31.12.24

Sentimenti pelosi, appetiti giunonici, presepi mondiali, campioni poliglotti, spie un po’ alticce, iguane congelate e minzioni speciali

 ecco  per  l'ultimo dell'anno  delle storie   particolari.  da  incredibile  ma vero



Il marito ama solo il gatto, la moglie lo porta in tribunale, ma vince il felino

Bisogna essere onesti, i gatti hanno tante qualità. Una su tutte: non parlano. È quindi molto facile affezionarsi a loro, a volte pure troppo. In India una donna ha portato il marito in tribunale, accusandolo di dedicare al loro gatto più attenzioni di quante ne riservasse a lei. Succede, anche a ruoli inversi. La donna era particolarmente gelosa delle piccole grandi coccole che erano – pare – esclusiva del felino, soprattutto pasti gourmet e passeggiate notturne. La situazione è deflagrata definitivamente quando la bestia ha graffiato la donna e il marito ha minimizzato il gesto. Secondo l’uomo, in ogni caso, la denuncia è infondata e ha chiesto il rigetto alla Corte Suprema. Il giudice gli ha dato ragione: ha stabilito che l’amore per il gatto non costituisce crudeltà verso la moglie, sottolineando che la legge non può intervenire sulle dinamiche affettive. Il caso è stato archiviato, con l’invito a lavare in casa i panni sporchi. Ma i panni sporcati dal gatto sono un altro casino.



New York Times Femminismi di nicchia: “La pura liberazione di possedere un dispositivo personale per fare la pipì in piedi”


Quando si declama la superiorità del giornalismo anglosassone, bisognerebbe tenere in conto che anche il New York Times pubblica titoli così: “La pura liberazione di un dispositivo personale per urinare”. Un testo fondamentale che porta la firma di Melissa Hart e racconta in soggettiva il giubilo di una donna che riceve un regalo speciale: “Il dispositivo è apparso sulla veranda per il mio compleanno: sette pollici di robusta plastica rosa a forma di cucchiaio profondo. ‘Buona pipì!’ il mio amico – che, come me, è un appassionato escursionista – aveva scritto su un biglietto legato con un nastro”. Siamo costretti a spolierare il resto del prezioso scritto: si tratta di un oggetto di plastica allungato che somiglia vagamente a un calzascarpe e può essere utilizzato dalle donne per fare la pipì in piedi. Affascinante no? Urinare in piedi, apprendiamo, fa scoprire “una forza e una sicurezza” ineguagliabili. E il patriarcato trema come una foglia.



Inghilterra Un’influencer inglese batte il suo ennesimo record: divora 49 grammi di zucchero filato in un minuto

L’inglese Leah Shutkever è una donna dai talenti rimarchevoli. Sui suoi profili social si definisce “professional eater”, mangiatrice professionale. Mangia di tutto, ma il suo vero talento è che lo fa a velocità siderali: nella sua bio di Instagram (385mila follower) si attribuisce la maternità di ben 40 primati nel Guinness World Record, tutti legati a sfide gastronomiche in modalità sprint. L’ultimo è arrivato sotto natale: ha divorato 49 grammi di zucchero filato in 60 secondi. Per la speciale occasione, il cibo era colorato di verde in onore del Grinch. Leah ha vinto la scommessa senza alcuna fatica. “Ho le mani e il viso appiccicosissimi”, il suo primo, pregnante commento a margine dell’impresa, “ma ne è valsa la pena, era delizioso”. Come dicevamo, non è affatto il primo record per Shutkever: detiene anche il primato per aver mangiato 19 nuggets di pollo in un minuto e 10 ciambelle ripiene in tre minuti. E malgrado questo, ostenta un fisico da culturista.


Cinque Terre L’italia nel Guinness grazie a un presepe: quello di Manarola, su 4mila metri quadri, è il più grande del mondo

C’è un presepe italiano nel Guinness dei primati: quello di Manarola è il più grande del mondo. Sorge sulle pendici della Collina delle Tre Croci nelle Cinque Terre ed è composto da oltre 300 figure a grandezza naturale, tra cui pastori, pecore, angeli, contadini, Re Magi e pescatori. Sono illuminati da 17.000 lampadine per 7 chilometri di cavi elettrici alimentati da energia fotovoltaica, che si estendono su un’area di 4mila metri quadrati. È stato ideato nel 1976 dall’ex ferroviere Mario Andreoli e realizzato con materiali di recupero. Viene acceso ogni anno l’8 dicembre con un grande evento che include concerti, fiaccolate e fuochi d’artificio, trasformando la collina in uno spettacolo di luci visibile fino a metà gennaio. Le figure si illuminano ogni sera dalle 17:30 alle 22:00 nei feriali e fino a mezzanotte nei festivi. Andreoli è scomparso il 22 dicembre 2022, ma la tradizione viene portata avanti dai volntari dell’associazione del Presepe di Mario.








Dolomiti Uno sciatore ubriaco resta bloccato sulle piste e si spaccia per agente segreto croato per evitare la multa

L’eroe di Natale che non ci meritiamo è uno sciatore croato ubriaco che è rimasto bloccato sulle piste di un comprensorio dolomitico oltre l’orario di chiusura. Incapace di completare la discesa a valle, ha richiesto l’intervento delle squadre di soccorso, che lo hanno recuperato dopo un’operazione protrattasi ben oltre il normale orario di attività. E qui si è materializzato il genio: all’arrivo dei carabinieri, l’uomo ha cercato di evitare la multa dichiarando di essere un membro delle forze speciali del suo Paese. Uno 007, immaginiamo, in missione tra baite e bombardini. Purtroppo le verifiche hanno rapidamente smascherato la bugia, come si poteva immaginare. Oltre alla pesante multa per ubriachezza sulle piste, lo sciatore è stato denunciato per false attestazioni a pubblico ufficiale. Cornuto e mazziato. L’intervento si è concluso senza ulteriori complicazioni, ma ha richiesto tempo e risorse al personale presente, che avrà sicuramente apprezzato lo straordinario forzato sotto Natale


Florida Piovono iguane: con il freddo i grandi rettili entrano in uno stato di torpore e cadono dagli alberi


Ci risiamo, è quel periodo dell’anno: in Florida piovono iguane. Lo scrive La Zampa, ma è un fenomeno che si ripete ciclicamente nei periodi di grande gelo. Quando le temperature scendono, le grosse lucertole a sangue freddo entrano in uno stato di profondo torpore, possono immobilizzarsi e a volte cadere dagli alberi, come piovute dal cielo. Non sono morte, ma paralizzate dalla temperatura e riprendono a muoversi non appena il termometro risale. Ma non bisogna lasciarsi impietosire. Il National Weather Service, anzi, è costretto a divulgare avvisi specifici per mettere in guardia i cittadini: se toccate, le iguane potrebbero risvegliarsi improvvisamente e comportarsi in modo aggressivo, persino mordere. Le autorità raccomandano anche di rinunciare alla malsana idea di portarle in casa e riscaldarle: le bestie potrebbero diventare incontrollabili. Gli esperti consigliano di lasciare gli animali sul posto e, se necessario, contattare le autorità competenti.


30.12.24

Targa abusiva ad Acca Larentia. Il Pd insorge e il Campidoglio la rimuove . farà una cosa simile per la manifestazione del 7 gennaio ?

È stata già rimossa la targa firmata "i camerati" che era stata affissa abusivamente a Roma vicino alla vecchia sede del Msi di Acca Larentia, luogo dove nel 1978 furono uccisi a colpi di pistola due militanti del Fronte della Gioventù: Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, mentre Stefano Recchioni morì qualche ora dopo durante gli scontri con le forze dell’ordine.
La targa affissa ( vedi foto a sinistra ) è dedicata proprio a quest'ultimo e recita così: "1958-1978. Stefano Recchioni. Chi si è sacrificato nei valori eterni della tradizione è esempio immortale nella rivoluzione".
E Finalmente qualcuno che s'oppone ai topi di fogna ( vedere link precedente è il secondo articolo   ) , speriamo che non sia il solito fuoco di paglia , visto che ogni anno al 7 di gennaio giorno della strage di Acca Larentia ci troviamo con i soliti saluti fascisti e le solite marce svastiche ."Chi usa la tragedia dei morti di ieri strumentalmente per propagandare nel presente le follie del fascismo di oggi ne infanga la memoria e non merita alcun rispetto. In  quanto vuole usare   quelle  vicende    dolorose  di quel  periodo  terribile che  ha  insanguinato  l'italia  per  30  anni  per  scopi  strumentali   

«Senza lavoro dopo una vita in fabbrica, mancava un anno alla pensione: a 61 anni dormo per strada, non ho più niente e nessuno».,Ispettore salva un bimbo da una casa-famiglia lager: 20 anni dopo, lui lo ricontatta per tenere a battesimo la figlia., ed altre storie


Mancava solo un anno per la pensione. Una vita di sacrifaci che si sarebbe dovuta concludere con il meritato riposo (e l'assegno) di chi, dall'età di 16 anni, aveva lavorato sempre. E invece per Andrea Baudissone quel momento non è arrivato. Lui, che per 20 anni, aveva caricato e scaricato i compressori della Embraco, nel 2018 si è ritrovato esodato. E oggi dorme per strada a Torino, in Galleria San Federico.
Baudissone è uno dei 537 esodati della fabbrica che produceva compressori per elettrodomestici, un ex «stabilimento d’avanguardia», chiuso a causa della crisi dopo mesi di lotte sindacali e manifestazioni. Aveva iniziato nello stabilimento a Riva di Chieri nel 1991, dopo due anni passati in un'altra azienda. «Guadagnavo due milioni di lire al mese. Lavoravo anche di notte. Era un periodo felice», racconta a La Stampa. «Mi occupavo di caricare e scaricare i compressori. L’ho fatto per quasi vent’anni. E guardi ora come sono ridotto».
Dorme per strada, raccimola qualche moneta dai passanto che gli fanno l'elemosina, mangia alla mensa dei poveri. «Ma spesso ci sono code lunghissime - precisa - e rischi di restare a pancia vuota. Nei fine settimana mangio se riesco: le mense sono chiuse». Qualche associazione di volontariato lo aiuta, ma non basta.
Quando la crisi della Embraco si fece acuta lo stipendio iniziò a diminuire, ma i politici passavano e facevano promesse: «Ricordo quello con l’allora sindaca Chiara Appendino. Venne da noi anche Alessandro Di Battista. Tutti ci hanno fatto grandi promesse. E tutte sono cadute nel vuoto».Il fallimento è arrivato e a Baudissone sonos tatai dati 30mila euro di Tfr,usati per saldare i debiti accumulati durante la crisi dell'azienda. «Per ripianarli sono rimasto quasi senza soldi. Ho perso anche la casa». E alla fine, rimasto solo e senza più un familiare in grado di aiutarlo, ha dovuto vivere per strada. Cerca ancora lavoro, per poter raggiungere quei contributi che gli mancano er la pensione. «Ma alla mia età chi volete che mi offra un impiego?».

video collegato


 


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Ispettore salva un bimbo da una casa-famiglia lager: 20 anni dopo, lui lo ricontatta per tenere a battesimo la figlia


L’ispettore Mario Giannotta, che 20 anni fa liberò un gruppo di bambini da una comunità-lager nell’Ennese, è stato ricontattato da uno di loro per un gesto speciale: battezzare la sua bambina.
Una storia di speranza e riscatto
Era un’operazione delicata quella condotta dall’ispettore Mario Giannotta vent’anni fa. All’epoca responsabile della Prima sezione della Squadra Mobile di Enna, specializzata nei reati contro i minori,
Giannotta guidò l’intervento che salvò un gruppo di bambini da una casa-famiglia dove subivano maltrattamenti, umiliazioni e venivano nutriti con prodotti scaduti.
Tra quei bambini c’era anche un giovane che, anni dopo, non ha mai dimenticato l’uomo che lo ha aiutato a cambiare vita. Ora padre, lo ha ricontattato per chiedergli di battezzare la sua bambina.
“Ho provato un’emozione unica e tanto orgoglio per quello che la Polizia ha fatto,” ha raccontato Giannotta, oggi dirigente della Polizia Stradale.
Il battesimo: un momento di riconoscenza
Il battesimo si è svolto in un piccolo paese della provincia di Enna, alla presenza di amici e parenti. “Ricordo quei bambini, i loro occhi quando ci hanno visto,” ha dichiarato l’ispettore. Il momento è stato un’occasione per riflettere sull’impatto che il lavoro della Polizia ha avuto sulla vita di quelle giovani vittime.
“Voglio dire grazie a questo ragazzo, oggi uomo, che mi ha restituito il mio impegno. È stato bello vedere che ce l’ha fatta, che ha costruito una vita per sé e per la sua famiglia.”
La rinascita di un giovane salvato
Il giovane padre, uno dei minori liberati dalla comunità-lager, ha raccontato di come, insieme ai suoi fratelli, sia riuscito a ricostruire la sua vita grazie all’intervento delle Forze dell’Ordine. Il legame con Giannotta è rimasto indelebile, tanto da volerlo coinvolgere in un evento così significativo come il battesimo della sua bambina.
Un esempio di dedizione e umanità
La vicenda non è solo una testimonianza dell’impegno delle forze dell’ordine, ma anche un esempio di come il coraggio e l’umanità possano cambiare il corso della vita di chi ha bisogno di aiuto.
“Il nostro lavoro spesso rimane nell’ombra,” ha sottolineato Giannotta, “ma momenti come questi ci ricordano perché facciamo ciò che facciamo.”


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Lascia tutti i suoi averi a «cani e gatti bisognosi», e il Tribunale di Firenze convalida le sue disposizioni testamentarie rigettando il ricorso di un parente che ne chiedeva l'annullamento. Con una sentenza storica, nei giorni scorsi, i giudici hanno spiegato le motivazioni della decisione presa, e il percorso giuridico seguito per arrivare a dirimere il singolare contenzioso giudiziario. 

Una signora fiorentina nel 2020 aveva redatto un testamento olografo e lo aveva depositato da un notaio: non avendo marito e figli stabilisce che tutti i suoi beni, mobili e immobili, debbano essere devoluti «a cani e gatti bisognosi». Nel 2023 muore e quindi il notaio invia il testamento al Tribunale fiorentino, dove si apre ufficialmente la successione nel mese di giugno dello stesso anno. Ad aprile scorso, però, viene fuori un parente, legittimato ad agire, che impugna il testamento chiedendone la nullità. 
Le sue argomentazioni sono molto forti perché a suo dire «i soggetti a cui era stato devoluto il patrimonio della donna sono privi di capacità giuridica a succedere», e inoltre il testamento era decisamente generico e non indicava precisamente a chi lasciare il suo patrimonio. 
Ma i giudici fiorentini, dopo aver analizzato il ricorso, sono arrivati a conclusioni differenti rispetto alle aspettative del parente. Per il Tribunale fiorentino, infatti, l’aspetto più importante dell’intera vicenda, pur ammettendo la genericità del testamento e le legittime contestazioni del parente, era rappresentato dal fatto di riuscire comunque a rispettare le volontà dell’anziana signora, che nel testamento erano molto chiare e poco interpretabili. Bisognava aiutare cani e gatti randagi con i suoi soldi e con i suoi beni, su questo le sue indicazioni erano state inequivocabili e perentorie. 
Il giudice Massimiliano Sturiale, della quarta sezione civile del Tribunale di Firenze, nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi, dopo aver preso in esame tutta la documentazione processuale, leggi, sentenze, trattati e convenzioni, è arrivato alla conclusione che l’unico modo per dare seguito alle volontà testamentarie della donna fosse quello di affidare il suo patrimonio al Comune dove era residente, Firenze, che quando ne entrerà in possesso dovrà utilizzarlo per i canili comunali e per la tutela delle colonie feline. 
Anche perché la donna aveva nominato pure un esecutore testamentario, proprio al fine di vigilare sull’esecuzione del suo lascito. Insomma non aveva lasciato nulla al caso. «Se, come avvenuto in questo caso, non viene indicato l’ente specifico a cui si intende devolvere il proprio patrimonio, allora esso deve essere devoluto agli enti comunali di assistenza, e la devoluzione deve intendersi fatta a vantaggio del Comune in cui la donna aveva domicilio o residenza al momento del decesso». Questo perché, per legge, sono proprio i Comuni che si devono occupare di randagismo. 
Il tribunale fiorentino, dunque, non ha ovviamente attribuito diritti soggettivi agli animali, che non sono titolari di capacità giuridica, ma li ha riconosciuti invece in capo all’ente comunale «al fine di realizzare lo scopo previsto nel testamento dalla signora». In tal senso, quindi, per i giudici il testamento della signora fiorentina è assolutamente valido e legittimo, e il ricorso del parente è stato rigettato. 
Se non sarà appellata, la sentenza del Tribunale di Firenze nelle prossime settimane diventerà definitiva, e l’esecutore testamentario poi farà il resto come da verdetto.

29.12.24

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.






Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo di martello alla testa. Trovata morta Agitu Ideo Gudeta, 42 anni, la "pastora etiope di Frassilongo", in Trentino.
Agitu era una donna etiope arrivata in Italia nel 2010, laureata in sociologia. Era una donna molto intelligente e determinata.
Creò la sua azienda di allevamento "La Capra Felice" nonostante tutte le difficoltà, lei non si arrende. Continuò il suo lavoro che amava così tanto. Quella maledetta sera è stata trovata morta a casa, con ferite sul suo corpo, si trattava di un "femminicidio".È stata assassinata una donna intelligente coraggiosa e determinata.
Che la terra ti sia lieve ovunque  tu  sia   

Diario di bordo n 94 anno II . odio gratutito verso cecilia strada da destra e dal Chef rubio ., i topi di fogna con marce svastiche si preparano al 7 gennaio ricordo ei fatti di acca larentia ., il dramma di una coppia di genitori di Orbassano (Torino), Alessandro e Cristina .,

In queste ore i soliti miserabili (  metaforicamente  parlando  ) stanno infettando   i social e non solo purtroppo  (specie sotto certi giornalacci e siti  di destra extraparlamentare   come  il   ink  citato  nerlle  righe   successive  )  sbavando bile, ignoranza e cattiveria pura contro la giornalista Cecilia Sala, imprigionata da otto giorni in un carcere iraniano.
“Se la tengano pure”.“Si sta facendo le vacanze di Natale in carcere per scrivere il libro”.“La Boldrini
indossi il burka e vada a farla liberare”“ , Diamogli la Salis in cambio”, Fatele fare quello che chiedeva per i Marò in India” Cecilia Sala, mentre frigna dalla prigione, spuntano i suoi post infami che scrisse contro i nostri militari . E poi via delle solite sciocchezze da bar vomitate sotto le decine di notizie sull’arresto. “Cosa ci faceva in Iran?”
Lavorava. Come tutti noi. Di mestiere fa la giornalista. E all’Iran ha dedicato libri, podcast, inchieste.
“Perché andare in un Paese dittatoriale? Se l’è cercata”.
Perché è questo che fanno gli inviati di guerra e nei teatri più pericolosi: documentare le dittature e le violazioni dei diritti umani e farle conoscere. Si chiama giornalismo.
Non doveva, non poteva immaginare che accadesse quello che è accaduto?  Ma certo: le tante Cecilia Sala che nelle zone più tormentate del mondo, vanno, cercano di capire e raccontare quello che vedono e apprendono, lo devono mettere in conto. Come l’avranno senz’altro messo in conto Domenico Quirico e Daniele Mastrogiacomo, Giuliana Sgrena, i tanti – una lunga lista – che ci hanno rimesso la vita.
Cosa ci sono andati a fare, in Iran, in Afganistan, in Somalia, nella ex Jugoslavia, in Cecenia? Cosa ci andavano a fare Antonio Russo, Maria Grazia Cutuli, Marcello Palmisano, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Marco Luchetta, Dario D’Angelo… Ma anche cosa ci andavano a fare, pur senza andare troppo lontano, i giornalisti uccisi dalla Cosa Nostra e dalla Camorra, i cui anniversari celebriamo ogni anno e ricordiamo con affetto?
Mesi fa a New York una bella mostra di fotografie di Gerda Taro, la fotografa morta stritolata dai cingoli di un carro armato nei giorni della guerra civile in Spagna. Che c’era andata a fare? A realizzare quelle immagini che ancora oggi si guardano con commozione e dolore, documenti della tragedia di un popolo la cui libertà e i cui diritti venivano soffocati da Francisco Franco, Adolf Hitler e Benito Mussolini.Il suo compagno, Robert Capa, che ci andava a fare anche lui in quella Spagna, e poi durante la Seconda guerra mondiale in Nord Africa, lo sbarco in Normandia, la liberazione di Parigi… e ancora la guerra arabo-israeliana del 1948, la guerra d’Indocina del 1954, fino a morire dilaniato da una mina a Thau Binh ? A centinaia, migliaia di reporter, fotografi, cineoperatori, si potrebbe rivolgere la stessa domanda: che ci siete andati a fare ?Se si risponde: per farvi sapere, forse se la replica sarà una scrollata di spalle. Gli indifferenti, gli “struzzi” ci sono ovunque, sempre ci saranno come sempre ci sono stati. C’è però un’altra possibile risposta: se noi si fosse iraniani, afgani, russi, ucraini, tibetani, appartenenti a uno dei cento popoli che devono subire e patire guerre, dittature, oppressioni, vorremmo o no che il mondo libero sapesse delle nostre tragedie, sofferenze e persecuzioni? Ci conforterebbe o no sapere che qualcuno sa della nostra resistenza, della nostra volontà di poter vivere liberi di sognare e di forgiare il proprio destino? Se la risposta a queste domande è sì, ecco che cosa ci sono andati a fare, che cosa ci vanno a fare, in Iran e in altri paesi che Dio sembra aver dimenticato. Ecco perché a tutti loro occorre dire grazie per quello che hanno fatto e cercano di fare.
“Dove sono ora le femministe?”
Dove sono sempre state e dove saranno sempre (quelle vere): ad alzarsi in piedi contro un regime liberticida e brutale contro le donne e a sostenere la liberazione di Cecilia Sala.
“E adesso chi paga?”
Nessuno. Donne e uomini di Stato sono al lavoro (giustamente in silenzio) per riuscire a liberarla con ogni mezzo e canale diplomatico. Ma, se fosse necessario, sarei ben felice che le nostre tasse fossero utilizzate per riportare in Italia una giornalista la cui unica colpa è quella di fare il proprio mestiere.
Non c’è cifra, invece, che possa ripagarci di tanta miseria  umana     come  ,  oltre  quella    già citata    dello chef  Rubio .  Infatti egli ha   scritto  « Lunga vita all'Iran e a chi resiste alle ingerenze imperialiste Miracolate sioniste e spie con la passione dei viaggi non dovrebbero essere compiante, ma condannate »  .  Ha  già  detto tutto  mentana  un miserabile  idiota



....... 


In questi giorni centinaia di notissimi topi di fogna della Storia si stanno organizzando alla luce del sole per “commemorare i camerati caduti” ad Acca Larentia, come ogni 7 gennaio.
Questo abominio non nasce col favore delle tenebre in qualche riunione clandestina ma in post pubblici sui social, dichiaratamente e orgogliosamente, senza che nessun organo pubblico o di governo alzi un


dito o muova un sopracciglio. 
Quando, il 7 gennaio, ci sveglieremo anche quest’anno con duecento o più camicie nere con 

( ....  ) 
marce svastiche e federali
sotto i fanali
l'oscurità
e poi il ritorno in un paese diviso
nero nel viso
più rosso d'amore
( ....   ) 
che urlano “Presente” a braccia tese,lo sdegno ipocrita e la finta sorpresa della destra destra, sappiate che tutti sapevano tutto, ma nessuno è voluto intervenire.

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  concludo  questo  numero     con un   classico   post \  commento  a mente    fredda  .  

Infatti    è  proprio   a    freddo   , dopo  qualche  giorno dalla sua  diffusione sui media  , che riesco  a  riportare  una  storia triste     come questa  .
Questa non è una storia di mostri e nemmeno di orchi ma di esseri umani capaci di orrori indicibili e di altri esseri umani che, di fronte a quell’orrore, non riescono a trovare una qualche forma di salvezza terrena.
È la storia di una coppia di genitori di Orbassano (Torino), Alessandro e Cristina, lui medico, lei
farmacista, che si sono tolti la vita insieme, come gesto estremo di rifiuto a una vita a cui non riuscivano più a dare un senso, un verso  dopo  la  tragedia  che  gli  ha  colpiti  .
Due anni prima la figlia di 28 anni Laura (nome di fantasia) si era impiccata in seguito a dei traumi indelebili per le violenze e gli abusi subiti da un parente (deceduto da tempo) quando era bambina.
Laura non si è suicidata, non è corretto, avevano raccontato a chi glielo aveva chiesto.  «Chi pone fine alla sua vita a causa di una violenza è vittima di un omicidio psichico e il suo aguzzino è un assassino. Ora noi siamo soltanto ombre  ».Anche il loro gesto è figlio e conseguenza indiretta di quell’omicidio in vita, in una catena familiare di dolore che Alessandro e Cristina non sono riusciti a spezzare in altro modo.  Ha  ragione    Lorenzo tosa  



Questa storia ti annichilisce, ma racconta anche moltissimo di Noi .          Vicino con ogni cellula intima e personale a questa famiglia, sperando che serva almeno in parte per riflettere sulle conseguenze del dolore, sui muri di omertà che circondano la famiglia come costrutto sociale e la società intera. Voglio ricordarli così, in un momento di felicità, come tanti ne avranno vissuti. Riposino in pace, ora.


Ecco  perchè è necessario  introdurre   fin  dagli asili \  ed  elementari una  cultura  non  violenta  e   lezioni  d'educazione : all'affettività  e alla  sessualità , al rispetto e  ala convivenza \  coesistenza  , alla  legalità . Ma  soprattutto    ricominciamo   ad  introdurre   nelle  scuole il medico  e  lo  psicologo scolastico.  Tutti elementi  che  i  precedenti  governi hanno smatellato .   

28.12.24

Evade il fisco per pagare le cure negli Usa alla figlia malata: artigiano finisce a processo

 Ha percorso tutte le strade per provare a salvare la figlia, colpita da una grave malattia epatica. E nel 2016 ha deciso di evadere il fisco e usare i soldi delle tasse per sostenere le spese di una cura sperimentale negli Stati Uniti. Otto anni più tardi questo padre, un artigiano di 72 anni, sarà costretto ad affrontare un processo: è accusato di dichiarazione fraudolenta. La storia arriva dal Tribunale di Ivrea, dove pochi giorni prima di Natale si è celebrata l’udienza preliminare al termine della quale il gup

Annamaria Tiseo ha disposto il rinvio a giudizio.l'inchiesta ha mosso i primi passi in seguito a un accertamento dell’Agenzia dell’entrate e alla successiva segnalazione in Procura. L’imputato è titolare di una piccola società individuale nel Canavese e opera nel comparto della meccanica. Nel 2015 la figlia trentenne si ammala: le viene diagnosticata una grave patologia epatica. Inizia così un calvario tra medici e terapie, ma nulla sembra funzionare. Una soluzione potrebbe essere un trapianto d’urgenza. Ed è a questo punto che l’imprenditore decide di tentare il tutto per tutto e affrontare le spese per consentire alla donna di curarsi negli Stati Uniti, a Boston, dove può accedere a una terapia sperimentale. I costi, però, sono elevati e l’artigiano ha bisogno di liquidità per affrontare il viaggio e i passaggi sanitari (dall’intervento alla degenza). 

La strada che individua è quella dell’evasione fiscale: accantonare le tasse per un anno, consapevole che prima o poi l’Agenzia dell’entrate sarebbe tornata a bussare alla sua porta. Ed è quello che è successo. Stando al capo d’imputazione, il 73enne avrebbe fatturato operazioni inesistenti per circa 79 mila euro, evitando poi di versare poco meno di 14 mila euro di Iva all’Erario. Da qui l’accusa di dichiarazione fraudolenta. L’uomo, difeso dall’avvocato Edoardo Carmagnola, ha ammesso le proprie responsabilità e sta già rientrando del debito con il fisco attraverso un piano di rateizzazione che comprende interessi e sanzioni. Nonostante il procedimento amministrativo sia concluso e le rate vengano regolarmente pagate, il procedimento penale è andato avanti con la logica del doppio binario: non contestare l’accertamento e versare l’ammanco, infatti, non estingue il reato che c’è e permane. Ad aprile si aprirà il dibattimento ed è in quella sede che il difensore porterà ai giudici gli elementi per sostenere che l’imputato ha agito in stato di necessità: pagare le cure alla figlia, che poi è deceduta. La storia fiscale dell’imprenditore è priva di macchie: non risulta che in passato abbia evaso altre volte le tasse. Non solo, ha sempre pagato regolarmente lo stipendio all’unico dipendente che aveva, compresi i contributi. Nel 2016, prima di scegliere di non adempiere ai propri doveri con lo Stato, l’uomo avrebbe tentato di mettere in vendita la propria casa e chiesto un prestito a una finanziaria: entrambi i tentativi si sono rivelati infruttuosi. L'unica soluzione che trova per avere i soldi necessari è evadere il fisco: fattura operazioni inesistenti per circa 79mila euro, evitando poi di versare poco meno di 14mila euro di Iva all'Agenzia delle entrate. Una cifra che sapeva gli sarebbe stata richiesta e che sta già inziiando a restituire. L'uomo non ha mai negato le sue responsabilità e sta già restituendo il dovuto, comprese sanzioni e interessi, a rate, dopo la conclusione del processo amministrativo. Ma il procedimento penale è ancora attivo: anche se il debito si estingue, il reato rimane. E l'imputato dovrà ora affrontare un nuovo processo.  

27.12.24

Rahma ragazza algerina contro l’Algoritmo: una ragazza tunisina contro gli stereotipi dell’AI

ne  avevo già  parlato    in qualche  post   qui  sul  blog   . Ma  a  grande  richiesta        visto il n   delle  visualizzazioni     riporto   stavoltà  con  più notizie      la  storia      di  Rahma ragazza algerina  contro l’Algoritmo: una ragazza tunisina contro gli stereotipi dell’AI

da https://it.insideover.com/

 Rahma ha quindici anni, lunghi capelli neri ricci e occhi scuri. La faccia pulita, senza trucco né inganno, uno smalto color lilla alle unghie come tante sue coetanee. Ci risponde da casa, sotto l’occhio vigile ma non invadente della mamma, che la aiuta a ricordare luoghi e date. La sua è una piccola grande storia che da Sfax, sua città di origine, sta facendo il giro d’Italia.Ma andiamo con ordine. Rahma studia e vive nel piccolo e delizioso borgo di Lizzanello, in provincia di Lecce. Dalla Tunisia è arrivata come molti connazionali, a bordo di un barcone. È arrivata in Italia il 9 marzo del 2023 assieme a suo fratello Bayrem e alla mamma: una data che in famiglia ricordano con precisione chirurgica, marchiata a fuoco nella mente. Del loro sbarco, Rahma ricorda distintamente un gruppo di Carabinieri: le loro braccia e le loro divise sono le prime figure di accudimento e accoglienza che ha trovato nel nostro Paese: il segno della salvezza, della fine di una traversata che a tanti come lei è costata, invece, la morte.

Poi arriva la scuola, quella piccola splendida realtà che è l’Istituto “De Giorgi” di Lizzanello-Merine, dove da anni si pratica la “public history”, ovvero una metodologia che “fa” ricerca storica con e per le persone. Come ogni anno la scuola partecipa al Festival Internazionale della Public History, quest’anno intitolato “Gente in cammino. Storie di emigrazione di ieri e di oggi”. I ragazzi si mettono a lavoro e si stringono attorno ai loro compagni con background migratorio. La storia di Rahma e Bayrem va raccontata, come quella del loro compagno John, ghanese.Le prof responsabili del progetto, Anna Grazia Visti e Carmen Mazzeo, aiutano i ragazzi a realizzare un fumetto che racconti le peripezie dei ragazzi e delle loro famiglie. Nel tentativo di approcciarsi alle nuove tecnologie, provano a utilizzare l’intelligenza artificiale per creare le tavole del fumetto, di cui i ragazzi scriveranno “sceneggiatura” e dialoghi. Tutto regolare: volti, colori, ambientazioni. Ma al momento di disegnare il volto della piccola grande Rahma dietro il comando “ragazza tunisina”, il PC restituisce l’immagine di una giovane con il velo


Agli altri alunni potrebbe sembrare normale, del resto stanno appena imparando di più su quel mondo così lontano dal Salento.Ma Rahma punta i piedi.“Io non porto il velo!”, sbotta con le insegnanti. Lei vuole che i suoi capelli lunghi e ricci siano ben in mostra.Prova e riprova non c’è verso di “far capire” all’AI che una donna tunisina non necessariamente indossa il velo. E può perfino non essere di fede islamica. Rahma invece musulmana lo è, ma le è stato insegnato dalla sua mamma che può decidere liberamente. Lei l’hijab ha scelto di non indossarlo: è giovane, è libera, e vuole gustarsi quella libertà che dalla Tunisia è partita e che coltiva in Italia. Come racconterà la sua docente, Rahma da piccola ha indossato il velo, ma poi ha scelto di non portarlo più. Rahma ci racconta di essersi sentita triste e arrabbiata, perché l’intelligenza artificiale-che degli uomini dovrebbe raccontare-ha dipinto qualcosa che non le corrisponde e non ammette eccezioni.Alla fine, studenti e insegnanti, spazientiti, per poter creare un fumetto con una giovane tunisina senza velo, si vedono costretti a inserire il comando per generare l’immagine di un ragazzo tunisino. Un maschio. Così, il laboratorio e l’attività si trasformano da ricerca storica a riflessione sulla “stupidità” dell’intelligenza artificiale. O meglio, sugli stereotipi che ricercatori e programmatori hanno “insegnato” all’intelligenza artificiale che, nei fatti, è una macchina.La piccola storia di Rahma mette i bastoni fra le ruote a un meccanismo al quale stiamo affidando il futuro. “L’intelligenza artificiale non è dotata di pensiero. Siamo noi uomini che possiamo fare la differenzaW l’intelligenza umana, ora e per sempre”, chiosa la professoressa Visti. Rahma, intanto, sbalordita da tanta popolarità, prosegue nella sua vita di adolescente: studia, esce con gli amici, le piace fare sport. E poi vuole imparare bene il francese. Ma quando le chiediamo cosa vuole fare da grande, lei non ha dubbi: il carabiniere.

"Io, ebreo, dirigo Wagner perché la cultura è verità" il gesto coraggioso del il direttore d'orchestra Omer Meir Wellber, 43 anni, ebreo-israeliano,

 Che coraggio


  da  msn.it 

Se non avesse coraggio, dovrebbe darselo dati i tempi. Ma non difetta certo per ardore e temperamento il direttore d'orchestra Omer Meir Wellber, 43 anni, ebreo-israeliano, agli sgoccioli del suo mandato al Massimo di Palermo, e in partenza per Amburgo dove ha già pianificato le tre prossime stagioni da direttore musicale della Staatsoper e della Philharmonisches Staatsorchester. Bisogna avere del fegato ad aprire la stagione, come

ha fatto lui a Palermo, con Le Grand Macabre di György Ligeti, non lo conoscete? non preoccupatevi, siete tra i tanti; in compenso sarà a misura d'uomo il concerto di Capodanno con Mendelssohn. Non è finita qui per Wellber, di Gerusalemme da sette generazioni ma nato a cresciuto a Beer Sheva poiché il padre vi si era trasferito su richiesta di David Ben Gurion (fondatore di Israele) per dare dinamismo a questo luogo nel deserto.
Lei esegue spesso Wagner, bandito in Israele essendo il più antisemita dei musicisti. « Invece è importante eseguirlo perché cultura vuol dire verità. Che si corrompe quando entra in campo il politicamente corretto. L'artista dovrebbe identificarsi con ciò che è scomodo e di cui non si parla. Gli artisti sono il termometro della società, ma per poter misurare la febbre bisogna prendere le distanze dalla società, coltivare il dubbio».

Come è cambiata la sua vita professionale dal 7 ottobre 2023?

«Non è stato cancellato un solo concerto. Mi sento però cambiato a livello psicologico. Giorni fa, a Tolosa, prima di salire sul podio mi ha assalito il timore che qualcuno mi urlasse qualcosa. È risaputo che sono contro Netanyahu, ma oggi non conta cosa uno pensa ma da dove viene».

Lo si è visto con la cantante Anna Netrebko «buata» alla Scala perché russa.   «Assurdo. È come se un siciliano venisse buuato a Tel Aviv perché ritenuto mafioso. E poi non mi piacciono i movimenti che chiedono agli artisti di esprimere giudizi sulla propria nazione».

In Israele lei è considerato uno di sinistra.
«Sì, ma in Europa come uomo di sinistra mi trovo in grande difficoltà, tanto che non mi stupisce che in Germania la comunità ebraica voti a destra. Paradossale? No, perché la sinistra ha perso il rapporto con la gente, si è innamorata delle proprie idee. Come è possibile che siano stati levati i crocefissi dalle scuole per esempio? In questi anni non è stata difesa a sufficienza la vostra identità».

Cosa dice delle manifestazioni Pro Pal?
«La Palestina ha il diritto di esistere ma non ha il diritto di tagliare le teste. Mia mamma è andata al funerale di due amici di 80 anni seppelliti senza teste perché non le hanno trovate».

«Nessuno vuole che la propria città si trasformi in un suk, ma tutti si vergognano ad esprimere questa posizione», ha detto.

«Aggiungo che non potersi esprimere liberamente crea rabbia e frustrazione, che vengono espresse attraverso il voto anziché a parole».

Le sale e teatri di musica d'Occidente nel mondo arabo, dal Qatar all'Arabia Saudita, stanno creando ponti o sono vetrine?

«Poiché israeliano, non ci posso andare. Nell'immediato dopoguerra, i militari inglesi in Italia erano invitati ad andare a teatro, alcuni conobbero lì la lirica. L'idea che un Paese consideri i propri teatri come un biglietto da visita è bellissima. Ben vengano in teatri nel mondo arabo quindi».

Il che vale anche per l'Italia contemporanea.

«Un teatro deve avere il respiro internazionale, ma anche essere emanazione delle realtà locali, vivere del proprio territorio e così offrire un prodotto artistico unico. Che senso ha vedere uno spettacolo a Palermo o a Milano che potresti trovare su qualsiasi altro palcoscenico al mondo?».

Come imposterà il suo lavoro ad Amburgo?

«È una città intrigante, ha avuto una vita musicale dinamica, all'avanguardia ma negli ultimi anni più tranquilla».

Quindi spariglierà le carte, corretto? Qualche esempio di programmazione.

«Mi piacerebbe che gli ascoltatori, nel momento del concerto, abbandonassero i soliti meccanismi di difesa. Inizio dalla forma, sostituendo il termine Concerto con Spazio per giochi. Ho commissionato a dieci compositori, tra cui l'italiana Daniela Terranova, nuovi pezzi che vengono inseriti in sinfonie o pezzi storici. Per esempio, una sinfonia di Beethoven avrà al suo interno un movimento di nuova creazione, scritto rispettando ferrei parametri: deve durare come quello di Beethoven, iniziare e chiudere con lo stesso accordo e via discorrendo».

divieto dei fumare all'aperto della regione lombardia "Ambientalismo e proibizionismo talebano".

 Sono  abbastanza  tollerante  ed  in parte  comprensivo  , con il  fumo  ed  i fumatori  essendo  figlio  e nipote  di fumatori  . Ma allo  stesso  tempo  per  motivi  di salute  : asmatico  , congiuntiviti  gravi   sono   contro il  fumo passivo  e  l'accesso o´oltre che ma maleducazione  di ceri fumatori.  Infatti   reputo    una  bellissima legge  a prescindere  dall'appartenenza  politica    di  chi  l'ha  fatta  ,   quella  che  vieta  il  fumo  al  chiuso    nei locali  . Ma  non sono   dello  stesso parere   sul divieto all'aperto   ,istituito  dalla regione  lombardia  ,  è esagerato ed   troppo proibizionista  . Infatti ciò « è l'ennesimo provvedimento ideologico e ipocrita della Giunta Sala», commenta Giulio Gallera suil giornale del 27\12\2024, consigliere in Regione di Forza Italia, paladino anche controcorrente dei diritti e della libertà individuali.

«Vietare di fumare per strada quando chi cammina respira i tubi di scappamento è solo ambientalismo talebano. E poi chi farà rispettare i divieto?» si chiede anche lui, concordando su tutti dubbi con il verde Monguzzi. Saranno forse «i vigili urbani invece di presidiare le periferie o i navigli o la Stazione Centrale?», polemizza sempre lo stesso Gallera. Ma sono commenti che seguono solo logica e buonsenso. Inoltre è il classico ecreto propagandistico \ innaplicabile o applicabile all'acqua di rose visto che , sempre dalla sstessa fonte , A essere critici e quantomeno dubbiosi sono proprio quelli che dovrebbero crederci di più. Come Carlo Monguzzi, storico Verde della Giunta Sala, ormai spesso spina nel fianco dell'amministrazione cittadina, pronto a strappare, peraltro, senza troppa difficoltà, il velo ambientalista di facciata. «Benissimo il divieto di fumo - ovviamente plaude Monguzzi sui social - Che peccato non aver fatto neanche una minima campagna di informazione: c'erano 4 anni di tempo», fa notare. E infatti il provvedimento non è né di oggi né di ieri. La decisione del Consiglio comunale risale al 2020. Entra in vigore mercoledì prossimo, ma bisoga ammettere che in giro al momento non c'è un cartello, non un'informazione diffusa e capillare ai cittadini. «Da tanti anni - continua Monguzzi - c'è il regolamento dell'aria, fatto da Granelli (attuale assessore alla Sicurezza ndr). La prima parte cioè il divieto di fumo nei parchi, stadi, fermate bus, in vigore da 3 anni è stata un flop: 7 multe in 3 anni». Un paio all'anno, praticamente nulla. A Milano è un po' così: i divieti continuano a crescere, ma spesso solo sulla carta, senza essere accompagnati di pari passo con i necessari controlli. E quindi, spesso restano lettera morta. Oppure spariscono, giustamente e fortunatamente. Come non ricordare il divieto di mangiare il gelato durante l'estate... .Monguzzi prosegue. «Pensavo che visti gli errori del passato e l'importanza dell'iniziativa si facessero le cose seriamente». Un pensiero che sicuramente condivideranno in parecchi. «Seriamente» infatti significa ad esempio dare adeguate informazioni ai milanesi, ma anche a chi milanese no è, magari arriva dall'estero in visita alla città e non è tenuto a sapere provvedimenti così importanti ma relegati entro il confine comunale. Ma «seriamente» significa anche altro. «Seriamente» (prosegue Monguzi) significa agire «anche per evitare strafalcioni: sento dire che la sigaretta inquina come il traffico! - commenta con tanto di punto esclamativo il Verde - Non è vero, il contributo al pm 10 del traffico è il 45%, quello del fumo di sigaretta è il 7%. Proprio un peccato - conclude - ma l'unica attività di questa giunta è comunicare ai giornali. Speriamo nella fantasia dei milanesi». Non mancano i commenti che rincarano il tono del suo post. E vanno da un «Tranquilli, il divieto durerà (o avrà l'effetto) di un ghiacciolo ad agosto in piazza Castello», a «Non ci sono controlli! In metropolitana a Crescenzago, le persone fumano sotto i minuscoli cartelli che indicano il divieto. E nessuno vede o sanziona, neppure l'inutile controllore nel gabbiotti». Un provvidimento da "Ambientalismo salutista talebano" Quindi che fare ? semplice evitare il proibizionsmo ed usare  :  il buon senso  ed il galateo del fumatore  \  della  sigaretta  e  la prevenzione anche con immagini shock , un mio amico ha diminuito ed u altro ha smesso di fumare dopo aver visto tale pubblicità straniera . Stavo per premere pubblica quando mi arriva la Newletters di watsapp dell'amico emiliano morone

Buongiorno per tutto il giorno. Dovevo raccontare questa storia esemplare: Salvatore Mazza è campione italiano di #taekwondo, ma soltanto otto anni fa era obeso e fumava come un turco. Il cambiamento è avvenuto con la passione, le motivazioni giuste e la fiducia in se stesso, grazie a due guide di grandissimo livello: i maestri Zeno Mancina e Jessica Talarico. Leggete e condividete, è servizio pubblico del Corriere della Calabria.Grazie per l'attenzione e cordiali saluti.      

https://www.corrieredellacalabria.it/2024/12/27/la-nuova-vita-fino-alla-medaglia-doro-la-storia-di-salvatore-mazza-campione-nazionale-di-taekwondo/

                                                            Emiliano Morrone 



25.12.24

Quando il make-up diventa uno strumento di empowerment femminile, la storia di Beatrice Gherardini

 Fin ora   credevo che il  trucco cioè il make  up femminile  ( ovviamente  non  sto  vietando  niente  ogni donna   è libera  di  fare  quello che vuole , di usarlo o non usarlo  ) fosse qualcosa   d'inutile visto  che  una  donna non dovrebbe   aver  ha  bisogno   di " sovrastrutture  "  ed  orpelli  per     farsi accettare  da  noi  uomini   . Pensavo  (  ed  in parte lo  pensavo  ancora   )   che  Le  donne   dovrebbero dare  valore  a loro  stesse     per  cio'  che  sono    e  non  per  quello  che    gli altri  vogliono   che siano  . Ma ora   la  risposta    di Beatrice Gherardini (  foto sotto al  centro  del post   )    allora  domanda     che  ci poniamo      tutti\e  ,  sottoscritto   compreso  prendiamo    come  esempio  questi    due   video  : di story impact il primo (  da  cui   ho preso  il  frame   riportato   a  sinistra ) e   di  kikko.co il secondo    , Nell’era dei social media è possibile stare bene con sé stessi, anzi con sé stesse, senza dover piacere per forza agli altri ? Sembra  di   si . 

Infatti   Per il suo nuovo progetto, la make-up artist e life coach da oltre 3 milioni di follower sui social, ha scelto un nome emblematico: “La bellezza inizia nel momento in cui scegli di essere te stessa”, un invito forte all’affermazione di genere, che abbia la donna come inizio e fine del trucco, non come mezzo.  




  da   Adnkronos ( mi pare   di una settimana  fa  )  tramite  msn.it  


“Sono convinta – dice Beatrice – che il make-up non sia semplicemente truccarsi, ma prendersi cura di sé, sperimentare e valorizzarsi, è sentirsi bene con sé stessi e con gli altri. Prendetevi del tempo, abbiate cura di Voi, valorizzate il vostro corpo e nutrite la Vostra anima, in questo il make up può essere un prezioso alleato in grado di farvi sentire bene, affrontando la vita quotidiana con la giusta energia. Ogni donna deve sentirsi libera di esprimere la propria personalità anche attraverso il trucco Quel momento in cui ci trucchiamo è un momento sacro, quasi un rito che deve essere solo per noi, una coccola per sentirci meglio e affrontare la giornata con l’energia giusta”.

Partiamo dal nome del tuo progetto: “La bellezza inizia nel momento in cui scegli di essere te stessa”. Le donne oggi sono davvero libere di essere sé stesse? Quali sono i principali ostacoli alla loro affermazione?

“Credo che, oggi più che mai, ci sia un desiderio crescente di autenticità, ma non sempre questo si traduce in libertà di essere sé stesse. Gli ostacoli principali derivano da pressioni sociali, standard di bellezza irrealistici e un uso distorto dei social media, che spesso spingono le persone a confrontarsi con ideali irraggiungibili. Inoltre, molti vivono con il timore del giudizio, che impedisce di mostrarsi per quello che si è veramente. La chiave per superare questi ostacoli è lavorare sull’accettazione di sé e sull’autostima, cosa che cerco di trasmettere anche attraverso il mio lavoro”.

A 29 anni, Beatrice Gherardini è diventata la beauty star, make-up artist e life coach più seguita su Tik Tok Italia utilizzando il trucco come argomento principale per poi dare spazio a tematiche generazionali e di genere molto avvertite nella società. Un report commissionato da Dove ha rivelato che, in Italia, più di una donna su quattro sarebbe disposta a rinunciare a un anno della propria vita per raggiungere il proprio ideale di bellezza. Il dato potrebbe persino peggiorare con la diffusione dell’Ai: dalla ricerca emerge che una donna su 3 sente il bisogno di cambiare il proprio aspetto fisico dopo essere stata esposta a immagini generate con l’Ai che sono ‘perfette’ ma artificiali.

In questo senso, l’impegno di Beatrice è quello di recuperare il senso della bellezza autentica, dove il make-up diventa una forma comunicativa per esprimere anche i lati meno ‘trendy’ della propria personalità. A volte, il trucco serve anche a lenire le conseguenze fisiche e psicologiche che alcune donne devono affrontare.

Con la tua professione hai ascoltato storie di molte donne, che magari si rivolgono a te per ritrovare nel make-up una valvola di sfogo, un modo di esprimere sé stesse. Qual è stata la storia che ti ha colpito di più?

“Una storia che mi ha colpito molto – ci racconta Beatrice – è quella di una ragazza che soffriva di acne severa e mi ha raccontato come il make-up l’abbia aiutata a ritrovare la fiducia in sé stessaNon lo usava per nascondere, ma per valorizzare ciò che la faceva sentire bella. In generale, ho percepito che molte donne vedono il make-up come uno strumento di empowerment, una piccola ‘armatura’ quotidiana che permette loro di affrontare la giornata con maggiore sicurezza”.

In che modo il make-up può aiutare le donne a ritrovare sé stesse e a sentirsi più sicure?

“Il make-up è una forma di espressione che può aiutare a ritrovare sé stesse perché permette di sperimentare, valorizzare e riscoprire aspetti della propria identità”. Diversi studi corroborano la tesi di Beatrice Gherardini. Secondo una ricerca pubblicata dal Journal of Cosmetic Science, le donne che si truccano tendono a sentirsi più attraenti e sicure di sé in un contesto sociale dove il gender gap è ancora molto forte. Un altro report, pubblicato in Psychology of Women Quarterly, ha evidenziato che il trucco può migliorare l’umore fino a ridurre i sintomi di depressione e ansia.

A prescindere dalla tua mission, credi che le donne si trucchino più per sé o per piacere agli altri?

“Credo che la motivazione dipenda molto dalla persona”, spiega la make-up artist, che aggiunge “alcune si truccano per piacere agli altri, altre per sentirsi bene con sé stesse. Il mio obiettivo è incoraggiare la seconda motivazione, mostrando come il make-up possa essere un atto d’amore verso sé stesse, piuttosto che un obbligo a conformarsi”.

In che modo (e in che direzione) i social hanno cambiato il modo di intendere il make-up?

“I social media hanno reso il make-up più accessibile, trasformandolo in un linguaggio universale e aprendo le porte alla creatività. Tuttavia, hanno anche contribuito alla diffusione di standard irrealistici e di una percezione idealizzata della bellezza. Da un lato, sono uno spazio in cui chiunque può condividere la propria passione e imparare; dall’altro, possono creare ansia da confronto. È importante quindi utilizzare i social come una fonte di ispirazione e non come un metro di paragone”, chiosa Beatrice Gherardini che dal 9 dicembre ha lanciato online il nuovo progetto video ‘Glow up secrets’ parte de “La bellezza inizia nel momento in cui scegli di essere te stessa”.

“L’idea alla base dell’ultimo progetto – spiega – è stata plasmata dalla volontà di rendere l’arte del trucco accessibile a tutte, dai livelli base a quelli più avanzati. Osservando la mancanza di risorse inclusive nel settore, ho deciso di creare un corso adatto a donne di ogni età, offrendo loro un percorso dettagliato che copre le diverse tecniche e prodotti ideali per ogni tipo di pelle”.
L’appello di Beatrice Gherardini

Inteso in questo senso, il make-up serve a mettere in risalto le diversità di ciascuna donna, non a reprimerle. “Non ho mai dato retta all’odio in rete e a chi mi attaccava per la mia pelle e per l’acne, ho imparato l’importanza di amarmi per quello che sono e senza nascondere le mie cicatrici. Sono diventata make up artist e life coach, cercando di superare delle convenzioni limitanti andando oltre il semplice make up e abbracciando un approccio olistico che miri a sottolineare che la bellezza va oltre l’aspetto esteriore, incoraggiando le donne a sentirsi bene sia dentro che fuori”, dice Beatrice Gherardini che conclude con un appello “Ricordiamoci che la vera bellezza comincia sempre nel momento in cui decidiamo di essere noi stesse. Nulla nella vita ci può limitare se non noi stessi. Amatevi per quello che siete e portate con fierezza i segni delle vostre battaglie perché vi hanno reso le persone uniche e magnifiche che siete oggi”.

24.12.24

L’AQUILA E LA BAMBINA CIECA e Storia di Gwaihir l'aquila reale che ritrova il padrone


















Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo lontano. Sofía, una bambina di otto anni, era sola. La sua cecità non era l’unico peso che portava: era stata abbandonata da chi avrebbe dovuto proteggerla. Avvolta in una coperta logora, il suo piccolo corpo tremava a ogni soffio di vento gelido. La montagna, apparentemente indifferente, non era però deserta.
Sopra i picchi innevati, un’aquila calva scrutava il panorama. Maestosa e potente, aveva visto la durezza della vita, ma quella figura minuscola, seduta sul bordo di un dirupo, catturò la sua attenzione. Chiamata Falco dagli abitanti del luogo per la sua grandezza e acutezza, l’aquila scese lentamente. Con un battito d’ali leggero, si posò a pochi metri da Sofía.
Sentendo il vento mosso dalle ali, la bambina girò la testa. Non mostrava paura.
"Chi c’è?" mormorò, con una voce appena udibile.
Falco, ovviamente, non poteva rispondere, ma qualcosa lo spinse ad avvicinarsi.
Un incontro inaspettato
L’aquila fece qualche passo verso Sofía, fissandola come se potesse comprendere la sua fragilità. La bambina allungò la mano con cautela nell’aria, e sorprendentemente Falco non si ritrasse. Con un gesto che sfidava la natura stessa, Sofía riuscì a toccare le sue piume morbide.
"Sei un angelo?" chiese con un filo di speranza nella voce. Per lei, il calore che emanava l’aquila era una risposta.
La notte calava, e il freddo diventava più pungente. In un gesto quasi istintivo, Falco allargò un’ala e la avvolse delicatamente. Nessuno avrebbe mai creduto possibile quella scena: un’aquila che proteggeva una bambina cieca. Sofía, per la prima volta dopo giorni, si addormentò sentendosi al sicuro, mentre Falco vegliava su di lei come fosse il suo cucciolo.
Il viaggio verso la valle
All’alba, il canto degli uccelli svegliò Sofía. Sebbene non potesse vedere, sentiva che il mondo intorno a lei era vivo. Falco, irrequieto, si incamminò verso un sentiero. La bambina, intuendo le sue intenzioni, si alzò e lo seguì, cercando il terreno con cautela.
Il cammino era difficile, pieno di pietre e rami. Sofía inciampava spesso, ma ogni volta Falco si fermava pazientemente, emettendo un lieve suono, come per incoraggiarla a continuare.
Giunti a una radura, Falco lanciò un grido acuto. Dall’alto, altre aquile risposero. Sembrava che stesse chiedendo aiuto. Poco dopo, uno stormo iniziò a sorvolare l’area, guidando Sofía verso il fondo valle.
Il viaggio durò ore, ma nel pomeriggio Sofía sentì qualcosa che le fece accelerare il passo: il mormorio di un fiume e voci umane in lontananza.
Il miracolo del villaggio
Quando Sofía raggiunse il villaggio, gli abitanti rimasero senza parole: una bambina cieca, guidata da un’aquila e seguita da uno stormo di uccelli. Era un’immagine quasi sovrannaturale.
Un uomo, Andrés, di 42 anni, corse verso di lei.
"Stai bene, piccola?" le chiese inginocchiandosi.
Sofía sorrise per la prima volta dopo giorni.
"Sto bene, grazie a Falco," rispose, indicando l’aquila, ora posata su una roccia vicina.
Andrés guardò l’aquila, visibilmente colpito. Era come se l’animale capisse tutto ciò che stava accadendo. Gli abitanti del villaggio, commossi dalla storia di Sofía, decisero di prendersi cura di lei. Venne accolta da Clara, una donna di 50 anni che aveva perso sua figlia anni prima. Clara la portò a casa, e da quel momento Sofía trovò non solo un tetto, ma anche una famiglia che la amava.
Un nuovo inizio
Col passare dei mesi, la storia di Sofía e Falco divenne leggenda. L’aquila continuava a visitarla, posandosi sull’albero davanti alla sua finestra, come per assicurarsi che stesse bene.
Sofía imparò ad adattarsi alla sua cecità. Andrés, che era un musicista, le insegnò a suonare la chitarra. Clara le leggeva libri e le raccontava il mondo attraverso le parole.
Un giorno, mentre suonava una melodia davanti al villaggio, Falco riapparve e lanciò un grido che riecheggiò tra le montagne. Per Sofía, quel suono non era solo un richiamo, ma una promessa: non sarebbe mai stata sola.
La bambina abbandonata aveva trovato il calore di un protettore improbabile tra le fredde montagne e, in un piccolo villaggio, un amore che guarì tutte le sue ferite.




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AGI - L’hanno ribattezzata Gwaihir, come il re delle aquile di Tolkien nella saga Il Signore degli Anelli. Ed è un magnifico esemplare di aquila reale, 4 chili e un’apertura alare di 2 metri, quello trovato disorientato e malconcio in una campagna in provincia di Napoli dal Servizio veterinario dell’Asl Napoli 2 Nord, che ha subito compreso quanto le condizioni del rapace fossero delicate.
Di qui la decisione di affidarlo alle cure del Centro di Recupero Animali Selvatici (Cras) dell’ ateneo Federico II – Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali, attivo presso il presidio ospedaliero veterinario dell’Asl Napoli 1 Centro. Qui, i veterinari hanno stabilizzato le sue condizioni cliniche, scoprendo che l’aquila, dotata di un anello identificativo e microchip, era in realtà un esemplare detenuto legalmente e con un padrone.
Grazie alla collaborazione con i Carabinieri Forestali Gruppo di Napoli Nucleo Cites è iniziata così la ricerca del proprietario e a meno di 48 ore dal suo ritrovamento, dopo le verifiche del caso sulla documentazione, il giovane Gwaihir è stato restituito a chi con cura e rispetto si prendeva già responsabilmente cura di lui.

Addio a Mauro Morandi, «Robinson Crusoe contemporaneo»,ed ex custode dell'isola di Budelli .

da msn.it  Addio a Mauro Morandi, «Robinson Crusoe contemporaneo», originario di Modena, che per 32 anni ha vissuto da solo nella piccola is...