15.9.06

Senza titolo 1441





Cari amici\ che
Oggi devo fare auto critica su quanto dissi
precedentemente : << ( .. ) lo so che sembrerò sessista , ma non ho mai trovato almeno per il momnento , in nessun uomo una storia non particolarmente nota se non alla cerchia stretta di chi l'ha condivisa, non proprio una vita illustre nel senso corrente del termine: piuttosto, si sarebbe detto allora, una vita "normale" per quanto sia difficile oggi rintracciare l'idea di normalità (... ) >> pèerchè tale affermazione viene negata dalla storia di Pietro Paolo Savorgnan di Brazzà (Roma 26\1\1852 - Dakar 14\9\1905  foto a sinistra ),letta su l'inserto di domenica del 11\9\2006 di repubblica qui l'articolo
Infatti Pietro Savorgnan di Brazzà è passato alla storia come un personaggio singolare
dell'età coloniale Destituito improvvisamente da Governatore del Congo nel 1898 mentre si trovava su una nave diretto in Francia, si rivela infatti un personaggio scomodo per il suo governo.Già conosciuto per essere lontanissimo da Stanley e dagli altri esploratori bianchi dell'epoca per i suoi metodi non violenti e per la sua repulsione verso lo sfruttamento coloniale, divenne protagonista di un periodo difficile per l'imperialismo francese.Dopo essere stato destituito si trasferì sdeganato ad Algeri dove si sposò ed ebbe tre figli. Uscì dal silenzio solo nel 1901 quando, dopo aver letto un libro encomiastico del governo sulla politica Francese in Africa , tentò di pubblicare una contro-relazione e di denunciare gli errori e gli orrori del colonialismo europeo.Il suo dossier però venne insabbiato.Nel 1903 però arrivarono in Francia numerosissime voci di abusi, stragi e orrori che fecero scalpore e conquistarono i titoli dei giornali. Il Governo si trovò in difficoltà e Parigi, per calmare l'opinione pubblica, decise di richiamare l'eroe Pietro Savorgnan, per affidargli un inchiesta sul campo. L'esploratore accettò l'incarico, anche se sapeva bene che Parigi e i funzionari in realtà remavano contro di lui.Racconta un suo discendente che fu durante un ballo tribale organizzato in suo onore che uno stregone dei Tekè gli fece capire, a gesti, mentre danzava, che le prigioni teatro dell'abominio erano al Nord.Monsieur de Brazzà in pochi mesi realizzò una relazione scottante, terminata la quale s'imbarcò per la Francia. Il celebre esploratore però non giunse mai a Parigi, morì infatti a Dakar, a soli 53 anni, il 14 Settembre 1905 ,durante il viaggio di ritorno, forse a causa di qualche malattia esotica, o forse avvelelenato.
Alla morte il Governo proclamò di volerlo seppellire al Pantheon, ma la moglie di Pietro rifiutò l'onore ipocrita e Brazzà venne sepolto ad Algeri. Sulla sua lapide viene scritto «La sua memoria è pura di sangue umano»La capitale della Repubblica del Congo,Brazzaville , porta ancora oggi questo nome in suo onore e sorge su di un'area che fu assegnata alla sovranità francese da un trattato firmato da Brazzà. Nella stessa città gli furono dedicate l'università, la via principale, un liceo. Il 6 dicembre 2005 fu inaugurato il mausoleo ospitante le sue spoglie ivi traslate da Algeri ( tratta da wikipedia )


Ora molti di voi si chiederanno come mai ho scelto pere la sezione storie un personaggio del passato . La risposta è che nel fatt6 che quelo che i fenomeni del colonialismo e dell'imperialismo anche oggi si chiamamo globalizzazione ( facendo un unico calòderone ) o globalizzazione neoliberista che non ha , come era nei suoi propositi originari ,come dice la voce neoliberismo di wikipedia ( vedere collegamento ipertestuale precedente ) : << non ha portato benessere a tutta l'umanità, ma piuttosto ha accentuato le disuguaglianze fra le differenti classi sociali all'interno dello stesso Paese. Ovvero si è aumentata la ricchezza complessiva dell'umanità a scapito della maggioranza dei poveri.Altri detrattori hanno sottolineato che questo processo di arricchimento generalizzato è avvenuto soprattutto a scapito del pianeta terra distruggendo per sempre risorse non rinnovabili creando pertanto (esternalità negative) >> . Ora io non sono contro la globalizzazione ( sulle cuii originie sulla sua evitanbilita o inevitabilità ci sono ipotesi diverse come dice la voce omonima nell'enciclopedia Wikipedia ) ma per la globalizzazione dei diritti insomma per uno sostenibile , responsabile , solidale dele richezze insomma per il mercato equo e solidale ovvero hola consapevolezza che il futuro di una società lo scrive la società stessa e dove il concetto " civiltà " sia sostituito dal più adeguato "pluralità di culture " . Concludo con alcuni stralci della poesia d Kahlil Gibran – "Sul commercio" : < < La terra vi concede i suoi frutti,\e non saranno scarsi se solo saprete riempirvene le mani.\Scambiandovi i doni della terra scoprirete l'abbondanza e sarete saziati.\Ma se lo scambio non avverrà in amore e in generosa giustizia,\renderà gli uni avidi e gli altri affamati >> ( ... qui il testo integrale )


P.s
proprio metre ultimavo questo post  mi è venuta in mente  una bellissima canzone ascoltata  da un cd  masterizzatomi da un amico

                                          LIBERO NELL'ARIA
                                   
(Parole di R. Kunstler / Musica di S. Cammariere)


Con un pensiero che volava
Libero nell'aria
Guidando i mercenari
In via del tutto straordinaria
Presero l'Europa,
presero New York
Ed era già di moda
Una musica nei metrò Con un pretesto inutile
Lo vennero a cercare
Lui che sapeva sempre
Cosa dire, cosa fare
Si vide circondato
Da chi gli fu fedele
Credendo di sognare
Disse: bene!
Sapete che la guerra
E' una vecchia commedia
Una scomoda sedia
La caccia a un nemico
Che alla fine tu non sai
Riconoscere
Gli occhi si parlano
E poi non sanno fingere
E anche voi maschere
Senza più nascondere
La colpa, mi dirai
E' un po' di tutti, ma
Solo qualcuno pagherà
E chi ha sbagliato ancora non si sa
Ma il caso volle che
Nessuno vinse la partita
Dopo la guerra non restò che
Fumo tra le dita
E un treno sta arrivando
Da dietro la collina
E tutto sembra quasi
Come prima
Così la gente del paese
Dice che è normale
Che non restava neanche
Molto tempo tempo per pensare
Qualcuno disse è falso
Ma un altro disse è vero
E il caso restò avvolto
Dal mistero
Ma la fine del racconto
Non ha una morale
Niente di speciale
O da farti sembrare
Tutta questa crudeltà
Un'abitudine
Possono rubare amore come se
Fosse loro quello
Che incontrano lungo il cammino
Dicono che vengono a proteggere
Ma la pace che tutti aspettavano
Ancora non c'è
Ma scendono lacrime
Contano le vittime
Mentre qui parlano
Facce bianche dai microfoni
Ma senza aver' pietà
La gente aspetterà
Ché un'altra estate arriverà
E già si pensa al caldo che farà
Ma la fine del racconto
Non ha una morale
Niente di speciale
O da farti sembrare
Tutta questa crudeltà
Un'abitudine
Possono rubare amore come se
Fosse loro quello
Che incontrano lungo il cammino
Dicono che vengono a proteggere
Ma la pace che tutti aspettavano
Ancora non c'è
Ma scendono lacrime
Contano le vittime
Mentre qui parlano
Facce bianche dai microfoni
Ma senza aver' pietà
La gente aspetterà
Ché un'altra estate arriverà
E già si pensa al caldo che farà
Ma lassù vedo già
Una luce splendere
E dall'ovest fino all'est
Forse un giorno arriverà da te
Come per magia ancora l'allegria
Nei nostri cuori tornerà
E un nuovo giorno sta nascendo già
Nel segno di quel mondo che verrà.


P.s

poichè molti si chiederanno  i significato di alcune sigle eccovi un piccolo  Glossario 


BM \  WB =  è un organismo internazionale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, istituito il 27 dicembre 1945, insieme con il Fondo Monetario Internazionale, a seguito dell'entrata in vigore degli accordi della conferenza di Bretton Woods (tenutasi tra l'1 ed il 22 luglio del 1944) il cui scopo originario era quello di finanziare la ricostruzione e lo sviluppo nei paesi coinvolti nella seconda guerra mondiale. Successivamente lo scopo è stato allargato al finanziamento dei paesi in via di sviluppo tra gli stati membri, solitamente in cambio dell'adozione di politiche liberiste. In base all'atto istitutivo, la Banca Mondiale, favorisce la ricostruzione e lo sviluppo dei territori dei paesi membri facilitando l'investimento di capitale a scopi produttivi; promuove l'investimento privato estero, fornendo garanzie o partecipando a prestiti; integra l'investimento privato, erogando, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, risorse finanziarie da destinare a scopi produttivi.
FMI =
Il Fondo Monetario Internazionale (International Monetary Fund, di solito abbreviato in FMI in italiano e in IMF in inglese) è, insieme al Gruppo della Banca Mondiale, una delle organizzazioni internazionali dette di Bretton Woods, dalla sede della Conferenza che ne sancì la creazione. L'Accordo Istitutivo acquisì efficacia nel 1945 e l'organizzazione nacque nel maggio 1946. Attualmente gli Stati membri sono 184. L'FMI si configura anche come un Istituto specializzato delle Nazioni UniteLe condizioni poste dal FMI per l'erogazione di prestiti hanno suscitato una serie di critiche negli ultimi anni. Il Fondo Monetario Internazionale è infatti considerato uno degli artefici della globalizzazioneWashington Consensus (l'insieme di politiche di ispirazione neoliberista portate avanti in particolare dagli Stati Uniti d'America)
G 8 = (en:Group of Seven and Russia, de:Sieben führende Industrieländer und Russland) è un'organizzazione formata dai 7 paesi più industrializzati del mondo più la Russia. Più correttamente quindi si potrebbe parlare di G7+1. In effetti prima esistevano il G5, il G6 ed il G7, che poi è stato allargato anche alla Russia per via della sua potenza militare e della sua importanza politica, grazie alle quali può influire sugli equilibri mondiali. Gli altri sette paesi sono, nell'ordine: USA, Giappone, Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Canada. Durante i summit, i rappresentanti dei paesi membri discutono di importanti questioni di politica internazionale per definire i futuri assetti del mondo.
I primi sei paesi del gruppo sono in effetti i più ricchi, secondo la classifica del PIL 2004, mentre il Canada è nono e la Russia quindicesima.
WTO =L'Organizzazione Mondiale del Commercio od OMC (meglio conosciuta come World Trade Organization - WTO, con locuzione inglese) è un'organizzazione internazionale creata allo scopo di supervisionare numerosi accordi internazionali relativi al commercio tra i 149 stati membri.

Il WTO è stato istituito il 1 gennaio 1995, alla conclusione dell'Uruguay Round, i negoziati che tra il 1986 e il 1994 hanno impegnato i paesi aderenti al GATT ed i cui risultati sono stati sanciti nell"Accordo di Marrakech" del 15 aprile 1994.
Essi ha assunto, nell'ambito della regolamentazione del commercio mondiale, il ruolo precedentemente detenuto dal GATT: di quest'ultimo ha infatti recepito gli accordi e le convenzioni adottati (tra i più importanti il GATT, il GATS ed il TRIPS) con l'incarico di amministrarli ed estenderli; a differenza del GATT, che non aveva una vera e propria struttura organizzativa istituzionalizzata, il WTO prevede invece una struttura comparabile a quella di analoghi organismi internazionali.
Obiettivo generale del WTO è quello dell'abolizione o della riduzione delle barriere tariffarie al commercio internazionale; a differenza di quanto avveniva in ambito GATT, oggetto della normativa del WTO sono, però, non solo i beni commerciali, ma anche i servizi e le proprietà intellettuali.
Tutti i membri del WTO sono tenuti a garantire verso gli altri membri dell'organizzazione lo "status" di "nazione più favorita" (most favored nation): le condizioni applicate al paese più favorito (vale a dire quello cui vengono applicate il minor numero di restrizioni) sono applicate (salvo alcune eccezioni minori) a tutti gli altri stati.
Ong =Una organizzazione non governativa (ONG) è una organizzazione che è indipendente dai governi e dalle loro politiche.
Generalmente, anche se non sempre, si tratta di organizzazioni non aventi fini di lucro, che ottengono almeno una parte significante dei loro introiti da fonti private, per lo più donazioni. Nel mondo anglosassone vengono spesso identificate con la sigla PVO - Private Voluntary Organizations, preferita a NGO - Non Governmental Organization.
L' espressione organizzazione non governativa, è stata menzionata per la prima volta nell'ambito delle Nazioni Unite:
L'articolo 71 della Carta costituzionale dell'ONU prevede infatti la possibilità che il Consiglio Economico e Sociale possa consultare "organizzazioni non governative interessate alle questioni che rientrano nella sua competenza".
Le ONG esistono per una miriade di scopi, tipicamente per portare avanti le istanze politico-sociali dei propri membri, spesso trascurate dai governi. Alcuni esempi sono: il miglioramento dell'ambiente, l'incoraggiamento dell'osservazione dei diritti umani, l'incremento del benessere per le fasce di popolazione meno benestanti, o per rappresentare un'agenda corporativa, ma ci sono tantissime organizzazioni e i loro scopi coprono un'ampia gamma di posizioni politiche e filosofiche. Tipicamente fanno parte del movimento ecologista, pacifista, laburista o dei popoli indigeni, e non sono affiliate formalmente ad alcun partito politico o punto di vista che non siano i diritti umani o la pace o l'ecologia o la tolleranza. Alcune ONG sono coperture di gruppi politici o religiosi ma queste hanno minore credibilità globale.
Le ONG impiegano metodi diversi tra loro. Alcune agiscono principalmente come gruppi di pressione politica, altre conducono programmi che aiutano il loro scopo (ad esempio, una ONG preoccupata di alleviare la povertà che fornisce aiuti alimentari ai bisognosi).
Le relazioni tra finanza, governi e ONG possono essere abbastanza complesse e talvolta antagonistiche, particolarmente nel caso di ONG che si oppongono ad alcune attivita governative o finanziarie.
Un settore specifico delle ONG sono le ONG di cooperazione allo sviluppo.Queste sono libere associazioni, create da privati cittadini che, per motivazioni di carattere ideale o religioso, intendono impegnarsi a titolo privato e diretto, per dare un contributo alla soluzione dei problemi del sottosviluppo, principalmente quelli del "sud del mondo".
Queste, non avendo fonti di finanziamento istituzionali, ed essendo per statuto senza finalità di lucro, in ragione della filosofia umanitaria e sociale che le anima, realizzano le loro attività grazie a finanziamenti esterni; si basano comunque anche sull'apporto di lavoro volontario, gratuito o semigratuito, offerto da membri e simpatizzanti.
I due caratteri essenziali per definire un' organizzazione non governativa di cooperazione allo sviluppo, sono quindi costituiti dal carattere privato, non governativo dell'associazione, e da quello dell' assenza di profitto nell'attività.
Caratteristica di queste organizzazioni è una forte spinta ideale, finalizzata all'obiettivo di contribuire allo sviluppo globale dei paesi socialmente ed economicamente più arretrat
i.








APRROFFONDIMENTI

Pietro Paolo Savorgnan di Brazzà





GLOSSARIO

Globalizzazione e anti globalizzazione


SITI



Testi e articoli




  • Pranab Bardhan. La globalizzazione è un bene o un male per i paesi poveri?. Le Scienze numero 454 – giugno 2006




  • Hirst e Thompson. La globalizzazione dell'economia. Editori Riuniti, 1997




  • Amartya Sen. Globalizzazione e liberta. Mondadori 2002




  • Zygmunt Bauman. Dentro la globalizzazione, Le conseguenze sulle persone. Laterza, Bari, 1999




  • Zygmunt Bauman. La solitudine del cittadino globale. Feltrinelli, Milano, 2000




  • Ulrich Beck. Che cosa è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società planetaria. Carocci, Roma, 1999




  • Luciano Gallino. Globalizzazione e diseguaglianza. Laterza, Roma-Bari, 2000




  • Naomi Klein. No Logo. Baldini e Castoldi, Milano, 2001




  • George Ritzer. Il mondo alla Macdonald. Il Mulino, Bologna, 1997




  • Roland Robertson. Globalizzazione. Teoria sociale e cultura globale. Asterios, Trieste, 1999




  • Saskia Sassen. Città globali. Il Mulino, Bologna, 1997




  • Martin Wolf. Perché la globalizzazione funziona. Il Mulino, Bologna, 2006




  • Wayne Ellwood. La globalizzazione. Verso, Urbino, 2006




  • Carlo  Gubitosa   Genova nomne per nome  in particolare  il 1  capitolo   da seattle  a Genova  editrice berti  2003




  • Le parole  di Genova  idee e proposte   del movimento   con 1)  ti testi dei dibattiti  tenuto a Genova  ; 2) il  Cdr   di radio Gap ( la radio del movimento   )  comne le  dirette dele manifestazini  . A cura di Anais Ginori   con foto di  Tano d'Amico  fandango libri  2002  www.fandango.it  libri@fandango.it





Senza titolo 1440

 

A volte ritornano.


sottotitolo: Tutt' a' Post


Quando muore qualcuno

Non è mai motivo di gioia

 

Quando muore qualcuno

Non è mai motivo di gioia

 

Quando muore qualcuno

Non è mai motivo di gioia

 

Oriana Fallaci è morta.

 

Dovrebbero invece morire

Le parole d’odio

 

Scritte in bella forma

O sgrammaticate

 

Urlate e recensite

O sussurrate e occulte

 

Dovrebbero sparire

I gulag i guantanamo

 

Invece piove sangue

Sulla Terra

 

Che accoglie tutti

e imparzialmente

Ingrassa ..

 

E sboccia un fiore anche dove

In vita non si è mai capito Amore.

 






riposa in pace anche tu.

13.9.06

Senza titolo 1439

Nel post  recensione \  commento della  fiction  Rai  l'ultima  frontiera   andando  a rileggermi  alcuni passi  del romanzo da cui  è tratta   e  i libridi storia  della sardegna  mi sono reso conto che prof  Brigaglia  ha   in parte ragione  : .  Infatti sulla  Nuova  sardegna  di oggi  13\09\2006    afferma  : << Capisco chi lo trova storicamente e antropologicamente poco credibile. Ma questa è una fiction, e come fiction va giudicata: paragonare gli eventi con la storia e il comportamento delle persone con l’antropologia (di quando?, della Sardegna di adesso o di quella che non c’è più e dunque in gran parte ce la dobbiamo inventare?) non è corretto. Come storico, ho trovato nel film centinaia di incongruenze, in gran parte, però, derivate dal fatto che si trattava esplicitamente (e sottolineo espliciteccetera) di una finzione. Prima incongruenza “fondativa” (anzi, originale in senso biblico): avere collocato la storia agli inizi del Novecento, dunque quando tutte le cose che si raccontano, dalla notte di San Bartolomeo (quella degli arresti: maggio 1899) alla battaglia di Morgogliai (agosto di quell’anno) alla figura medesima della “reina” e dei suoi due fratelli (lei già in carcere a quella data, condannata a 27 anni, loro morti tutti e due a Morgogliai) erano già accaduti. Perché il Novecento? Proprio, penso, per dire che la storia raccontata nella fiction non era la”vera” storia. Dunque, se dobbiamo parlare del film, parliamo di quello che c’è, non di quello che ci sarebbe dovuto essere.Come aspirante antropologo, ho trovato nel film altre centinaia di incongruenze. Prima: troppi morti, troppe uccisioni. Perfino nella Sardegna dei mille omicidi l’anno nel film si ammazza troppo. Le donne non solo vanno in giro senza fazzoletto, ma vanno in giro troppo. E donne che montano i cavalli come fantini dell’àrdia credo fossero anch’esse molto rare. Ma, soprattutto, la campagna è troppo affollata: sembra Central Park all’ora del lunch.>> .  Passi per  le  prime  perchè  si  tratta  di  una  ficxtion   o di   cinema  come dice lo stesso Brigaglia  . Ma  non per la seconda perchè  è proprio qui che  possono soprattutto  per  coloro che  s'accontentano   di quel  che passa il convento e no approfondiscono  nascere  luoghi comuni e stereotipi su  un popolo  o su  una  cultura  . Ma la risposta c’è, e taglia la testa al toro: questo è il cinema, bellezza. Invenzione, in cui tutto è permesso, perché il fine è la rappresentazione, il prodotto finale l’emozione dello spettatore.
Sempre Lo stesso Brigaglia  afferma  : << Questa Sardegna è un frullato di tutte le cose che sappiamo della Barbagia di fine Ottocento: messe insieme con un bel senso dello spettacolo (dice: per continentali. Risposta: e allora per chi, per i due-trecentomila sardi che possono averlo visto?), astutamente mescolate da quel sapiente mescolatore di cose sarde che è Marcello Fois. Indizio-chiave avere usato nomi veri - quelli del brigadiere Gasco e del capitano Petrella - per personaggi inventati.
 Già è stato detto, giustamente, che il film reca forti i segni del dibattito sull’identità, rispetta e qua e là giustifica il ribellismo della società pastorale, facendone quasi una resistenza «nazionale» agli odiati Savoia. Gramsci ha scritto che i sardi protestarono contro Bechi (perché noi, e grazia a Dio, a protestare ci siamo sempre) perché aveva detto che le donne sarde erano brutte. In realtà, in questo film ci sono due donne fin troppo belle, anche senza quel trionfo di seni che colpiva tanto l’ufficialetto di Pelloux. Troppo bella la Grimaudo, di una bellezza più da «Vogue» che da «Canne al vento»: impareggiabile la Garello, credibile come una sarda verace, nelle linee del viso e in quegli occhi fortemente tagliati. Gifuni piace. >>
Mentre  non concordo  sull'ultima parte  del suo articolo  : << Ma quel finale con la Grimaudo col pupo in braccio... Sarebbe stato meglio, nella stessa fiction, se la reginetta di Barbagia avesse detto all’ufficialotto in alta divisa: Va fuori, o stranier!. >>  mi  sembra  troppo provinciale  e   vicino all'exefonobia 

Senza titolo 1438


Sic  molto spesso   celebrazioni  retoriche e  vittimistiche  e  molto spesso  ipocrite  e stucchevoli o peggio a senso unico  del  11 settembre   da parte  di uno stato e dei " servi " europei del 11  settembre  dimenticando che  quello   che hanno subito e  a  causa  loro  (  infatti  alquedada  come dimostra  l'eccelllente  documentario  Cia  guerres  secrètes  di Wiliam  Karel l'hanno  creata  loro stessi  e  ora  la combattono ) .  fanno dimenticare   un altro fatto   storico avvenuto  nella stessa data    di cui quest'anno  si celebra il 100  .  Il fatto  dimenticato è   il centenario  del discorso  di Gandhi in sud Africa   contro le  discriminazioni della minoranza  indiana  . Tale data è secondo alcuni la nascita dela  nonviolenza 
Viisto   che moltiragazzi\e  presi  dal  consumismo e lasciati a se  stessi dato che   nelle scuole  non s'arriva  , salvo rarissimi casi  ( almeno ai tempi miei  poi adesso non sò , se avete  conferme  o smentite   fatemelo sapere  )  a quel periodo storico    : IInfatti per mia esperienza  fatta  quando studiavo   alle medie e  alle superiori  a malapena  s'arriva  al fascismo   si chiederanno  cosa  sia  la nonviolenza  eccone  una definizione  data  dallo stesso Gandhi e riportata     dall'ultimo numero de   IL Diario  di repubblica qui  l'url   dedicato a  tale  evento  << La nonviolenza  è la legge  della  razza  umana ed   infinitamente più gtande e  superiore aopla  forza deklla bestia  . In ultima  analisi  non giova  a chi non possiede  una  viva fede nel Dio dell'Amore     La nonviolenza  consente  la  più piena   tutela  dela propria dignità  e del proprio senso dell'onore  , ma non sempre  anche quella   del possesso della terra o  di beni immobili   anche se  la  sua pratica  abituale si rileva un miglior  baluardo  di quello assicurato  al ricorso agli uomini armati  . La nonviolenza per la  sua stessa natura , non è  di alcun aiuto nella difesa di guadagni  illleciti  e degli  atti immorali  . Gli individui o le nazioni che voglio praticare  la nonviolenza  devono essere pronti  a  sacrificare ( le nazioni fino all'ultimo uomo ) tutto ciò che posseggono  fuorchè l'onore . L'ahimsa è  percio incompatibile   con l’usurpazione di terre di altri popoli, come dire col  moderno imperialismo, innegabilmente basato sulla  forza. La nonviolenza, assunta come Legge di Vita, non va applicata solo ad azioni isolate, ma deve per vadere l’intero essere.>>
Inoltre  le teorie Gandhi  hanno avuto un grande seguito   in : 1)
Martin Luter King ; 2) Aldo Capitini ;  ;3) Nelson Mandela 
e secondo alcuni dagli ultimi discorsi  di  Malcom X
Concludo con  questa citazione  di Gandhi "La violenza prevarrà sulla violenza solo quando qualcuno mi potrà provare che l'oscurità può essere dissipata dall'oscurità"

P.s

in fase di chiusura ho letto il post  di pipistro  su blogfriends. ( qui l'url  che  dimostra  come   non tutti  hanno mandato il cervello all'ammasso e come  dice  lui  stesso : <<  ... i pazzi esistono  >>

12.9.06

Senza titolo 1437






Ieri sera si è cnclusa la fiction “ l'ultima frontiera “ di cui vi avevo parlato in un post nei giorni scorsi  . Anche se c'erano già gli elementi per recensirlo \ commentarlo dopo la prioma puntata ho preferito farlo dopo la fine per dare un giudizio globale e non parziale come hanno fatto alcuni studiosi di lingua e cultura sarda delle zone di Nuoro e della barbagia   .
Tale fiction si è conclusa con le polemiche Fra Giffuni e la Rai . Condivido pienamente le reazioni indignate di Giufini perchè  non si può 1) mandare in onda un film di tale cast e di tale portata programmato per l'atunno proprio nel primo giorno ( conoscendo ormai da 30 anni il fanatismo vedere le parodie  di Lino Banfi,Pippo Franco, Buzzanca    e i film  di Paolo Vilaggio  ed in  particolare  " Il secondo  tragico  fantozzi "  degli italiani verso il calcio ) del campiopnato ; 2) far tardare di mezz'ora il film a  causa  di  un'latro varieta   e quindi in svantaggio rispetto al variieta -- pattumiera come preferisco chiamarlo --- della rete avversaria .Mentre a livello nazionale c'è la polemica tra la rai e il protagonista principaler dellla fiction , c'è quella a livello locale . Infatti a Nuoro c’è stato chi ha storto il naso. Non sono piaciute alcune scene che sono sembrate irrealistiche e scarsamente rispettose della realtà storica e antropologica delle zone interne.A Nuoro, portavoce dei critici è Diego Corraine, studioso della lingua sarda: «Ci sono alcuni falsi evidenti. Ad esempio le donne senza fazzoletto in un’epoca in cui ciò sarebbe stato inimmaginabile. A me è sembrato un polpettone in salsa sarda, una specie di “Elisa di Rivombrosa” in versione western-barbaricino. Ma c’è anche qualcosa di apprezzabile: una certa sensibilità ai temi della difesa dell’identità linguistica e culturale». Meno severo il presidente dell’Etnografico, Paolo Piquereddu: «A me è sembrato un film efficace, con un forte impatto visivo. D’altra parte, da una fiction tv non ci si può aspettare ciò che prodotti di questo tipo non possono dare. Anch’io ho notato qualche imprecisione nei costumi e nelle ambientazioni. Ma, in fondo, si tratta di peccati veniali». A Piquereddu fa eco il sindaco di Nuoro, Mario Zidda: «E’ un classico sceneggiato televisivo. Mi è piaciuto. L’immagine della Sardegna che ne vien fuori mi sembra abbastanza fedele. Vedremo il seguito».
Per quanto riguarda me il film è piaciuto abbastanza , anche se hanno tagliato alcune scene come la sparatoia fra polizia e banditi all'interno del paese a cui ho assistito direttamente quandfo veniva girata e altre scene in cui c'erano dei miei amici e dei miei concittadini . Io non ci vedo nessun sfasamento storico . culturale ( a parte la storia d'amore fra Fabrizio Gifuni e Nicole Grimaudo in quanto lo stesso romanzo è ambientato nel 1899 durante le durissime leggi Pellux , tanto è vero che Giulio Bechi lo scrisse con lo pseudonimo di Miles . C'è qualche piccolo dettaglio che non và che sono dovuti sl pressapochismo come giustamente evidenzia Diego Corraine ma dall'altra parte nelle fictions o nei film storici ( vedere es il gladiatore ) succede . Quello che conta è che la struttura del romanzo di Bechi per quanto in quelle pagine si andava minando la mitologia - e la mistica - del "bandito eroe" e si proponevano soluzioni sociali che di fatto testimoniavano il superamento delle posizioni ottocentesche sulla "razza delinquente" di lombroso e company . Finalmente un film \ fiction in cui si fa piaza pulita ( o quasi ) dei pregiudizi e luoghi comuni verso noi sardi . Dico quasi perchè secondo alcuni miei concittadini --- e non hanno tutti torti anche se un po' esagerano perchè non mi sembra che quersto sia il caso -- il parlare sardo degli attori “ continentali “ ehm nazionali come Stefania Orsola Garello sembra uno sfotto' verso noi sardi perchè non tutti parliamo cosi e che la pronuncia linquistica in un secolo si sarà evoluta anche se in alcune zone rimane forte . Io non condivido la loro critica - oservazione perchè il regista  Franco bernini  e lo sceneggiatore  scrittore  ( che qui qui recita nela prima puntata la parte del fotografo ) Marcello Fois abbiano voluto  rendere realistico ed inquadrare la vicenda anche dal punto di vista linquistico culturale . Ora  salvo alcuni grossolani errori , ma d'altronde dalle fiction non puoi aspettarti altro,
la ricostruzione della Sardegna del primo Novecento è stata realizzata con grande fedeltà storica, attingendo anche al ricco repertorio folklorico della cultura sarda, dai costumi, alle carrozze, alle imbarcazioni d'epoca, alle armi (tra cui i tanti tipi di leppa, il tradizionale coltello sardo). Per quanto riguarda gli animali, nel film ne compaiono oltre 700, tra cui ben riconoscibile il muflone di Sardegna e circa 250 cavalli delle più antiche e solide razze sarde.
La ricostruzione culturale ed etnografica è apparsa necessaria per affrontare in chiave moderna un fenomeno storico come il banditismo regionale, con il quale tutto il nostro paese ha dovuto confrontarsi per quasi un secolo, scontando equivoci interpretativi e gravi incomprensioni.



11.9.06

Senza titolo 1436

nel  penultimo post  mi sono  dimenticato d'aggiungere    agli approfondimenti   uyna serie di libri sul 11 settembre  2001  o ad esso collegati  . eccovi qui l'elenco

ROMA.
Cinque anni fa quasi tremila persone morirono nel grande attacco terroristico agli Usa. Da allora si cerca di capire, raccontare ed esorcizzare quell’evento con alcuni film (da Fahremheit 9/11 di Michael Moore, al recentissimo World Trade Center di Oliver Stone) e un numero crescente di libri. Ecco quelli di maggior rilievo pubblicati in Italia negli ultimi mesi, molti dei quali scritti da giornalisti, storici e sociologi.
 «11 Settembre. Bush ha mentito», dell’avvocato Philip J.Berg e di William Rodriguez, che contribuì a salvare molte vive umane. Pubblicato da Editori Riuniti, è il «documentato atto d’accusa del guardiano delle Twin Towers».
 «9/11. Il rapporto illustrato della commissione americana sugli attacchi terroristici», di Sid Jacobson e Ernie Colon (Alet Edizioni). Seguendo i risultati del Rapporto questa graphic non-fiction ripercorre minuto per minuto il succedersi degli eventi.
 «La guerra al terrore e la pericolosa strategia dell’amministrazione Bush», di Ron Suskind, Mondadori, già autore di best seller di storia e politica. Il libro sostiene che il principio che ha guidato la nazione più potente del pianeta nella caccia ai propri nemici è la dottrina dell’1 per cento, fondata sul sospetto.
 «America anno zero», di Lilli Gruber (Rizzoli) «E’ davvero possibile riscoprire l’America?», si chiede la nota giornalista televisiva oggi parlamentare europeo aprendo il suo reportage su un Paese che ha sempre amato.
 «Quindici innocenti terroristi», di Bianca Stancanelli, Marsilio. Inviata speciale del settimanale «Panorama» l’autrice si occupa del caso di un gruppo di imputati, tutti immigrati musulmani, finiti sotto inchiesta con l’accusa di aver preparato un attentato contro l’ambasciata americana a Roma. Alla fine saranno tutti assolti e l’indagine, partita cinque mesi dopo l’attacco alle Torri gemelle di New York, si concluderà nel nulla.
 «Il mercato della paura», di Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo, Einaudi. Come viene chiarito sin dal significativo sottotitolo, l’opera dei due giornalisti del quotidiano «La Repubblica» prende in considerazione la guerra al terrorismo islamico «nel grande inganno italiano». Reportage ricco di elementi circostanziati e integrato da corpose documentazioni, il volume è stato stampato prima che venisse alla luce per intero il caso Abu Omar. Una storia dai risvolti oscuri accompagnata dalla scoperta che gli stessi D’Avanzo e Bonini sono stati spiati per mesi dai servizi segreti proprio per le loro inchieste giornalistiche. Nel nostro Paese, dal 2001 a oggi, i condannati per azioni eversive sono stati appena due. E nel frattempo alcuni dirigenti di settori degli apparati di sicurezza nazionali hanno messo insieme una gigantesca ragnatela di calunnie e menzogne per alimentare sempre più la strategia della paura e cercare di acquisire meriti non dovuti con falsi dossier agli occhi degli alleati americani.
 «Allah fra terrorismo e diritti umani», di Romano Bettini, editore Franco Angeli. L’autore insegna Sociologia della devianza a Roma e analizza le radici culturali del terrorismo islamista.
 «Le guerre del XXI secolo», sottotitolo «Guerra, guerra asimmetrica, guerriglia e terrorismo», di Emilio Greco e Francesco Pavone, editore Kappa.
 «Il male minore», sottotitolo «L’etica politica nell’era del terrorismo globale», di Michael Ignatieff, editore Vita e Pensiero. L’autore si chiede se si possa combattere la violenza con altra violenza. È giusto? È efficace? E qual è il prezzo da pagare? Ignatieff affronta questi interrogativi con determinazione, autorevolezza e con un raro, equilibrato connubio di idealismo, conoscenza storica e saggezza politica.
 «Vincere la paura», sottotitolo «La mia vita contro il terrorismo islamico e l’incoscienza dell’Occidente», di Magdi Allam, Mondadori. Il giornalista del «Corriere della Sera» racconta se stesso, musulmano laico nato e cresciuto nell’Egitto di Nasser ed emigrato in Italia nel 1972, denunciando sia gli integralisti che l’hanno condannato come «nemico dell’islam», sia i loro complici occidentali che alimentano uno scenario di scontro e di odio.
 «Terrore oltre il postmoderno», di Duque Félix, editore Ets. In sintesi: gli attentati e i bombardamenti tecnologici sono risultati molto più efficaci e persuasivi di ogni consiglio intellettuale per svegliare dal loro sonno dogmatico filosofi ed artisti.
 «Cento opinioni sulla pace e sulla guerra dopo l’11 Settembre», di Mario Arpino, Mursia.
 «La costruzione del male», di Jeffrey C. Alexander, Il Mulino. Perché l’orrore non cessa di abitare il mondo? Perché la ferocia degli uomini ci appare inesauribile? Perché una guerra si conclude mentre un’altra comincia? Molte delle risposte a questi interrogativi sono date in termini di bene e di male.
 «Il nostro mondo: dalle grandi rivoluzioni all’11 Settembre», di Gabriele Turi, Laterza. Analisi delle situazioni contemporanee alla luce del passato. Turi tratteggia oltre due secoli di storia in una sintesi generale.
 Sulle finalità dell’arte dopo l’11 Settembre», di Paolo Manazza, edizioni O Barrato. Sulle macerie del neonato conflitto globale tra Occidente e Islam prende forma la coscienza che una visione estetica del mondo volta alla contaminazione con l’etica possa tracciare la via per la salvezza consapevole di entrambi.





Senza titolo 1435

«I retabli sardi itinerario per un turismo alternativo»
Da Santulussurgiu ad Ardara e Ozieri il tour di due studiose d’arte spagnole offre nuovi spunti per vacanze diverse

Le vacanze sarde di due aragonesi dell’università di Saragozza sono diventate un “recorrido”, un itinerario d’arte tra domus de janas e nuraghi, tra il romanico il gotico e il rinascimento, il Campidano e la Marmilla, Ogliastra e Sulcis, Gallura e Barbagia, le querce imponenti del Montiferru e del Supramonte. I boschi tra Santulussurgiu, Seneghe e Cuglieri? «Ricordano i pre-Pirenei, con la loro lussureggiante vegetazione», dice Marìcarmen Lacarra y Ducay, prima donna cattedratica di Storia dell’arte medievale in Spagna. Dall’alto Oristanese a Orgosolo, nell’eden del Supramonte: «Mi ricorda la nostra Estremadura, qui e lì si incontrano branchi di suini allo stato brado, incrociati anche con i cinghiali. Ma questo Supramonte ha vette più alte, chissà perché ma mi intriga di più», aggiunge una raggiante Carmen Morte y García, studiosa dell’arte rinascimentale in Aragona, Catalogna, Francia e Italia, soprattutto a Napoli, Roma, Firenze, Venezia. A San Giovanni i forestali offrono il loro pranzo. È un trionfo di sapori, il timo profuma l’aria.
 Con le ospiti tre ciceroni d’eccezione: Giampaolo Mele, di Santulussurgiu, docente di Storia della musica medioevale e rinascimentale all’università di Sassari, direttore scientifico dell’Istar (Istituto Storico Arborense), frequentemente in Spagna a tener conferenze e seminari sulla musica medioevale. Con Mele il presidente dell’associazione “Ortoben’Essere” Graziano Costa e il notaio di Seneghe, Gianluigi Salaris che lavora a Merano dove roga atti in tedesco. Mele, Costa e Salaris sono promoter di tutto rispetto: “vendono” le zone interne dell’isola ciascuno secondo le proprie competenze. Del Continente-Sardegna c’è da esaltare geologia e flora, c’è chi indica vallate e fiumi, strapiombi a picco sul mare dalla costa ogliastrina fino al Pan di Zucchero di Nebida.
 Seguire questo quintetto è come proporre, senza troppe consulenze a libro paga, un tour culturale per una vacanza tutta sarda, lontana da discoteche e billionaire annessi. Le due docenti di Saragozza visitano la Sardegna vera, quella uguale per 356 giorni all’anno, conoscono bene i tesori dell’isola. Lacarra ha studiato le relazioni tra pittori aragonesi e la Sardegna, ha indagato i resti di quello che fu il retablo dell’Annunciazione, opera di Juan Mates, attivo tra il 1391 e il 1431, conservato nella pinacoteca di Cagliari dopo essere stato a lungo nel convento francescano di Stampace, è vedova di Rafael Conde y Delgado de Molina, direttore dell’Archivio della Corona d’Aragona, profondamente legato all’isola.

Carmen Morte è incantata della costa di Bosa, ammira la chiesa di San Pietro, ma esplode quando percorre l’Orientale sarda, fra Baunei e Dorgali, sfiorando la forra di Gorroppu: «Quizás una de las carreteras más hermosas del Mediterráneo, forse è una delle strade più belle di tutto il bacino del Mediterraneo». Camminando nel Supramonte di San Giovanni, dopo aver lasciato la zona di Pratobello, è Graziano Costa a spiegare che in questi sentieri così aspri «si era impigliato in maniera ridicola un carro armato dell’esercito italiano inviato per combattere il banditismo». Tutti a sorridere, soprattutto perché Orgosolo dopo i silenzi sta conoscendo il dialogo, e sta uscendo, pian piano, dai drammi di un’epoca buia, fatta di stragi e di croci. «Oggi Orgosolo progetta il suo futuro in forme moderne», aggiunge Mele. Le spagnole: «Il Supramonte è un paradiso, una joya del Mediterraneo, spetta alla gente che ci vive tutelarlo, ma facendolo conoscere al mondo».
 Dai monti al mare. Ma si torna alle similitudini, nel bene e nel male, con la Spagna. L’occhio si ferma su alcune lottizzazioni in Gallura e nel Sarrabus. «Sono le stesse brutture della Costa Brava, delle Baleari, anche nelle falde dei Pirenei. La Sardegna - dice Carmen Morte - deve evitare l’errore successo in zone a suo tempo incontaminate dalla penisola iberica. Oggi sono infestate da un turismo volgare, privo di concezioni culturali». Marìcarmen Lacarra parla del turismo come fatto economico e culturale. Dice che è «un arma de doble filo. Perché da un lato serve per diffondere la cultura, avvicinare popoli diversi, favorisce l’integrazione. Dall’altro lato può uccidere il paesaggio che è l’essenza prima del turismo». Vorrebbe, per Spagna e Sardegna, un turismo sensibile. Perché «un turismo non educato e insensibile può uccidere, puede destrozar el patrimonio cultural nel significato più profondo della parola, nel mas amplio sentido de la palabra».

Ma la vera ragione della vacanza sarda delle due studiose di Saragozza - viste le loro competenze professionali - ha avuto un’altra potente calamita: quella di un ipotetico tour dei retabli, cioè di quelle opere della pittura sarda nel Quattrocento e nel Cinquecento che costituiscono un patrimonio ancora assolutamente nascosto e non valorizzato. Non sono bastate le intuizioni e le scoperte di Renata Serra - massima esperta e decana degli studi di storia dell’arte e della sua scuola oggi autorevolmente rappresentata da Roberto Coroneo e Aldo Sari - per creare un turismo culturale che garantisca ricadute economiche nei territori che i retabli ospitano.
 Retabli sardi, arte romanica e gotica, rinascimentale e barocca. E non c’è solo il gioiello della Pinacoteca nazionale di Cagliari con «Nostra Signora dei Sette Dolori» di Pietro Cavaro, o il «Retablo di San Bernardino» di Juan Figuerra e Rafael Thomas o il «Trittico della Consolazione» di Michele Cavaro. Nei retabli c’è l’essenza, la radice storico-culturale dell’isola. Scrive la Serra in «Retabli pittorici in Sardegna nel Quattrocento e nel Cinquecento» (pubblicato dalla Cassa di Risparmio di Torino, foto di Mario Carrieri e Paolo Vandrasch): «Una storia del retablo pittorico in Sardegna può essere tracciata dall’effettiva penetrazione della cultura catalana nell’Isola. Questo si verificò, seppure non proprio posteriormente alla conquista dell’intero territorio sardo da parte degli Aragonesi, in seguito alla loro vittoria sugli Arborensi con la battaglia di Macomer del 1478. Gli Aragonesi trovarono la bella chiesa del convento francescano di Stampace e, ancora in fabbrica, l’ampliamento del Duomo, Santa Maria di Castello. Per circa un secolo, ma non prima delle fine del Trecento, la pittura in Sardegna sarà tutta d’importazione, sia che i dipinti richiesti giungessero dal Levante spagnolo sia che fossero i pittori levantini a immigrare per eseguire i retabli».
 Sono tanti questi retabli, sono le opere dei Mantegna o dei Raffaello sardi assurdamente sconosciuti ai più. Ecco perché il «tour dei retabli», proposto dalla Serra e oggi rilanciato dalle sue colleghe di Saragozza, può dare valore aggiunto al turismo. Visitata la Pinacoteca di Cagliari («val la pena un’intera vacanza», dicono Morte e Lacarra), ci si può inoltrare per la Marmilla: a Villamar, nella parrocchiale di San Giovanni Battista, c’è il grandioso “Retablo della Vergine” eseguito nel 1518 da Pietro Cavaro, «il più grande dei pittori della cosiddetta scuola di Stampace». A pochi chilometri c’è Tuili col “Retablo di San Pietro” del maestro di Castelsardo, con una stupenda crocifissione, l’arcangelo Michele, un San Giacomo e un San Paolo. E poi quelli di Ardara e Sanluri. «Costituiscono senz’altro - dice Renata Serra - i monumenti più espliciti a favore della possibilità di individuare una corrente di pittura sardo-iberica che affiori con caratteristiche peculiari. C’è una sintesi della tradizione gotico-fiamminga con istanze rinascimentali italiane, anche esse in gran parte acquisite per il tramite catalano».

Marìcarmen Lacarra y Ducay e Carmen Morte - questa volta col cicerone Mele - arrivano a Gonnostramatza e Dolianova, alla Chiesa del Collegio di Iglesias con l’Anunciazione del Maestro di Sanluri, vanno a Suelli e Gergei. Molte tappe nella Sardegna del Nord: intanto Ardara, e poi Castelsardo per ammirare “I santi Filippo e Bartolomeo, Mattia e Matteo”, a Sassari - Museo nazionale - il “Retablo di Saccargia” di un Anonimo sardo e poi l’Anonimo catalano di San Pietro in Silki. Un giorno anche per Ploaghe (retablo con “San Francesco che riceve le stigmate” per la firma di Michele Cavaro o la “Sacra Famiglia” del maestro di Ozieri). E ancora la cattedrale di Ozieri per una Crocefissione, fra le più significative di tutta l’Isola. Giampaolo Mele insiste: «Andiamo a Benetutti, c’è il retablo di Sant’Elena con la Prova della Vera Croce, uno dei capolavori del Maestro d’Ozieri». E ancora a Olbia e Oristano (è custodita qui la collezione di libri medioevali più ricca della Sardegna, con un vasto campionario di scritture gotiche, grafie musicali, oltre 150 miniature, anche in oro, provenienti da scuole toscane e liguri, nonché svariate migliaia di iniziali filigranate). Stesse suggestioni a Bortigali e Perfugas. Metteteci le chiese romaniche: Uta e Tratalias, Ottana e Bonarcado, San Pietro di Sorres e la chiesa Siete Fuentes, Tergu e Oschiri con quell’incanto della chiesa sul lago.
 Torniamo ai retabli. Dice Lacarra: «Tra quelli spagnoli e quelli sardi c’è una marcata unità cultura mediterranea, è lo stesso stile del gotico internazionale della prima metà del 400. Siamo entusiaste di questa vacanza. Porteremo qui i nostri studenti di Saragozza». Potrebbe essere un “recorrido” infinito. Aggiungete che “la base” delle due studiose era Santulussurgiu dove agosto e settembre sono stati caratterizzati da un’attività culturale di qualità. Ogni sera dibattiti su libri o attualità tra i contrafforti della chiesa di Santa Maria degli Angeli restaturata dall’architetto Giovanna Pira. Un’estate con “l’Isola del teatro” e laboratori per professionisti, allievi, principianti e bambini. Trovate Gilles Coullet, Gioele Dix, Aurora Simeone col suo Otello secondo Desdemona, Corrado Licheri e Stefano Ledda o “La fisica del gioco” di Pietro Olla perché «la fisica del gioco è un progetto di educazione alla scienza». C’è “L’Isola proiettata” con Cainà, Furriadroxius, il cinema di animazione con Bepi Vigna. Mostre con Paolo Licheri, Paolo Corso, Massimo Murru ed Erica Olmetto. E poi “L’Isola raccontata” con le letture di Nicola Simeone e Giannina Canu sui libri di Maria Giacobbe, Nicola Lecca, Andrea Pubusa, Franco Madau, Radhouan Ben Amar, Pier Giorgio Pinna, Nadia Cavalera e Marcello Fois. I libri di Antonio Turnu presentati ancora da Giampaolo Mele. Sempre presente l’assessore alla Cultura del Comune Mariella Pani docente di economia agli istituti superiori. Dal liceo classico “De Castro” di Oristano ha commentato libri Caterina Pes. E perché non ricordare la tre giorni dell’Isola della scienza con Andrea Bisicchia e Andrea Possenti e le interpretazioni del Teatro del sale, di Macondo, del Crogiuolo? E poi canti, con “Su cuncordu ‘e su Rosariu”.
 Viene da chiedersi se questo tipo di vacanza è proponibile su larga scala. Se il “tour dei retabli” può garantire business a Villamar e Tuili, Olzai e Gergei, Ploaghe e Ardara, Ozieri e Iglesias. I piccoli paesi, quelli che si spopolano, non sono pronti a questa sfida che è culturale. Ma va persa in partenza? Non va neanche tentata? Santulussurgiu accoglie turisti, con loro crea fatturato, c’è cultura e albergo diffuso. È il turismo che, col mare, può contribuire a salvare le zone interne.




9.9.06

Senza titolo 1434

Cosa è stato  è stato per  me  l'11 settembre  2001  è  sion tetizabile   da questa frase di Edoardo Galeano  : << l'economia mondiale è la più efficiente espressione del crimine organizzato. Gli organismi internazionali che controllano valute, mercati e credito praticano il terrorismo internazionale contro i paesi poveri e contro i poveri di tutti i paesi con tale gelida professionalità da far arrossire il più esperto dei bombaroli
Lo so che   con questo post  ricevero    molte e mail   con accuse di  cioniosmo e  d'anti americanismo    , ma prima   di  accusarmi    invito a vedersi    Cia  Guerres secrètes  di William karel  purtroppo  disponibile  solo in in francese  ( se capite il francese  potete prenderlo qui  sul sito  della  tv  satellitare  Artè   dell'unica  tv  , che io sappia ,   europea  che lo abbia trasmesso  )    perchè  in Italia dai media nazionali   salvo alcun cani sciolti  (  come il settimanale  l'internazionale  e senzamedia  che   riportano un altro  suo documentario il mondo secondo  bush  ( che pote   vedere qui  e  acquistarlo  qui   da fastidio  un  documentario  obbiettivo  sulla  cia  in cui  intervistano    anche  ex responsabili e  responsabili dela  cia  .  Solo cosi potete capire la mia reazione   un po' cinica  è  vero a l'11 settembre  e iol mio anti americanismo   verso il governo   e  i loro capi di stato , ma non verso  gli abitanti e la loro cultura e contro cultura


Per  approffondire 

FILM \  DOCUMENTARI 


 SITI  E DOSSIER



8.9.06

Senza titolo 1433

Oltre  la  storia   di cui  ho parlato precedentemente    leggo  questa storia qui. IL primo articolo   tratto da www.repubblica.it

La titolare, segretaria dei Ds, costretta a chiudere il negozio
"Dopo la vittoria dell'Unione alle amministrative me l'hanno fatta pagare" Ferrara, chiude la macelleria "rossa" Boicottata dai clienti di centrodestra





FERRARA -
Chiusa perchè "comunista". La macelleria di Gorino, piccolo centro della Bassa ferrarese, ha dovuto abbassare la saracinesca a causa del boicottaggio delle famiglie del paese in maggioranza elettori di centrodestra. Non è l'Italia di don Camillo e Peppone i cui bisticci politici si svolgevano - e siamo negli anni '50 - a Brescello, guarda caso sempre Bassa padana, ma poco ci manca. Perchè Carla Passarella, storica macellaia di Gorino, ha dovuto rinunciare alla propria attività economica per il fatto di essere segretaria dei Ds. In un paese che, da sempre, è schierato con il centro destra.
La storia è questa. La macelleria di Carla e di suo marico Giuliano Selvatico ha sempre funzionato bene anche perchè era l'unico negozio al dettaglio di carne e salumi, a Gorino. A fine maggio - contestualmente alle elezioni amministrative - inizia però un'opera di boicottaggio da parte di una ventina di famiglie, fino ad allora affezionati clienti, che votano per il centrodestra.
Dopo anni di governo e un'altissima percentuale di votanti della Cdl la tornata elettorale a Goro e Gorino assegna la vittoria al centrosinistra e, evidentemente, qualcuno non la prende bene. I clienti-elettori di quell'area iniziano a snobbare la macelleria - bollata come comunista - fino a costringerla alla serrata.
Una vera e propria ritorsione, racconta con amarezza, ma senza risentimento, la macellaia al quotidiano La Nuova Ferrara. Con un epilogo quasi ovvio: i due esercenti costretti a spostarsi a Goro, pochi chilometri da Gorino, all'interno di un supermercato. Lei oggi commenta triste di amare il paese in cui è nata e di non volerlo abbandonare nonostante il clima da caccia alle streghe. "Da Gorino non scapperò mai. E' il mio paese", spiega raccontando di una velata disperazione iniziale e di tante lacrime versate. Ma se le si chiede se valga la pena di perdere tutto per la politica, tira fuori l'orgoglio di appartenenza: "Se nella vita tradisci i tuoi ideali cosa resta? Il lavoro è importantissimo, ma non è tutto. Però ammetto di aver pensato a dare le dimissioni da segretaria, ma ci ho ripensato subito, che senso avrebbe avuto ? Nel negozio di salumi ormai chiuso, appese al muro, restano solo le immagini di Padre Pio e di Papa Wojtyla. Non sono bastate a fare il miracolo, salvando la macellaia comunista.

il secondo  da   google news  

FERRARA
 Dal 3 settembre la macelleria di Gorino, nel Basso ferrarese tra il Po e il mare, è chiusa. Chiusa perché era una macelleria "rossa", boicottata perché gestita da una "comunista", Carla Passarella, segretaria comunale dei Ds di Goro da due anni.
La signora Carla e il marito, Giuliano Selvatico, sono stati costretti a chiudere perché, dicono loro e tutti lo confermano in paese, il centrodestra ha perso le elezioni amministrative comunali, nel comune di Goro e anche Gorino, sua frazione, dopo anni di governo, e nonostante una fortissima tradizione e un'altissima percentuali di votanti di centro destra.
E così, per ritorsione, una ventina di famiglie di Gorino, i clienti più assidui, nei mesi scorsi non faceva più la spesa nella 'macelleria comunista'. "Il cambiamento c'é stato, improvviso, il 30 maggio - ha riferito Carla Passarella - il giorno dopo il risultato delle elezioni comunali. Da quel giorno mi sono mancate una ventina di famiglie, pensavo fosse stato un fenomeno passeggero, invece siamo stati costretti a chiudere".
 Dai primi di settembre dunque Gorino è senza macelleria, servizio necessario per tanti anziani, ammettono in paese. Perché marito e moglie si sono spostati a Goro, ad una manciata di chilometri dal precedente negozio, con il bancone macelleria all'interno del supermercato 'Vivo'. Secondo il segretario Ds-macellaia, è tutta colpa delle elezioni: "Le comunali sono state molto sentite quest'anno, si avvertiva il clima di tensione, ma anche durante la campagna elettorale è andato tutto bene. Si sapeva che questa volta per il centrodestra non sarebbe stata una passeggiata, ma pensavano di vincere lo stesso. Anche se a Goro finiva in parità, poi c' era Gorino che avrebbe fatto la differenza. Erano sicuri. Invece, a Goro c'é stato un grande spostamento di voti a favore della lista del centro-sinistra e Gorino non è bastata a colmare il divario. A Gorino la delusione è stata fortissima tra una parte degli elettori di centro destra".
E così, dopo lo scrutinio del 29 maggio, il giorno dopo si sono ritrovati con il negozio vuoto. E addirittura la stessa ritorsione sarebbe stata manovrata, poi riuscita solo in parte, con il medico condotto Fabio Magon, di Gorino, reo di essere entrato nella giunta di centro-sinistra. "Ma era complicato colpire il dottore - spiega Carla Passsarella - e l'operazione non è riuscita, con me invece sì. L'operazione però è avvenuta in contemporanea". Anche il sindaco Vincenzino Soncini, capolista dell'Airone, vincitore delle elezioni, non ha dubbi: "Carla mi ha sostenuto con passione e intelligenza nella campagna elettorale. Ha subito un'ingiustizia assurda, ora le auguro ogni possibile successo nella nuova attività". Il 28 e 29 maggio era stata una sconfitta bruciante per il centro destra, quando si era votato per eleggere il sindaco e dopo dieci anni il Comune di Goro è passato di mano, dal centro destra al centro sinistra.
A Goro il centro destra è fortissimo (e nella frazione di Gorino lo è ancora di più), come ha confermato anche il voto delle politiche del 9 aprile: alla Camera 1.731 voti ai partiti del centro destra e 1.313 ai partiti del centro sinistra, una differenza di 418 voti; 56,9% contro 43,1%. Ma alle comunali c' era stato un terremoto. L'Airone di Vincenzino Soncini ha stravinto: 1.637 voti contro 1.282 (56,1% contro 43.9%): un divario di 355 voti, un autentico rovesciamento di posizioni. E ora, in paese, non si parla d'altro. Una tra i tanti, la signora Edda Trombini: "Pensavo che fossero finiti i tempi delle Crociate e anche quelli di Peppone e Don Camillo, quando non c' erano i soldi avevamo tutto, anche il cinema, ora che sono tutti ricchi facciamo fatica anche a tener aperto l'asilo".





 Questa news  mi fa venire in mente  una sega mentale  a che serve essere coerenti se questo  è il Prezzo da pagare  ? e mi  fa ritornare in mente   queata  canzone  di Fabrizio De Andrè (da Canzoni 1974 ) che mi  sembra   adatta a tale situazione  

MORIRE PER DELLE IDEE





Morire per delle idee, l'idea è affascinante
per poco io morivo senza averla mai avuta,
perchè chi ce l'aveva, una folla di gente,
gridando "viva la morte" proprio addosso mi è caduta.
Mi avevano convinto e la mia musa insolente
abiurando i suoi errori, aderì alla loro fede
dicendomi peraltro in separata sede
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè.
ma di morte lenta.
Approfittando di non essere fragilissimi di cuore
andiamo all'altro mondo bighellonando un poco
perchè forzando il passo succede che si muore
per delle idee che non han più corso il giorno dopo.
Ora se c'è una cosa amara, desolante
è quella di capire all'ultimo momento
che l'idea giusta era un'altra, un altro movimento
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta
ma di morte lenta.
Gli apostoli di turno che apprezzano il martirio
lo predicano spesso per novant'anni almeno.
Morire per delle idee sarà il caso di dirlo
è il loro scopo di vivere, non sanno farne a meno.
E sotto ogni bandiera li vediamo superare
il buon matusalemme nella longevità
per conto mio si dicono in tutta intimità
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta,
va bè, ma di morte lenta.
A chi va poi cercando verità meno fittizie
ogni tipo di setta offre moventi originali
e la scelta è imbarazzante per le vittime novizie
morire per delle idee è molto bello ma per quali.
il vecchio che si porta già i fiori sulla tomba
vedendole venire dietro il grande stendardo
pensa "speriamo bene che arrivino in ritard0"
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè,
ma di morte lenta
E voi gli sputafuoco, e voi i nuovi santi
crepate pure per primi noi vi cediamo il passo
però per gentilezza lasciate vivere gli altri
la vita è grosso modo il loro unico lusso
tanto più che la carogna è già abbastanza attenta
non c'è nessun bisogno di reggerle la falce
basta con le garrote in nome della pace
moriamo per delle idee, va bè,                                                                   ma di morte lenta,
b                                                                                 ma di morte lenta.

Senza titolo 1432




In questi. giorni durante la festa    cittadina pr amria bambina  
chiaccherando con gli amici  i di uomini e donne. Mi viene in mente  la Ursula Hischmann, vissuta a Berlino negli anni '20. Era straordinaria. Ecco perché .
Come  afferma nell'
ultimo  numero del  inserto settimanale  D  ( qui  la versione online  )  del  gruppo repubblica  - espresso    la   bravissima Concita de  gregorio  : << Le donne contengono, gli uomini espellono. Le donne conservano ogni cosa insieme, gli uomini distinguono e archiviano per parti separate. Le donne - anche per morfologia, per il ruolo che è loro assegnato dal corpo - condividono, agiscono dentro. In generale accolgono. Gli uomini per la stessa ragione selezionano, temono la contaminazione e ne diffidano non conoscendo -che privazione - l'incanto originario delle vite che si mescolano e che nello scambio si arricchiscono, crescono. Procedono per analisi, protesi in fuori, difettano nella sintesi. Si faceva in tarda estate questo gioco un po' frivolo un po' no, una sera in terrazza, il gioco di generalizzare semplificando e di trovare però nelle categorie astratte ciascuno il suo privato riscontro: perciò di ridere e di godere del potere evocativo delle parole, poi rincorrere ognuno i suoi segreti pensieri. Qualcuno ha detto: esempi, adesso. Storie di uomini e donne illustri a conferma e, meglio, a smentita. Non era così pertinente ma per qualche ragione mi è tornata in mente la storia di Ursula Hischmann. Una storia non particolarmente nota se non alla cerchia stretta di chi l'ha condivisa, non proprio una vita illustre nel senso corrente del termine: piuttosto, si sarebbe detto allora, una vita "normale" per quanto sia difficile oggi rintracciare l'idea di normalità nella Berlino degli anni Venti, l'esperienza della fuga e dell'esilio, la cospirazione e il carcere, il confino di Ventotene, gli amori e i figli in un paese che non è il tuo, l'essere senza patria, averne molte e nessuna, conservare con tenacia il senso della propria identità senza avere un posto dove catalogarla: conservarlo dentro . >>
lo so che  sembrerò  sessista  , ma   non ho mai trovato   almeno per il momnento ,  in nessun uomo 
una storia non particolarmente nota se non alla cerchia stretta di chi l'ha condivisa, non proprio una vita illustre nel senso corrente del termine: piuttosto, si sarebbe detto allora, una vita "normale" per quanto sia difficile oggi rintracciare l'idea di normalità nella Berlino degli anni Venti, l'esperienza della fuga e dell'esilio, la cospirazione e il carcere, il confino di Ventotene, gli amori e i figli in un paese che non è il tuo, l'essere senza patria, averne molte e nessuna, conservare con tenacia il senso della propria identità senza avere un posto dove catalogarla: conservarlo dentro.
Infatti 
Eva-MariaThüne  in  Sagarana    afferma  : << (....)  Per Ursula Hirschmann l’impulso a raccontare della sua vita nasce dal desiderio di entrare in regioni più profonde di se stessa, dando di volta in volta parola ad un’immagine che si presenta “importante, piena di significato da scoprire, urgente: poi man mano si dissolve, diventa debole e insignificante e non ho più la forza di formarla” (Ursula Hirschmann, Noi senzapatria, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 17).
La sfida in questa scoperta di se stessa è la relazione con la lingua, in cui Hirschmann riesce o non riesce ad afferrare qualcosa che giace nell’ombra del non-detto, che può chiarirsi oppure rinchiudere l’energia che deriva da questa relazione. Hirschmann, che dal 1935 ha vissuto in Italia, scopre in questa situazione la forza inerente alla sua lingua materna:
“[...] l’unica mia forza elementare, che però diventa a poco a poco più debole, è la mia capacità di dire nella mia lingua materna tedesca quel che vedo e sento. Prima che essa sia completamente inaridita, voglio fissare le immagini. Perché? Per chi? Io stessa non lo so. Forse sarà più chiaro alla fine” (Ursula Hirschmann, Noi senzapatria, cit.).
Quello che Hirschmann delinea in modo esplicito è l’esperienza di parlare un’altra lingua – nel caso della Hirschmann l’italiano – che viene sentita come lingua di copertura. Parlo di copertura, perché la lingua straniera copre la libertà di muoversi nella lingua, intesa come forza elementare che conferisce la capacità di uscire dalle forme linguistiche pre-date dai cliché linguistici, imitate e spesso avvertite come svuotate di significato quando si vuole comunicare l’intensità, i colori di un’esperienza. Diventando italiana Hirschmann sperimenta una forma d’assimilazione in cui apparentemente continua a parlare una lingua e ad avere un comportamento, modi di fare diversi da quelli delle sue amiche italiane, ma l’adattamento va più in profondità, perché copre la differenza che non trova espressione. Finché la Hirschmann non scoprirà la sua madrelingua come una forza che le conferisce la possibilità di dire la sua esperienza questa diversità sparirà nell’adattamento, appare a volte solamente inquietudine, malinconia, senso di estraneità.( qui il resto dell'articolo  ) >>

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