12.5.24

la libertà è .....

in sottofondo
With a little help from my friends- Joe Cocker(cover )

 



A volte basta poco per mettere in dubbio \ in discussione o anche ( ed è questomi caso del post d'oggi ) quello che dicevo qualche anno fa mi pare nel 2006\8 , non riesco a ritrovarlo nell'archivio del bog , non so se perso nel passaggio da splinder a blogspot , sul significato della libertà . Infatti essa non è solo : lottare contro le ingiustizie o le gabbia . Ma soprattutto va al di là di partecipazione ., cercare qualcosa che si è smarrità ⁕⁕, o qualcosa che ti fa amare anche la solitudine ⁕⁕⁕ ma anche il fatto che Essere liberi significa essere consapevoli dele proprie scelte e delle conseguenze che d'esse possono  derivarne   nel bene  e  nel male . 
  

Ognuno è libero di fare ciò che vuole. Dovremmo apprezzare le persone per ciò che sono e non per ciò che vogliamo che siano. Se una persona è diversa da noi e noi non siamo in grado di accettarlo, il problema è nostro, non loro. Non dobbiamo pretendere in tutti i modi di cambiarlo perchè rispecchi la persona che vogliamo. Cerchiamo piuttosto di essere sinceri con noi stessi e capire che non è la persona che cerchiamo. << [...] ciò che noi non siamo… è ciò che noi non vogliamo.>> -  Dalla foce al porto (Ciò che non siamo) di Vito Rorro e Mayda Guerzoni  . Infatti  la nostra  libertà, così come la nostra felicità, è una decisione che siamo noi  a prendere. Non dipende da nessun altro se non da noi. Siamo noi  a darci le opportunità e siamo noi a negarcele



con questo è tutto .

COLONNA  SONORA 
With a little help from my friends - Joe Cocker
 Dalla foce al porto (Ciò che non siamo) - Vito Rorro e Mayda Guerzoni    
⁕La libertà -Gaber
 ⁕⁕ la tua libertà -Guccini
 ⁕⁕⁕ Ma Liberté - George Moustaki | Ma Liberté - Serge Reggiani

per chi volesse approfondire   e dcidere   il tipo di  libertà    da praticare  \ coltivare    consiglio  la  voce   https://it.wikipedia.org/wiki/Libert%C3%A0

Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica e la scritta "chiffriermaschinen" ., «Mamma si è iscritta all'università a 42 anni insieme a me: si è laureata col massimo dei voti mentre cresceva tre figli» .,

Il Gazzettino


Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica e la scritta "chiffriermaschinen" 


di Tiziano Graziottin

«Padre, è meglio che questa la tenga lei. Se la trovano in casa mia sono morto». Brandello di una conversazione, probabilmente nel segreto del confessionale, tra un uomo in fuga e un religioso di Marghera. Siamo all'alba del 1945, tutti hanno ormai chiaro come andrà a finire la guerra; il dialogo si svolge tra un ignoto collaborazionista dei nazisti e padre Egidio, un frate francescano che solo qualche anno prima aveva fondato proprio a Marghera una scuola serale dedicata a persone che volevano specializzarsi o qualificarsi nel settore della radiotecnica. "Questa" è una sorta di scatola con molti tasti e molti fili, con degli strani rotori: probabilmente padre Egidio pensa sia una macchina da scrivere o qualcosa del genere, forse una sua evoluzione. Comunque sia il frate la nasconde nella enorme soffitta dell'edificio che ospita la scuola, lungo la via di Marghera che oggi porta il suo nome perché padre Egidio Gelain è un benemerito della città, un religioso che col suo impegno ha dato una prospettiva e un lavoro a tantissime persone (non solo giovani) soprattutto negli anni duri del dopoguerra.
Lo strano oggetto nascosto in soffitta
La "strana macchina" resta sepolta con centinaia di altri oggetti per quasi sessant'anni, finché capita tra le mani di due ex allievi della scuola, Gianpietro Favaro e Roberto Visentin, che rovistando in soffitta sono incuriositi dalla data impressa e dalle parole in tedesco sulle targhette della scatola di legno: l'anno di fabbricazione è il 1941, tra le scritte balza all'occhio "Chiffriermaschinen". E una piccola svastica sui rotori segnala in modo inquietante e inequivocabile da chi era utilizzata.
Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica impressa sui rotori e la scritta "chiffriermaschinen

                                                           © Fornito da Il Gazzettino


Enigma: a cosa serviva?

Siamo ormai nel nuovo millennio, in rete corrono le informazioni e gli interrogativi sul misterioso apparecchio ereditato dagli anni della guerra cadono uno dopo l'altro: si tratta di "Enigma", la macchina che i nazisti usavano per comunicare informazioni riservatissime da un capo all'altro dell'Europa (e non solo), resa celebre da libri e film che nel tempo hanno svelato la complessa e per certi versi drammatica operazione di intelligence dei servizi segreti alleati (inglesi in primis) per decriptare i messaggi nemici. Oggi in Italia ce ne sono pochissimi esemplari (due sono conservati in musei di Milano e Pavia) e uno di questi si trova per l'appunto a Marghera, da dove la macchina di nome Enigma non si è mai mossa. «Fu un'emozione capire cosa custodiva quella scatola di legno - ricorda Gianpietro Favaro - e poi conoscere la storia di come era arrivata fino a Padre Egidio. Scoprimmo che era in ottimo stato: bastò relativamente poco lavoro per farla tornare perfettamente funzionante. Potrebbe mandare e ricevere messaggi anche oggi se ci fosse un addetto con una macchina predisposta a riceverli da qualche altra parte del mondo».



Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica impressa sui rotori e la scritta "chiffriermaschinen

                                             © Fornito da Il Gazzettino

Il codice segreto dei nazisti

Nella storia millenaria delle guerre sotterranee combattute per afferrare i segreti dei nemici Enigma ha un posto di assoluto rilievo: infatti per la prima volta la macchina che faceva partire il messaggio cifrato (utilizzando l'alfabeto Morse, con comunicazioni che potenzialmente tutti potevano sentire) era anche quella che li decifrava. «Non servivano grandi competenze - evidenzia Favaro, di professione ingegnere elettronico, che nel grande edificio rettangolare di via Gelain ha quasi una seconda casa - bastava semplicemente saper usare la macchina e impostare i rotori, in sostanza chi riceveva il messaggio con l'alfabeto Morse lo reinseriva nella Enigma ricevente con l'impostazione accordata e il gioco era fatto. E trasmetteva comunicazioni cifrate con oltre 150 miliardi di combinazioni possibili». 



© Fornito da Il Gazzettino



La macchina custodita a Marghera è quella a 3 rotori, ma negli anni bellici ne furono realizzate anche a 4, 5 e in pochissimi esemplari perfino 6 rotori, tutto finalizzato a complicare la vita agli spioni nemici.

© Fornito da Il Gazzettino
Enigma, la macchina dei nazisti. Scoperto in una soffitta a Marghera l'apparecchio per inviare e decifrare i codici segreti: la svastica impressa sui rotori e la scritta "chiffriermaschinen"
Usata durante la guerra dai nazisti, sfruttata negli anni successivi dagli inglesi che l'avevano distribuita in varie ambasciate, Enigma venne utilizzata fino al 1977, quando fu resa pubblica l'esistenza della macchina. A Marghera, nel capannone che oggi ospita un campionario dell'elettrotecnica che farebbe felice qualunque appassionato, Enigma è il fiore all'occhiello: «Ce l'ha chiesta anche l'Università di Padova - osserva Favaro - ma insomma, ci dispiacerebbe privarcene soprattutto per la storia che lega la nostra macchina a Marghera e alle vicende della struttura, che è un patrimonio di questa comunità».
La scuola serale di elettrotecnica
La scuola serale di elettrotecnica fondata nel 1941 da padre Egidio Gelain, riferimento in anni molto complicati, fu gestita dallo stesso religioso fino al 1974; un altro frate, padre Ruggero (al quale è intitolato il Museo della Radio margherino), ne rilevò il testimone per una decina di anni. Gestita fino a metà degli anni 90 da una cooperativa, oggi la sede è un vero e proprio museo che svela i suoi tesori alle scolaresche in visita, grazie all'impegno degli ex allievi in collaborazione con il gruppo Astrofili di Mestre.
«Ci troviamo qui ogni venerdì sera - spiega ancora Favaro - nel vecchio salone dei diplomi della scuola, oggi predisposto come sede espositiva dei pezzi più significativi, molti dei quali rimessi in funzione col lavoro dei soci». Il Museo Padre Ruggero di Marghera custodisce in effetti molti pezzi straordinari, di culto per gli appassionati ma in realtà di grande interesse per chiunque: tra gli altri il primo computer da tavolo al mondo, l'Olivetti Programma 101, oppure un grammofono "La voce del padrone" del 1930, senza dire del planetario di cui a Marghera si va giustamente orgogliosi. Ogni anno un migliaio di studenti delle scuole visita la struttura di via Egidio Gelain, mentre il venerdì sera i responsabili del museo si ritrovano nella stessa sede.
Collezionismo, quanto vale Enigma?
Ma un autentico tesoro come Enigma, come viene gestito? Collezionisti e cultori del genere sarebbero disposti a mettere sul tavolo decine di migliaia di euro per possederla e finora il ritrovamento a Marghera per ragioni di sicurezza era stato tenuto riservato. «Alla luce del valore della macchina - spiega l'ingegner Favaro - Enigma non è custodita nel Museo ma può essere certamente prenotata una visita per vederla accedendo al nostro sito (https://museopadreruggero.blogspot.com)». E di sicuro capire "come" funzionava la "Chiffriermaschinen" dei nazisti è un bel modo per entrare dalla porta principale nella storia dello spionaggio e degli 007 di ogni epoca.










© Social (Facebook etc)

Non è mai troppo tardi per seguire i propri sogni e per diventare la persona che abbiamo sempre desiderato essere. A volte la vita costringe a percorrere una strada che sembra portarci lontano dal traguardo che si vuole raggiungere ma, forse, si sta solo prendendo una via un po' più lunga.Così è stato per la mamma di Amy, una donna che per gran parte della sua vita ha seguito gli step che qualcun altro aveva disegnato per lei e ha dovuto «sacrificare le sue ambizioni» per costruire una famiglia e prendersene cura, così come volevano i suoi genitori. Eppure, quando Amy McHugh si è iscritta all'università, lo ha fatto anche sua mamma, a 42 anni e con altri tre figli da crescere. Il futuro che le è stato imposto, allora, si è allargato fino ad abbracciare i suoi veri sogni.


Una vita chiusa in casa

Amy racconta la storia di sua mamma, una storia fatta di rinunce e sacrifici ma anche di rinascita e soddisfazioni: «Non ha mai riso molto. Forse perché ha guardato sua madre, Doris, trattare la cura della casa e della famiglia come una faccenda estremamente seria - scrive in un post pubblicato sui social -. Ogni sera, Doris era sull'uscio ad attendere il marito con un paio di tacchi ai piedi e una birra fredda tra le mani. Stirava le lenzuola e preparava una cena di tre portati. Ogni singolo giorno. I miei nonni hanno spinto mia mamma a frequentare la scuola per segretarie. Mia mamma, creativa, intelligente, ha imparato a battere a macchina. Le era stata venduta la promessa di potersi aggiudicare, così, un "buon lavoro" finché non avesse messo su famiglia, il suo "vero" obiettivo nella vita».
La mamma e il papà di Amy si sono sposati appena dopo il diploma. Un anno dopo hanno avuto lei, la prima figlia, e l'anno dopo ancora è arrivato il secondo. Due anni dopo un altro fratello per Amy. «Mio padre lavorava la notte e i fine settimana, facendo di tutto per aumentare il suo stipendio da insegnante - scrive su BusinessInsider -. Mia madre passava quasi tutto il tempo da sola, per quanto si possa essere "soli" quando si crescono i figli. Cucinava, puliva, faceva la spesa, si inginocchiava a grattare i pavimenti e risolvere le liti tra i miei fratelli». Ma non solo. Sebbene il papà fosse un insegnante di matematica, era la mamma ad avere un talento per i numeri e a spendere ore piegata sul tavolo della cucina «con un mucchio di bollette, in vestaglia e con una tazza di caffè», per far quadrare i conti.
Il suo animo creativo e le sue ambizioni hanno trovato altri modi per rimanere vivi: una torta tridimensionale di Wonder Woman, un modellino di un incontro di boxe fatto con gli stuzzicadenti, la macchina da cucire sempre in moto per i più diversi costumi di Halloween. Poi nasce un'altra sorellina e la casa diventa un asilo nido: «Le piaceva tanto e adorava i bambini, ma non adorava passare tutto quel tempo in casa»
La svolta
Per anni le era stato detto quanto fosse una maestra coi fiocchi, ma come fare a lavorare quando c'era così tanto da fare per la casa e la famiglia? Qualcosa, però, è cambiato quando Amy ha fatto richiesta per l'ingresso all'università: sua mamma ha scritto in segreto la sua domand, l'ha inviata insieme alla figlia e entrambe sono state accettate, ricevendo anche una borsa di studio per il merito. «Io ho scelto un campus nello Stato vicino - scrive Amy - e mia mamma uno a 20 minuti da casa. Ci siamo iscritte ai corsi e mentre mamma lo ha fatto pensando agli impegni dei suoi figli, io pensavo a quante pause volevo durante il giorno. Alla fine del semestre, mio padre si vantava della media di sua moglie. Lei lo zittiva, ma io ero meravigliata: mi lamentavo per gli esami e i compiti e avevo ore e ore per studiare, mentre lei aveva tre figli a casa, di cui uno di cinque anni. Non so se si sia mai sentita sopraffatta. In tal caso, non lo ha dato a vedere».Amy si è laureata, e una settimana dopo si è laureata sua mamma: pieni voti e lode. «Non l'avevo mai vista così felice e orgogliosa di se stessa. La donna che ha lasciato l'auditorium, quel giorno, era una nuova versione di mia madre. Ha accettato una posizione come prof di scuola media e dopo le lezioni aiuta gli studenti. Si sente considerata e apprezzata, qualcosa che non aveva prima. Quando torna a casa tardi dal lavoro, mangiamo la pizza surgelata e la sentiamo lodare colleghi e studenti: "Sono tutti fantastici, avrei voluto fare tutto ciò anni prima"».



11.5.24

celebra i 29 del trapianto di cuore facendo il cammino di santiago di compostella ., A MILANO C’È UN FIORE GIALLO UNICO AL MONDO ., PARAPLEGICO HA FESTEGGIATO I SUOI 50 ANNI LANCIANDOSI NEL VUOTO CON IL PARACADUTE

 


A MILANO C’È UN FIORE    GIALLO UNICO AL MONDO


C’è un fiore unico al mondo che cresce  solo a Milano, non si trova in  nessun’altra parte del mondo se non tra le  mura del Castello Sforzesco. Lo rivela l’inventario della "ora spontanea italiana: si tratta dell’hieracium australe ed è una specie endemica del capoluogo. È quella strana margherita gialla spontanea (a sinistra) che invade uno dei monumenti  più preziosi del capoluogo.Infatti


  da https://radionumberone.it/


Nel 2018 erano due specie uniche, ma una si è estinta
Si tratta di una pianta endemica, ossia che germoglia solo qui e in nessun’altra parte del mondo. Parliamo dell’hieracium australe, che somiglia molto al tarassaco, quello detto volgarmente soffione. Cresce spontaneamente solo sulle mura del Castello Sforzesco, in centro a Milano, ma fino a qualche anno fa non era solo. Secondo l’inventario della flora spontanea italiana del 2018, infatti, anche l’hieracium tolstoii fioriva sulle stesse mura, ma ormai si è estinto. È logico pensare che qualcosa sia cambiato nel suo habitat.
LA BIODIVERSITÀ ITALIANA – L’inventario, curato dal Museo di Storia Naturale di Milano, mette in luce la biodiversità unica dell’Italia. Il Belpaese è infatti al primo posto in Europa per la ricchezza della sua biodiversità. In Italia crescono in totale 10.023 tipi di piante, di cui 1702 , come nel caso del fiore delle mura, crescono solo ed esclusivamente qui. Questa biodiversità è favorita dalla macedonia di paesaggi e ambienti diversi che l’Italia offre.
I RISCHI – Questa varietà di piante è però messa a rischio da tre elementi. Il primo sono le piante esotiche, che vengono importate e generano delle epidemie nella flora locale. Il secondo è il cambiamento climatico, che costringe sempre più specie all’evoluzione o all’estinzione, non abituate al nuovo clima che si sta creando. L’ultima minaccia consiste nel consumo del suolo che toglie spazio alle piante autoctone spesso eliminando degli habitat, come le zone umide in pianura.




10.5.24

Lascia il suo lavoro in una multinazionale e apre a Olbia la boutique del commercio sostenibile la storia di sonia ripamonti




Lo  so    sarà un giudizio parziale che  Leggendo l'articolo  sotto     riportato   sembra che la boutique venda prodotti sardi e che promuova artisti e artigiani sardi.
   Credo non abbia a che fare con il commercio equo e solidale  vero  e proprio  .  Ma  mette anche se  in maniera  quasi radical  chic     \  borghese     il motto pensare  globale agire  locale    .  E  non è un  economia  di  rapina    ma  promuove  i prodotti ed  artisti  locali   e si occupa di applivare la sostenibilita ambientale ed il km zero e locale.

N.B
 come  specificato  anche  su   fb  in   risposta  alla  diretta  interessata      ( qui  l'intera  discussione  )   nonostante   essa    continui ad  affermare il contrario nonostante  lo  abbia specificato  


Giuseppe Scano
Sonia Ripamonti ripeto era riferito all'attività non alla persona . in quanto non la cnosco personalmente
  • Mi piace
  • Rispondi
  • Modificato
Sonia Ripamonti
Giuseppe Scano l’attività rispecchia la mia persona ma ripeto nuovamente il concetto che forse non è nuovamente chiaro: lei come può sapere se non conosce? Da italiano medio ha giudicato senza sapere scrivendo cazzate. Discorso chiuso.




da https://www.galluraoggi.it/cronaca/  e  6\5\2024



Sonia Ripamonti, milanese di nascita ma isolana nel dna da parte di mamma siciliana, è una giovane imprenditrice trasferita a Olbia con una storia che colpisce dritto al cuore. Una combinazione di coraggio, determinazione e amore per l’arte e l’artigianato locale, che l’hanno portata a scegliere, come casa, la Sardegna.La sua storia parte da Milano. Un lavoro faticoso e logorante, che ha bisogno di continue pause per ricaricarsi. Per Sonia, la Sardegna, non era mai stata una destinazione turistica da prendere in considerazione. Nel suo immaginario, si trattava di un’isola la cui fotografia non era altro che che quello che si leggeva sui giornali di gossip d’estate.Dopo aver lasciato il suo impiego nel settore marketing di una multinazionale a Milano, con la sua Smart carica di bagagli, di determinazione ed energia da vendere, sbarca in Sardegna. La sua voglia di scoprire lo sport del kitesurfing la porta a San Teodoro, dove conosce il suo futuro datore di lavoro, che la porterà a organizzare, nel suo locale in spiaggia, eventi per più stagioni. Il mestiere lo conosce bene: a Milano, aveva combinato il suo lavoro diurno ad un’attività di PR nei locali della provincia.“Una delle esperienze più belle della mia vita – ricorda Sonia – un luogo meraviglioso che non ha nulla da invidiare ai Caraibi”. Negli anni a seguire ha sfruttato la sua esperienza e ha realizzato, proprio nel settore eventi, tante belle iniziative, con grande soddisfazione personale. “Se hai bisogno di un posto che ti riconcili con la vita, la Sardegna è la meta perfetta – ribadisce -. In questo luogo, le persone sono calorose, sorridenti, accoglienti“.Nel 2020 arriva la pandemia, e tutto si ferma. Inizialmente, lo sconforto pare avesse preso il sopravvento. “Cosa mi invento, ora”, pensa Sonia. Mette in ordine le idee e riparte con un progetto imprenditoriale focalizzato sulla sostenibilità ambientale.Nel 2019, con la sua agenzia Special Occasion Services, operativa ancora oggi, Sonia aveva organizzato il Green Christmas Market: “Educavo il cliente negli acquisti natalizi, scegliendo qualcosa creato con le mani di un artigiano, prodotti a chilometro 0, opere d’arte, oppure indirizzarlo nella scelta di un’azienda che mira al rispetto della natura“.Poi, con l’apertura di uno spazio temporaneo, a Olbia, inizia a coinvolgere artisti e artigiani locali che avevano voglia e interesse a mostrare il proprio lavoro. Parte il progetto e apre uno showroom commerciale The Green Life: “Vedevo troppo egoismo, troppo disinteresse verso il destino del pianeta, troppo consumismo e commercio di cose inutili, troppa produzione di sciocchezze o di articoli che fingono di far del bene. Senza etica. Decido di utilizzare gli eventi per fare qualcosa di buono, per lasciare un messaggio positivo, per educare e sensibilizzare. Per dare il mio contributo ad un mondo migliore”, ribadisce Sonia.L’obiettivo di Sonia è chiaro: dare valore a chi crea e sostenere le piccole realtà era la missione principale. Ma anche educare all’acquisto senza polemizzare sul prezzo di un articolo perché dietro c’è la vita, la passione e il lavoro di una persona. L’acquisto fa del bene al produttore, al pianeta e a chi lo riceve.Uno dei principali valori che emerge dalla storia di Sonia è la sua autenticità. Lei stessa vive e respira i principi che promuove attraverso il suo business, dimostrando che è possibile avere successo senza compromettere l’etica e l’impegno verso il bene comune. Attraverso il suo lavoro e le sue iniziative, Sonia promuove anche l’empowerment femminile, donando voce, spazio e visibilità alle talentuose donne artigiane e creative della Sardegna.Lo showroom The Green Life si trova nel cuore di Olbia, in via Cavour angolo Piazza Regina Margherita: un luogo dove potersi rifugiare nel bello, teatro di eventi sociali, laboratori e workshop dedicati, spazio per fare acquisti con il giusto spirito green.

eADV

Anche il sito internet è una vera oasi digitale: si possono acquistare prodotti per il benessere, abbigliamento, vintage, accessori moda e anche pezzi di arredamento. Tutto rigorosamente sardo. “Il mondo – scrive Sonia nella sua pagina – è anche tradizioni, mestieri, sapere, arte e cultura. Interpretiamo il futuro e difendiamo il patrimonio del passato. Mondo è anche tradizioni, mestieri, sapere, arte e cultura. Interpretiamo il futuro e difendiamo il patrimonio del passato. Il nostro mondo è anche tradizioni, mestieri, sapere, arte e cultura. Interpretiamo il futuro e difendiamo il patrimonio del passato. Il nostro mondo è anche tradizioni, mestieri, sapere, arte e cultura. Interpretiamo il futuro e difendiamo il patrimonio del passato”.

ostracizzazione del dissenso il caso di varoufakis per Gaza ., cancel culture o non cancel culture sulle : scritte, monumenti, nomi di vie, cittadinanza , ecc del fascismo

di  cosa  stiamo  parlando Yanis Varoufakis fa causa allo Stato tedesco (pressenza.com)

IL  primo  caso  si  può  riassumere oltre  che  per  l'url recedente      in  due  righe   oppure  da questo suo intervento



  Varoufakis ostracizzato  dal governo  di  Berlino  per  non farlo parlare  su Gaza   in una  università , fa  causa  alla  Germani . Eccole  le  famose  "  democrazie  liberali "


il  secondo      riguarda la  cancel   culture     in  questo  caso   la  storia  italiana  

https://www.larena.it   04 maggio 2024


Scritte del Ventennio sui caseggiati: Roverè non è l’unico caso
In Val d’Illasi due citazioni di Mussolini dedicate all’impero d’Africa. Nella Bassa un motto dal suo diario di guerra


Scritte del ventennio
Scritte murarie e motti di propaganda che riconducono al Ventennio fascista campeggiano anche su altri edifici del Veronese. Sono quelli che alcuni chiamano i muri del Duce.
Più di un esempio fa eco alla frase «Credere, obbedire, combattere» che si legge nella piazza di Roverè: esito di un recente restauro conservativo del caseggiato in via Dante Alighieri. Operazione che, tra l’approvazione e lo sdegno, ha fatto discutere. Nel Veronese si osservano varie testimonianze grafiche del Ventennio davanti alle quali passiamo magari distrattamente.
Quando ancora non esisteva la pubblicità, questi strumenti propagandistici erano virali in tutta Italia. Di slogan se ne vedevano dappertutto. Dovevano essere leggibili, catturare l’attenzione. Si trattava di imperativi che dai luoghi chiusi delle adunate erano usciti all’aperto, arrivando nei centri abitati a tappezzare i muri degli immobili più in vista sia pubblici, dal municipio alle scuole, sia privati.
Con il passare dei decenni, molte massime sono finite nell’oblio e non ne esiste un «inventario», conferma Federico Melotto, direttore dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza. Altre sono ormai sbiadite, soffocate da tinteggiature, sbriciolate assieme agli intonaci. Altre sono sopravvissute a quasi un secolo di vicissitudini.
Le altre scritte
«La vittoria africana resta nella storia della patria integra e pura come i legionari caduti e superstiti la sognavano e la volevano». 
È l’estratto, suggellato dalla firma con la emme puntata, di un discorso pronunciato da Benito Mussolini, il 9 maggio 1936, dal balcone di Palazzo Venezia a Roma in occasione della proclamazione dell’Impero in Africa Orientale.
Questo estratto è visibile su un edificio all’incrocio tra via Marconi e via Decima di Colognola ai Colli. Nel medesimo comune e riferito allo stesso momento, all’incrocio tra via Cavour e via Santa Maria della Pieve, spicca la scritta: «Il popolo italiano ha creato col suo sangue l’Impero. Lo feconderà col suo lavoro e lo difenderà contro chiunque con le sue armi». Dalla Val d’Illasi a Cerea. Si nota su un muro di mattoni in via San Zeno l’esortazione «Vincerà chi vorrà vincere»: è tratta dal diario di guerra di Mussolini del 7 aprile 1916 e suggellata, pure qui, dalla una emme puntata.
Ora  viene  spontanea la  domanda   : Cancellare queste scritte?  «Sarebbe sbagliato», ha  riposto  sempre   dala stessa  fonte  citata    (  e  con cui  concordo   )    lo storico   Stefano Biguzzi. «Non ha senso rimuovere le tracce del passato», spiega, «che sono invece da recuperare e inquadrare in una cornice storica». Come è stato fatto con il Monumento alla Vittoria di Bolzano, ricorda: « Opera di Marcello Piacentini posta sotto tutela, che è stata mantenuta come è e completata da un museo sui totalitarismi del Novecento e sull’invadenza di un approccio oppressivo alle minoranze ».


Preservare un oggetto e trasformarlo in un monito «su quello che è stato e non bisogna ritornare a essere» con una contestualizzazione critica: questa la chiave di lettura da estendere alle testimonianze che riportano al Ventennio fascista. «Il passato c’è», rimarca Biguzzi, «tutto dipende da come lo si rielabora e incornicia». Sono tracce di storia che continuano a parlarci anche oggi, conclude: «Memoria storica da custodire e su cui continuare a meditare».  Per  l'onomastica  dipende   se  sono vie  nuove o  vie  vecchie  .  Le  vie  nuove     sono  contrario   anzi  ultra   contrario    perchè  la menoria     diventa  esaltazione   di abberanti ideologie  . Per le  vecchie    si possono  sempre  lasciare  ovviamente    scrivendo     un riferimento a chi  era   o  a  quela  battaglia  si  fa riferimento .  Per le  cittadinanze  applicare  la legge   delle  onorificenze  . cioè  decade    quando  uno  muore   .  Pewr gli edifici  restaurarli  e  destinarli  ad  altri  usi  . esempio  nella  mia  città   c'è  un  vecchia  caserma   fascista     ora  ristrutturato ed  usato  come sede  per  l'agenzia delle  entrate  . 


Daniela Martani è stata denunciata e arrestata per aver manifestato contro le corrida le reazioni dei soliti commenti degli analfabeti funzionali

L'articolo  Daniela Martani è stata denunciata e arrestata  proviene da  Metropolitan Magazine . Daniela Martani stamani si trovava dava...