22.1.16

Alessia, niente Olimpiadi in attesa della cittadinanza Reggio Emilia: ha 17 anni, è di origini russe ed è una promessa dell’arte marziale taekwondo. Bloccata dallo stallo sullo “ius soli”

Ha passato 14 dei suoi 17 anni a ‪#‎Reggio‬ Emilia ed è italiana nei fatti. Eppure Alessia non può gareggiare con la maglia della Nazionale nella disciplina dove eccelle, il taekwondo, perché per lo Stato non ha ancora i requisiti per ottenere la cittadinanza
  
 da  http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca  del 21\1\2016 

Alessia, niente Olimpiadi in attesa della cittadinanza

Reggio Emilia: ha 17 anni, è di origini russe ed è una promessa dell’arte marziale taekwondo. Bloccata dallo stallo sullo “ius soli”
Invia per email
Stampa
REGGIO EMILIA. Ha passato 14 dei suoi 17 anni a Reggio Emilia ed è italiana nei fatti. Eppure Alessia non può gareggiare con la maglia della Nazionale nella disciplina dove eccelle, il taekwondo, perché per lo Statonon ha ancora i requisiti per ottenere la cittadinanza. Una grande perdita per lei, che vede passare davanti agli occhi occasioni e possibili trionfi, e una grande perdita per i colori azzurri che potrebbero essere difesi da lei con successo.
La ragazza, studentessa alla Filippo Re, non ha potuto partecipare agli Europei che si sono tenuti in Turchia ad ottobre e non potrà andare alle prossime Olimpiadi a Rio. «La speranza - dice il suo allenatore Daniele Frascari della palestra Taekwondo Tricolore - è che possa prendere almeno il treno per Tokyo 2020».
Parlando con Alessia nessuno si sognerebbe di pensare che non sia reggiana. Le sue origini sono evidenti solo nel cognome, Korotkova. La 17enne non rinnega affatto le sue radici, che sono piantate nella lontana Siberia, dove di tanto in tanto è tornata con la madre per fare visita ai parenti.
La campionessa spera solo che il Parlamento approvi il prima possibile la legge sullo ius soli, portato all’attenzione della politica dalla campagna “L’Italia sono anch’io”, per la quale Reggio si è mobilitata. La legge è passata alla Camera ma non ancora al Senato. Nei giorni scorsi è stato approvato uno ius soli sportivo, che consente ai ragazzi stranieri di poter svolgere attività nei campionati italiani, ma non di indossare la maglia della Nazionale.
«Recentemente il gruppo sportivo dei carabinieri si è interessata a me - dice Alessia - ma in assenza della cittadinanza non posso essere arruolata». Entrare nell’Arma le consentirebbe di allenarsi in tutta tranquillità, dato che lo sport la occupa tutti i giorni.
Alessia pratica il taekwondo da appena cinque anni, ma ha già vinto il campionato italiano nel febbraio 2015 e per due volte la Coppa Italia. Ora che ha compiuto 17 anni non può più partecipare ai campionati senior perché non è italiana. La sua cittadinanza è quella russa, anche se per gareggiare con quella Nazionale dovrebbe tornare a vivere lì. «E io mi sento italiana - dice la giovane - e vorrei rappresentare l’Italia. Di fatto sono un’ apolide».
La cittadinanza, se le regole non saranno cambiate, Alessia l’avrà soltanto a 20- 21 anni, ma nel frattempo avrà perso troppe occasioni sportive. Basti pensare che agli Europei è salita sul podio una concorrente che lei ha sempre battuto ogni volta che ha incontrato.


Addio alle vittime del crollo di Arnasco: ma il parroco non benedice la salma di Aicha Don Chizzolini, che si era detto "pronto a bruciare la canonica" di Onzo per non accogliere i migranti, costretto dal vescovo a celebrare il rito, evita di citare il nome della donna marocchina morta e le rifiuta la benedizione

  Le  ipotesi  sono   oltre la  classica semplice   dimenticanza   del fatto   che  la donna  mussulmana  morta  nella tragedia  aveva intrapreso il percorso di conversione al cristianesimo, aspettava solo battesimo.   che :  1)   forse non gli hanno fatto l'offerta o 2)   è uno di quei preti intransigenti o ...... . coem sembrano dimostrare  i  suoi precedenti  scarsamente  cristiani  ed  evangelici  .
Se , mi perdonino i credenti praticanti ma stavolta non riesco a trattenermi ,   Gesu scendesse dalla croce , certi preti gli prenderebbe a ..... o farebbe una nuova orazione fuori i mercanti dal tempio   e  Dio li fulminerebbe 


ma  ora basta parlare  io venicamo alla news 

Addio alle vittime del crollo di Arnasco: ma il parroco non benedice la salma di Aicha

Don Chizzolini, che si era detto "pronto a bruciare la canonica" di Onzo per non accogliere i migranti, costretto dal vescovo a celebrare il rito, evita di citare il nome della donna marocchina morta e le rifiuta la benedizione

Nel giorno del dolore, scoppia una sconcertante polemica ad Arnasco, il paese del Savonese dove sabato scorso una fuga di gas in località Bezzo ha provocato il crollo di una palazzina con cinque persone morte ed una donna ancora gravemente ustionata che lotta per sopravvivere. A San Bernardino di Albenga, una folla commossa ha partecipato ai funerali del 49enne Marco Vegezzi e del 71enne Edoardo Niemen; ma alle 15, il rito previsto ad Arnasco per l'addio al 76enne Dino Andrei e  sua moglie Aicha Bellamoudden, di 56 anni, di origine marocchina, ha vissuto momenti di tensione. Don Angelo Chizzolini, parroco di Arnasco ma anche di Vendone e Onzo, il paese dove, quest'estate, aveva asserito che, piuttosto che ospitare migranti, avrebbe bruciato la canonica, si era infatti rifiutato di celebrare il rito per una persona di fede musulmana, trascurando la realtà, e cioè che Aicha, che risiedeva da qualche tempo ad Arnasco, aveva intrapreso un percorso di conversione al cristianesimo a  cui mancava solo la confermazione con il rito del battestimo 
frame  di questo  video  http://bit.ly/1NrGh1a
 Solo l'intervento del vescovo di Albenga monsignor Giacomo Borghetti, che ha benedetto tutte e cinque le salme delle vittime e ha formalmente imposto a don Chizzolini di celebrare il funerale, ha permesso che venisse celebrata la messa nella chiesa di Nostra Signora Assunta; ma nel corso del rito, tra lo sconcerto dei tanti parrocchiani presenti, il parroco ha citato sempre e solo il nome di Dino Andrei, escludendo la benedizione al feretro della moglie; rifiuto esplicitato anche durante la cerimonia della sepoltura nel piccolo cimitero del paese. Il sindaco Alfredino Gallizia, che si era detto pronto ad celebrare un rito laico nel caso non fosse stato possibile salutare insieme in chiesa Dino e Aicha, ha ricordato  invece, con parole commosse la donna al cimitero; confermando ai familiari della donna come il paese di Arnasco sia orgoglioso della sua cultura dell'accoglienza e di aver ospitato questa persona nel paese.






LI DI LA FUMOSA: TIMPIESI MINORI E MANNI a cura di Anna Demuru parte I

Vogliamo iniziare il 2016 parlandovi di una località di cui tutti conoscono la strada, essendo la più breve per arrivare a Sassari, temuta perché ricca di tornanti che mettono a dura prova gli automobilisti che la percorrono. La segnaletica che porta all’annessa località, situata ai confini con Bortigiadas, è poco visibile. Piu conosciuta quella che indirizza verso le serre di Marcello Scano. Per trovare la Fumosa e poterne apprezzare la bellezza, è opportuno farsi accompagnare da persone che la conoscono bene. Ci siamo pertanto rivolti al dott. Angelo Passaghe, medico veterinario, che ha fatto costruire la sua casa, su uno dei colli che dominano tutto il borgo e la campagna circostante. Di forma esagonale, le ampie finestre fanno da cornice allo scenario che si presenta dall’interno ed illuminano il percorso, per chi di notte, fa rientro a Tempio. Almeno una volta nel corso scolastico, sarebbe doveroso portare gli studenti a visitare il piccolo borgo, nato ai primi dell’800 e tenuto in vita dall’amore e dal sostegno dei suoi abitanti, come si suol dire pochi ma boni . Abbiamo sempre
sostenuto che le migliori guide sono i nativi, che amano la loro terra e la fanno amare ai visitatori. Cosi è stato per noi con il dottore: sentirlo decantare le bellezze del luogo, la pace e serenità che trasmette a chi ancora ci vive, fa bene al cuore. La nostra guida conosce ogni zolla che calpestiamo e si ferma di fronte a tutte le piccole case, per descrivercene gli interni, anche quando sono chiuse. La prima in assoluto che incontriamo è di frati Piga e purtroppo non essendo abitata, all’esterno è stata dipinta con colori attuali, per preservarla, con grande dispiacere del dottore. Quinto di 6 figli, il nome di battesimo è Angelo Sesto, in memoria della primogenita, venuta a mancare prematuramente. Sono rimasti 3 maschi e 3 femmine. La Fumosa qualche anno fà era più conosciuta come strada che come sito, coltivato a grano. Il terreno diviso da un grande masso, delimitava il confine da rispettare nell’alternarsi della semina: nella parte superiore e in quella inferiore. Vista la distanza dal centro più vicino e la mancanza di mezzi di trasporto adeguati, si potrebbe pensare che i genitori avrebbero indirizzato i figli ai lavori di campagna. La madre dei ragazzi volle che studiassero, a costo di grandi sacrifici da parte di tutti. 


La scuola elementare veniva frequentata in loco.  La maestra che veniva da Sassari, signora Vannina, abitava nel piano superiore del palazzetto (le case a 2 piani così erano chiamate) dei genitori del dottore che ne occupavano il piano terra. Sempre nel piano superiore era la stanza adibita alla pluriclasse. Nella casa vicina, che è della sorella del dottore e abita a Tempio, d’estate quando arrivano tutti, viene celebrata una Messa. Ricorda il bambino Angelo che durante la ricreazione la signora Vannina sguinzagliava tutta la scolaresca alla ricerca dei ciclamini e per tenerli più impegnati, raccomandava di trovare quelli bianchi. La sera si coricava presto per potersi alzare di buon ora, poiché anche i più grandicelli dovevano portare le mucche al pascolo, la scuola per loro iniziava alle 10,30. Le visite con i vicini venivano scambiate per parlare dell’andamento della giornata, della crescita del grano, poiché nel 1950 tutto il terreno ne era seminato. In seguito avendo lasciate queste coltivazioni, il bosco se ne
è impadronito. Per San Giovanni finiva la stagione detta pasturigghjà quando il mezzadro e il proprietario, fatti i debiti conti, decidevano di continuare o scindere il contratto. Angelo affronta gli esami di ammissione, allora molto difficili, in seguito gli daranno la possibilità di accedere al prestigioso Liceo Classico di Tempio. Studia sui libri dei fratelli maggiori e la carriera gli fa superare gli ostacoli logistici. Arriva così il momento del richiamo militare e viene mandato a Trieste, dove, in brevissimo tempo, si laurea in veterinaria. Torna a Tempio e al suo rientro trova una situazione favorevole per lavorare. Il giorno dopo il congedo ufficiale, viene chiamato in Comune, poiché il veterinario reggente, che doveva spostarsi fra 5 comuni, non riusciva più a controllare il territorio. All’epoca, i pastori preferivano uccidere gli animali malati, perchè il costo delle vaccinazioni era troppo elevato. Il giovane dovette combattere anche contro questa mentalità, con un opera di convincimento, data la grande passione per la professione scelta e per l’amore che lo lega alla terra, che lo aveva visto nascere. Continua gli aggiornamenti degli studi intrapresi e tutti i convegni nelle varie regioni italiane, lo vedono presente. Collabora con la scuola per spiegare alle giovani leve l’importanza dell’alimentazione, non solo degli animali. Si specializza nella cura sia degli animali piccoli che di quelli selvatici, frequentando ancora le zone di Torino, Trieste, Slovenia. Torna sempre alla Fumosa, dove si stabilizza definitivamente con la famiglia. La moglie, di Ivrea, si adegua volentieri al nuovo modo di vivere e si integra nel posto. Insegnante di inglese nelle scuole superiori, è conosciuta e stimata. Ci racconta che le prime case sono dei fratelli Passaghe e la prima in assoluto
è del ‘700 e appartiene alla famiglia Piga. In un punto della strada, lu Rutulzu, c’è lo spazio dove veniva posizionata la trebbiatrice, visibile dalle case poste sui tre colli che si guardano fra di loro. Veniva, quindi, sventolato un lenzuolo come segnale, ed i carri con il grano, si muovevano dalle loro postazioni per raggiungerlo. Per alcuni, il percorso non era facile, nella zona dove dovevano passare, due grandi massi ne impedivano il libero accesso e le corna dei buoi ne subivano le conseguenze (da qui il nome di Baldiscorre). L‘altra parte è chiamata Monti mancanti, poiché ne manca un pezzo e lì trovano rifugio le lepri. Le case sono in tutto 17, disposte fra l’Agliola Ruia, l’Aldióla, Fumósa e Pàmpana. Ispirandosi al luogo, Fabrizio de Andrè, scrisse Una storia sbagliata. Tutti gli abitanti erano imparentati: ricorrono quasi sempre i cognomi di Passaghe, Piga, Figoni e Deiana, perché i matrimoni avvenivano tra di loro. Il borgo ci ricorda la poesia del Carducci La nebbia agli irti colli piovviginando sale ; le persone che escono sulla porta per salutarci, sono vecchie amicizie conosciute a Tempio, che frequentavano per lavoro, e tutti volevano offrirci da bere. Il tempo che passa sembra non avere per loro importanza. All’interno della casa di Pitreddu, è stato valorizzato un antico arco in granito, ma niente è stato ritorto. Troviamo la madre di alcuni alunni, Antonella con studio a Tempio,
che ci porta a vedere i suoi fiori appartenenti ad una generazione antica, vengono scambiati fra le varie case e piantate per talea, da far sembrare così, un unico percorso. Il dottore ha scelto di costruire la sua abitazione nel punto più alto della zona, ma fa presente che il termometro quando a Tempio segna 10 gradi alla Fumosa arriva a 18 e la neve, che per la strada è già alta, arriva alle case, con notevole ritardo. Il clima è favorevole agli agrumi, poiché è sopra i 400 metri. Il piccolo borgo antico è stato visitato anche dal vescovo Mons. Meloni che esclamò “ Questa civiltà e queste case sono il frutto ed il lavoro dell’uomo ”. Scopriamo piccoli alberi, alti circa un metro e mezzo, che portano ancora alcuni frutti; pere e mele spiccano colorate fra il verde del fogliame. Dei Piga ricordiamo, perché escono a salutarci, Martino, Mario e Piero, poi Battista. Un palazzetto attira la nostra attenzione, perche la ringhiera del terrazzo e ogni cosa di ferro battuto è stata tinteggiata in color glicine.  Ci dicono è stata  comprata e rimessa a nuovo, da una signora inglese. Ricordiamo di averla conosciuta, essendo una delle prime insegnanti private di lingua madre, ad aver iniziato una scuola frequentatissima a Tempio, alla fine degli anni  70. Ci accompagnano nella visita uno dei figli del dottore, Alessandro, allegro e ciarliero, amante della musica, l’ascolta e suona a tutto volume, senza disturbare nessuno. È’ felice di abitare nel borgo!!  Gina Figoni, ricorda come da piccola, veniva mandata alla Fumosa dai nonni e zii, dove ritrovava gli amichetti e la zona ricca di frutti, arance, limoni, ciliegie, bacche selvatiche saporitissime e dalle quali venivano fatte marmellate per i dolci con mandorle e anzi, era per lei, un paradiso. Un grande avvenimento era il momento dell’uccisione del maiale, del quale come sappiamo, non si butta  niente: per questo i salvadanai vengono raffigurati, il più delle volte, con le sembianze di questo animale. L’acqua era sorgiva, raccolta e tenuta nella cagghjina e bevuta da l’uppu. Gli amici della cantoniera, arrivavano per la grande festa e per aiutare come pure, tutti i vicini, al momento opportuno, l’aiuto dato, veniva restituito.  Cassandra Tamponi scatta foto a pieno ritmo, cogliendo i particolari più interessanti come è solita fare. È’ tardi per noi, quando lasciamo i nostri gentili ospiti. Le luci delle case iniziano ad accendersi e girandoci indietro possiamo immaginare e sarebbe bello poter allestire un piccolo presepe fra gli alberi secolari, le stradine che portano al grande masso dentro una stalla. Del resto la parola presepe deriva da stalla, lontano rifugio del bestiame.  La nostra gita è finita.  Ringraziamo il dott. Passaghe, Gina ed Alessandro per averla resa piacevole e con la nostra fotografa, torniamo verso Tempio dove il primo semaforo ci riporta allo scandire del tempo ed alla realtà odierna. ( segue )   ( foto di Cassandra Tamponi )

Svegliamoci

Bonolis, il re del trash si butta sull'omofobia ed xenofobia pur di far audience . Fare gli idioti e rendere tutti più idioti


Leggo  ormai    sempre  più   sconfortato    su  http://www.lettera43.it/cultura/ che  

Ciao Darwin di Bonolis torna. E chiama anti-gay e razzisti. Una tivù deprimente. In cui il conduttore sguazza. La sola regola è alzare l'asticella dell'osceno.

|
21 Gennaio 2016
Il diverbio con insulto omofobo tra Mancini e Sarri durante Napoli-Inter di Coppa Italia.
(© Ansa) Il diverbio con insulto omofobo tra Mancini e Sarri durante Napoli-Inter di Coppa Italia.
Se c'è un caso in cui tutti, o quasi, fanno i froci col culo degli altri, è questo.
Primo il Sarri, il compagno Sarri, fisiologicamente a favore dei diritti, dei deboli, che si lascia andare a insulti da osteria, ma così, insouplesse, come a dare del “democristiano” (immaginarsi che sarebbe successo se fossero usciti da altre bocche, con meno expertisesociopolitico).
Poi l'altro, il Mancini che ne fa un caso di salute pubblica e non per solidarietà, visto che in passato si è concesso più o meno gli stessi epiteti, ma pro domo sua e comunque non si capisce se sia parte lesa, se gli piacciano le donne o che accidenti altro.
GIOVANNE D'ARCO ALLE SPECCHIO. A ruota i vari soggetti e soggettini che cavalcano la tigre e così parlano di se stessi, Giovanne d'Arco allo specchio.
Fingendo, tutti, di non sapere, di non capire che a bordo campo, e sugli spalti, questo si sente dal primo al novantesimo minuto, recupero compreso, perché il mondo del calcio a dirla tutta è una bella suburra culturale, ma poi finisce lì e non è il caso di farne una tragedia greca.
E AI GAY NEL CALCIO CHI PENSA? Mentre il problema dei calciatori gay - che ci sono e sono tanti, ma temono di uscire allo scoperto -, quello sì che viene rimosso: quando il compianto Carlo Petrini lo sollevò nei suoi libri, con la sua schiettezza brutale, venne accusato di specularci sopra.
Per ultimo, a proposito, arriva Bonolis, Paolo Bonolis.
Figuriamoci se poteva lasciarsi scappare una simile occasione.

L'idea meravigliosamente squallida di Ciao Darwin

Paolo Bonolis durante una puntata di ''Ciao Darwin''.
Paolo Bonolis durante una puntata di "Ciao Darwin".
Bonolis si è messo in testa questa idea meravigliosamente squallida: provinare un mucchio selvaggio di omofobi e razzisti per la nuova edizione di Ciao Darwin.
IL SOPRAVVALUTATO. Questo Bonolis è un tipico rappresentante dell'intrattenimento cosiddetto per famiglie, strapagato, sopravvalutato, uno di quei conformisti che si ammantano di trasgressione: seleziona (e irride) la peggio umanità, però se lo interpelli ti risponde che lui è «assolutamente» in favore di tutto e di tutti.
Assolutamente, come tutti quelli che non credono a quello che dicono.
E magari viene a dirti che lui gli omofobi e i razzisti li convoca in fama di reprobi, per esporli al pubblico ludibrio, alla gogna televisiva.
UTILE SOLO ALLA SHARE. Ma è una grandiosa palla, gli servono per far cassa e cassetta e del resto non gli importa, non si cura di eventuali conseguenze, di significati reconditi, della mortificazione di chi davvero ha ragione di soffrirne e non ha voce per protestare.
Lui è uno che da un quarto di secolo campa sulla schiuma e ci si trova alla grande.
Se capita una concorrente vistosa, che di cognome fa “Puppinato”, ci sguazza a forza di borbottii, occhiate sgranate, mezzi commenti: «Eh lo dicevo io...».
PESANTEZZA DEPRIMENTE. E la gente ride, lo trova simpatico e questo sarebbe il trash, che si è sdoganato per conto suo come una profezia che si autoadempie nel nome di una presunta leggerezza che non è mai esistita, questa spazzatura televisiva è di una pesantezza deprimente, non ha neppure l'autoironia delle commediacce Anni 70 con Lino Banfi e Alvaro Vitali.

Dopo un quarto di secolo il presentatore è alla frutta

Paolo Bonolis.
Paolo Bonolis.
Cosa significa selezionare gente che ce l'ha coi “froci”, i “negri”, le donne, gli immigrati, insomma per tutti i gusti, che mette insieme un rosario di cliché subculturali, e farli sfilare per un programma televisivo?
Far capire che l'Italia è ancora questa, fare della sociologia d'accatto, pretendere di far riflettere un pubblico che, al contrario, rischia di rispecchiarsi, perché il pubblico di Bonolis questo è?
TROVATINA STUPIDA. Sì, d'accordo, non sarà il caso di farla lunga come la Regione Piemonte, a suon di esposti e di segnalazioni all'Unar, che sarebbe l'ufficio contro le discriminazioni, non sarà il caso di istituzionalizzare una trovatina stupida, una provocazione che si commenta da sé.
Però è proprio il livello della pensata a lasciare sconcertati: uno che dopo un quarto di secolo di esperienza televisiva non sa trovare altro per rilanciare il suo programma, non è alla frutta?
VOLGARITÀ DELIRANTI. Non trascina ancora più giù una televisione che sembra non trovare limite al suo peggio, alle sue volgarità deliranti e del tutto autoreferenziali, lo sporco per lo sporco, la rissa per la rissa?
Succede nell'intrattenimento leggero come nell'informazione, nei talk show da gambetta accavallata come nei programmi sportivi, per non parlare dei reality dove la regola è alzare l'asticella dell'infame e dell'osceno altrimenti si va tutti a casa.
C'è un limite o il limite è solo l'inferno?
CORRIAMO VERSO LA MISERIA. Non sarà per Bonolis che gli italiani si riscopriranno migliori o peggiori, ma il Bonolis di turno si propone come punta avanzata di un livello che subito altri tenteranno di superare in una corsa ormai incontrollabile verso l'umana miseria.
Ma pare che le pulsioni più fisiologiche, più imbarazzanti (un tempo) siano particolarmente apprezzate, la mutazione genetica di chi la televisione la fa e la guarda è sempre più nel segno del “diciamoci tutto, facciamoci tutto”, la discrezione è ipocrita, il pudore borghese, la misura non paga, la decenza non porta da nessuna parte.
Insomma siamo alla regressione orgogliosa.
Ciao Darwin, ma alla rovescia. O meglio, alla lettera.
 
Twitter @MaxDelPapa




ha ragione Alessandro Gilioli ( qui il suo curriculum ) su 

http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it del 21\1\2016
Poche cose sono indicative dello stato dei media in Italia come la notizia dell'annuncio con cui la trasmissione "Ciao Darwin" cercava «persone contrarie all'integrazione degli stranieri» e «persone contrarie ai diritti dei gay»: insomma, seppur detto meglio, razzisti e omofobi.La questione, tuttavia, non sta nelle specifiche tipologie ricercate in questo caso (peraltro piuttosto diffuse in un Paese dove sei persone su dieci non leggono neppure un libro all'anno: che bisogno c'era di mettere un annuncio?).La questione, si diceva, sta altrove.Sarebbe stata infatti la stessa identica cosa se avessero cercato, chessò: proseliti del veganesimo, rabbini contrari all'evoluzionismo, favorevoli al ritorno dei Savoia, vessilliferi della vita su Marte o delle virtù terapeutiche del riso canadese.Insomma, macchiette.La televisione italiana vuole macchiette, per portare la realtà al massimo della semplificazione. La televisione italiana odia la complessità, detesta la sfumatura, è terrorizzata dai toni grigi. Specie se in questi grigi c'è uno straccio di ragionamento.E mica solo Bonolis.Anche i talk show politici sono costruiti quasi tutti così. Ciascuno deve recitare una parte: oggi, tendenzialmente il renziano o l'antirenziano, sulla falsariga del ventennio in cui bisognava fare i berlusconiani contro gli antiberlusconiani. Ma sono ammessi anche macchiettisti minori: l'ex grillino deluso, il vetero di sinistra rimasto negli anni 70, il cinico blu che non crede più a niente, l'uomo della strada che odia la casta, il contestatore della moneta unica, lo startupparo digital-ottimista. Eccetera eccetera.Più sei etichettabile, banale e ortogonale - nella posizione che interpreti - più hai probabilità di essere invitato.Gli ospiti lo sanno e, nel 90 per cento dei casi, quando vanno in tivù rendono il loro pensiero il più possibile etichettabile, banale e ortogonale, allo scopo di farsi reinvitare: del resto un'assidua presenza in tivù presenta per loro una discreta quantità di vantaggi collaterali.Così si verifica lo strano fenomeno che ho riscontrato più volte: quello di politici e opinionisti che quando li incontro di persona rivelano una pacatezza argomentativa, una ricchezza di pensiero e una complessità di ragionamento che poi spariscono completamente quando li rivedo in tivù, a interpretare il ruolo loro assegnato.A volte mi chiedo se siano gli stessi. O se prima andare in tivù si calano qualcosa. Invece no: semplicemente, quando sono on air svolgono con diligenza il compito per il quale sono invitati. Cioè evitare la complessità e mettere in fuga il ragionamento.Fare gli idioti e rendere tutti più idioti.


21.1.16




GRAN BRETAGNA

Non sente il dolore, non ha mai sonno, non è mai stanca: la storia di Olivia, la "bimba bionica"

Oggi alle 12:09

olivia con la madre niki
Olivia con la madre Niki
Non è mai stanca. Non ha mai sonno. Non prova mai dolore.
E la stampa del Regno Unito l'ha già ribattezzata "la bambina bionica".
Il suo nome è Olivia, ha sette anni e abita nella cittadina inglese di Huddersfield. La sua storia è stata raccontata da diversi media britannici e ha già fatto il giro del mondo.
Secondo quanto riferito dalla madre, Niki, i suoi "super-poteri" derivano da una malformazione genetica, che ha causato la mutazione del cromosoma 6.
Gli specialisti, però, a detta della stessa mamma, sostengono di "non aver mai visto nulla del genere".
La donna cita anche esempi pratici della particolarità della figlia. "Un giorno è stata investita e io urlavo di paura, così come gli altri miei figli. Ma lei ha detto 'Cosa c'è che non va?'. Poi si è alzata ed è tornata da me".
Un'altra volta, a scuola, una caduta le ha provocato una profonda ferita al labbro superiore.
"Ma quando il medico le ha messo i punti, non ha battuto ciglio".
Oltre alla mancanza di senso del dolore e del pericolo, la malformazione provoca a Olivia la quasi totale assenza di appetito e sonno.
"Si è nutrita per un anno di sandwich al burro", prosegue la madre. Che aggiunge: "Non sente i morsi della fame, non l'ho mai vista sbadigliare, quindi non posso trattarla come gli altri bambini".

Rahma contro l’Algoritmo: una ragazza tunisina contro gli stereotipi dell’AI

da https://it.insideover.com/   Rahma  ha quindici anni, lunghi capelli neri ricci e occhi scuri. La faccia pulita, senza trucco né inga...