14.1.16

storie di viaggi ne di scalate con annessa : musica , poesia , fotografia



Le  due  storie    che trovate  sotto , mi  hanno fatto venire  in mente  oltre   :  il libro on the  un romanzo autobiografico, scritto nel 1951, dello scrittore statunitense Jack Kerouac ed  il film da esso tratto , ed la storia  di topolino n 3109  (foto a destra )  ad esso ispirata  , ed  il cd   sulla strada di de  Gregori 
Mi hanno riportato alla mente queste  due immaginiche ricevetti tempo fa  su   wzp ed  ho deciso di condividerle  con  voi   prima  di  raccontare  \   riprendere  le due  storie  d'oggi 







 


La  prima storia   viene  dala mia  sardegna  , più  precisamente   da i  piedi del Supramonte di Baunei ci sono 35 vie di arrampicata dedicate a Fabrizio De Andrè. Nel 17mo anniversario della sua morte il free climber Maurizio Oviglia, le ha risalite. Il servizio è di Daniela Usai. L intervistato è: lo stesso  MAURIZIO OVIGLIA 



La  seconda   a storia di  
Darinka Montico, 35 anni, nata sul Lago Maggiore, ha lasciato l’Italia a 19 anni. All’estero si è specializzata in fotografia. È stata insegnante di inglese in Asia, volontaria dopo lo Tsunami in Malesia, spogliarellista in Nuova Zelanda, barista in bikini nelle miniere australiane, ristoratrice in Laos, barista a Hong Kong, massaggiatrice di teste di giocatori di poker durante i tornei. Poi ha lasciato tutto e ha cominciato a percorrere tutta l’Italia a piedi. Dal suo viaggio è nato un libro “Walkaboutitalia. L’italia a piedi, senza soldi, raccogliendo sogni” (Edizioni dei Cammini, 2015). Info: www.walkaboutitalia.com





Ecco la  sjua storia  tratta  da  www.ioacquaesapone.it/articolo.php?id=2092 dove  trovate  le altre   7 foto  


L’Italia a piedi, senza soldi con una scatola piena di sogni
Darinka Montico: con uno zaino in spalla verso l’ignoto
Lun 21 Dic 2015 | di Claudia Bruno | Bella Italia




Lasciare tutto, cambiare vita e affrontare l’ignoto con lo zaino in spalla e neanche un euro nelle tasche. È quello che ha fatto Darinka Montico, fotografa, nata sul Lago Maggiore, che dopo aver vissuto per più di sedici anni all’estero ha deciso di tornare in Italia e girarla tutta, a piedi. Senza utilizzare mezzi di trasporto né accettare passaggi, Darinka è partita da Palermo con le scarpe da ginnastica ai piedi e tra le mani una scatola vuota ed è arrivata a Baveno – un  piccolo paese in provincia di Verbania, in Piemonte – sette mesi dopo, con le scarpe consumate e la scatola piena dei sogni delle persone che aveva incontrato lungo la strada. Da questa originale esperienza è nato un libro,“Walkaboutitalia” (Edizioni dei cammini, 2015), che Darinka ha appena presentato in tutta Italia, girandola ancora a modo suo, questa volta in groppa a una bicicletta di bambù. «Se posso dare un suggerimento ai viaggiatori: non fate troppi programmi, perché se non fai programmi non puoi sbagliare, le cose vanno sempre diversamente da come te le aspettavi». 

Come nasce l’idea del tuo viaggio, come l’hai deciso, cosa facevi prima.
«Ho lasciato l’Italia a 19 anni poi ho vissuto in diverse nazioni, facendo i lavori più disparati. Sono stata insegnante di inglese nelle scuole elementari in Asia, volontaria dopo lo Tsunami in Malesia, spogliarellista in Nuova Zelanda, barista in bikini nelle miniere australiane, ho aperto un ristorante in Laos, ho fatto la barista a Hong Kong, e molte altre cose. Poi tre anni fa sono tornata in Europa con il mio ex e ho trovato lavoro come massaggiatrice di teste di giocatori di poker durante i tornei. Lui mi ha chiesto di sposarlo e io ero felice, ma dopo un mese mi ha lasciata. È stato un momento difficile. Un giorno sono andata a lavorare e non sapevo più cosa ci facessi in quel posto. Mi sono resa conto che non volevo trovarmi lì e che non mi sentivo più bene con me stessa dopo la fine di quella relazione. Ricordo di aver guardato la suola delle mie scarpe e c’era scritto “go walk”. Ho detto, va bene, vado a farmi una passeggiata per schiarirmi le idee, e da lì ho iniziato a chiedermi quali fossero davvero i miei sogni. La risposta la sapevo già: viaggiare, scrivere, fotografare, sognare. Così ho deciso di combinare tutto questo in un viaggio solo. L’ho chiamato “Walkabout”, un riferimento alle passeggiate degli aborigeni nell’outback australiano in età adolescenziale, per riconnettersi con le loro origini ancestrali».

Perché l’Italia a piedi, perché raccogliere sogni?
«Sono sempre stata una persona lenta. Avevo in testa una frase che mi ripetevano anche a scuola: “Darinka sveglia! Il tempo è denaro, il tempo è denaro”. Allora ho pensato, beh ma se davvero il tempo è denaro e io mi permetto di essere lenta, allora sono una persona molto ricca. E così ho cercato di trasformare questa mia lentezza in un punto di forza: il modo più lento di viaggiare è farlo a piedi. Il mio viaggio è durato sette mesi, ho percorso circa tremila chilometri, sono partita senza un euro in tasca, non avevo risparmi da parte. È stato un salto nel buio, ma volevo provare e vedere cosa sarebbe successo». 
E cosa è successo?
«È successo che  proprio l’essere partita senza soldi si è rivelato il lato più interessante del viaggio. Perché senza soldi l’unica merce di scambio che hai è la fiducia. Quindi per dormire e mangiare tutti i giorni dovevo accettare l’aiuto di
chiunque. Contenta di aver ritrovato i miei sogni, andavo in giro con questa scatola per raccogliere i sogni degli altri, chiedevo a loro di esprimere a parole su un foglio cosa sognano, cosa vogliono fare nella vita. E poi, siccome sono sempre stata una grandissima fan de “La storia infinita”, mi piaceva l’idea di impersonarmi in Atreyu, con la missione di sconfiggere il nulla, combattere quello che si intromette tra noi e il nostro pensiero libero e indipendente, tutto ciò che ci omologa. Credo che chi ha un sogno, un progetto suo, possa essere considerato un piccolo ribelle. Se poi i sogni li mette pure in pratica, allora è un rivoluzionario. E in questo viaggio ne ho incontrati tanti».
Se dovessi raccontare qual è stata l’Italia che hai incontrato nel tuo viaggio, che paese ti sei trovata davanti, cosa diresti?
«Basta aprire la scatola e pescare lì dentro, tra i sogni che ho raccolto. I sogni spesso rappresentano quello che non si ha e nella scatola ho trovato soprattutto sogni di un paese più funzionale, “normale”, senza così tanta burocrazia, con più meritocrazia, senza corruzione, senza mafia, specialmente in alcune regioni. Ma il sogno più ricorrente è stato quello della serenità. Un sogno che inizialmente non capivo, perché pensavo, va bene, tutti vogliamo essere sereni, felici, però c’è bisogno di sognare qualcosa di specifico per arrivarci, a questa serenità. E allora sono andata a consultare il dizionario dei sinonimi e dei contrari, e ho visto che il contrario di serenità è “paura”. E in effetti quella che ho trovato è stata un’Italia spaventata. La diffidenza e la sfiducia nei confronti del prossimo è molto diffusa, anche se poi i modi per aggirare questo ostacolo culturale ce li abbiamo sotto il naso. A me è andata benissimo, perché in sette mesi di viaggio sono rimasta senza un posto dove dormire soltanto per dieci giorni, tutti gli altri sono stata ospite di qualcuno che mi ha accolta. L’Italia mi è sembrata un paese dove stare al sicuro».
Ci sono stati, invece, momenti in cui hai avuto paura tu? Non fanno che ripeterci che una donna da sola per strada si mette automaticamente in una situazione di pericolo. Com’è stato viaggiare da sola, a piedi, per sette mesi in un corpo di donna?
«Da un lato sono partita senza pregiudizi, perché avendo vissuto fuori dall’Italia per i precedenti quindici anni non immaginavo una serie di dinamiche così consolidate nel senso comune. Una volta partita, mi sono imbattuta, certo, in una serie di personaggi che hanno cercato di abbordarmi per strada solo perché ero una donna, facendo riferimenti sessuali, allora portavo sempre con me uno spray al peperoncino che tenevo in tasca. Ricordo che in uno dei primi giorni di cammino pioveva, ero completamente sola in strada, si avvicina a me un camionista, abbassa il finestrino e mi fa una proposta sessuale. Io gli rispondo “no grazie, come se avessi accettato”. Avevo le mani che mi tremavano, non sapevo bene cosa sarebbe successo dopo. Poi alla fine mi ha lasciato in pace. Sarebbe stato il primo di tanti, a cui giorno dopo giorno ho imparato a rispondere che stavo facendo un documentario e c’era la mia troupe che mi seguiva. Questo e altri piccoli “trucchetti” imparati nel corso del viaggio sono serviti ad allontanare gli scocciatori e a farmi stare tranquilla».
Tra i luoghi che hai attraversato, ce ne sono alcuni che ti sono rimasti nel cuore più di altri? 
«Mi sono completamente innamorata della Sicilia. Tanto che questo inverno mi trasferirò a Ustica, dove resterò a scrivere il mio prossimo libro per quattro mesi. E poi la Toscana, una regione che dovrebbe essere un modello per tutto il resto dell’Italia, per il modo in cui riesce a far combaciare così armoniosamente passato e futuro. Ricordo la Francigena, ma anche le colline spettacolari che si vedono dalle strade asfaltate. Di posti che mi hanno conquistata ce ne sono infiniti. C’è anche qualcosa che mi ha colpita in negativo. Per esempio la sporcizia, è tanta, e ovunque. Siamo un paese sommerso di spazzatura».
E le persone, dei loro sogni cosa ti rimane?
«Ho avuto a che fare con le persone più disparate e persone molto diverse tra loro mi hanno ospitata. Da quella particolarmente aperta che ti invita a casa sul momento, al Sindaco del paesino sperduto, alle suore, fino al ragazzo con la svastica tatuata o l’immigrato. Ce ne sono alcune di cui conservo un ricordo più vivido. Come un signore tedesco sulla sessantina, meraviglioso, che mi ha ospitato a Ispica, un paesino vicino Modica, in Sicilia. È stato trascinato dalla moglie in Italia negli anni ’80, poi lei se n’è tornata a vivere in Germania, mentre lui è rimasto. Il sogno di quest’uomo era di avere una casa tutta sua con un giardino grande, così ha comprato un appezzamento di terra davanti a delle grotte e ha realizzato la sua dimora in queste grotte. Coltiva tutto da solo, ha una compost toilet, fa il pane, ha i pannelli solari sopra le grotte, un frigo autopropdotto e vive in modo quasi completamente autosufficiente e sostenibile. Il suo sogno l’ha realizzato. “Magari ne hai anche un altro?”, gli ho chiesto. E lui mi ha risposto di sì, che voleva andare sull’isola di Pasqua, ma non avrebbe mai avuto i soldi per il biglietto. Così ha deciso di scolpire delle maschere come quelle dell’isola di Pasqua e se le sta mettendo in giardino».
Questo viaggio ti ha cambiata? 
«Quando sono partita ero insicura, col cuore infranto, sciupata, perché dopo la fine della mia relazione mi ero data alla droga e all’alcol, ero una specie di zombie. A guardarmi adesso, sono sicura che sto facendo quello che avrei sempre dovuto fare, che sono sulla strada giusta. Sto conoscendo tante persone meravigliose, alcune leggono il mio libro o vengono a conoscenza della mia storia e mi contattano per chiedermi consigli. Se penso che anch’io prima di partire ho chiesto dei consigli a camminatori esperti, mi sento in evoluzione, oltre che felice di poter dare a mia volta suggerimenti a chi vuole intraprendere viaggi simili. E, poi, la cosa fondamentale che ho imparato è che se ti comporti come se vivessi nel mondo che sogni, piano piano il mondo si adatta a te». 
E chi ti ferma adesso. Cosa farai?
«Mi sono fatta costruire una bicicletta di bambù su misura dai ragazzi di “Carrus Cicli” di Savona e da lì ho fatto di nuovo il giro dell’Italia per andare fino in Sicilia e tornare indietro. Ho percorso più di seimila chilometri in bicicletta per presentare il mio libro. Ricontattando persone che mi hanno ospitata l’anno scorso o altre che nel frattempo si erano appassionate al mio viaggio. Ho fatto 70 presentazioni in tutta Italia da maggio: mi sono divertita come una matta e ho deciso che partirò per il giro del mondo in bicicletta l’anno prossimo».                               
A




http://www.ioacquaesapone.it/articolo.php?id=2083 azzardo+

AVviso per gli utenti ed i passanti cerco Storie di amore senza diritti ( gay ed etero ) . Un progetto collaborativo in modo da rispondere ai bigotti dei family day

come h http://www.valigiablu.it/coppie-unionicivili/ Licenza cc-by-nc-nd valigiablu.it
ho  deciso di fare  anch'io una cosa del genere  . chiunque  avvesse  storie dirette su  tali argomenti prego di scrivermi a  redbeppe@gmail.com   per  poterle  pubblicare   anche  con richiesta  di anonimato   qui sul blog

RADIO LIMBARA IL LERCIO SARDO ?

Oggi intervisto i curatori di Radio Limbara un sito http://radiolimbara.altervista.org/blog. Un sito di comicità esilarante , appena all'inizio ma pronti per diventare come quelli di aspirina tv ( 1 2 ).  Esso  è   nato nell'Ottobre 2014 con il preciso scopo di dare spazio a tutte quelle notizie che riguardano il mondo della Sardegna e che spesso passano in sordina presso le fonti di informazione "ufficiali".  <<  I nostri inviati son sempre appostati presso i peggiori frascalzi di Sardegna pronti a captare qualsiasi voce, qualsiasi loroddhu degno di essere portato all'attenzione dei nostri fedeli fans! >> ( dalla destìcrione della loro pagina di facebook https://www.facebook.com/radiolimbara/  ) .  Se  volete   contattarli oltre  fb  ecco la loro  email radiolimbara@yahoo.it







Ma ora bado alle ciance ecco l'intervista a questa gabbia di matti  , simpatici, intelligenti e colti , auto ironici    ( cosa  rara    per  chi fa  satira  ) ,dissacratotici,






 che  non  finirà  di riservarci  sorprese in futuro  


Come è nato il nome al vostro sito poi divenuta pagina facebook?  
Il nome del sito è nato quasi per caso: a volte, in paese, per indicare la fonte generica di una voce di paese (de unu loroddu) si dice “l’ho saputo da Radio Limbara”. Quindi il nome è nato così, da qualcosa che vagamente già esisteva e che abbiamo voluto consacrare definitivamente rendendolo un modo di dire “ufficiale” e diffuso. La pagina Facebook è nata parallelamente al sito col preciso scopo di avere un contatto più diretto con i lettori e facilitare la diffusione dei contenuto del sito, rendendoli contemporaneamente accessibili ad un pubblico più ampio (quale appunto l’utenza Facebook) rispetto al pubblico di nicchia che potrebbe avere un sito o un blog che resti “relegato” entro i confini del proprio dominio. Abbiamo anche un account Twitter collegato, per cercare di diversificare il più possibile i mezzi di diffusione dei nostri articoli.
In quanti siete a dirigere la baracca? 
Inizialmente il progetto è nato da una persona singola a cui, tra un parere e un’idea, si sono affiancate altre due persone. Durante l’estate la “redazione” ha raggiunto le 4 unità (i famosi 4 amici al bar, per rendere allegoricamente l’idea): ognuno di noi ha il proprio stile e le proprie idee, ma cerchiamo di presentarci al pubblico in maniera molto compatta e non inseriamo alcun acronimo che possa distinguere ciò che pubblica uno piuttosto che un altro.
Siete tutti tempiesi o galluresi ? oppure c'è anche qualche oriundo ( sardo d'oltre mare , gallurese/tempiese d'adozione) o di qualche altra parte dell'isola? 
In realtà siamo tutti e quattro Berchiddesi. Storicamente Berchidda è un po’ l’anello di congiunzione tra il Logudoro e la Gallura (anche se la subregione storica è quella del Monte Acuto) e quindi viviamo questa ambiguità tra un territorio gallurese come quello del Limbara (da cui prende il nome la pagina) e la parlata e le tradizioni logudoresi.
La "redazione" è composta solo da uomini come (almeno io l'interpreto così) si legge anche dal tono degli articoli, o anche da donne? 
Come traspare (quasi sicuramente) dagli articoli, la redazione è interamente maschile. Non per un motivo preciso, quanto più perché è composta da un gruppo stretto di amici. Lo stile dei nostri articoli piace comunque anche a molte donne e ragazze che ne apprezzano la schiettezza e il tono tra il serio e il divertito che potrebbe avere un racconto fatto durante una serata tra amici ed amiche
Come mai parlate solo di alcool e spuntini? 
Dire che parliamo solo di alcol e spuntini è forse un po’ riduttivo, anche se dobbiamo ammettere che molti dei nostri racconti ruotano attorno a questi due temi. Diciamo che sono degli argomenti privilegiati in quanto sono cose quotidiane che si possono vivere in un paese; inoltre sono spesso questi due elementi che danno vita alle situazioni più strane e divertenti che si vivono nelle piccole realtà sarde. Sono un po’ la benzina delle situazioni e dei fatti (a volte surreali) che divengono poi delle vere e proprie leggende nei paesi, e su cui intere generazioni ridono durante i racconti che si fanno nei pranzi e nelle cene in famiglia o fra amici. Ovviamente cerchiamo per quanto possibile di diversificare i temi che trattiamo per non essere ripetitivi e monotoni.
Come mai non avete ancora un canale YouTube?  
La nostra pagina lavora con gli articoli che pubblichiamo sul sito e qualche immagine (ad esempio la rubrica cinematografica), per cui non sentiamo la necessità di avere un canale YouTube su cui caricare dei video.
Basti pensare che, ad oggi, sulla pagina è stato caricato un solo video. Probabilmente, in un prossimo futuro, quando avremo qualche idea legata alle realizzazione di video divertenti in linea con i contenuti della pagina, potremo pensare di aprire un canale YouTube in cui caricare questi lavori.
Quali sono, oltre la vostra immaginazione, i punti di riferimento comici sardi e non sardi?
Beh, partiamo dal presupposto che “nessuno nasce imparato”. Prima di avviare la pagina ci sono ovviamente stati dei modelli che hanno influenzato il nostro modo di proporci e di concepire l’umorismo “made in Sardigna”. Siamo cresciuti, come tutti, con le cassette e gli spettacoli di Benito Urgu e Giuseppe Masia che propongono una visione profondamente auto-ironica della Sardegna. Arrivando a tempi più recenti abbiamo seguito con molto interesse la nascita e la crescita della pagine ironiche e satiriche sarde e italiane: Lercio è sicuramente (visto il tipo di pagina e l’impostazione che abbiamo noi) il nostro punto di riferimento. Molte persone ci dicono “voi siete il Lercio sardo”, probabilmente senza sapere che Lercio è sardo (o per lo meno è nato da fondatori sardi, ma ha sempre avuto un’impronta molto più “nazionale” rispetto alla nostra pagina che si rivolge quasi esclusivamente ai sardi e alla Sardegna). Dopodiché vengono le altre pagine umoristiche sarde: partiamo dalla famosissima “Laura Laccabadora” (che ad oggi conta oltre 100mila fans) che seguiamo quasi dalla nascita e che ci ha regalato tante grasse risate; a seguire pagine più piccole e locali (oggi inattive) come “Faghe unu ziru a contu meu”, “Link a sa pattadesa” o “Bezze cazzada”. Infine non possiamo dimenticare la nostra amica “Donna Franzisca” (originariamente “Sos irroccos de Donna Franzisca”) con cui abbiamo collaborato allo sviluppo e allo scambio di alcune idee che si son tradotte in articoli nostri o immagini della pagina di Donna Franzisca, e con cui rimaniamo tutt’ora in contatto per collaborazioni saltuarie.
Progetti per il futuro? 
A dire la verità non sappiamo neppure noi come si evolverà la pagina! Sicuramente proseguiremo sul filone degli articoli ironici e satirici che è la trave portante di Radio Limbara. Senza di loro, la pagina non avrebbe senso di esistere. Tra i progetti “secondari” e di contorno agli articoli, abbiamo da poco cominciato a sperimentare la rubrica “CineLimbara Productions” (che si occupa di fare le parodie di famose citazioni da film e adattarle alla nostra vena umoristica) che sta avendo un discreto ed incoraggiante successo che ci invoglia a proseguire anche in questo senso. Abbiamo in mente poi di studiare qualcosa di nuovo per coinvolgere maggiormente chi ci segue, ma sono ancora delle idee piuttosto abbozzate e non vogliamo svelare nulla. Ci auguriamo comunque che la pagina continui nella sua crescita e che sempre più persone possano apprezzare le nostre idee e tutto il lavoro che c’è dietro.

la mancanza di sincerità da parte del gotha della cultura italiana attuale

Non avrò superato i sei gradi di separazione ca volte funziona a volte no ( e questa ultima è una di queste ) per intervistare per il mio blog multi autore ( ne trovate l'url nel profilo ) °°°°°°° del fumetto  orfani della bonelli ne parlerò prima o poi qui o sul blog riportando le domande che avrei voluto farli e le scuse ( non ha avuto ilcoragio di dirmi direttamente No ) . Ma sinceramente non m'importa più , ma gli devo un grazie perchè ho conosciuto 5 ( il 4 lo conoscevo già di vista ) altre persone stupende , cosa difficile  sui social in particolare  su  facebook 

13.1.16

l'ipocrisia delle associazioni soecie quelle religiose di beneficenza che rifiutano quando Sara Tommasi prova a donare i suoi compensi in beneficenza. Ma le associazioni di carità rifiutano i soldi: "Grazie, ma non è il caso"

Ora sia che sia fatto a scopo lava  coscienza o per vantarsi alla non sappia la destra cosa fa la sinistra la chiesa se fosse fedele agli insegnamenti dei suoi testi sacri e del messaggio di Gesù e degli apostoli dovrebbe accettarla   senza  porsi  scrupoli morali  se  tale   donazioni  sono fatte  con il cuore  e  coerentemente  con il percorso di riabilitazione   che quella persona sta affrontando per lasciarsi alle spalla  il  suo passato (  vedi  archivio blog   sul famoso film di  sara  tommasi  )  



Sara Tommasi prova a fare beneficenza. Ma le associazioni rifiutano i suoi soldi: "Grazie, non è il caso"







È stata ingaggiata per fare da madrina a un evento e ha deciso di devolvere buona parte del compenso in beneficenza.
Ma le due associazioni cui intendeva girare la somma, hanno declinato l'offerta. Il motivo? Perché lei è la "scandalosa" Sara Tommasi.
La vicenda è riportata dal Fatto, che ha pubblicato un'intervista alla showgirl, raccogliendo la sua "delusione" per il rifiuto ricevuto.
Secondo quanto riferito, la Tommasi è stata invitata, dietro pagamento, all'inaugurazione di una nuova stazione di servizio in provincia di Brescia.
Sua intenzione era quello di incassare il cachet e di fare due diverse donazioni: una alla Caritas locale, una all'associazione Mamré che si occupa all'assistenza ad anziani e disabili.
Le quali hanno entrambe rimandato l'assegno al mittente.
Motivo? "Non siamo contrari all'iniziativa in sé, ma l'evento non si confà agli obiettivi del nostro progetto. È una questione di contesto e di opportunità. Apprezziamo l'intento, ma abbiamo deciso di non accettare l'offerta".
"La cosa mi ha profondamente ferita", ha commentato la Tommasi. Aggiungendo: "Hanno ritenuto sconveniente abbinare il mio nome al loro, anche se per solidarietà".
La showgirl ha comunque ribadito l'intenzione di donare parte del compenso in beneficenza.




Invece La chiesa preferisce la beneficenza fatta dai politici e mafiosi come i caso di Enrico de Pedis leader de la banda della magliana la << cui salma inizialmente tumulata nel Cimitero del Verano, fu trasferita circa due mesi dopo all'interno della cripta della basilica di Sant'Apollinare a Roma. La sepoltura in Sant'Apollinare, chiesta dalla vedova per esaudire un desiderio dello stesso De Pedis, fu autorizzata, in deroga al diritto canonico, dal Vicariato di Roma dopo che il rettore della basilica, monsignor Piero Vergari, attestò in una lettera del 6 marzo 1990 che De Pedis in vita fu un benefattore dei poveri che frequentavano la basilica (  da  wikipedia  )   >> così se li intascano loro senza peccare. Io a loro darei solo calci nel sedere. La Sara Tommasi è una santa confronto a loro che rubano I soldi che devono essere utilizzati per i bambini e se li pappano magari con le puttane

l'oltranzismo religioso ed ideologico non si ferma neppur e davanti ala morte .I vergognosi commenti antiabortisti sulla morte della ragazza di Napoli

sono talmente  schifato  da tale feccia   di gente   che lascio   la parola  a 


non  prima  di  dire   che   

L'ideologia, l'ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è la passione, l'ossessione
della tua diversità
che al momento dove è andata non si sa
dove non si sa, dove non si sa.

  che  con la  loro  ideologia malata  ( neppure   con   gli oltranzisti   o clerico fascisti alcuni anche anti abortisti   di quella che  viene chiamata  prima repubblica 



  si era arrivati ad  insultare  una povera  ragazza   morta  per  un aborto ) 

Ma  ora basta  parlare  io , e  lasciamo che a parlare sia   come  ho detto nel prologo  l'articolo in questione  

 Gabriella aveva vent'anni, sogni, speranze e una vita davanti. Ma per qualcuno il solo fatto che la sua morte sia legata a un aborto basta a giustificarla o a renderla meno grave.

Ho preso soltanto qualcuno degli agghiaccianti commenti trovati in Rete sulla morte della giovane Gabriella Cipolletta, 20 anni, entrata all'ospedale Cardarelli di Napoli per aborto volontario e uscita cadavere. Quello che mi ha più colpito (non sono riuscito a recuperare la schermata, persa nel mare magnum dei social network) è «Una vita per una vita». Mi sembra di essere piombato nel bel mezzo di una selva di zotici oltranzisti – e attenzione, non parlo degli antiabortisti, l'opinione contraria è legittima – qui parlo proprio di qualcuno che non batte ciglio dinanzi alla morte di una ragazza, una ragazza con sogni, speranze, paure, con una vita intera davanti. E guarda a quelle parole, «aborto volontario» come a una dichiarazione di colpevolezza, come a un occhio per occhio, come a un inevitabile, biblico epilogo.

Francamente sono sconfortato. Si dice spesso in questi casi: «Ma cosa t'aspetti, è il web, c'è di tutto». Eh no. C'è di tutto ma la mano che corre davanti al pensiero e vomita esternazioni simili è la stessa che mette una X sulla scheda elettorale, che opera scelte per la propria famiglia, per il proprio gruppo sociale, per la propria città. Sono italiani, esattamente come noi. Sono fra di noi, si confondono, bevono succo d'arancia ora. E sono forse anche simpatici. Poi scorrono una notizia, l'aborto, la morte di Gabriella di vent'anni. Se l'è meritata. E pagando il caffè premono invio.

la storia di fatima taleb consigliera spagnla islamica che sposa uan coppia gay e le donne nell'islam che criticavano a profeta Maometto


ti potrebbe interessare
velo islamico segno di sottomissione della donna all'uomo ?

La storia di Fatima Taleb consigliera comunale di Badolona, città catalana di oltre 200 mila abitanti, di fede musulmana, Fatima Taleb, ha sposato una coppia gay


è una risposta  a  chi dice   che  una  rappresentate  del popolo italiano  abbia durante  un incontro  con industriali    ed  imprenditori  mussulmani  indossato il classico   velo    sia  :

 (...)
Tra i più severi, riporta il Gazzettino, il senatore del Pd Lodovico Sonego: "La Presidente Serracchiani col velo. Immagine dolorosa, a maggior ragione dopo i fatti di Colonia - ha spiegato - Ho sempre cosiderato un errore la prassi del capo coperto, anche in occasione di visite al sommo Pontefice".
"Si tratta - prosegue Sonego - di una ostentazione della sottomissione della donna e della negazione dell’uguaglianza rispetto all’uomo. In altri termini la violazione del principio dell’uguaglianza tout court. Quella sottomissione è ancor più inaccettabile se assentita da chi ricopre una rilevante carica istituzionale ed esercita una importante funzione di leadership politica nazionale. Donne a capo coperto mai, innanzi a chiunque."
 da  http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=19a1d09c69164baf







solo ed esclusivamente sottomessa quando a portalo è di sua spontanea volontà e non obbligata \ costretta .
Ma soprattutto a rileggere con interesse questo articolo di http://www.lettera43.it/ Infatti se Leggeremo in maniera laica ed attualizzando le scritture allora inizieranno a venire meno il fanatismo

come dice sia questo commento all'articolo
 new zealand 09/mar/2015 | 14 :31
musulmani disinformati dagli Iman circa Maometto?
non ci sarebbe da stupirsi, anche il cristiano medio crede essenzialmente in un misto di racconti propinato dal clero piuttosto che conoscere direttamente le Scritture o la storia nel bene  e nel male [  aggiunta  mia   ]   aggiungo io . Forse ci vorrebbe un nuovo Martin Lutero islamico: al cristianesimo l'opera del celebre monaco tedesco fece benissimo, anzi Lutero dovrebbe figurare tra i dottori della Chiesa, magari proprio al posto del cardinale Bellarmino, e non tra gli eretici da bruciare
Mi piace · Rispondi · 1 · 8 marzo 2015 15:59

sia   la  discussione   all'articolo  qua sotto



Renzo Chiuso ·
Istuto Tecnico Industrile (Mestre) VE


Se avessimo una seppur piccola dose di rispetto verso i diversi da noi, avremo capito che l'umanità è composta da diversi; forse avremo scoperto così l'acqua calda, ma sarebbe l'essenza dell'essere civile.
Mi piace · Rispondi · 8 marzo 2015 9:56



Soufiane Malouni ·
Firenze


ma questi disegni sono fatti da non musulmani che non hanno mai visto il profeta !! perchè è vietato disegnarlo o disegnare gli angeli o gesu o mose nessun profeta va designato per rispetto
Mi piace · Rispondi · 8 marzo 2015 13:11



Raphael Pallavicini ·
Milano


Gesù è sempre stato raffigurato e dipinto, ben prima del 6-7°secolo. Vedi https://www.google.it/search?q=arte+cristiana+6+secolo
Se quei disegni ti sembrano irrispettosi dimenticali.
Mi piace · Rispondi · 9 marzo 2015 9:07



Michele Deidda ·
Impiegato, operaio, creativo presso Oggi qui domani là


Tutti dovremmo leggere queste parole, che son storia del profeta e, quindi, basilari per la comprensione dell'Islam...leggerle soprattutto gli stupidi estremisti che, non conoscendo le reali origini della loro stessa religione, per "amore" di un potere complessato e masochista e per gli interessi economici dei loro sadici "capi" religiosi....
Mi piace · Rispondi · 1 · 8 marzo 2015 15:59



Raphael Pallavicini ·
Milano


Non sono riuscito a finire di leggere questo articolo perché stò già leggendo il corano. E là ci sono scritte cose MOLTO MOLTO diverse dalle sciocchezze che andate sostenendo qui.http://www.webalice.it/pvmantel/home.html
Mi piace · Rispondi · 3 · 8 marzo 2015 18:10



Vitalba Ferraro
faresti meglio a non leggere il Corano spiegato in un sito di propaganda antiislam. Non è molto obiettivo come fonte. un po' come farsi spiegare il Mein Kampf da un deportato ad Auschwitz
Non mi piace più · Rispondi · 10 · 9 marzo 2015 10:47 · Modificato



Michele Deidda ·
Impiegato, operaio, creativo presso Oggi qui domani là

Caro Raphael Pllavicini, purtroppo son costretto ad ammettere che anche le "scritture" riguardanti il Cristianesimo sono certamente state "ritoccate" a favore di una Chiesa nascente e quindi Cattolica più che Cristiana ( non si parla, per es. , degli anni tra i 12 e i 30 circa di Cristo ), ma le parole da Cristo predicate hanno molte affinità con il pensiero induista, quello del Buda e dei più grandi illuminati, quindi anche il Profeta Maometto dello stesso ceppo di Abramo... Ma gli estremismi da qualunque deità derivino son sempre stati, e saranno, una delle principali cause di divisione tra gli umani, ben manovrate dai poteri economici, non da Dio unico per tutti e senza nome e volto; come è giusto che sia. Ciao fratello e grazie del tuo contributo...
Mi piace · Rispondi · 11 giugno 2015 14:39


Quindi le  donne  nell'islam  posso  e  ci sono  ( anche se  sono nascoste e in clandestinità nei loro paesi che  sono  cultori  dell'ala astringente \  fondamentalista   dell'islam e palesi all'estero   ) 

12.1.16

Saldi a Napoli spunta la prima panchina per mariti stanchi degli acquisti

  Ed ecco  che   con la fine delle festività natalizie  a arrivano  i  saldi . Ora per tutte le donne,  lo sò  che  sembrerà  un luogo comune  ma  a volte i luoghi  comuni contengono un fondo di verità ,     il momento dei saldi è una vera festa, per gli uomini decisamente meno. In questi giorni di inizio dei ribassi, l'atelier creativo Yuzz, con sede a Napoli, ha dato vita alla prima panchina per i partner  annoiati. Una seduta di fortuna 

le  foto sono tratte  da  da http://napoli.repubblica.it/cronaca del 10\1\2016






in Vico San Domenico Maggiore, recuperata da vecchi pallet, sulla quale campeggia la scritta "Panchina sosta mariti:che pacienza   ca  ce vo'  \ che pazienza che ci vuole", e che offre un momento di relax a tutti gli uomini stressati dagli acquisti    femminili  

(a cura di Nicola Perilli)

Cinisi paese di Peppino impastato festeggia i cento anni del boss Di Maggio con i botti

Nel paese di Peppino Impastato, i cento anni del capomafia più anziano del mondo sono stati festeggiati con i fuochi d'artificio. Il 6 gennaio, è stato un gran via vai davanti alla palazzina dove abita il boss Procopio Di Maggio, uno dei fedelissimi di Totò Riina, l'unico componente della Cupola di Cosa nostra rimasto in libertà. Parenti e amici (tanti amici) gli hanno fatto gli auguri in una processione interminabile. Poi, la sera, una grande cena in una delle sale ricevimenti più eleganti di Cinisi. E per finire, uno spettacolo di fuochi d'artificio. Nonostante il divieto del sindaco di lanciare giochi pirotecnici fino al 10 gennaio. Il primo cittadino annuncia: "Prenderò provvedimenti". Ecco il videoreportage a Cinisi di Salvo Palazzolo e Giorgio Ruta, che hanno b bussato anche a casa del vecchio padrino





Sono basito da non riuscire a commentare le parole del sindaco . Dico solo due cose . La prima che nonostante come dice masscmax nel commento al video di repubblica sopra riportato : << Certe cose si vedono solo al sud, come le madonne portate in processione, che si inchinano ai boss... Poi ci si chiede come mai i fenomeni di criminalità organizzata che infestano questo disgraziato Paese nascono tutti in quei territori d'origine per poi propagarsi al nord e arrivare fino a SA, dove spesso identificano gli italici (non credo a torto) con queste "associazioni"! >> a me piace il sud come dice l'omonima canzone
La  seconda  che le parole di Giovanni mi danno speranza e mi sono stato d''aiuto nell'allontanare , ma soprattutto nel smettere di farmi anzi meglio rifarmi , la solita elucubrazione sega mentale : << a che serve combattere se poi .... non serve  niente  ....  >>  ed in questo caso  dopo aver letto tale news    a che cosa è servita la morte e lo sfogo , 




di Peppino >> Anche se lo stesso Giovanni ha detto che si lo scontro fra i due fu " duro " ma che non andò esattamente cosi e qui è un po romanzato


voglio concludere e nel riascoltare ( chiedo venia a voi 13 lettori di blogger e a chi mi segue da quando il blog era ospitato su splinder o su facebook ) questo pezzo



che è il finale del famoso film cento passi di Tullio .Maria  Giordana  citato anche   qualche riga prima




Il Labirinto del Silenzio, la ricerca della verità nella Germania che voleva dimenticare Auschwitz


Più informazioni su: 
Auschwitz
Giornata della Memoria
Oscar
Processo di Norimberga

Il Labirinto del Silenzio, la ricerca della verità nella Germania che voleva dimenticare Auschwitz
da http://www.ilfattoquotidiano.it/ del 7\1\2016   di Aureliano Verità 7 gennaio 2016







Con l’avvicinarsi della Giornata della Memoria la parola d’ordine anche al cinema diventa “ricordare” e, come ogni anno, in sala arriveranno diverse pellicole che accompagnano lo spettatore attraverso un percorso non facile, quello di riportare alla mente l’orrore che è stato. La settima arte si conferma uno tra gli strumenti più congeniali per la Memoria e rende vivide e indelebili le immagini di un passato da non dimenticare, raccontando storie note e altre poco conosciute, come quella de Il Labirinto Del Silenzio.
Ambientato nella Germania degli anni ’50, a più di dieci anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il film diretto e co-scritto daGiulio Ricciarelli, mette in scena la storia di un giovane pubblico ministero che decide di battersi in favore della verità, combattendo il negazionismo, contro ogni ostacolo immaginabile, in un sistema dove era più facile dimenticare che ricordare. Sullo sfondo di eventi realmente accaduti, quest’opera prima, in corsa per gli Oscar 2016, affronta con uno sguardo diverso gli anni del “boom economico”, nell’epoca dell’ottimismo sfrenato, in cui le persone volevano solo dimenticare il passato e guardare avanti. Un capitolo poco noto della storia della Germania, che cambiò radicalmente il modo in cui i tedeschi guardano al proprio passato.









Johann Radmann, interpretato daAlexander Fehling è stato recentemente nominato pm e come tutti i novizi, inizialmente dovrà occuparsi di casi minori, di scarso interesse. Fino al giorno in cui il giornalista Thomas Gnielka (André Szymanski) porterà alla sua attenzione un caso diverso, secondo il quale un suo amico avrebbe riconosciuto un’ex guardia diAuschwitz, ora insegnante. Nessuno avrà la voglia perseguire legalmente quest’uomo, tranne Radmann che, contro il volere del suo diretto superiore, inizia a esaminare il caso facendo luce su una rete di repressione e negazione fino a quel momento celata. Erano gli anni in cui la parola “Auschwitz” alcune persone non l’avevano nemmeno sentita nominare, altre invece volevano dimenticarla il più in fretta possibile. Radmann incontra solo ostacoli sul suo cammino, fatta eccezione per il pm generale, Fritz Bauer, a cui presta il volto Gert Voss, che appoggia la ricerca del suo giovane collega, con l’intento comune di riportare all’attenzione pubblica i crimini commessi nel campo di concentramento.
Durante il processo di Norimberga tenutosi solo cinque anni prima degli eventi raccontati nel film, erano stati processati 24 tra i maggiori capi nazisti: “Diversamente dai processi di Norimberga, i processi di Auschwitz sono ancora oggi ignoti alla maggioranza delle persone e in un certo senso, consideriamo il nostro lungometraggio come un mezzo per evitare che restino sconosciuti” ha raccontato il produttore Jakob Claussen. Una storia certamente complicata da raccontare, per la quale Ricciarelli, italiano di nascita naturalizzato tedesco, ha scelto toni a metà tra il film storico e il thriller e un cast d’eccezione in primis Fehling e Szymanski, a cui si affiancano giovani attori come Friederike Becht, Johannes Krisch e Johann von Bülow. Il Labirinto Del Silenzioarriverà in Italia il prossimo 14 gennaio distribuito dalla Good Films e ilFatto.it ve ne propone una clip in esclusiva.


un film  che sta   , ancora  non è arrivato nelle  sale  italiane   è già crea ,   trovate  sotto alcuni come  dall'articolo de ilfatto ,  buon segno     discussioni  alcune   condivisibili altre no  ,l'importante  è che   non cali  iilenzio o  peggio il negazionismo \ revisionismo estremo su tali   orrori   della storia







Antitanti • 6 ore fa


Non se ne parla mai abbastanza, così come di altri genocidi.
Rispondi


xeawzd@grandmasmail.com • 7 ore fa
genere fantasy
Rispondi


FTW • 8 ore fa
a hollywood dovrebbero fare una statua di ringraziamento ai tedeschi
Rispondi


agricolo • 9 ore fa


Forse è ancora presto per dibattere pubblicamente su questi argomenti. Troppe incrostazioni propagandistiche o difensive permangono dallo immediato dopoguerra. Certi discorsi di pura logica neanche si possono citare senza essere etichettati come postnazisti. Ognuno dovrebbe, se crede, studiare gli argomenti per suo conto. Sapendo che molte verità ufficiali vanno per lo meno sottoposte a oggettiva verifica. 
Rispondi


roberto • 21 ore fa


Per nascondere le verità della seconda guerra mondiale,le hanno enfatizzate oppure denigrate. Giunto è il tempo dimostrare i fatti come sono accaduti realmente.

La morte dell'idolo ©Maria Antonietta Pinna alias Mary Blindflowers

Ancora  sulla    morte    di  uno dei  padri    del rock   David  Bowie  alias  il Duca  Bianco

da http://controcomunebuonsenso.blogspot.co.uk/








Il "dolore" per la morte di un personaggio famoso è veramente dolore?
Direi proprio di no. In riferimento alla morte di Bowie, frasi del tipo: “oggi è morto dio”, “oggi è morta una parte di me”, “i miei parenti possono anche morire ma non riesco a sopportare la morte di Bowie”, oltre ad essere grottesche, rappresentano la negazione del dolore nel momento stesso in cui lo affermano con tanta insistenza.
Si assiste ad una sorta di identificazione di massa, una mistificazione della coscienza in cui ogni uomo medio si rende conto che anche gli idoli in cui fino al giorno prima si identificava moriranno, esattamente come lui, come tutti. Non è affatto dolore, è soltanto la paura della propria morte veicolata nel simbolo, unita al desiderio che il punto fermo rimanga inossidabile nel tempo e possa perfino sfidare i secoli. Capire questo richiede capacità analitiche che consentano di superare la spiccata tendenza all'investimento ipnotico-narcisistico presente in ogni uomo. Il movimento principale del narcisismo libidico è caratterizzato da un eccesso di idealizzazione del Sé che va nutrito e curato tramite un processo naturale di identificazione con oggetti protettivi ed introiettivi, i cosiddetti oggetti buoni, dotati di qualità particolari.
Nietzsche si chiedeva come mai ci siano al mondo più idoli che realtà. Forse perché l'idolatria è un processo dalle dinamiche elementari, che non richiede grandi sforzi interpretativi del reale, un processo comodo, facile per la massa e gestito opportunamente dalla pubblicità.
L'idolo, che sia dio o una rockstar, infatti è rassicurante, stabilizzante, un punto di riferimento per equilibri fragili, a tal punto essenziale che l'adoratore lo introietta sentendolo parte di sé, di quel sé identificato nella rassicurante sintesi del simbolo buono.
E se il corpo fisico del simbolo dovesse mai morire, deteriorarsi, seguendo la sorte di ogni comune mortale non divino, l'idolatra si sentirebbe perfino stupito.
Ma come? Dio non muore, il vampiro nemmeno, che dolore! Non è possibile!
L'adoratore sentirebbe di morire in parte con lui e confonderebbe il dolore per quel suo Sé identificato e mesmerizzato con il dolore per l'idolo che, di fatto nella realtà è e rimane un perfetto sconosciuto. Non a caso si dice sempre che non bisognerebbe mai conoscere veramente i propri idoli. Infatti, meglio evitare la conoscenza diretta, perché l'idolo attiene ad un mondo che non è reale, fa parte di una sofisticazione, è un miraggio, un inganno del subconscio che ha bisogno di nutrirsi di favole per continuare a darsi una ragione di vita, nel mondo, in poche parole per esserci ancora e sciorinare la propria presunta sensibilità.
Così magari mentre l'idolatra apprende alla Tv la dolorosa notizia della morte di Bowie, il vicino, proprio nell'appartamento accanto, sta riempiendo di botte la moglie. L'idolatra alza la Tv per non sentire niente e comincia a piangere per la morte del mito mentre la signora della porta accanto viene massacrata.






11.1.16

Se qualcuno ha un piccolo filo rosso tatuato sul mignolo, significa che ....

dopo il post precedente    sempre  a  proposito   di destino  mi  è  venuta  in mente   questa leggenda letta  qualche tempo fa  su facebook

Di tatuaggi ormai se ne vedono in tutte le forme e dimensioni e molto spesso hanno un significato molto personale, raramente di basano solo sulla moda del momento.
filo-rosso2






C’è un piccolo tatuaggio che sta diventando però una tendenza molto seguita soprattutto all’estero: un filo rosso legato a fiocco intorno al dito mignolo.
E’ difficile da notare, e spesso i tatuaggi più piccoli e nascosti sono quelli che celano un significato più importante e profondo. Per capire il significato di questo filo rosso è necessario conoscere questa antica leggenda cinese.
Il filo rosso del destino è una leggenda popolare di origine cinese diffusa in Giappone. Secondo la tradizione ogni persona porta, fin dalla nascita, un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra che lo lega alla propria anima gemella. Il filo ha la caratteristica di essere indistruttibile: le due persone sono destinate, prima o poi, a incontrarsi e a sposarsi.
LA LEGGENDA

 il video Animato, disegnato, scritto e parlato da ZeroDx.

oppure



  da  http://www.rivelazioni.com/youtube/filo-rosso-del-destino/
Wei era un uomo che, rimasto orfano di entrambi i genitori in tenera età, desiderava sposarsi e avere una grande famiglia; nonostante i suoi sforzi era giunto all’età adulta senza essere riuscito a trovare una donna che volesse diventare sua moglie.
Durante un viaggio Wei incontrò, sui gradini di un tempio, un anziano appoggiato con la schiena a un sacco che stava consultando un libro. Wei chiese all’uomo cosa stesse leggendo; l’anziano rispose di essere il Dio dei matrimoni e, dopo aver guardato il libro, disse a Wei che sua moglie ora era una bimba di tre anni e che avrebbe dovuto attendere altri quattordici anni prima di conoscerla. Wei, deluso dalla risposta, chiese cosa contenesse il sacco; l’uomo rispose che lì dentro c’era del filo rosso che serviva per legare i piedi di mariti e mogli. Quel filo è invisibile e impossibile da tagliare, per cui una volta che due persone sono legate tra loro saranno destinate a sposarsi indipendentemente dai loro comportamenti o dagli eventi che vivranno. Queste parole non convinsero Wei che, per sentirsi libero di scegliere da solo la donna da sposare, ordinò al suo servo di uccidere la bambina destinata a diventare sua moglie. Il servo pugnalò la bambina ma non la uccise: riuscì soltanto a ferirla alla testa e Wei, dopo quegli eventi, continuò la sua solita vita alla ricerca della moglie.
Quattordici anni dopo Wei, ancora celibe, conobbe una bellissima ragazza diciassettenne proveniente da una famiglia agiata e si sposò con lei. La ragazza portava sempre una pezzuola sulla fronte e Wei, dopo molti anni, le chiese per quale motivo non se la togliesse nemmeno per lavarsi. La donna, in lacrime, raccontò che quando aveva tre anni fu accoltellata da un uomo e che le rimase una cicatrice sulla fronte; per vergogna la nascondeva con la pezzuola. A quelle parole Wei, ricordandosi dell’incontro con il Dio dei matrimoni e dell’ordine che dette al suo servo, confidò alla donna di essere stato lui a tentare di ucciderla. Una volta che Wei e la moglie furono a conoscenza della storia si amarono più di prima e vissero sereni e felici.

velo islamico segno di sottomissione ?



la solita becera ignoranza , anche a sinistra ( sempre che il pd si possa definire di sinistra ) sul velo islamico http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=19a1d09c69164baf  dale mie  letture   e dal dialogo con amici mussulmani laici e  praticanti  non mi sembra che il velo islamico ricopra  tale   funzione  a differenza del burqa . voi cosa ne pensate in merito ?

GRAZIE FABER, NON SOLO PER LE CANZONI...

Silvia Zani
19 h ·

ato dalla famiglia del cantautore genovese ad Emergency a poco meno di due anni dalla sua scomparsa. Venne messa all’asta e dopo alcuni giorni, l’asta aveva raggiunto la cifra di sei milioni di lire quando in Via del Campo successe qualcosa di incredibile; Gianni Tassio, il titolare di uno storico negozio di musica, divenne il “capitano coraggioso” di una cordata di commercianti (e delle ragazze) della celebre strada cantata da Faber. Vi fu una mobilitazione di tutta la città per acquistare la chitarra così che rimanesse a Genova, il bussolotto di Emergency, nel negozio di Via del Campo continua a riempirsi, spiccioli, banconote, un simbolo dell’amore dei Genovesi per Fabrizio e così vincono e il ricavato di quell’asta va ad Emergency per la costruzione dell’ospedale pediatrico di Goderich in Sierra Leone, dove una corsia si chiama proprio VIA DEL CAMPO.
Loretta ha poco più di 20 anni e ha 2 figli. Al mondo non ha nessun altro. Ha incontrato 2 uomini solo per il tempo di avere i 2 figli. La sua famiglia di provenienza è distrutta. Tutti bruciati vivi dentro la casa in un villaggio del nord. Sopravvive comprando arachidi che cuoce e rivende.
Nel villaggio si dice che faccia innamorare gli uomini per chiedere loro dei soldi. Adesso Loretta lavora per Emergency.
Le abbiamo raccontato del perché la corsia femminile sia dedicata a “Via del Campo”, una via di Genova. Le abbiamo spiegato il senso di quella canzone che recita nell’ultimo verso “DAI DIAMANTI NON NASCE NIENTE, DAL LETAME NASCONO I FIORI”, le abbiamo raccontato del suo autore Fabrizio De Andrè e di come la sua chitarra sia stata venduta all’asta per raccogliere fondi per la corsia di questo ospedale.
Loretta spolvera la targa due volte al giorno, appena arrivata e subito prima di andare via.

coincidenze o destino ? de andrè - david bowie morti nella stessa data



Un evento strano  e  forse  difficilmente irripetibile  quello  nel vedere morire  due  star cantanti  morti   nella   stessa  data  anche  se   in anni  diversi  .
Il primo  è morto  oggi ed  è David Bowie  non m  dilungo  perchè  non ho parole per descrivere  la  situazione ( magari a   freddo ,e nei prossimi giorni dopo che  il fiume  di parole e  d'immagini si sarà placato  \  attenuato  saprò    scriverne     qualcosa  )   lascio  che  a parlarne sia  l'articolo fresco , asciutto , ma  pieno di emozioni  (  sembra che lo abbia conosciuto   direttamente  )  che potete leggerlo qui  nel blog    della  co mpagna di strada    Daniela  Tuscano oppure se siete contro i miti e le mitizzazioni consiglio questo bellissimo articolo di Maria Antonietta Pinna una penna e scrittrice " bastard inside " e senza peli sula lingua . Una delle nuove leve degli scrittori italiani

Il secondo  è quello  su cui  mi  concentro oggi  è  Fabrizio de  andrè morto   esattamente  17 anni fa  .

Ricordo   che  stavo chattando  ( non so se  esiste  ancora     visto che  sul sito  ufficiale dell'inter  nonl'ho  trovata )   nella chat  il muro dei tifosi  ed  si parla  ,   cosa  strana  anzi che  di calcio  di faber    e dei suoi dischi migliori  o  preferiti  . Ma non ci feci  caso , anche perchè  dovetti  andare  aletto presto  visto ce  l'indoman dove  prendere  il primo pulman  per  sassari alle  6.20 .  Poi   ricordo   vagamente  ero   ancora addormentato  che in pulman   non  si parlava  d'altro .A sassari   , dopo aver   seguito alcune elezioni , tornai a casa per  mangiare  e  la televisione  apri il notiziario  che era  morte  de  andrè  . Neio  giorni successivi , raccogliemmo  articoli  di repubblica  e   dela nuovas   sardegna ed  unione sarda  da portare a mio  fratelo che all'epoca studia con l'erasmus  a  Barcellona .  
Ulteriori ricordi  sono legati oltre che alle immagini in tv   a  questa  foto  ( ed  al suo retroscena   ) 
 che è una sintesi    dell'evento e  vale  più di mille  parole   



 (....)  

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Ringraziamo il fotografo Stefano Goldberg che ci concede l’onore di pubblicare in esclusiva sul web, dopo che lo fece lo scorso anno “Il Corriere Mercantile” sull’edizione cartacea, le sue foto di quella mattina in cui il cuore di Genova si fermò e pubblichiamo, di seguito, il suo ricordo.
Non ricordo come la notizia mi sia arrivata ma ricordo perfettamente l’incredulità di tutti: De Andrè è morto.
La mattina del funerale giravo come un matto cercando un punto per fotografare, cosa praticamente impossibile data l’enorme quantità di persone che stava affluendo in Piazza Carignano.
Ero da poco entrato come fotografo in Publifoto e chiesi per telefono allo Studio di contattare la portineria dell’Ansaldo per farmi entrare nel palazzo che era proprio di lato alla Basilica.
Da una finestra aperta ai piani alti dell’edificio ho iniziato a fotografare la marea di gente che si radunava fuori dalla chiesa, fotografavo e pensavo che se ne era andata una persona credibile che con le sue canzoni ci aveva dato un pò più di consapevolezza su certi aspetti della vita.
Non potendo muovermi dall’unica postazione che avevo trovato ho lasciato fluire il racconto, fotografavo e cambiavo le ottiche mentre dalla piazza saliva il silenzio rotto da applausi e movimenti lenti che cercavano di convergere prima verso l’uscita della chiesa e poi verso la macchina nera.
Di tante fotografie scattate quella mattina due mi sono rimaste incastrate negli occhi, la prima è una veduta larga della piazza con migliaia di persone e definita dai tetti delle macchine posteggiate in fila indiana; la seconda racconta più da vicino una cassa alzata sopra le teste di tutti, sospesa, visibile e definitiva.
In questa seconda fotografia ci sono mani che applaudono, gente in silenzio, c’è chi fotografa e chi ha il pugno chiuso e teso, un signore si toglie il cappello, una mano accarezza Fabrizio.
La prima volta che le ho rese pubbliche è stato l’anno scorso quando le ho date a Monica Di Carlo, amica e giornalista del Mercantile che le ha pubblicate in esclusiva.
Stefano Goldberg
  (.. )  
 alla  prossima  spero più piacevole   stavolta  coincidenze  della storia  e  della vita    


Che ora è di © Daniela Tuscano

“Mi scusi, signorina, che ora è?”. Resto colpita più dalla voce lieve che dall’appellativo, dopo tutto non sono pochi quelli che ancora mi chiamano signorina, ingannati dai miei fagotti, dal mio aspetto mai cresciuto. Me lo domanda una vecchietta. Sono le undici, in realtà il tempo non esiste in questa mattinata brumosa ed eguale. Rispondo, poi proseguo per la mia strada, ho le commissioni da sbrigare. Ma oggi qualcosa manca. Forse è vero, non sono mai diventata adulta, nessuno alla mia età si sentirebbe povero perché da questo lunedì siamo senza David Bowie.

David Bowie visto da Giovanni Barca.
Si può pensare a lui assillati da mille preoccupazioni molto concrete, fra l’acquisto del pane e le tasse da pagare, il lavoro che sì c’è, ma domani chissà? A me succede. E succede che tutto diviene peso, lentezza e confusione. Perché io sono ancora qui, fra queste case che mi han vista crescere, d’età se non di spirito, perché i colori me li sono inventati grazie a lui, perché la fantasia ha spiccato il volo sognando con antichi giradischi. Uh, le stranianti avventure dei pomeriggi. Grevi come questo, interminabili. Che covavano vendetta e vitalità. Quanto crescevano, i nostri umani traguardi. Me lo raccomandavano gli amici: “Compra ‘Heroes’, il cantante è pazzo”. Già, e come si faceva a spremersi così, a spostare sempre più in là l’asticella degli eccessi, non tanto fisici, ma mentali?
Ma noi sapevamo di poterci superare, di non accontentarci mai. Quale Bowie preferivo? Quello di “Heroes”, come scrissi anni fa, e in seguito quello di “Young Americans” con quella chioma bionda da gracile femmina. Sì, ecco. Così era perfetto. Nordico e liberty. Soprattutto lontano dalle nostre inibizioni mediterranee. Aveva un’aria sfaccendata. 
Occidente: in quei tardi ’70 comparvero personaggi che in sé assommarono tutto, tu li voltavi ed essi come specchi riflettevano ogni trapezio esistenziale. Non avevi che da fartene scuotere. Il seguito che hai visto era frammento, variazione, fotocopia. Non è la morte a prostrare. Bensì la consapevolezza d’una non-nascita, d’un terreno mancante. Un nuovo Bowie non tornerà, non ne esistono le premesse. Ed è forse questa percezione, il sentore d’un deserto, che rende, oggi, le ore tutte uguali, il mio passo giovanile un po’ più tardo, e in fondo inutile.

©Daniela Tuscano

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