Sesso, spiritualità e ironia nei libri di Cristian A. Porcino Ferrara. Intervista al filosofo catanese


Due libri in un solo anno. “Pensiero Riflesso” è un saggio divulgativo che parla di filosofia con un’attenzione particolare rivolta verso tutti. Ironia, competenza e passione sono caratteristiche che si riscontrano nella lettura di questo testo definito dalla critica “gioioso”. Mentre in “Tutta colpa del whisky” Cristian A. Porcino Ferrara si affida ai versi poetici e alla prosa per aprire, come uno scrigno, il proprio cuore e intelletto al lettore. E ci riesce con una precisione chirurgica evidenziata
dalla terminologia ben precisa e una sensibilità disarmante. Rivive in lui l’impeto di Novalis e la forza espressiva di Thoreau; il tutto sapientamente miscelato da una notevole verve linguistica. Ho incontrato l’autore per una piccola ma significativa chiacchierata su alcuni argomenti da lui sviluppati. L’appuntamento è fissato per le ore 10.00 di una freddosa mattinata novembrina. L’autore arriva con largo anticipo e di comune accordo decidiamo di conversare seduti su una panchina dell’ex monastero dei Benedettini, storica sede della facoltà di Lettere e Filosofia di Catania.

1)      Nel capitolo “Filosofia e sessualità”, incluso nel libro “Pensiero Riflesso”, lei insiste sul lato spirituale di ogni essere umano e sulla mortificazione corporea operata dalle religioni. Può spiegarci questo concetto?
«L’uomo contemporaneo è malato di sesso. Non è più in grado di amare e di sperimentare i suoi sentimenti. Ne parla tanto, legge libri porno splatter, lo guarda nei canali preposti e ne fa, però, sempre meno. L’interesse si esaurisce in pochissimo tempo e, di fatto, svilisce la sua natura. Non siamo solo un corpo. Ciò che ho inteso descrivere nel libro consiste proprio nel delineare la liberalizzazione della nostra sessualità. Ciascuno di noi ha diritto di vivere la propria sessualità senza doverne rendere conto a nessun prete, rabbino, imam, monaco buddista, guru, asceta induista o altro pettegolo di turno. Tale liberazione dal condizionamento sessuale legato, in qualche modo, ai dogmi e precetti religiosi non ci ha reso, però, davvero liberi di sperimentarsi e accertarci. Non possiamo mortificare il corpo e le sue esigenze, ma non possiamo nemmeno ignorare le continue istanze del nostro spirito. Corpo e spirito non sono due entità separate. E in tutto questo non c’entra nulla la religione. La mia è una riflessione filosofica sulla sessualità e non un manuale di sessuologia.»

2)      Lei in “Pensiero Riflesso” scrive di rifiutare il concetto di peccato. Perché?
«Io mi definisco un soggetto senza peccato perché non accetto l’idea inculcata dalle religioni di essere considerato a priori in errore. Mi sembra una banalizzazione dell’esistere. Ciò che taluni chiamano peccato io lo chiamo, invece, vivere. Si cade in errore e si impara anche da quello che abbiamo sbagliato, ma non esistono colpe che devono essere mondate da qualcuno. Soprattutto non esistono colpe commesse da personaggi mitologici e per di più  tramandabili da una generazione all’altra. Sostenere questo è un po’ come pensare che quello che ci accade è colpa di Zeus, Voldemort o la strega Bacheca. Lascio ad altri il privilegio di avvertirsi continuamente come dei “poveri peccatori” da redimere.»


3)      In “Tutta colpa del whisky” troviamo la poesia “O-DIO” . Lei sostiene che il termine italiano di odio include, in modo implicito, il lato negativo di ogni espressione religiosa. Perché?
«Esattamente. Nella parola odio è inteso lo stretto legame dell’essere umano con la divinità idealizzata. Attenzione parlo di costruzione ideologica e non del vero legame con la divinità in cui si crede. Tutte le religioni sono state create dagli esseri umani, e di conseguenza sono portatrici di conflitti e delusioni. Ovviamente tutto questo esula dalla concezione personale e individuale di Dio. Io la penso proprio come Albert Einstein. Davanti alle leggi ignote dell’intero universo tutti noi siamo proprio come quel bambino che entra in una biblioteca ricca di volumi scritti in lingue diverse. Si domanda chi ha redatto quei volumi ma non sa chi o perché. Il bambino sospetta che ci sia qualcosa o qualcuno dietro quell’ordine ma non sa decifrarlo o spiegarlo. Il mistero lo affascina e lo spinge alla continua ricerca del significato nascosto. Per quanto mi riguarda non ho ancora trovato tale traduttore universale e mi tengo strettamente privato il mio rapporto e la mia visione di Dio. »

4)      Ma non crede che certi ideali religiosi possono essere strumentalizzati da interessi politici?
«Spesso religione e politica si sono rivelati due lati perfetti della stessa medaglia e questo lo aveva ben capito Baruch Spinoza. Però rimango affascinato da tutte le religioni perché in ciascuna confessione esiste il concetto di fondo di anelare al Bene supremo. Ben altro discorso è come lo si raggiunge  e, per l’appunto, con quali mezzi. Da filosofo mi astengo dai giudizi di valore. Li lascio ai populisti che popolano i palinsesti televisivi. Mi preme sottolineare che le religioni, e i propri fedeli, dovrebbero frequentarsi di più e concentrarsi maggiormente su quello che li unisce e non solo su quello che li differenzia. Il Dalai Lama, ad esempio, ne ha sposato la causa.»

5)      Su quest’ultimo punto mi ha fatto venire in mente il caso Oriana Fallaci da lei trattato in “Tutta colpa del whisky”. Sa che in questo periodo la Fallaci è stata citata nuovamente a sostegno delle tesi anti islamiche? Cosa ne pensa?
«Recentemente Marco Travaglio ha detto che Oriana Fallaci era una grande scrittrice ma una pessima giornalista perché aveva un rapporto soggettivo con la verità. Va bene, tuttavia Fallaci non è mica l’unica  a trovarsi in queste condizioni. Almeno lei aveva un talento indiscutibile da narratrice, laddove in tv e nelle redazioni dei giornali  si vedono, invece, molti pennivendoli di dubbio talento. Chi cita  Oriana Fallaci quasi sicuramente non ha letto le opere della scrittrice fiorentina e ha distorto, volutamente, il pensiero. Dietro certe sue affermazioni non c’è solamente rabbia ma soprattutto scarsa conoscenza della materia trattata. Affermare che ogni musulmano è un terrorista è come dire che ogni cattolico è un pedofilo perché certi preti e cardinali si sono macchiati di tale abominio. Inutile tirare fuori dal cassetto il versetto coranico detto della spada. Anche nella Bibbia troviamo frasi durissime e fraintendibili. Si veda Esodo 21:24-27 oppure  Levitico 24:19-20. Chi uccide in nome di Dio è un criminale, punto. Non importa la confessione religiosa dell’assassino o degli assassini. Restano criminali a prescindere dal loro credo. Come ci ricorda costantemente papa Francesco non si può uccidere per conto di Dio. Chi crede in una divinità deve essere testimone di pace. Fortunamente il cattolicesimo ha in Bergoglio non solo un punto di riferimento solido, bensì un vero pellegrino di Pace e di Speranza che si spende quotidianamente per la fratellanza universale. Come vede questo papa è riuscito a conquistare anche un laico come me.»
(A.   Milazzo)




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