22.8.15

Alessandra e la magica gita in Supramonte alla scoperta della natura e degli animali

  da  www.unionesarda.it  Oggi alle 14:51 - ultimo aggiornamento alle 15:09



alessandra faccia a faccia con una mucca (foto franca loru)
                          Alessandra faccia a faccia con una mucca (foto Franca Loru)
Cosa accade a una bambina di 2 anni che per la prima volta viene a contatto con la natura ancora incontaminata di uno degli angoli più belli e selvaggi della Sardegna?
Alessandra, come tutti i bambini di oggi, ha più dimestichezza con cellulari e schermi al plasma che con gli animali che vivono liberi sulle montagne.
Il Supramonte di Urzulei
                   Il Supramonte di Urzulei
Una gita per le impervie piste del Supramonte di Urzulei è la buona occasione perché conosca dal vivo ciò che molti possono vedere solo in video.
Alessandra fa conoscenza con un maialetto (Loru)
                  Alessandra fa conoscenza con un maialetto (Loru)
La passeggiata inizia nella piana del Cuile Televai, ultima roccaforte dei caprai della zona. Il paesaggio si fa sempre più idilliaco ma sono ancora visibili le ferite provocate dalla grande alluvione del novembre 2013. I maialini al pascolo subito catturano l’attenzione di Alessandra che si lancia all’inseguimento dei giocosi animali.
Alessandra dà da mangiare agli asinelli (foto Loru)
                        Alessandra dà da mangiare agli asinelli (foto Loru)
Alla fine la bimba, con la sua spensierata innocenza, riuscirà a conquistare la fiducia del più coraggioso del gruppo, che verrà ricompensato con parte della sua merenda. Più timide le mucche che, schive e diffidenti, non si lasciano incuriosire da questa bambina che scopre per la prima volta un nuovo mondo, come se fosse un sogno.
Alessandra faccia a faccia con una mucca (foto Franca Loru)
                        Alessandra faccia a faccia con una mucca (foto Franca Loru)
Ma è con un branco di asinelli che Alessandra stringerà la più profonda sintonia e amicizia, riscoprendo quell’armonia tra uomo e natura che la società moderna troppo spesso tende a dimenticare.
L'asinello e la bimba (Loru)
                           L'asinello e la bimba (Loru)
La scena più bella al momento del commiato, quando gli animali e la bambina si lasciano dopo un lungo abbraccio. E’ ora di tornare alla realtà.
I nuovi amici con le orecchie grandi (Loru)
                             I nuovi amici con le orecchie grandi (Loru)
Il sogno sembra svanire nel nulla, ma per sempre rimarrà il ricordo di una natura ancora integra che le nuove generazioni avranno il dovere di difendere da una modernità troppo spesso indifferente e cinica. (g. d.)
Alessandra saluta i suoi nuovi amici (Loru)
                      Alessandra saluta i suoi nuovi amici (Loru)

La didattica dell’ascolto sa risvegliare l’orecchio di numerosissimi ascoltatori. È tempo di portare la musica di qualità al pubblico del Terzo Millennio di Antonio Deiara


E pensare che io e lui , quando lo avevo avuto come prof alle medie non andavamo d'accordo . Lo giudicavo un dittatore per la sua ( poi mi sono reso conto che aveva ragione perchè io ero troppo indisciplinato ) severità . Ed ora a distanza di 30 anni gli do ragione al 90 % specie sua musica d'oggi più precisamente in e lo chiamavano rap su quanto dice in questo post preso dal suo sito http://www.antoniodeiara.it/ in particolare su gli zanfaraioli ( ambulanti \ bancarellisti letteralmente dal gallurese secondo questo dizionario italiano -gallurese ) espressione con cui in senso figurato si definisce musica da quattro soldi quella che Guccini nella famosa ...... canzone : << colleghi cantautori, eletta schiera, che si vende alla sera per un po’ di milioni,voi che siete capaci fate bene a aver le tasche piene e non solo i coglioni… >>


Immaginate 450 ragazzi seduti sulle panche dell’ultima fila di una chiesa, in silenzio, senza telefonini e Facebook, con gli occhi attenti ai movimenti dei piedi e delle mani dell’organista, e delle dita dei violinisti proiettati sullo schermo più vicino, con le orecchie protese verso il tema dell’orchestra d’archi. Novanta secondi, il brano si conclude ed esplode l’applauso. Cinquantacinque minuti e il “Concerto Politematico 3.0” ha termine, con un’imprevedibile richiesta di bis da parte dei giovani e giovanissimi ascoltatori. È accaduto a Sassari, nella Basilica del Sacro Cuore; si è ripetuto nella Chiesa di San Sisto, al Centro storico. Potenza della “Didattica dell’ascolto”! È tempo di portare la musica di qualità al pubblico del Terzo Millennio.
Parafrasando Franco Battiato, viviamo strani giorni, anche noi che procediamo sui sentieri pentagrammati, ritenuti sicuri fino a pochi anni or sono. Dilagano fenomeni paramusicali che avviluppano l’ascoltatore indifeso nelle spire di videoclip ammalianti nei quali, quasi come nel viaggio di Ulisse, sirene più o meno siliconate si trasformano ben presto in arpie bramose di denaro e followers. L’errore sarebbe quello di rinchiudersi nelle torri d’avorio dei talebani del pentagramma. Ben presto, gli zombies dei prodotti pseudo musicali, circonderebbero ed abbatterebbero le torri dei puristi della monocultura classica o jazz. I sopravvissuti, musicisti di grandissimo livello ma operatori culturali autoreferenziali, sopravviverebbero rimpiangendo un’Ètà dell’oro frutto della loro fantasia autoassolutoria.
La strada da percorrere è una quattro corsie: rispetto per il “vissuto musicale” di ogni persona, perché i gusti dell’ascoltatore non si modificano con le critiche ma con l’istruzione musicale; rispetto delle scelte vocali e/o strumentali e/o compositive proposte dagli allievi, a partire dalle Scuole Elementari e Medie, ai docenti pentagrammati vecchi e, soprattutto, giovani; applicazione dell’”Educazione Musicale Diffusa” a partire almeno dalla prima classe della Primaria; utilizzo costante della “Didattica dell’ascolto” verso le nuove generazioni di interpreti ed ascoltatori.
La “Didattica dell’ascolto” sa risvegliare l’orecchio di numerosissimi ascoltatori. Occorre proporre al pubblico brani molto brevi e marcatamente diversi fra loro; dato che viviamo nel Secolo dell’immagine, tutti i presenti al “Concerto Politematico 3.0” devono poter vedere da vicino le mani del musicista, l’agilità delle dita del violinista o la stupefacente fluidità del “tacco e punta” dei piedi dell’organista. Cinquantacinque minuti di emozioni spingono l’ascoltatore a ripetere l’esperienza e a farla vivere ad amici e parenti. Due ore di noia mortale allontanano, non di rado per sempre, anche l’orecchio più paziente. “Circuitiamo”, cioè portiamo anche nei quartieri cittadini, nei paesi grandi e piccoli, nelle comunità e, soprattutto, nelle Scuole di ogni ordine e grado, il patrimonio di musica di qualità prodotto ogni anno da Indirizzi strumentali, Licei musicali e Conservatori, da Scuole di musica civiche e private, Bande, Cori, Ensembles, Band e solisti. È tempo di portare la musica di qualità agli ascoltatori del Terzo Millennio, prima che sia troppo tardi.


e un altro artista che anche la pensa allo stesso modo è il mio amico e fidale ( lui d'aprile io di febbraio ) Giacomo spano






Diplomato in chitarra e in didattica della musica strumentale presso il Conservatorio di Sassari, da diversi anni affianca all'attività di insegnante presso le scuole medie a indirizzo musicale e scuole civiche quella concertistica come solista e in formazioni cameristiche, spaziando dalla musica classica a quella etnica e popolare


Ha inoltre collaborato con associazioni culturali per la realizzazione di lavori discografici rivolti al recupero e la valorizzazione del repertorio musicale popolare del nord Sardegna. E' autore di un metodo per chitarra classica dal titolo "La mia chitarra" edito da Casa Musicale Eco. Il quale << [...] la realizzazione di questo metodo è stata ispirata principalmente dall’idea di proporre un’opera didattica che si configurasse come “libro di testo” per allievi delle scuole medie a indirizzo musicale. Ritengo tuttavia che, per le sue caratteristiche e per quelle dei brani antologici in esso contenuti, il
testo possa comunque essere un valido strumento per principianti della chitarra di qualsiasi età. >> alla Prefazione. E che ha avuto ottime recensioni in ambito musicale infatti << [...] Il testo è utile e interessante sia per gli studenti delle scuole medie a indirizzo musicale, sia per chi desidera avvicinarsi allo studio della chitarra >> ( http://www.seicorde.it/ )  . Un  ottimo libro per  chi vuole avvicinarsi  allo  strumento in questione   . Infatti Il libro contiene:
  • le esercitazioni in ordine progressivo
  • una ricca antologia con oltre 120 brani
  • un CD con 50 brani per l'autoverifica

Il testo è suddiviso in quattro parti, che affrontano ciascuna le principali peculiarità dello strumento e le relative tecniche. In ogni parte si distinguono poi due momenti dello studio: uno dedicato all’acquisizione della tecnica e delle nozioni teoriche attraverso gli studi, e un altro riservato all’esecuzione e all’interpretazione dei brani antologici.



Spirito di © Daniela Tuscano

ti potrebbe interessare

Anche questo è martirio. Soprattutto questo. Khaled Asaad [foto sotto al centro  ] è morto per quelle pietre, per quella memoria litica che stava lì, a immortalare non solo l’umana vicenda, ma la peribilità degli dèi.

Khaled è stato torturato per mesi da Is/Daesh nel solito silenzio complice e criminale di Turchia e Occidente, poi decapitato, appeso a una colonna – uno dei tanti simboli da lui protetti e amati – a 82 anni. La sua testa l’hanno posta al basamento con ancora indosso gli occhiali. Di questi neonazisti in versione mediorientale tutto si può dire, tutto si può e si deve maledire – e stroncarli, stroncarli senza esitazione – ma non che siano stupidi. Anch’essi usano una loro simbologia, e gli occhiali lasciati sul capo dell’insigne studioso non sono solo un’irrisione, ma il manifesto odio l’uomo colto, che osa
dubitare: pure degli dèi, quegli dèi succedutisi, come accennavamo prima, nel macigno dei secoli, lettura per umani, evoluti o perduti con essi. E tuttavia sempre presenti, a suggellare un tempo che, comunque, fluisce; un prima e un dopo sono esistiti ed esisteranno ancora. La sterile fissità degli assassini, avida, consumistica – non desideravano impossessarsi dei reperti per distruggerli bensì per rivenderli al mercato nero a ricchi collezionisti occidentali e quindi investire il ricavato in armi: che tutti i sedicenti amanti delle antichità sappiano – è il marchio avvilente del loro declino ateo; la  negazione dell’evoluzione, anche della percezione di Dio, il rifiuto della propria natura profonda, proteica e multicosmica. Periranno, assieme a chi li ha tollerati e finanziati, e continua a farlo. Entrambi sorgono dalla decrepitezza d’una banconota. E da tarli antichi, come gli aguzzini di Ekin Van  [foto in alto   a  destra   ], naturalmente curda, naturalmente trucidata da turchi sodali di Daesh – turchi, membri della Nato -, d’una turpitudine così banale da non trovar di meglio che spogliarlo, quel corpo, perché va sempre bene, perché una donna nuda è sempre indecente e lasciva e umiliata. Si perpetra, anch’esso nel suo fissismo senza storia, il martello della misoginia, che non sa parlare, ma solo ringhiare e sbranare. Demoliscono e distruggono antichissimi monasteri cristiani, senza escludere gli umani: di tutti i perseguitati, i seguaci di Cristo sono i più ignorati dall’Occidente, che li accoglie con un’alzata di spalle, che non li riconosce nemmeno; cristiani in Oriente, come si trattasse d’una vicenda eccentrica, distorta. 



Invece essi nascono laggiù. La nostra coscienza s’è dispersa in quelle pietre che non hanno nulla di mistico nel senso di certo ayurveda riveduto e corretto. Il misticismo cristiano è aridità di deserto, roccia di comunione. Non è distacco dal mondo, ma è mondo, un mondo lacero e sofferente, accettato e sfrangiato. Spiritualmente siamo tutti semiti, diceva Pio XI, ma lo Spirito, che soffia dove vuole, si è allontanato dai nostri angoli…
No. Non ci fa mai mancare il suo soffio, il suo ruah. Ma non sappiamo più riconoscerlo.

                                             © Daniela Tuscano

21.8.15

tutto viaggia . anche un Il messaggio in bottiglia che arriva sulla spiaggia dopo un secolo in mare e riaffiora ala menoria del passato






  A  volte  le coincidenze  trovano me  .  Stavo  mettendo   in ordine la mia  bacheca  di  fb   e condividendo  tale post   con sottofondo  Message In A Bottle  -  The   Police


  ho  trovato  sull' www.unionesarda.it  Oggi alle 17:14   questa news

Il messaggio in bottiglia arriva sulla spiaggia dopo un secolo in mare 



un messaggio in bottiglia
                      Un messaggio in bottiglia

 Dopo un viaggio di oltre un secolo tra le onde, il messaggio in bottiglia arriva a destinazione. Nelle acque davanti all'isola tedesca di Amrum una pensionata, Marianne Winkler, ha recuperato la bottiglia e attraverso il vetro ha letto una parte del messaggio inserito:"Rompere la bottiglia". La donna, curiosamente un'ex postina, dopo essersi consultata con il marito Horst ha deciso di procedere. Il foglio conteneva un messaggio scritto in inglese, tedesco e olandese con la richiesta di annotare il luogo e la data del ritrovamento e spedire tutto alla Marine Biological Association di Plymouth, in
da  http://www.tgcom24.mediaset.it/
Inghilterra. Come ricompensa per l'impegno, uno scellino. I coniugi Winkler hanno seguito le indicazioni e, qualche giorno dopo, a Plymouth è arrivato un plico. "Potete immaginare la sorpresa quando l'abbiamo aperta", ha detto Guy Baker, direttore della Comunicazione della MBA al Telegraph. Il reperto è stato esaminato e la verità è venuta a galla: la bottiglia, con altre 1020 circa, era stata affidata alle acque del Mar del Nord tra il 1904 e il 1906 nell'ambito di uno studio sulle correnti. La MBA, per onorare l'accordo, ha inviato ai signori Winkler uno scellino. Ora la coppia tedesca aspetta il verdetto del Guinness World Records, che dovrà certificare se il messaggio sia il più vecchio tra quelli affidati alle onde. L'attuale primato spetta ad una bottiglia che ha navigato per 99 anni.


  che  mi  ha  riportato alla mente  una vecchissima     di  topolino  della seconda metà degli anni '80    stolria    che   ho ritrovato  grazie  a   questo  mio messaggio




 che  lasciai  sul forum  del portale  http://www.papersera.net/  e  che mi  fece   riscoprire  questa  storia  pubblicata   30 anni fa
da outducks.org

e quindi come da   , mi chiedoe mi faccio per  parafrasare  Guccini   le solite  domande  consuete  : <<  ma  le coincidenze  esistono ?   >>  per  il momento non lo so  vado a rifletterci   , e  poi  vi  saprò  dire . 

20.8.15

ed hannno anche il telefonino ... un altra bufala sugli immigrati


Lo  che   come dice    il  commento qua sotto  preso  dall'articolo    di cui si parla  nel post  d'oggi  


Ma l'hanno capito anche i muri,che la destra tramite gli amici "media house organ" insistono sui tasti dei nomadi e sugli immigrati clandestini o rifugiati che siano,e se vuole una previsione tutto l'ambaradan premierà alle prossime elezioni politiche,nelle quali andranno al ballottaggio le stelle e i legacaimani,anche i primi non si sbilanciano sul grande problema dei disperati,chi al contrario se ne fa carico e cerca soluzioni prenderà una bastonata sul groppone mica da ridere.E allora vai sul telefono o sulla richiesta del wi-fi da parte degli immigrati,insieme alla scabbia si vinceranno le elezioni,del resto anche i francesi ora al potere se la stanno giocando su questi temi,salvo poi prendere atto che con i fenomeni alla santadechè al governo,tutte queste polemiche finiranno ma i problemi quelli rimarranno tali.





ma i luoghi comuni , anche se nessuno di noi n'è immune , mi danno fastidio specialmente quando una volta smontanti continuano a circolare ed ad essere prese sul serio diventando verità assolute \ leggende metropolitane . Ma spoprattutto perchè << Dal momento che non c'è nulla di più eterno di una bufala, specialmente se razzista, queste convinzioni continuano a circolare indisturbate nonostante i sempre più numerosi articoli e precisazioni. Abbiamo quindi deciso di raccoglierne qualcuna tra quelle più diffuse in questo momento.>>(  da  http://www.vice.com/it/read/migranti-bufale-polemiche-234  ora  trasferito su  https://www.facebook.com/vice.italia  )  





Uno dei luoghi più comuni nella letteratura di base contro gli immigrati - le telefonate alle radio, i titoli di Libero, gli sfoghi sui social - è quel misto di stupore e di sdegno perché moltissimi tra quanti arrivano con i barconi sono muniti di telefono mobile, a volte anche di buona qualità.La cosa è interessante perché tradisce la convinzione che il cellulare sia un oggetto se non da ricchi, quanto meno non da affamati, non da disperati; o forse addirittura un bene superfluo, uno status proprio di chi sta nella mid-class o ancor più su, come da noi negli anni Novanta.Capisco la dispercezione, ma è appunto sbagliata.Ogni giorno nel porto di Lomé, così come in altri centri commerciali africani, arrivano decine di migliaia di cellulari. Sono quasi tutti di produzione cinese o, in alternativa, scarti dell'Europa, vale a dire quei telefonini che noi abbiamo buttato via: molti dei quali non funzionanti,
ma utili a metterne insieme uno che invece va benissimo se smontato e rimontato con i pezzi di altri.Questo gigantesco import avviene perché in Africa (ma un po' in tutte le economie fortemente rurali e arretrate, comprese alcune asiatiche) la domanda di telefonini è enorme e dovuta all'uso decisamente diverso che se ne fa, rispetto a noi europei o americani.Qualche tempo fa l'Economist dedicò al tema un piccolo approfondimento, avvalendosi di una ricerca fatta sul Kenya. In generale, in quei tipi di economia il cellulare è fondamentale non per chattare su Facebook o giocare a Ruzzle, ma per molte delle attività che garantiscono la sopravvivenza, in contesti dove tra l'altro la telefonia fissa è molto scarsa.Con un cellulare, ad esempio, posso sapere dalla mia rete sociale (la vastissima "nuvola" parentale-amicale propria di quei Paesi) dove c'è erba per pascolare le capre e dove no; dove andare a recuperare l'acqua se il rigagnolo abituale si è estinto per siccità; da chi farmi prestare un mulo o un dromedario se non ce l'ho e devo fare un trasporto di legna perché la pioggia mi ha tirato giù mezza casa.E così via: attività appunto di sopravvivenza. Così come di sopravvivenza è l'uso del cellulare per il trasferimento di denaro, uno dei punti più sottolineati dall'Economist, e sappiamo che l'arrivo o meno di soldi dai parenti emigrati è spesso decisivo per campare la famiglia intera. La stessa ricerca citata dal settimanale inglese rivela come il mantenimento del credito del telefonino sia diventato talmente importante da indurre molti a rinunciare perfino a mangiare con regolarità o ad altri consumi molto basic.Non è uno scoop, è una cosa che chiunque abbia frequentato un po' i peggiori villaggi africani o asiatici ha visto con i suoi occhi: donne e uomini vestiti letteralmente di stracci, che dormono nella merda di capra, ma muniti di cellulare. E se la prima volta la cosa può straniare un po', basta fare tre domande per capire che non si tratta di una scelta eccentrica o consumista, ma molto pragmatica ed essenziale. Specie in villaggi dispersi in immense aree e collegati tra loro solo da sentieri da fare a piedi.Quanto ai costi dell'hardware, anche qui si tratta solo di sapere alcune cose fondamentali, prima di indignarsi.I cellulari in mano agli africani sono, di solito, cinesi o occidentali-rigenerati, ma ormai ci sono anche produzioni locali. Non si va certo a comprarli nei negozi in città (quelli con le vetrine), ma sulle bancarelle o attraverso le varie forme di commercio informale (il cugino dell'amico dello zio della vicina). In questo modo, si riescono a trovare device perfettamente funzionanti e a volte di marca tra i 15 e i 30 dollari. Calcolando uno guadagno medio della classe più bassa attorno ai due o tre dollari al giorno, si capisce che, con qualche sacrificio, nel giro di tre o quattro mesi quasi chiunque è in grado di acquistarne uno. Inoltre, ultimamente molte aziende che producono telefonini hanno lanciato modelli low cost (compresi alcuni smartphone) e Microsoft, ad esempio, su quei mercati propone un Nokia 215 a 29 dollari.Ecco, quando vediamo un migrante sul barcone con il cellulare in mano, forse dovremmo sapere tutto questo. E magari anche che attraversare il deserto del Sudan e della Libia senza telefonino equivale a votarsi al suicidio sicuro: quindi se è uno strumento indispensabile per la vita quotidiana nei villaggi di fame, lo è ancora di più se da quei villaggi di fame si prova a uscire per tentare una vita altrove.


quindi  prima  di dare  fiato ale trombe   ragionate  cazzarola 

19.8.15

Martin accolto in Italia, si è laureato in Farmacia e ora è tornato a casa, in Togo

  ti potrebbe onteressare


Questa è una storia che dovrebbero leggere  i  salvinisti   e colleghi che  cavalcano   demagocicamernte la questione dell'immigrazione e   si limitano a dire  (  le cose più benevoli  )    aiutiamoli  a casa loro  ,  senza  spiegare come  o   dagli la possibilità  \  i mezzi  per farlo  . cosi' dovrebbero fare. essere aiutati a casa loro o aiutati a ritornare a casa loro per far progredire il paese nel migliore dei modi

da http://migranti.valigiablu.it  del 19\18\2015


Martin accolto in Italia, si è laureato in Farmacia e ora è tornato a casa, in Togo

Martin è tornato a casa sua, in Togo. Era a Padova da sette anni, mandato qui dalla famiglia per studiare all’università. Appena due mesi dopo il suo arrivo in Italia è morto il padre, unico sostegno del nucleo familiare. Ad aiutarlo in questi anni siamo stati in tanti, in primis il coro il Bell’Humore, di cui Martin è stato un bravo tenore.Oltre che alla musica si è appassionato al giardinaggio: “Prima non capivo perché in Italia gli uomini regalassero fiori alle donne – confessa – Ora voglio fare un giardino anche a casa mia”: in valigia porta con sé semi e bulbi.Dopo essersi laureato in Farmacia e aver superato l’esame di stato, ora ha deciso di tornare. A casa lo aspettano la mamma, tre fratelli e uno stuolo di parenti. È pieno di idee e di progetti, ed è convinto che con i suoi studi e le esperienze acquisite in Italia riuscirà a a guadagnarsi da vivere e a rendersi utile al suo paese e alla sua famiglia.
IMG_3459
Ci dispiace, naturalmente, e ci mancherà molto, ma è giusto così: averlo frequentato, averlo visto crescere e diventare uomo, superando molteplici difficoltà con eleganza e leggerezza, è stato molto bello, e il legame che abbiamo stretto con lui non si interromperà. Ci mancherà la quotidianità, ma continueremo a sostenerlo nei suoi progetti, ci saranno telefonate e scambi di visite. E lui sa che se le cose non dovessero funzionare (sette anni lontani dal proprio paese non sono pochi, e le differenze fra Italia e Togo sono abissali) saremo pronti a riaccoglierlo.In questi anni Martin ha assistito con perplessità, ma senza troppa sorpresa, all’alzata di scudi contro i profughi e i migranti che arrivano nel Veneto, e ha subito anche lui atti di razzismo. “Ma se alcuni mi hanno trattato male, ho incontrato molti altri che mi hanno voluto bene. D’altronde se vai all’estero devi aspettarti che ti guardino con ostilità. Per questo io dico ai miei coetanei africani: se riuscite a farcela, a guadagnarvi da vivere, non lasciate il vostro paese. Qui le cose possono essere molto difficili. Ma gran parte di quelli che vengono in Europa, anche se non fuggono dalla guerra o dalle persecuzioni, fuggono da una miseria che non consente loro di sperare nel futuro”.Io credo che aiutare questi ragazzi anche a termine, 

IMG_0149“adottarli” nelle nostre associazioni e nei nostri gruppi, consentire loro di farsi delle esperienze, di imparare qualcosa, di lavorare e mettere via qualche euro, magari anche andando e venendo stagionalmente dal loro paese, potrebbe servire ad alleggerire la pressione migratoria, a calmare la paura dell’invasione, e forse a far crescere economicamente i loro luoghi d’origine: senza contare che frequentarli, conoscerne le fragilità e le speranze, farebbe crescere in umanità e cultura tutti noi. Certo, è complicato farlo se loro arrivano a decine di migliaia: ma noi siamo decine di milioni, e pure nelle difficoltà rimaniamo incommensurabilmente più ricchi. Basterebbe che ognuno di noi facesse quello che può, invece di chiudere le porte in faccia a tutti, a priori.

The best of RINO GAETANO

L’Isis decapita un anziano archeologo e lo appende a una colonna, choc a Palmira L’ultimo orrore dei jihadisti. L’82enne Khaled Asaad era uno studioso conosciuto a livello internazionale

da  la  stampa  del 19/08/2015

L’Isis decapita un anziano archeologo e lo appende a una colonna, choc a Palmira
L’ultimo orrore dei jihadisti. L’82enne Khaled Asaad era uno studioso conosciuto a livello internazionale


L’archeologo Khaled Asaad era conosciuto per il suo lavoro di studioso anche a livello internazionale




Un archeologo 82enne è stato decapitato ed appeso ad un’antica colonna dai militanti dell’Isis nella piazza principale di Palmira, storica città della Siria. Lo ha reso noto il responsabile delle antichità siriane Maamoun Abdulkarim, precisando di essere stato informato dalla famiglia della vittima. L’uomo è stato prima ucciso a coltellate davanti alla folla nella piazza della città. 
Khaled Asaad è stato per oltre mezzo secolo il responsabile delle antichità del sito archeologico. Era stato arrestato da oltre un mese e sottoposto alle interrogazioni dei militanti sunniti radicali, la corrente ultra ortodossa dell’Islam. Abdulkarim ha sottolineato che Asaad era conosciuto per il suo lavoro di studioso anche a livello internazionale. Nel corso degli ultimi decenni aveva lavorato con missioni archeologiche statunitensi, francesi, tedesche e svizzere.

prima vennero .... dedicato ai malpancisti e \ panzanisti



liberamente tratta da https://goo.gl/qKCo8S di Emiliano Deiana e  dal  famoso poema    Prima vennerro  ....  (  per  maggiori news  e  la storia  sulla sa  diffusione    e riutilizzo     https://it.wikipedia.org/wiki/Prima_vennero...  )  dedicato a tutti\e i mie contatti panzanisti \ bufalisti che parlano e scrivono con a pancia


Prima di tutto vennero a prendere i direttori stranieri dei musei, e fui contento, perché a me non me ne fregava un cazzabubbolo dell'arte. Poi vennero a prendere i richiedenti asilo imbarcati sul traghetto Tirrenia, e stetti zitto, perché mi stavano sui coglioni i marinai napoletani della Tirrenia con la tazzulella 'e cafe'. Poi vennero a prendere i clandestini, e fui sollevato, perché ci rubavano il lavoro. Poi vennero a prendere i frati trappisti, e io non dissi niente, perché non ero un trappista e non leggevo Famiglia Cristiana. Un giorno vennero a prendere ma ero distratto prchè condividevo i link di Catena Umana e di Imola Oggi e simili

18.8.15

Oristano, l'appello degli amici dell'eroe di Ferragosto: "Mandateci i filmati di quanto accaduto" .

Secondo me si può onorare lo stesso la memoria di questo grande eroe..senza aver bisogno di visionare filmati o quant'altro.! Lasciatelo riposare in pace...se siete veri amici non avete bisogno di vedere quei momenti.ma ricordarlo come era.perché se è stato eroe nel salvare due incoscienti..sarà stato eroe tutti i giorni della sua vita terrena.


L'UnioneSarda.it Oggi alle 13:06 - ultimo aggiornamento alle 13:22




Oristano, l'appello degli amici dell'eroe di Ferragosto: "Mandateci i filmati di quanto accaduto"



la tragedia di san giovanni di sinis

                        La tragedia di San Giovanni di Sinis
Dopo i funerali di Vincenzo Curtale   (  foto    sotto  )  celebrati ieri a Oristano nella chiesa di San
Sebastiano stracolma di gente, oggi è il giorno degli appelli per cercare di fare piena luce sulla tragedia accaduto nella spiaggia di San Giovanni di Sinis a Ferragosto.A lanciarlo sono gli amici del coraggioso 41enne morto per salvare una coppia di turisti che rischiava di annegare,

Il momento della tragedia in spiaggia
                                        Il momento della tragedia in spiaggia

A lanciarlo sono gli amici del coraggioso 41enne morto per salvare una coppia di turisti che rischiava di annegare, i quali si rivolgono a chiunque abbia filmato le varie fasi del salvataggio e della successiva tragedia. "E importante che ci mandiate qualsiasi documento audiovisivo, anche se frammentato e parziale di quanto accaduto. E' fondamentale per ricostruire nei dettagli i fatti e onorare la memoria di Vincenzo. Potete contattare Luca al numero 3391119545".



Vivian Maier Street Photographer al man di Nuoro Spoiler con foto della mostra

 “Ho fotografato i momenti della vostra eternità perchè non andassero perduti", scrive la Maier in una lettera ai “suoi” bambini, ormai cresciuti. 

Un colpo del destino ha salvato quei momenti dall’oblio, e li ha restituiti all’eternità.


Prima  d'iniziare il post  d'oggi  devo fare  una premessa  .


Lo so che per queste nuove generazioni ( meta degli anni '80 \ 90-2000 ) sarò antiquato nell'usare llo  spoiler ( antricipazioni   un termine  ormai  caduto in disuso   visto che  ormai    sui media in
DA  http://quinlan.it/upload/images/2014/04  tramite  google


particolare sui social e è impossibile non averne  e  sono sempre  più rari coloro  che lo praticano  . M;a  soprattutto non mi  va    da quelli della mia e  delle generazioni precedenti essere  definito  "sconciajochi" 
Infatti  Ma io l'uso lo stesso perchè non mi va di rovinare l'emozione a chi ancora non l'ha vista e vuole andare a vedersi la mostra ( sarà fino al 18 ottobre ) di Vivian Maier . Mi  scuso  s e  le  foto  non sono un granchè e se  in esse  si vede la mia ombra  . Ma   è la  prima  volta  che fotografo con la  digitale  dele cose  davanti al vetro  \  specchio  



Adesso andiamo ad  incominciare .
Nella giornata  del 16\8\2015  sono andato  al man di  Nuoro  a vedere questa mostra  ecco  la presentazione    presa dal sto del museo   



Vivian Maier
Street Photographer

10.07  -  18.10.2015 

Inaugurazione: 10 Luglio 2015
Dopo gli Stati Uniti il fascino di Vivian Maier sta incantando l’Europa.
Bambinaia per le famiglie benestanti di New York e Chicago sino dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, per oltre cinque decadi ha fotografato la vita nelle strade delle città in cui ha vissuto senza mai far conoscere il proprio lavoro. Mai una mostra, neppure marginale, mai una pubblicazione.Ciò che ha lasciato è un archivio sterminato, con più di 150.000 negativi, una miriade di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, appunti e altri documenti di vario genere che la tata “francese” (la madre era originaria delle Alpi provenzali) accumulava nelle stanze in cui si trovava a vivere, custodendo tutto con grande gelosia.Confinato infine in un magazzino, il materiale è stato confiscato nel 2007, per il mancato pagamento dell’affitto, e quindi scoperto dal giovane John Maloof in una casa d’aste di Chicago. La mostra al MAN di Nuoro, a cura di Anne Morin, realizzata in collaborazione con diChroma Photography, sarà la prima di Vivian Maier ospitata da un’Istituzione pubblica italiana.Partendo dai materiali raccolti da John Maloof, il progetto espositivo fornisce una visione d’insieme dell’attività di Vivian Maier ponendo l’accento su elementi chiave della sua poetica, come l’ossessione per la documntazione e l’accumulo, fondamentali per la costruzione di un corretto profilo artistico, oltre che biografico.Insieme a 120 fotografie tra le più importanti dell’archivio di Maloof, catturate tra i primi anni Cinquanta e la fine dei Sessanta, la mostra presenta anche una serie di dieci filmati in super 8 e una selezione di immagini a colori realizzate a partire dalla metà degli anni Sessanta. Privi di tessuto narrativo e senza movimenti di camera, i filmati fanno chiarezza sul suo modo di approcciare il soggetto, fornendo indizi utili per l’interpretazione del lavoro fotografico.Gli scatti degli anni Settanta raccontano invece il cambiamento di visione, dettato dal passaggio dalla Rolleiflex alla Leica, che obbligò Vivian Maier a trasferire la macchina dall’altezza del ventre a quella dell’occhio, offrendole nuove possibilità di visione e di racconto.La mostra sarà inoltre arricchita da una serie di provini a contatto, mai esposti in precedenza, utili per comprendere i processi di visione e sviluppo della fotografa americana.A conquistare il pubblico, prima ancora delle fotografie, è la storia di “tata Vivian”, perfetta per un romanzo esistenziale o come trama di una commedia agrodolce; talmente insolita, talmente affascinante, da non sembrare vera.Ma al di là del racconto, al di là delle note biografiche, dei piccoli grandi segreti rivelati dalle persone che l’hanno conosciuta, al di là del suo ritratto di donna eccentrica e riservata, dura e curiosa come pochi altri, custode di un mistero non ancora svelato, al di là di tutto c’è il grande lavoro fotografico di Vivian Maier, su cui molto rimane ancora da dire.Vivian Maier ha scattato perlopiù nel tempo libero e a giudicare dai risultati si può credere che, in quel tempo, non abbia fatto altro. I suoi soggetti prediletti sono stati le strade e le persone, più raramente le architetture, gli oggetti e i paesaggi.Fotografava ciò che improvvisamente le si presentava davanti, che fosse strano, insolito, degno di nota, o la più comune delle azioni quotidiane. Il suo mondo erano “gli altri”, gli sconosciuti, le persone anonime delle città, con cui entrava in contatto per brevi momenti, sempre mantenendo una certa distanza che le permetteva di fare dei soggetti ritratti i protagonisti inconsapevoli di piccole-grandi storie senza importanza.Ogni tanto però, in alcune composizioni più ardite, Vivian Maier si rendeva visibile, superava la soglia della scena per divenire lei stessa parte del suo racconto. Il riflesso del volto su un vetro, la proiezione dell’ombra sul terreno, la sua silhouette compaiono nel perimetro di molte immagini, quasi sempre spezzate da ombre o riflessi, con l’insistenza un po’ ossessiva di chi, insieme a un’idea del mondo, è in cerca soprattutto di se stesso. In questa indagine senza fine talvolta coinvolgeva anche i bambini che le venivano affidati, costringendoli a seguirla in giro per la città, in zone spesso degradate di New York o di Chicago. A uno sguardo sensibile e benevolo per gli umili, gli emarginati, univa una vena sarcastica, evidente in molti scatti rubati, che colpiva un po’ tutti, dai ricchi borghesi dei quartieri alti agli sbandati delle periferie. “Di Vivian Maier – afferma Lorenzo Giusti, Direttore del MAN - si parla oggi come di una grande fotografa del Novecento, da accostare ai maestri del reportage di strada, da Alfred Eisenstaedt a Robert Frank, da Diane Arbus a Lisette Model. Le grandi istituzioni museali fanno però fatica a legittimare il suo lavoro, vuoi perché, in tutta una vita, non ebbe una sola occasione per mostrarlo, vuoi per la diffusa – e legittima - diffidenza verso l’attività degli “hobbisti”. Ma i musei, si sa, arrivano sempre un po’ in ritardo.Delle opere di Vivian Maier non colpisce soltanto la capacità di osservazione, l’occhio vigile e attento a ogni sensibile variazione dell’insieme, l’abilità di composizione e di inquadramento. Ciò che più impressiona è la facilità nel passare da un registro all’altro, dalla cronaca, alla tragedia, alla commedia dell’assurdo, sempre tendendo saldamente fede al proprio sguardo. Una voce rimasta per molto tempo fuori dal coro, ma senza dubbio ben accordata”.


Una mostra bellissima e ben organizzata . Essa occupava ben due pian su tre dello stabile .Oltre alle foto ed ai filmini c'erano ( mi mordo le mani nel non averli immortalati ma pazienza c, è inutile piangere sul lattte versato ) .anche i suoi " attrezzi del suo hobby " macchina fotografiche e cineprese da lei usate . . Sono cointento d'aver  visto la mostra  dedicata  Vivian Maier in quanto   <<  è   oggi unanimemente considerata una delle esponenti più importanti della fotografia di strada del Novecento, benché i suoi lavori siano stati ignorati per decenni e poi scoperti, valutati e apprezzati soltanto in tempi recenti, dopo la sua morte. Infatti   


 da  https://it.wikipedia.org/wiki/Vivian_Maier

 [----]
La maggior parte delle sue foto sono "street photos" ante litteram e può essere considerata una antesignana di questo genere fotografico. Inoltre, scattò moltissimi autoritratti, caratterizzati dal fatto che non guardava mai direttamente verso l'obiettivo, utilizzando spesso specchi o vetrine di negozi come superficie riflettente.
La sua vita può essere paragonata alla vita della poetessa statunitense Emily Dickinson, che scrisse le sue riflessioni e le sue poesie senza mai pubblicarle e, anzi, a volte, nascondendole in posti impensati, dove furono ritrovate dopo la sua morte.
[----]

Maier nacque a New York nel 1926 e morì a Chicago nel 2009, a 83 anni, senza famiglia e dopo aver trascorso gran parte della sua vita praticamente da squattrinata. I notevoli guadagni ottenuti da alcuni collezionisti – che per poche centinaia di dollari si sono ritrovati proprietari di decine di migliaia di negativi di foto di Maier non sviluppate, e oggi valutate intorno ai 2 mila dollari a pezzo – hanno di recente avviato un interessante dibattito sulla controversa eredità di Maier, diventata nei mesi scorsi un caso giudiziario: se ne è approfonditamente occupato un articolo del New York Times. [... ]   >> (  da   un articolo   di www.ilpost.it )
Credo che    essa   sarà  una dele ultime se  non l'ultima  volta  che    si potra' vedere in pubblico i suoi




lavori in quanto  -- sempre  secondo l'articolo de  ilpost ---   c'è ed  è in  corso  Una causa legale dovrà chiarire chi sono gli eredi legittimi della fotografa statunitense e il processo potrebbe durare diversi anni e, nel frattempo, portare alla sospensione di qualsiasi mostra o esposizione delle fotografie di Maier finché l’eredità legale non sarà determinata. . Infatti il sito  http://www.vivianmaier.com non è   aggiornato negli eventi  



Ma  soprattutto    la vicenda    è la risposta   a i miei vecchi  che mi chiedono  perchè   mi porto dietro la video camera   la   digitale  e pubblico  tutte le  foto  ed  i video     d'eventi    culturali () concerti , manifestazioni letterarie  , ecc  )  

17.8.15

S.Antioco: successo al museo Barreca per "EstArte" con tanti artisti (video)


S.Antioco: successo al museo Barreca
per "EstArte" con tanti artisti (video)

Oggi alle 15:39 - ultimo aggiornamento alle 17:40

estarte a s antioco
EstArte a S.Antioco
La scommessa intellettuale era ardita: scardinare definitivamente l’idea consueta di museo come tradizionale luogo di tutela di preziosissimi reperti archeologici, trasformandolo in un tempio di celebrazione dell’arte declinata nelle sue manifestazioni più attuali e dinamiche.
A giudicare dal successo incassato nella serata di ieri dalla manifestazione culturale “EstArte Vol.2” al museo archeologico “Ferruccio Barreca” di Sant’Antioco, la sfida può dirsi abbondantemente superata.
Guarda le immagini
Perché l’iniziativa, organizzata dal Comune di Sant'Antioco (Assessorato alla Cultura), con la collaborazione di alcuni giovani artisti e della Cooperativa Archeotur, ha incontrato il gusto del pubblico di antiochensi e turisti.
Ascolta l'intervista alla curatrice di Serena Cirina
A partire dalle 21 le aree esterne dell’imponente spazio museale si sono trasformate in un dehors estemporaneo popolato di artisti: pittori all’opera con cavalletto piantato nel prato verde (con le coppie Nicola Obino e Luca Lauria, Luca Lindiri e Irene Porcu, e l’assolo di Laura Ennas), disegnatori alle prese con raffigurazioni impresse su corpi di modelle nelle sessioni di body-painting (grazie all’estro di Valeria Lilith Finazza), scultori armati di scalpello per forgiare blocchi di pietra (Marco Corongiu, Giorgio Secci e Marco Capicciola).
E oltre l’entrata principale, nel vivo delle aree popolate dalle teche ricche delle antiche collezioni fenicio-puniche del glorioso passato di Sulky, ancora arte con le tele dei giovani creativi (Nicola Obino, Fabio Desu, Luca Guapo Lindiri, Irene Porcu e Patrizia Palitta), dei fotografi del panorama locale (Paola Pinna, Fabio Murru, Patrick Varsi, Stefano Puddu, Fabio Garau, Massimo Calabrò, Fedele Balia, Marco Siddi, Davide Cau, Alessandro Siddi, Cristian Calabrò, Fabrizio Schirru, Dino Dini, Stelio Usai e Gabriele Bullegas) e degli scultori.
Sant'Antioco, giardino museo
Sant'Antioco, giardino museo
E per garantire l’ulteriore suggello alla serata d’atmosfera, il gradevole binomio di note e Carignano: sul palco le sonorità manouche del quartetto “MamboDjango” (Andrea Lai al contrabbasso, Samuele Dessì, Roberto Boi alle chitarre e Diego Deiana al violino) e in una delle terrazze del museo angolo degustazioni con le etichette delle cantine locali di Sardus Pater.
Testo foto e video di Serena Cirina

LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...