Borsellino e Falcone: la foto famosissima DI TONY GENTILE che non vale più nulla in ambito di diritti d'autore

Mentre  aspettavo che  il mare  si calmasse  per poter  fare il bagno  in sicurezza sfogliavo  l'ultimo numero (  30\7\2020 )   del settimanale  l'espresso    ed     e  ho trovato la  vicenda  interessante 
di  TONY GENTILE    e   la sua famosa foto di Falcone   e Borsellino  
   
                                

Un’immagine di cronaca non è arte. Con questa motivazione una sentenza nega il diritto d’autore al più celebre scatto dei due giudici uccisi dalla mafia. Ma l’autore Tony Gentile non si dà per vinto. E scende in piazza a colpi di flash mob coinvolgendo  direttamente  o indirettamente   anche gli altri  fotografi  \ e


Una battaglia assolutamente da condividere!

L'immagine può contenere: 2 persone, testo
Shobha Angela Stagnitta è con Tony Gentile.

"È giunto il momento di cambiare la legge sul diritto d’autore relativa alla fotografia. Di restituire dignità alla fotografia e ai suoi autori. Mettiamoci la faccia. La vita delle fotografie vale".
#Photographslivesmatter
Io sono con Tony Gentile



                                                 Gigi riva  


Tony Gentile ha gettato un masso nello stagno dicendo: se la mia fotografia di Falcone e Borsellino, sì proprio quella che tutti conoscete di loro due sorridenti e complici, non vale nulla come ha stabilito una sentenza di tribunale in nome del popolo italiano, allora io distruggo il negativo. Il masso (data l’importanza storica dello scatto, chiamarlo “sasso” sarebbe riduttivo) ha disegnato cerchi concentrici sempre più larghi e raggiunto in suoi colleghi per una protesta che coinvolge tutta la categoria.termini giuridici sono presto riassunti. La Rai aveva usato quell’immagine-icona per una sua campagna sulla legalità. Tony aveva eccepito: pagatemela. La tv di Stato si è rifiutata. Ne è nata una causa e la sezione XVII del tribunale civile di Roma ha emesso il verdetto. Nessun risarcimento. Perché? Perché si tratta di “fotografia semplice” e non di “opera fotografica”, dunque i diritti, secondo la nostra legislazione, valgono per vent’anni. Poi, chiunque è libero di farne l’uso che vuole.

«La fotografia», è scritto nella sentenza, «non si distingue per una particolare creatività, non sembra vi sia stata da parte dell’autore una particolare scelta di posa, di luci, di inquadramento, di sfondo. Si tratta invero di una testimonianza a mo’ di cronaca, di una situazione di fatto, il momento di sorriso e rilassamento di due colleghi magistrati durante un congresso». Dunque «questo collegio è dell’idea che la fotografia non sia opera autoriale ovvero opera d’arte». Nel qual caso la protezione si sarebbe prolungata fino a 70 anni dopo la morte dell’autore.

Ora  Se si interpretano alla lettera le motivazioni, dovrebbe essere espulsa dalla categoria “opera fotografica” una larga fetta degli scatti che fanno a tutti gli effetti  parte del nostro immaginario collettivo. Cioè quelle che rappresentano fatti di cronaca ed  raccontano elle storie  . Per tracciarne un elenco necessariamente non esaustivo ma sicuramente simbolico: niente arte nei clic di Letizia Battaglia e Franco Zecchin, per rimanere nell’ambito della documentazione sul fenomeno mafioso. E non sono arte Tano D’Amico, Mauro Vallinotto, Fausto Giaccone.

Nemmeno Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin per il loro lavoro “Morire di classe” sugli ospedali psichiatrici italiani. Fuori anche il Paolo Pellegrin della Bosnia e del Kosovo come il Francesco Zizola dell’Africa. O l’Alex Majoli, o tutti i vincitori del World Press Photo, dato che ritraggono il reale. Applicando il criterio italiano, non godrebbe della nobiltà artistica James Nachtwey, il quale instancabilmente dal 1976 in poi ha documentato i conflitti dell’intero pianeta. E con lui in buona compagnia Gilles Peress, Paul Lowe, Tom Stoddart, i fratelli David e Peter Turnley, Roger Hutchings... Andando più indietro nel tempo che dire del Vietnam e della bambina nuda ustionata dal napalm del premio Pulitzer Nick Ut? Senza contare che l’anno prossimo, 2021, finirebbero per non essere più protette le immagini dell’11 settembre di New York.


I magistrati romani si sono avventurati sul sentiero accidentato e impervio della ricerca di una definizione di cosa sia arte e cosa no. Un sentiero percorso prima di loro da centinaia di esperti e studiosi senza peraltro riuscire a stabilire un criterio universalmente condiviso: e del resto sarebbe impossibile dato l’amplissimo margine di opinabilità. Pretenderebbero, i giudici, che la fotografia, per essere “un’opera”, avesse le stesse caratteristiche di un quadro pittorico. Sì, ma quale quadro? E tutti i quadri in quanto pittorici sono arte? Senza dimenticare che proprio a causa della nascita delle fotografia a metà Ottocento l’arte pittorica fu costretta ad abbandonare il reale per percorrere altre strade, a cominciare dall’Impressionismo.
Siamo insomma  , sempre  secondo  il settimanale  ,  sul terreno della critica piuttosto che su quello della giurisprudenza. Persino il grande Roland Barthes, nel suo fondamentale libro “La camera chiara” (1980) si era sottratto alla disputa per limitarsi a digressioni e riflessioni. Individuando tuttavia alcuni aspetti da tenere in considerazione. Uno di questi è il “punctum”, cioè il dettaglio che irrazionalmente colpisce chi guarda per la sua potenza emotiva.
Non vi è alcun dubbio che lo scatto di Tony Gentile abbia il suo “punctum” in quel sorriso complice e confidente di Falcone e Borsellino. Quanto alla creatività, la parola al fotografo. «Era il 27 marzo del 1992. Dietro suggerimento di Giovanni Falcone, il giudice Giuseppe Ayala aveva organizzato un convegno su mafia e politica per sostenere la sua candidatura alle elezioni.
Erano i minuti che precedono l’inizio delle relazioni. La sala era piccola e io stavo di lato aspettando che succedesse qualcosa di importante. Falcone e Borsellino erano indubbiamente i personaggi di spicco al tavolo dei relatori. Io comincio a scattare da quella posizione discosta. Poi vedo loro due che confabulano e allora mi sposto in posizione centrale proprio davanti per cogliere l’attimo di quel momento di confidenza pur in mezzo a una sala gremita. Riesco a catturare l’esatto istante in cui i due sembrano scambiarsi un piccolo segreto. Sono evidentemente soddisfatto se dopo altri due clic fermo il rullino. Non ho bisogno d’altro».
Tony aveva 28 anni allora. Era andato al convegno per il “Giornale di Sicilia” che non aveva pubblicato l’immagine il giorno dopo preferendo la visione totale dei relatori, compreso il moderatore Giovanni Pepi, condirettore del quotidiano. Nel famoso rullino sono impresse 16 fotografie, numerate da 2 a 17, su pellicola bianco e nero Ilford HP5 Plus a 400 Asa, idonea a riprese anche con scarsa luce.
Dal ricorso in appello dell’avvocato di Gentile, Massimo Stefanutti: «Le prime 12 foto, eseguite in diagonale a lato del tavolo, poco raccontano se non l’entrata di Falcone e il suo sedersi al tavolo di Borsellino (a sinistra) e di altro relatore (a destra): nulla succede fino a quel momento. Ma improvvisamente il fotografo si accorge che qualcosa sta per succedere. Infatti si sposta al centro, davanti ai due magistrati. Non solo, stringe il campo visivo spostandosi leggermente in avanti, eliminando le persone ai lati dei due soggetti, e chiude leggermente l’otturatore della camera sottoesponendo leggermente la fotografia in modo che i toni neri siano più profondi e i toni bianchi meno sparati (cioè evidenti)... Trasforma un semplice foto di cronaca in un ritratto da studio... nella numero 15 la posa è plastica... L’aura appare e lì c’è il fotografo Tony Gentile che è l’unico che percepisce, previsualizza e poi riporta interamente al mondo quel momento e lo rende immortale».
L’avvocato Stefanutti è tra i massimi esperti di diritto d’autore in Italia, confida nell’appello, ultima udienza a fine ottobre e sentenza, sperabilmente, la prossima primavera. Commenta: «Sono convinto che ogni fotografia debba essere protetta. Pur nel caos giuridico e nelle differenze interpretative, negli altri Paesi c’è molta più tutela. In Inghilterra, ad esempio, uno scatto è considerato originale quando non è copiato. In Germania la foto semplice ha una copertura di diritti lunga 50 anni. Gli Stati Uniti sono molto più avanti, il requisito della creatività è assai più sfumato. Dietro a una macchina c’è sempre un uomo che guarda, che vede. Ma ci sono lobby che vorrebbero che i fotografi fossero invisibili, come i migranti. Ora in Commissione al Senato si sta studiando una nuova legge, speriamo più avanzata. Qui c’è di mezzo, più in generale, la tutela del lavoro».
Tony Gentile dal canto suo reclama giustamente   una sorta di diritto alla dignità. Non solo per se stesso: «Ho cominciato questa battaglia, un’evidente provocazione, in nome di tutta la mia categoria. E sono contento di aver smosso le acque se, dopo i flash mob che ho organizzato, si sono mosse molte associazioni, dai fotoreporter ai matrimonialisti, che stanno elaborando proposte da sottoporre al legislatore». Riflette: «Se la foto è di tutti e non è mia, se è un patrimonio comune allora, e uso un’iperbole, è come il Colosseo. Ma si compra un biglietto per andare a vedere il Colosseo...». E si dovrebbe pagare, dal suo punto di vista, soprattutto se viene usata da un’istituzione, da un editore. Come la Rai.
«La Fiat, ad esempio, la utilizzò per una campagna pubblicitaria e la pagò. Anche ora succede che qualcuno non faccia discussioni e mi riconosce una giusta mercede. Ecco io non vorrei ogni volta dover scendere in questioni legali, vorrei poter disporre del mio scatto come desidero». Al limite regalarlo «quando si tratta di una causa che ritengo meritoria». O magari chiedere un piccolo contributi simbolico: «Due anni fa un gruppo di scout legato a Borsellino mi chiese di rifare i lenzuoli con l’immagine. Risposti ok, ma datemi la stessa cifra che riconoscete al tipografo in modo che la possa destinare a un ragazzo che ha il padre in carcere e a cui servono i soldi per poter continuare gli studi». Né si capacita, Tony, del perché alcuni ambiti dell’umano creare siano protetti e altri no: «È capitato che la foto sia stata usata durante un concerto. Eppure i cantanti si arrabbiano se qualcuno prende i loro brani da Internet senza riconoscere loro i diritti d’autore».
Lo scatto numero 15 fu pubblicato per la prima volta il 20 luglio del 1992, all’indomani della strage di via D’Amelio in cui morirono il giudice Borsellino e la sua scorta. Il 23 maggio precedente Falcone era stato eliminato dalla mafia con l’attentato di Capaci. Nel nostro immaginario sopravvivono per l’esempio e per la foto di Tony Gentile. Che, dice una sentenza, ora non è più sua. Più la beffa delle spese processuali da risarcire.
Ora essendo  io libertario infatti    chiunque  può prelevare   le mie  foto  ( alcune pessime  tecnicamente  o banali )   ed  i mie scritti  perchè preferisco  il copyleft  o  copyright   ma  soprattutto  perchè  se  io  sono  per alcuni   il troll  del cute&paste (  copia  ed  incolla   ) espressione  che detesto   preferisco   questo epitaffio di Bob Dylan  

Sì, sono un ladro di pensieri
ma non un ladro d'anime, prego
ho costruito e ricostruito
su ciò che è in attesa
perché la sabbia sulle spiagge
scolpisce molti castelli
su quel che è stato aperto
prima della mia epoca
una parola, un motivetto, una storia, un verso
chiavi al vento per aprirmi la mente |e per garantire alle mie idee da armadio un'aria da cortile.
 mi sembra  giusto  che   anche   gli altri  agiscano alla stesso modo e  che il copyright   sia  un ostacolo alla  libera   circolazione delle idee  e della  creatività   . Infatti  considero   le foto  contemporaneamente  arte    ma  anche  documenti   storici    e  le  foto  devono essere   sopratutto  quelle  vecchie   del secolo  scorso  patrimonio di tutti e ciascuno  dev'essere  libero     di farne  l'uso  che  vuole   ovviamente senza  strumentalizzazioni ideologiche   e  culturali . Ma  allo stesso tempo   l'autore   e  gli autori abbiano   diritto di gestire  le  proprie opere   perchè dietro  c'è fatica , rischio    come   la  foto sotto  riportata   


Milano, via De Amicis 14 maggio 1977Giuseppe Memeo punta una pistola contro la polizia durante una manifestazione di protesta; foto di Paolo Pedrizzetti. Quest'immagine è diventata l'icona degli anni di piombo.

quindi la legge  va  riscritta    trovando un compromesso fra  storia  ed  arte  

Commenti

Post popolari in questo blog

MA CHE C’ENTRANO QUESTI CODARDI CON NOI?

"Meglio in cella che testimone senza scorta" Ex pentito della banda di Is Mirrionis ruba un furgone e si autodenuncia in questura

la canzone preghiera dei cugini di campagna racconta di Jole ed Ettore, i fidanzatini sassaresi lei morì di leucemia, lui si uccise