sbandata come tante altre. Dovevano sposarsi».

topolino ho sposato una strega
Topolino in: “Scene da un matrimonio”

Marconi era la persona più indicata per portare a termine un’operazione del genere. Già altre volte, in passato, aveva dovuto modellare il comportamento dei personaggi per far fronte alle esigenze di turno (dalla presentazione di un gadget alla réclame di un torneo sportivo) senza tradire la loro natura o lo spirito della rivista. Stavolta, però, c’era di mezzo un matrimonio, e la difficoltà più grande stava nel fare ritorno alla situazione iniziale. Topolino e Samantha si sarebbero dovuti conoscere, innamorare, sposare e poi dividere per sempre: tutto dovevano sembrare fuorché marionette che obbedivano a una volontà superiore. Per scongiurare questo rischio, Marconi trasformò la storia in un’anti-parodia dHo sposato una strega, una commedia romantica hollywoodiana dove un uomo rispettabile (ma noioso) perdeva la testa per una fattucchiera seducente che si comportava come una ragazzina. Del film rimase soltanto l’idea di fondo, com’era già capitato in un fumetto di qualche anno prima che omaggiava Il tempo delle mele.  Lo scopo non era rivisitare i film in chiave disneyana, ma utilizzarli come pretesto per far dire qualcosa di nuovo ai personaggi. Nella fattispecie, grazie all’intervento della magia era possibile mostrare la vita matrimoniale di Topolino e Samantha senza che i due si fossero realmente sposati. In seguito a un incantesimo lanciato dal padre di lei (anch’egli stregone, come nel film), i due coniugi avrebbero vissuto in una dimensione alternativa, il tempo necessario per capire che tra di loro non avrebbe potuto funzionare. Sulla carta, se si escludevano i riferimenti nuziali, c’era ben poco di trasgressivo, ma il rischio di essere fraintesi era dietro l’angolo. A un certo punto della sceneggiatura, nelle intenzioni di Marconi, Topolino e la strega avrebbero dovuto dividere lo stesso letto durante una breve lite, ma il disegnatore, Giorgio Cavazzano, colonna portante della rivista da più di vent’anni, non se la sentì di osare a tal punto e li fece sedere in poltrona. Subito prima di quel dialogo, però, aveva appena disegnato una vignetta destinata a far infuriare migliaia di italiani, buona parte dei quali, di solito, Topolino neanche lo leggevano.

topolino ho sposato una strega
Fate attenzione al riquadro in basso a sinistra…

Una storia al di sopra di ogni sospetto

Marconi sapeva fin dall’inizio che “il matrimonio di Topolino” avrebbe attirato l’attenzione della stampa generalista. «All’epoca qualunque cosa pubblicassimo che avesse un riferimento alla realtà o che fosse un minimo notevole finiva sui giornali», dice riferendosi ai fumetti tradotti in latino o alle caricature di Mike Bongiorno e Gianni Agnelli. Lui stesso, sperando di smuovere le acque, aveva inviato un comunicato stampa a qualche testata, ma senza ottenere risultati. La scintilla scoccò quando l’inserto satirico dell’Unità (il settimanale Cuore, fondato e diretto da Michele Serra) riportò la notizia a modo suo. Mise in prima pagina la vignetta in cui i due sposini cominciavano a spogliarsi e titolò con enfasi: «Topolino tromba! Ecco le prove».

topolino tromba
Particolare della copertina di Cuore del 18 febbraio 1990. «Un altro muro è crollato» è un probabile riferimento a quello di Berlino, caduto pochi mesi prima 
«In quel periodo Cuore riceveva moltissime segnalazioni dai lettori», spiega a Fumettologica Andrea Aloi, caporedattore delle pagine culturali e futuro direttore del periodico. «C’era chi ci segnalava le insegne dei negozi più clamorose, articoli di cronaca bizzarri o articoli di politica scritti in modo incomprensibile. Sono convinto che anche quella notizia ci sia stata segnalata, perché poi siamo andati in edicola e abbiamo acquistato l’ultimo numero di Topolino.» Cuore realizzò anche un breve servizio che ricalcava lo stile delle riviste scandalistiche, con tanto di dichiarazioni scioccate rilasciate da alcuni personaggi Disney («una perdita incolmabile per il movimento gay», constatava Pippo sconsolato). Nessuno si prese la briga di specificare che tra Topolino e l’«appetitosa biondina» non c’era stato proprio niente, nella storia originale. Lo scopo era chiaramente dissacratorio, come ricorda Aloi: «Avevamo fatto un titolo un po’ forte, com’era nel nostro costume, ma anche molto ironico perché di fianco ci avevamo messo una trombetta. Più che altro l’idea di andare a rompere le scatole al puritanesimo Disney ci aveva fatto piacere. Eravamo degli adulti che si divertivano a fare questo genere di cose». L’equivoco, quindi, nacque per caso. La vignetta era stata estrapolata dal suo contesto e non era possibile coglierne il senso senza aver letto la storia. Lo scambio di battute e le azioni dei personaggi non fecero che peggiorare la situazione, perché sembravano proprio riferirsi a un rapporto carnale, con Topolino che si rimetteva le scarpe e Samantha che gli domandava se gli fosse piaciuto. Sarebbe bastato uno sguardo un po’ più acuto per capire che entrambi si stavano spogliando, non rivestendo, dato che lei si era appena sfilata il velo con la mano.In poco tempo la vicenda fu ripresa dai grandi giornali. Su Repubblica apparve un articolo di cronaca che ospitò le dichiarazioni dello sceneggiatore, chiarendo finalmente il malinteso e riportando – per primo – la trama completa della storia. Il pezzo portava la firma di Alessandra Longo, che era anche una sporadica lettrice di Topolino e aveva apprezzato particolarmente il fumetto incriminato, dato il suo odio per Minni. «All’epoca lavoravo in Cronaca Nazionale», ci spiega, «e l’articolo è stato ospitato in quelle pagine. Avevo trovato il “tradimento” di Topolino molto divertente, adatto ai lettori di Repubblica di allora. Un approccio ironico e leggero, che solo qualche moralista non ha apprezzato». Ma la percezione della storia era già inevitabilmente compromessa. La redazione di Topolino cominciò a ricevere telefonate e lettere di protesta e una trasmissione radiofonica molto nota, Chiamate Roma 3131, ospitò le lamentele di un’ascoltatrice che aveva letto presumibilmente solo la copertina di Cuore senza informarsi, e si scagliava contro le «cose pornografiche che si fanno nei fumetti». In un’epoca in cui, come rileva Marconi, «tutti i fumetti erano Topolino». Le polemiche esplosero circa sette giorni dopo l’uscita della storia in edicola, e questo fece sì che molti lettori occasionali o semplici curiosi acquistarono, senza saperlo, il numero seguente, che riuscì a vendere un 10% di copie in più rispetto al solito. Ma se in Italia la vicenda stava prendendo una piega positiva, attirando l’attenzione dei giornali e incrementando le vendite, presto la notizia raggiunse la casa madre, in America, dove le disposizioni dei dirigenti non furono affatto concilianti.  Dopo aver esaminato la storia, infatti, l’amministratore delegato di The Walt Disney Company Michael Eisner, chiese le dimissioni di Capelli e ordinò che fossero bruciate le pellicole di stampa dell’intero numero, senza limitarsi all’oggetto di scandalo. Cosa che fu prontamente fatta, tanto che per le ristampe successive delle altre storie contenute nel numero, la Disney stessa si è dovuta basare su scansioni dell’albo stampato. Capelli alla fine rimase al proprio posto, ma, stando alle dichiarazioni rilasciate da Marconi in un’intervista del 2008, le tavole originali di Topolino in: “Ho sposato una strega” dovrebbero essere state distrutte.È probabile che Walt Disney avesse agito così per non compromettere ulteriormente la propria immagine. Ormai nel dibattito pubblico italiano la storia era stata associata allo scandalo che aveva generato: non era più un fumetto coraggioso in cui Topolino si innamorava davvero, ma un racconto di sesso e depravazione, e come tale andava estirpato, epurato, cancellato dalla memoria collettiva.
Il primo litigio tra Topolino e Samantha, che in origine si sarebbe dovuto svolgere nel loro letto matrimoniale. Cavazzano, invece, optò per una location più rassicurante

Fino a quel momento la casa madre non aveva mai esercitato un vero controllo sulle storie scritte in Italia. L’unico parametro a cui dovevano rispondere, già dalla fine degli anni Settanta, era il rispetto delle minoranze etniche, ripetutamente prese di mira o stereotipizzate dagli autori del periodo precedente. Dopo quello scandalo, osservano Dario Ambrosini e Marco Barlotti in un volume monografico su Giorgio Pezzin, dalla Disney americana arrivò «un deciso giro di vite per limitare i voli pindarici degli sceneggiatori italiani».Il primo a pagarne le conseguenze fu proprio Pezzin, che aveva appena consegnato una storia di stretta attualità dove Topolino e Pippo viaggiavano nel tempo per sventare un colpo di stato ai danni di Michail Gorbaciov. Il progetto era stato approvato (dallo stesso Marconi) ma l’iter di produzione fu subito interrotto.

«Mi sarebbe piaciuto averti come genero»

Topolino in: “Ho sposato una strega” non deluse le aspettative di Marconi per via delle controversie che si crearono, ma perché quasi nessuno, tra i critici e gli addetti ai lavori, si interessò al suo effettivo contenuto. Sarebbe stata da lodare, invece, la caratterizzazione di Topolino, debole e imperfetto come non lo si vedeva da tempo e che finalmente metteva in campo tutti i risvolti della propria personalità, dallo sprezzo del pericolo alla goffaggine un po’ ingenua. Anche i disegni di Cavazzano avrebbero meritato un plauso. «Quando Giorgio si cimentava con questo genere di storie lavorava benissimo», osserva Marconi. «Era capace di realizzare un capolavoro quando lavorava col piede sinistro. Figuriamoci quando lavorava col destro.» Si potrebbero spendere fiumi d’inchiostro sulla precisione del suo tratto, sulla bravura con cui muoveva i personaggi sulla scena o sulla sua padronanza della tavola, ma in questa storia saltano subito all’occhio i costumi, mai così diversi dal solito. Vestaglie, giacche sportive, tute da ginnastica, panciotti, pantaloni col risvolto, salopette e, ovviamente, abiti da sposa. Nell’incipit persino Basettoni indossa una camicia di lana alla moda al posto della solita divisa. Il focus sul guardaroba permise a Cavazzano di interpretare alla grande anche il personaggio di Samantha, che non doveva risultare né poco attraente né troppo lontano dai canoni. Il solo modo per dire qualcosa di più sul suo conto e sui suoi gusti personali fu di farle sfoggiare un outfit dopo l’altro, rendendola memorabile nonostante la stringatezza della sceneggiatura.

topolino ho sposato una strega
Qualcuno ha per caso detto #lunedìfeels?

La storia, però, non era esente da critiche. Già nel 1991, Romano Scarpa aveva rilasciato dichiarazioni al vetriolo in un’intervista, definendo il progetto «un passo incauto» perché «esclude, toglie di mezzo Minni. Minni non può venire ignorata in quel modo». E in parte è sicuramente vero: la sua sfuriata iniziale può sembrare esagerata o artificiosa, e di certo qualche tavola in più avrebbe giovato, ma è altrettanto evidente che nei piani di Marconi il ruolo di Minni era tutt’altro che secondario.Se in apertura fosse comparsa Samantha, e Topolino avesse tradito subito la fidanzata, sarebbe stato lecito stupirsi, ma nel caso specifico era fondamentale che Mickey conquistasse le simpatie dei lettori, subendo le ire di una figura femminile palesemente nel torto. Solo così il pubblico avrebbe toccato con mano il disagio sentimentale dell’eroe, ingabbiato in un fidanzamento lungo più di 60 anni. Nonostante oggi ne siano passati più di 30 dall’uscita di Topolino in: “Ho sposato una strega”, Marconi la ricorda ancora come una delle più importanti che abbia mai scritto: «È servita a far capire a mia mamma che facevo un lavoro importante, perché sono finito su Oggi», conclude con orgoglio. Ma anche perché, come rilevava Andrea Tosti, mise in evidenza «la capacità di Marconi nel far emergere in maniera naturale e spontanea il lato romantico, e quasi “erotico”, dei propri personaggi; sempre con discrezione, naturalmente». E in modo tutt’altro che scandaloso.

Leggi anche:





13.2.22

Favola di Stefania Constantini, da commessa a oro olimpico: "Campionessa anche nel lavoro"

 


https://www.gazzetta.it/olimpiadi-invernali/   Oscar Maresca 13 febbraio - MILANO

Dall'apecar ai pranzi in magazzino, l’atleta azzurra che ha trionfato nel curling misto con Amos Mosaner raccontata da chi le è stata sempre accanto




Un’altalena sulla neve. Due amichette dondolano ascoltando Miley Cirus a tutto volume. A 8 anni, il massimo della felicità. Finita la mattinata a scuola, il sole sulle Dolomiti si fa più caldo. Tra qualche ora mamma Monica accompagnerà le piccole agli allenamenti di curling. Giulia ha iniziato da qualche mese, Stefania sta prendendo confidenza con la stone: "Passavamo i pomeriggi a divertirci. E quanti dispetti ai nostri fratelli. Ma quando arrivavamo sul ghiaccio, non c’è n’era per nessuno. Siamo state compagne di squadra per dieci anni. Non siamo sempre state bravissime, ma lei era unica. Bastava uno sguardo per capirci". Inseparabili, Giulia e Stefania. Insieme hanno vissuto un sogno sportivo. Quando l’amica di
sempre l’ha vista arrivare in finale alle Olimpiadi, i ricordi sono andati tutti lì: "La sera prima le ho scritto di chiudere gli occhi e immaginarci su quell’altalena a Campo di Sopra. Soltanto io e lei, da Cortina a Pechino.
Chi l’avrebbe mai immaginato". Occhi lucidi ed emozione, Giulia ha tifato la coppia azzurra in finale di curling misto dal divano di casa Constantini. Famiglia al completo. Al tiro decisivo tutti sono scoppiati in lacrime. Stefania è oro.

GIULIA, L'AMICA DI SEMPRE
"Vincere le Olimpiadi era il nostro sogno da bambine"


Un foglietto a quadretti scritto a penna nera. Sogno: diventare campionessa olimpica. Idee chiare, già da bambina. Stefania Costantini non ha mai smesso di crederci: "Un pomeriggio Alessandro Zisa, il nostro allenatore, ci chiese di scrivere su un blocco note qual era l’obiettivo più grande che volevamo raggiungere. Stefania non tentennò: atleta olimpica. La differenza tra me e lei è stata questa. Non ho mai visto le Olimpiadi come una cosa realizzabile. Stefi invece ha dedicato tutta se stessa al curling. Alla fine ce l’ha fatta. Ho scelto di lasciare lo sport a 18 anni per frequentare l’università. Non riuscivo a conciliare gli impegni. È stato difficile abbandonare la squadra. Lei ha avverato anche il mio sogno

Nessun rimpianto, solo tanta gioia per lo storico oro dell’amica. Unica atleta azzurra del curling a Pechino, prima medaglia di sempre nel misto insieme ad Amos Mosaner: "Quando l’ho vista iniziare l’ultima bocciata, quasi non respiravo. Pensavo a cosa avesse nella testa. Se riesci, vinci. Altrimenti continui a giocare. La stone non aveva ancora toccato le altre, ma il pubblico a Pechino già applaudiva. A casa ci siamo abbracciati, piangendo. Sua madre, Monica, mi ha ringraziato per aver convinto Stefania a iniziare col curling quel pomeriggio di quindici anni fa. La verità è che non ho fatto nulla, è tutto merito suo". Dopo il trionfo, Giulia ha aspettato un giorno prima di scrivere a Stefania. Parole dolci, cariche d’orgoglio: "Le ho anche inviato The Climb, la canzone di Miley Cirus che adoravamo. Una volta passò a prendermi con l’Apecar, musica a tutto volume per le strade di Cortina. Queste siamo noi".
ILARIA, PIÙ DI UN CAPO
"Stefania, campionessa di lavoro. E quei pranzi sedute a terra in magazzino"
Stefania e Ilaria nel magazzino del negozio
Stefania e Ilaria nel magazzino del negozio


Corso Italia è addobbato a festa. Striscioni, tricolori. A Cortina, i negozi hanno sulle vetrine la foto di Stefania e Amos con la medaglia d’oro: "Per la finale ci siamo ritrovati tutti al pub qui vicino. La vittoria è stata una vera liberazione. Stefania ci ha resi orgogliosi". Ilaria Raso è la store manager del negozio d’abbigliamento in cui la nuova campionessa olimpica ha lavorato fino al mese scorso: "È stata un anno con noi. L’ho strappata a un altro negozio, cercavo una brava collaboratrice. Mi dissero che era una ragazza caparbia e determinata. Pochi giorni di prova, poi la firma sul contratto".
Ilaria e il fidanzato Domenico al negozio
Ilaria e il fidanzato Domenico al negozio


A Stefania non è mai pesato lavorare. Riusciva a organizzare le sue giornate incastrando tutti gli impegni: "Avevo un calendario dove erano segnati i suoi allenamenti e le partite. Era fittissimo, ma a lei non importava. Non mi ha mai chiesto di saltare un turno oppure di uscire prima. L’impegno al negozio era una delle sue priorità". Ragazza umile. Dal lavoro di commessa all’oro a Pechino: "Prima di partire mi ha comunicato le sue dimissioni. Aveva un contratto a tempo indeterminato, ma era arrivato il momento di dedicarsi alla sua passione più grande. Finalmente, nel gruppo sportivo delle Fiamme Oro potrà concentrarsi soltanto sul curling". Probabilmente, le mancheranno quei pranzi frugali in magazzino mentre il negozio è affollato: "Spesso non avevamo tempo di mangiare. Prendevamo un panino al volo, oppure cucinavo qualcosa da portare ai ragazzi in pausa. A Stefania piace tanto il mio arrosto. Lo mangiavamo sedute a terra, era il momento più bello della giornata". La sua presenza mancherà a tutti in Corso Italia: "Tiferò sempre per lei. E mi mancherà anche la sua ossessione per i calzini. Un rito scaramantico, deve lavarli dopo ogni vittoria per rimetterli. Meno male che non li ha mai usati per il lavoro".
DOMENICO, IL FIDANZATO
"Prima di Pechino mi disse che sarebbe tornata con una medaglia"
Stefania col fidanzato Domenico

l'altro lato di san valentino .il caso di francesca polli che decide Vittoria Pierini, la bambina nata martedì 8 febbraio: la madre Francesca Polli ha scelto di far venire al mondo (nonostante la morte del papà Attilio Pierini, scomparso in un incidente stradale nel giugno 2020) sua figlia vittoria riprendendo la fecondazione assistita.

Fino a qualche  tempo  fa  consideravo san  valentino  la  festa  di  ogni cretino    forse perché  guardavo l'evento  dal lato commerciale   (  quello che un  tempo si definiva   capitalistico  )  poi   approfondendo   di più  l'argomento  ho visto l'altro lato  dell'evento  . Soprattutto  perchè l'amore  fa    fare    di tutto  (  vedere la storia precedente  in cui ha tenuto in casa dopo la morte l'amore della sua vita )  e  la  storia   che  trovate  sotto . E'  quella  di  Vittoria Pierini, la bambina nata martedì 8 febbraio: la madre Francesca Polli ha scelto di farla venire al mondo (nonostante la morte del papà Attilio Pierini, scomparso in un incidente stradale nel giugno 2020) riprendendo la fecondazione assistita. 

(ANSA) - CIVITANOVA MARCHE, 09 FEB - A Civitanova Marche (Macerata), grazie alla fecondazione assistita, è nata Vittoria Pierini, figlia di Francesca Polli e di Vittorio Pierini, 38enne di Porto Recanati (Macerata) che fu 'bandiera' e capitano della Recanati Basket, deceduto nel giugno 2020 a seguito di un incidente stradale sulla A24 nel quale anche Francesca riportò lesioni gravissime.L'annuncio del fiocco rosa da parte della mamma su Facebook che scrive: "Non le leggerò i soliti libri di fiabe, le parlerò dell'amore che ci ha uniti per sempre".    Tra il 2019 e il 2020 la coppia, già sposata da alcuni anni, aveva deciso di avere un figlio ricorrendo alla procreazione medicalmente assistita. Questo percorso però era stato spezzato dal tragico incidente avvenuto il 23 giugno di due anni fa: l'auto su cui la coppia viaggiava, in Abruzzo, direzione Roma, si scontrò con un camion. Attilio 'Attila' Pierini, allora 38enne, morì sul colpo, mentre Francesca lottò a lungo in gravissime condizioni all'ospedale di Teramo per poi riprendersi. Da allora ha cullato il sogno di portare a termine la gravidanza con la procreazione assistita grazie al seme congelato del marito. Un atto d'amore nei confronti di Attilio da cui è nata ieri, alle 8.37, a Civitanova Marche, la piccola Vittoria Pierini che pesa 4,170 kg, il giorno 8 come il numero di 'canotta' del papà sui campi di basket e che la mamma ora indossa orgogliosamente in ospedale.    "Nulla è più bello di una nuova vita. - scrive la Attila Junior Basket di Porto Recanati su Fb - Benvenuta Vittoria, avrai x sempre una stella dall'alto che veglierà su di te e su tua madre Francesca". (ANSA).

Macerata, nata grazie a procreazione assistita figlia di Attilio Pierini, cestista morto 2 anni fa

Nata due giorni fa a Civitanova Marche Vittoria, figlia di Francesca Polli e di Attilio Pierini, morto in un incidente stradale nel giugno del 2020.

A cura di Davide Falcioni

Vittoria, figlia di Francesca Polli e di Attilio Pierini, non conoscerà mai suo padre: l'uomo, 38enne di Porto Recanati (Macerata) che fu ‘bandiera' e capitano della Recanati Basket, ha infatti perso la vita non solo prima della sua nascita, ma addirittura prima ancora del concepimento, a causa di un incidente stradale avvenuto nel giugno del 2020 lungo l'autostrada A24. La bambina, a quasi due anni da quella tragedia in cui rimase gravemente ferita anche sua madre, è venuta al mondo grazie alla fecondazione assistita, percorso che la coppia aveva intrapreso prima del decesso di Vittorio e che Francesca ha deciso di portare avanti da sola.Ad annunciare il fiocco rosa su Facebook è stata la mamma di Vittoria: "Non le leggerò i soliti libri di fiabe, le parlerò dell'amore che ci ha uniti per sempre". Tra il 2019 e il 2020 Francesca e Attilio, che si erano sposati alcuni anni prima, avevano deciso di avere un figlio ricorrendo alla procreazione medicalmente assistita. Il loro percorso tuttavia era stato brutalmente interrotto dal drammatico incidente avvenuto il 23 giugno di due anni fa: l'auto su cui i due viaggiavano, lungo l'autostrada A24 che collega l'Abruzzo a Roma, si scontrò con un camion. Attilio ‘Attila' Pierini, all'epoca 38enne, morì sul colpo, mentre Francesca lottò a lungo in condizioni disperate all'ospedale di Teramo per poi riprendersi.



app-facebook
Attila Junior Basket
martedì
Francesca Polli Attilio Pierini
🏀Nulla è più bello di una nuova vita. Benvenuta VITTORIA🧸🧸🧸🧸💕💕💖💞Avrai x sempre una stella dall'alto che veglierà su di te e su tua madre Francesca⭐️



Da quel momento in poi la donna ha costantemente cullato il sogno di portare a termine la gravidanza con la procreazione assistita grazie al seme congelato del marito. Un atto d'amore nei confronti di "Attila" da cui due giorni fa, alle 8.37, è nata all'ospedale di Civitanova Marche la piccola Vittoria Pierini. La bimba pesa 4,170 chili ed è venuta al mondo il giorno 8, come il numero di ‘canotta' del papà sui campi di basket e che la mamma ora indossa orgogliosamente in ospedale. "Nulla è più bello di una nuova vita. – scrive la Attila Junior Basket di Porto Recanati su Fb – Benvenuta Vittoria, avrai per sempre una stella dall'alto che veglierà su di te e su tua madre Francesca".

Continua a leggere su Fanpage.it  più precisamente   qui  https://www.fanpage.it/attualita/macerata-nata-grazie-a-procreazione-assistita-figlia-di-vittorio-pierini-cestista-morto-2-anni-fa/


In viaggio verso Ancona, l'infermiera di piacenza Isabella Zermani Anguissola, sbaglia strada e salva un uomo sull’A1

 ha  ragione  Massimo  Gramellini : << Sbagliare non è detto che sia un errore. L’infermiera Isabella Zermani Anguissola, in viaggio per Ancona con madre e figli, aveva sbagliato svincolo, finendo su un tratto della Autostrada del Sole su cui non avrebbe dovuto essere. Possiamo immaginare la sua reazione perché è stata la nostra, in casi simili: se la sarà presa con il computer di bordo, con il passeggero distratto, con quello distraente e naturalmente con la «sfiga» che ci vede benissimo solo con noi. [... continua  qui sul caffè  del 9\2\2022 ]   >> .  Infatti  è quello  che   è successo   ad  Isabella Zermani  Anguissola 

  da https://www.centropagina.it/


In viaggio verso Ancona, infermiera sbaglia strada e salva un uomo sull’A1

Infermiera di Piacenza diretta ad Ancona sbaglia strada e salva un uomo. Ora, il ferito è ricoverato a Bologna. Nessuno potrà mai sapere se senza di lei si sarebbe salvato ugualmente

Isabella Zermani Anguissola

ANCONA – Si ritrova per caso davanti ad un grave incidente, si ferma e soccorre un uomo. La protagonista di questa storia è Isabella Zermani Anguissola, infermiera 31enne del pronto soccorso di Piacenza. Era diretta ad Ancona, Isabella, quando ha sbagliato svincolo autostradale che l’ha portata sulla strada sbagliata, ma giusta. Solo uno scherzo del destino ?Sull’A1 si va veloce e forse è stata una distrazione a far prendere ad Isabella l’uscita sbagliata. Così, dopo qualche chilometro, si ritrova davanti un tir incidentato e un furgoncino bianco accartocciato su sé stesso. Dentro, un uomo ferito. Non ci pensa due volte, l’infermiera. Con sangue freddo e riflessi pronti, accosta l’auto in autostrada, scende e si prende cura del ferito, che poi scoprirà essere un 30enne di Carpi. Lo stesso luogo, cioè, in cui vive Isabella. Il ragazzo ferito – che Isabella non conosceva – si chiama Giuseppe Riccardo ed è ora ricoverato all’Ospedale Maggiore di Bologna, dopo aver subìto un intervento di 14 ore. È stata un’operazione complessa, che ha riguardato parte del volto, sopracciglia, naso e mandibola.

L’incidente è avvenuto il 1° febbraio, nel bolognese, a Ponte Ronca di Zola Predosa. Le condizioni di Giuseppe, incastrato tra le lamiere del furgone, sull’A1, sono apparse sin da subito gravissime. Nessuno potrà mai sapere se senza l’intervento dell’infermiera quell’uomo si sarebbe salvato ugualmente. Certo è che lei, Isabella, avrebbe dovuto fare tutt’altra strada. Della dottoressa Zermani Anguissola ha parlato tutta Italia: da autorevoli quotidiani come La Repubblica, fino a politici e parlamentari, con post di lode. Un plauso al coraggio di un’infermiera, che ha compiuto – a suo modo – un gesto che tutti definiscono «eroico», ma che – secondo lei – avrebbe dovuto (e potuto) fare chiunque. «Dove vado: di qua o di là?», dev’essersi chiesta poco prima di svoltare e sbagliare rampa autostradale. Isabella si accorge troppo tardi di aver confuso svincolo. Ma poi si ritrova faccia a faccia con lui, Giuseppe. «Non potevo rischiare che si muovesse o che si accasciasse in macchina. Sarebbe stato troppo pericoloso, era a tratti era cosciente. Aveva la percezione che ci fosse qualcuno accanto a lui. Ogni tanto mi diceva di lasciargli la testa, che gli facevo male. Poi, si assopiva un po’», ha dichiarato, nei giorni scorsi a RepubblicaGli resta accanto per un’ora, in attesa dei soccorsi, al freddo, senza giacca, sulla carreggiata dell’A1, mentre nella sua macchina lascia sua madre coi suoi figli. Isabella, infatti, da quanto si apprende, era in viaggio con loro verso Ancona«Ero certa che qualcuno avesse già chiamato il 118, ma non era presente ancora nessun sanitario. Gli ho tenuto la testa ferma per tutto il tempo, mentre attorno a me operavano prima i vigili del fuoco e poi i colleghi dell’automedica».





“Se non si fosse fermata lei, sarebbe andata in modo molto diverso” hanno spiegato i medici.
Così la mamma di Giuseppe ha cercato pubblicamente quella donna per poterla ringraziare di persona.
Ma Grazie a Isabella dovremmo dirlo tutti noi per quello che ha fatto, per l’umanità, il coraggio, la competenza e l’altruismo non scontato. Che sia contagioso.

LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...