attuali 1600 residenti. E in altri sessant’anni, se la decrescita dovesse rimanere costante, come molti altri paesi della Sardegna, Laconi potrebbe quasi non esistere più. Eppure i primi segnali di un’inversione di rotta ci sono: nel centro storico del borgo, tra le mura di un’antica casa con il cortile, dal 2020 esiste Treballu (in sardo “lavoro”), il primo spazio di coworking e coliving rurale dell’isola. Che in quasi cinque anni ha innescato un circolo virtuoso di ritorni, arrivi e scambi culturali. E che ora vuole investire sui giovani del territorio.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
1.1.25
“È giusto che si emigri, ma bisogna poter tornare”: così i nomadi digitali riportano vita nel cuore spopolato della Sardegna
attuali 1600 residenti. E in altri sessant’anni, se la decrescita dovesse rimanere costante, come molti altri paesi della Sardegna, Laconi potrebbe quasi non esistere più. Eppure i primi segnali di un’inversione di rotta ci sono: nel centro storico del borgo, tra le mura di un’antica casa con il cortile, dal 2020 esiste Treballu (in sardo “lavoro”), il primo spazio di coworking e coliving rurale dell’isola. Che in quasi cinque anni ha innescato un circolo virtuoso di ritorni, arrivi e scambi culturali. E che ora vuole investire sui giovani del territorio.
Marco Mancuso: “Grazie ai social ho rotto il silenzio sul suicidio e una generazione fragile
Marco Mancuso: “Io sul cornicione, salvato da mia madre”. Virale il video del giovane consigliere PD
“Sì, è servito – risponde con forza e ci chiede subito di dargli del “tu” perché così parlare è più facile – La premessa è che io a vivo a Vercelli, città capoluogo, ma piccola, dove tutti si conoscono e c’è il terrore di infrangere il tabù della salute mentale all’interno delle mura della città e all’esterno; invece, il mio intervento pubblico ha rotto il muro del silenzio e si è innescata una catena di messa in comune della fragilità”.
Cosa è successo dopo la pubblicazione del video su Instagram? Cosa hanno scritto nei commenti?
“Ho due esami da preparare e ho bisogno di dormire, eppure da giorni non riesco a non leggere, rispondere e condividere i commenti social. Non sono un esperto e spesso non ho gli strumenti adatti per rispondere, mi sono arrivati messaggi molto forti e delicati al tempo stesso, ma la cosa più bella è che non conta, non devo essere io a dare risposte, perché c’è chi racconta e chi ascolta, chi condivide e le persone si rispondono l’un l’altra, si scrivono. Ma non solo sui social, un grande grazie lo devo anche all’eco che hanno dato i giornali…”.
Perché, che differenza c’è tra le visualizzazioni social e la notizia pubblicata dai giornali?
“Perché grazie ai giornali sono entrato in contatto e ho scoperto quelle generazioni che non stanno sui social, ho parlato con genitori che sono andati oltre lo spasmodico desiderio di apparire perfetti e di vedere i loro figli perfetti, e che hanno riconosciuto le proprie fragilità mettendole al servizio di tutti. Grazie ai giornali sono arrivato a chi non usa i social, ma anche loro si sono riconosciuti e si sono raccontati”.
Ma raccontarsi, soprattutto sui social, non può essere visto come una forma di esibizione di sé?
“Quando tenti il suicidio, e parlo per la mia esperienza, il nemico più grande è la solitudine, il buio, il silenzio. Sono ben cosciente che sono gli stessi social ad alimentare questo senso di solitudine, ognuno agisce per uno ed è più importante quello che racconti rispetto a quello che sei, io stesso racconto solo cose belle. Ma questa “catena tossica” può essere usata in positivo, ne ho avuto la prova. Raccontare le proprie fragilità può scardinare qualcosa che nella nostra generazione non è scontata, noi siamo la generazione delle prime volte…ma avere delle fragilità, parlare di salute mentale è anche per noi ancora un terreno minato. Parlare di salute mentale senza paura di essere giudicati è un passo enorme e se avviene sui social e sui giornali ecco che la potenza viene addirittura amplificata”.
A Vercelli che reazione c’è stata?
“Temevo la reazione della gente di Vercelli e invece c’è stata tanta solidarietà, si è creata una rete, ognuno ha raccontato di sé, dei propri figli, dei fratelli, dei nipoti: ognuno nella propria famiglia vive delle fragilità. Io grazie allo studio e alla passione per la politica ho trovato la mia strada, sono uscito dal buio; ma ognuno ha strade differenti da percorrere, l’unico denominatore comune è non aver paura di parlare di salute mentale. Bisogna creare una rete più forte della solitudine, a Vercelli come nelle piccole e grandi città di tutt’Italia”.
Alla fine, la mozione sul benessere psicologico in Comune è stata approvata?
"No. Io avevo preparato per bene il mio intervento, ci tenevo moltissimo, ma proprio quando ho capito che non sarebbe stato approvato mi è montata in corpo una rabbia incredibile, non ci potevo credere che ci fosse tanta disattenzione, che i consiglieri attorno a me non capissero che una loro decisione avrebbe potuto salvare delle vite; perciò, ho raccontato quello che io stesso avevo provato, la mia fragilità. Ora il sindaco e l'assessore hanno promesso di aiutarmi. Il 2 gennaio mi accampo in Comune, non mollo. L’eco mediatica è stata fortissima, ma ora bisogna concretizzare”.
Hai ringraziato tua madre, che ti ha salvato e ti ha preso praticamente per i capelli…
“Sì, ma il suo è stato un salvataggio fisico. Io vivo in una bellissima famiglia dove parliamo molto e ci raccontiamo tutto, dove i problemi cerchiamo di risolverli insieme. Quando sei adolescente e ti senti solo, bullizzato, incompreso non hai voglia di parlarne con tua madre, con i professori o con il preside, con cui invece dopo ho instaurato un bellissimo rapporto da rappresentate di istituto. Nessuno di loro ha gli strumenti, mia madre mi vuole bene e aveva capito il mio disagio, ma non aveva gli strumenti adatti per aiutarmi. Nelle scuole ci vogliono più psicologi”.zologo, due milioni di euro in più per il 2024. Via libera all’emendamento del Pd
Il tuo emendamento appunto chiedeva al Comune di intervenire per potenziare il servizio psicologico nelle scuole e all’università.
“La politica è disattenta, sorvola su questo tipo di situazioni, si vede nel consiglio comunale a Vercelli, in quello regionale, in Piemonte, e in Parlamento. Il Pd è riuscito ad aumentare il bonus psicologo, ma è ridicolo come l’aiuto psicologico debba essere ridotto a un bonus: se mi rompo un braccio vado in ospedale e mi curano, se tento il suicidio mi devo rivolgere a un privato. Io volevo che il Comune di Vercelli si rivolgesse all’azienda sanitaria per potenziare il sevizio psicologico nei licei. Nel mio liceo, per esempio, ci sono solo due psicologi per 1.500 studenti. Il Comune deve aiutare e supportare la cittadinanza a comprendere che la salute mentale è salute. Bisogna agire nelle scuole e nelle università”.
Perché è così importante agire nelle scuole?
“Perché la mia generazione non ha strumenti per chiedere aiuto, una persona che ha il buio attorno non ha forza di gridare. E, come dicevo prima, mia mamma si era accorta del mio disagio, ma non aveva gli strumenti per aiutarmi. Non deve essere lo studente a gridare, perché non ha la forza di farlo; io non mi fidavo di nessuno, temevo il giudizio degli alti altri, mi sentivo schiacciato e vessato. Davvero non possono esserci solo i social, ci vogliono le istituzioni perché siamo una generazione di persone rotte nell’anima”.
Oggi è 31 dicembre, la notte dell’ultimo dell’anno, è una notte di bilanci e progetti. Da tutta questa storia possiamo trarre, secondo te, un augurio?
“In questi dieci giorni abbiamo creato una rete pazzesca, ci siamo raccontati e uniti. Il mio augurio è che vorrei che tutto ciò proseguisse, che da questo video nato un po’ per rabbia imparassimo tutti a fare squadra in un mondo che tende alla solitudine, dove uno conta per uno”.
31.12.24
Sentimenti pelosi, appetiti giunonici, presepi mondiali, campioni poliglotti, spie un po’ alticce, iguane congelate e minzioni speciali
ecco per l'ultimo dell'anno delle storie particolari. da incredibile ma vero
Il marito ama solo il gatto, la moglie lo porta in tribunale, ma vince il felino
Bisogna essere onesti, i gatti hanno tante qualità. Una su tutte: non parlano. È quindi molto facile affezionarsi a loro, a volte pure troppo. In India una donna ha portato il marito in tribunale, accusandolo di dedicare al loro gatto più attenzioni di quante ne riservasse a lei. Succede, anche a ruoli inversi. La donna era particolarmente gelosa delle piccole grandi coccole che erano – pare – esclusiva del felino, soprattutto pasti gourmet e passeggiate notturne. La situazione è deflagrata definitivamente quando la bestia ha graffiato la donna e il marito ha minimizzato il gesto. Secondo l’uomo, in ogni caso, la denuncia è infondata e ha chiesto il rigetto alla Corte Suprema. Il giudice gli ha dato ragione: ha stabilito che l’amore per il gatto non costituisce crudeltà verso la moglie, sottolineando che la legge non può intervenire sulle dinamiche affettive. Il caso è stato archiviato, con l’invito a lavare in casa i panni sporchi. Ma i panni sporcati dal gatto sono un altro casino.
New York Times Femminismi di nicchia: “La pura liberazione di possedere un dispositivo personale per fare la pipì in piedi”
Quando si declama la superiorità del giornalismo anglosassone, bisognerebbe tenere in conto che anche il New York Times pubblica titoli così: “La pura liberazione di un dispositivo personale per urinare”. Un testo fondamentale che porta la firma di Melissa Hart e racconta in soggettiva il giubilo di una donna che riceve un regalo speciale: “Il dispositivo è apparso sulla veranda per il mio compleanno: sette pollici di robusta plastica rosa a forma di cucchiaio profondo. ‘Buona pipì!’ il mio amico – che, come me, è un appassionato escursionista – aveva scritto su un biglietto legato con un nastro”. Siamo costretti a spolierare il resto del prezioso scritto: si tratta di un oggetto di plastica allungato che somiglia vagamente a un calzascarpe e può essere utilizzato dalle donne per fare la pipì in piedi. Affascinante no? Urinare in piedi, apprendiamo, fa scoprire “una forza e una sicurezza” ineguagliabili. E il patriarcato trema come una foglia.
L’inglese Leah Shutkever è una donna dai talenti rimarchevoli. Sui suoi profili social si definisce “professional eater”, mangiatrice professionale. Mangia di tutto, ma il suo vero talento è che lo fa a velocità siderali: nella sua bio di Instagram (385mila follower) si attribuisce la maternità di ben 40 primati nel Guinness World Record, tutti legati a sfide gastronomiche in modalità sprint. L’ultimo è arrivato sotto natale: ha divorato 49 grammi di zucchero filato in 60 secondi. Per la speciale occasione, il cibo era colorato di verde in onore del Grinch. Leah ha vinto la scommessa senza alcuna fatica. “Ho le mani e il viso appiccicosissimi”, il suo primo, pregnante commento a margine dell’impresa, “ma ne è valsa la pena, era delizioso”. Come dicevamo, non è affatto il primo record per Shutkever: detiene anche il primato per aver mangiato 19 nuggets di pollo in un minuto e 10 ciambelle ripiene in tre minuti. E malgrado questo, ostenta un fisico da culturista.
C’è un presepe italiano nel Guinness dei primati: quello di Manarola è il più grande del mondo. Sorge sulle pendici della Collina delle Tre Croci nelle Cinque Terre ed è composto da oltre 300 figure a grandezza naturale, tra cui pastori, pecore, angeli, contadini, Re Magi e pescatori. Sono illuminati da 17.000 lampadine per 7 chilometri di cavi elettrici alimentati da energia fotovoltaica, che si estendono su un’area di 4mila metri quadrati. È stato ideato nel 1976 dall’ex ferroviere Mario Andreoli e realizzato con materiali di recupero. Viene acceso ogni anno l’8 dicembre con un grande evento che include concerti, fiaccolate e fuochi d’artificio, trasformando la collina in uno spettacolo di luci visibile fino a metà gennaio. Le figure si illuminano ogni sera dalle 17:30 alle 22:00 nei feriali e fino a mezzanotte nei festivi. Andreoli è scomparso il 22 dicembre 2022, ma la tradizione viene portata avanti dai volntari dell’associazione del Presepe di Mario.
Dolomiti Uno sciatore ubriaco resta bloccato sulle piste e si spaccia per agente segreto croato per evitare la multa
L’eroe di Natale che non ci meritiamo è uno sciatore croato ubriaco che è rimasto bloccato sulle piste di un comprensorio dolomitico oltre l’orario di chiusura. Incapace di completare la discesa a valle, ha richiesto l’intervento delle squadre di soccorso, che lo hanno recuperato dopo un’operazione protrattasi ben oltre il normale orario di attività. E qui si è materializzato il genio: all’arrivo dei carabinieri, l’uomo ha cercato di evitare la multa dichiarando di essere un membro delle forze speciali del suo Paese. Uno 007, immaginiamo, in missione tra baite e bombardini. Purtroppo le verifiche hanno rapidamente smascherato la bugia, come si poteva immaginare. Oltre alla pesante multa per ubriachezza sulle piste, lo sciatore è stato denunciato per false attestazioni a pubblico ufficiale. Cornuto e mazziato. L’intervento si è concluso senza ulteriori complicazioni, ma ha richiesto tempo e risorse al personale presente, che avrà sicuramente apprezzato lo straordinario forzato sotto Natale
Florida Piovono iguane: con il freddo i grandi rettili entrano in uno stato di torpore e cadono dagli alberi
Ci risiamo, è quel periodo dell’anno: in Florida piovono iguane. Lo scrive La Zampa, ma è un fenomeno che si ripete ciclicamente nei periodi di grande gelo. Quando le temperature scendono, le grosse lucertole a sangue freddo entrano in uno stato di profondo torpore, possono immobilizzarsi e a volte cadere dagli alberi, come piovute dal cielo. Non sono morte, ma paralizzate dalla temperatura e riprendono a muoversi non appena il termometro risale. Ma non bisogna lasciarsi impietosire. Il National Weather Service, anzi, è costretto a divulgare avvisi specifici per mettere in guardia i cittadini: se toccate, le iguane potrebbero risvegliarsi improvvisamente e comportarsi in modo aggressivo, persino mordere. Le autorità raccomandano anche di rinunciare alla malsana idea di portarle in casa e riscaldarle: le bestie potrebbero diventare incontrollabili. Gli esperti consigliano di lasciare gli animali sul posto e, se necessario, contattare le autorità competenti.
30.12.24
Targa abusiva ad Acca Larentia. Il Pd insorge e il Campidoglio la rimuove . farà una cosa simile per la manifestazione del 7 gennaio ?
È stata già rimossa la targa firmata "i camerati" che era stata affissa abusivamente a Roma vicino alla vecchia sede del Msi di Acca Larentia, luogo dove nel 1978 furono uccisi a colpi di pistola due militanti del Fronte della Gioventù: Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, mentre Stefano Recchioni morì qualche ora dopo durante gli scontri con le forze dell’ordine.
La targa affissa ( vedi foto a sinistra ) è dedicata proprio a quest'ultimo e recita così: "1958-1978. Stefano Recchioni. Chi si è sacrificato nei valori eterni della tradizione è esempio immortale nella rivoluzione".
E Finalmente qualcuno che s'oppone ai topi di fogna ( vedere link precedente è il secondo articolo ) , speriamo che non sia il solito fuoco di paglia , visto che ogni anno al 7 di gennaio giorno della strage di Acca Larentia ci troviamo con i soliti saluti fascisti e le solite marce svastiche ."Chi usa la tragedia dei morti di ieri strumentalmente per propagandare nel presente le follie del fascismo di oggi ne infanga la memoria e non merita alcun rispetto. In quanto vuole usare quelle vicende dolorose di quel periodo terribile che ha insanguinato l'italia per 30 anni per scopi strumentali
«Senza lavoro dopo una vita in fabbrica, mancava un anno alla pensione: a 61 anni dormo per strada, non ho più niente e nessuno».,Ispettore salva un bimbo da una casa-famiglia lager: 20 anni dopo, lui lo ricontatta per tenere a battesimo la figlia., ed altre storie
Mancava solo un anno per la pensione. Una vita di sacrifaci che si sarebbe dovuta concludere con il meritato riposo (e l'assegno) di chi, dall'età di 16 anni, aveva lavorato sempre. E invece per Andrea Baudissone quel momento non è arrivato. Lui, che per 20 anni, aveva caricato e scaricato i compressori della Embraco, nel 2018 si è ritrovato esodato. E oggi dorme per strada a Torino, in Galleria San Federico.
video collegato
Ispettore salva un bimbo da una casa-famiglia lager: 20 anni dopo, lui lo ricontatta per tenere a battesimo la figlia
29.12.24
Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.
Agitu era una donna etiope arrivata in Italia nel 2010, laureata in sociologia. Era una donna molto intelligente e determinata.
Creò la sua azienda di allevamento "La Capra Felice" nonostante tutte le difficoltà, lei non si arrende. Continuò il suo lavoro che amava così tanto. Quella maledetta sera è stata trovata morta a casa, con ferite sul suo corpo, si trattava di un "femminicidio".È stata assassinata una donna intelligente coraggiosa e determinata.
Che la terra ti sia lieve ovunque tu sia
Diario di bordo n 94 anno II . odio gratutito verso cecilia strada da destra e dal Chef rubio ., i topi di fogna con marce svastiche si preparano al 7 gennaio ricordo ei fatti di acca larentia ., il dramma di una coppia di genitori di Orbassano (Torino), Alessandro e Cristina .,
Non doveva, non poteva immaginare che accadesse quello che è accaduto? Ma certo: le tante Cecilia Sala che nelle zone più tormentate del mondo, vanno, cercano di capire e raccontare quello che vedono e apprendono, lo devono mettere in conto. Come l’avranno senz’altro messo in conto Domenico Quirico e Daniele Mastrogiacomo, Giuliana Sgrena, i tanti – una lunga lista – che ci hanno rimesso la vita.
Cosa ci sono andati a fare, in Iran, in Afganistan, in Somalia, nella ex Jugoslavia, in Cecenia? Cosa ci andavano a fare Antonio Russo, Maria Grazia Cutuli, Marcello Palmisano, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Marco Luchetta, Dario D’Angelo… Ma anche cosa ci andavano a fare, pur senza andare troppo lontano, i giornalisti uccisi dalla Cosa Nostra e dalla Camorra, i cui anniversari celebriamo ogni anno e ricordiamo con affetto?
Mesi fa a New York una bella mostra di fotografie di Gerda Taro, la fotografa morta stritolata dai cingoli di un carro armato nei giorni della guerra civile in Spagna. Che c’era andata a fare? A realizzare quelle immagini che ancora oggi si guardano con commozione e dolore, documenti della tragedia di un popolo la cui libertà e i cui diritti venivano soffocati da Francisco Franco, Adolf Hitler e Benito Mussolini.Il suo compagno, Robert Capa, che ci andava a fare anche lui in quella Spagna, e poi durante la Seconda guerra mondiale in Nord Africa, lo sbarco in Normandia, la liberazione di Parigi… e ancora la guerra arabo-israeliana del 1948, la guerra d’Indocina del 1954, fino a morire dilaniato da una mina a Thau Binh ? A centinaia, migliaia di reporter, fotografi, cineoperatori, si potrebbe rivolgere la stessa domanda: che ci siete andati a fare ?Se si risponde: per farvi sapere, forse se la replica sarà una scrollata di spalle. Gli indifferenti, gli “struzzi” ci sono ovunque, sempre ci saranno come sempre ci sono stati. C’è però un’altra possibile risposta: se noi si fosse iraniani, afgani, russi, ucraini, tibetani, appartenenti a uno dei cento popoli che devono subire e patire guerre, dittature, oppressioni, vorremmo o no che il mondo libero sapesse delle nostre tragedie, sofferenze e persecuzioni? Ci conforterebbe o no sapere che qualcuno sa della nostra resistenza, della nostra volontà di poter vivere liberi di sognare e di forgiare il proprio destino? Se la risposta a queste domande è sì, ecco che cosa ci sono andati a fare, che cosa ci vanno a fare, in Iran e in altri paesi che Dio sembra aver dimenticato. Ecco perché a tutti loro occorre dire grazie per quello che hanno fatto e cercano di fare.
Questa storia ti annichilisce, ma racconta anche moltissimo di Noi . Vicino con ogni cellula intima e personale a questa famiglia, sperando che serva almeno in parte per riflettere sulle conseguenze del dolore, sui muri di omertà che circondano la famiglia come costrutto sociale e la società intera. Voglio ricordarli così, in un momento di felicità, come tanti ne avranno vissuti. Riposino in pace, ora.
Ecco perchè è necessario introdurre fin dagli asili \ ed elementari una cultura non violenta e lezioni d'educazione : all'affettività e alla sessualità , al rispetto e ala convivenza \ coesistenza , alla legalità . Ma soprattutto ricominciamo ad introdurre nelle scuole il medico e lo psicologo scolastico. Tutti elementi che i precedenti governi hanno smatellato .
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