giardini prefabbricati da apprendere alle pareti, per arredare artisticamente gli spazi pubblici. Ora invece i miei “disegni” di muschio hanno l’ambizione di richiamare l’attenzione sulla carenza nella nostra quotidianità di momenti di riflessione sul rapporto con l’ambiente: sono punti esclamativi diffusi in tutta la città”. Ed ecco allora spuntare sulle pareti di case, palazzi ed edifici abbandonati, divertenti animali e giocose sagome umane, dai verdi più variegati, soffici e invitanti da accarezzare. La tecnica assomiglia a quella dello stencil, con le figure che vengono ritagliate in laboratorio e poi applicate sulle varie superfici verticali, creando stupore e rivitalizzando strade e quartieri che necessitano di boccate d’ossigeno.
“Voglio portare al passante il senso della terra, l’emozione dell’arte, la gioia dell’inatteso. E diventa quindi per me fondamentale la reazione dei pedoni: vedere se si fermano a guardare, a giocare, a toccare. Verificare incuriosita se lasciano i miei lavori intatti, se scelgono di prendersene cura o, al contrario, di deturparli. A volte i graffiti rimangono
per settimane, altre volte per poche ore: ma non importa, quel che conta è contribuire, in modo ecologico e sorprendente, alla metamorfosi visiva delle nostre metropoli”.
La seconda è una come la prima una sorta di reazione \ guerriglia contro culturale alla crisi economico e sociale
DA
http://www.huffingtonpost.it/titti-marrone/ del 18\7\2014
"Iocisto", prima libreria d'Italia ad azionariato popolare. Metodo SuperSantos come antidoto agli sfracelli e alle "lacrime napulitane "
Scrivere un blog su Napoli e da Napoli può essere cosa che sgomenta, perché ci si sente Cassandre
costrette a raccontare solo di cornicioni che uccidono, alberi e lampioni che si schiantano sulle persone, affreschi e tesori antichi sbriciolati, manti stradali spalancati in voragini, pentiti che svelano decenni di sversamenti di veleni. È questa la fine che ha fatto la famosa, usuratissima porosità indicata da Benjamin come tratto distintivo della città, suo segno di vitalità, di non omologazione. Come non bastasse la tragedia di
Salvatore Giordano, il ragazzino schiacciato dal crollo del fregio alla Galleria Umberto, a Napoli collassano - per incuria, indifferenza politica, forzata rimozione - anche iniziative culturali, idee originali, comparti produttivi, mentre i bouquiniste di Port'Alba sono allontanati da un blitz da contrasto al crimine. E mentre anche oggi s'inanella la consueta sfilza di notizie nefaste, i politici sono indaffarati a litigarsi i posti nelle liste di elezioni regionali cui sempre meno i cittadini avranno voglia di partecipare, mentre l'amministrazione pubblica sembra vivere su Marte, lontana com'è dai problemi reali.
Eccone uno, piccolo ma importante. Quartiere Vomero, 120 mila abitanti, il più densamente popolato della città, la zona residenziale egemonizzata dal commercio. Tra tanti negozi di abbigliamento, ristoranti, pizzerie, snack bar, nemmeno una libreria: l'ultima, Loffredo, ha chiuso poche settimane fa. La penultima era Fnac, dove già i libri erano oscurati dai mega-schermi al plasma e dai cellulari in tutte le salse: sparita anche quella, al suo posto solo tv e telefonini. Succede che un poliedrico operatore culturale, Ciro Sabatino, posti un suo sfogo su Facebook: Le librerie chiudono? Vabbe', allora la libreria ce la facciamo noi.
|
Il post di Ciro Sabatino che ha dato inizio alla vicenda |
E in pochi giorni, circa seimila persone dicono "io ci sto", si attivano, danno corpo e gambe a un progetto che sembrava impossibile. Ci si divide in tre gruppi: chi cerca la sede, chi prepara un piano finanziario, chi raccoglie suggerimenti per riempire di contenuti l'idea iniziale. Ci si autotassa, si decide di lanciare una campagna di raccolta di fondi. Senza tanti clamori sulla cosiddetta "società civile", categoria usurata e spesso equivoca, senza aspettarsi interventi dall'alto, stanziamenti di fondi pubblici, tavoli istituzionali, partendo semplicemente da un bisogno reale, individuando una priorità cui dare spazio, alcune persone che non si conoscevano tra loro hanno pensato di provare a non dare per persa la città ma di partire in proprio, con una piccola idea da trasformare in realtà.
E' nata così la prima libreria ad azionariato popolare d'Italia. Per ora c'è un'associazione, una pagina su Facebook - "Iocisto" - c'è la sede, un bellissimo spazio in via Cimarosa, angolo dell'oasi pedonale facilmente raggiungibile perché accanto alla funicolare centrale. Il primo passo dell'inaugurazione è per il prossimo lunedì, 21 luglio, quando si lancerà il crowdfunding, cioè la sottoscrizione, ma ai soci piace di più parlare di "metodo Supersantos": come quando, da ragazzi, prima della partitella di calcio si faceva la colletta tra gli interessati per comprare il pallone. Però qui non si gioca: il 21 a Napoli sono attesi i maggiori esperti di crowdfunding, in una serata in cui si terrà un'asta di oggetti insoliti, libri autografati o rari, servizi offerti dai soci. Si potranno comprare giornate in libreria, "pezzi" dello spazio e raccogliere fondi, puntando a un certo tetto per allargare l'associazione e garantire il lancio delle attività vere e proprie. Poi partirà la "fase due" con la trasformazione dell'associazione in spa, il via all'azionariato popolare ma senza la possibilità di fare scalate: a nessuno sarà permesso di superare la quota massima consentita, di cinque azioni.
La libreria, che per ottobre sarà fornita di libri, arredi e tutto quanto è utile a dare sostanza ai bellissimi spazi per ora vuoti, sarà aperta fino a tarda sera. Avrà una sezione speciale dedicata ai piccoli editori ma allo stesso tempo ospiterà tutti i titoli più richiesti, assicurerà servizi a domicilio, un'area multimediale, uno spazio ragazzi, uno musicale, un settore dedicato alla degustazione di prodotti tipici.
Certo, nessuno s'illude che il "nuovo inizio" di Napoli possa venire da una libreria.
Né si è così ingenui dal pensare che tutto sia facile com'è sembrato fin qui, che non sorgano contrasti, divergenze, interessi contrapposti. Però, una volta tanto, può servire fermarsi a riflettere sul metodo che quest'iniziativa adombra. Nessuno ha voglia di cedere alla retorica delle cose nate "dal basso", all'idea di svolgere funzioni supplenti rispetto a quelle da pretendere come doveroso appannaggio della dimensione pubblica. Ma se si vuole cercare un antidoto allo sfracello, è ora di uscire dalla logica delle "lacrime napulitane", di sperimentare anche qui pratiche di cittadinanza diretta diffusissime in altre città europee e statunitensi. "Iocisto" è per ora solo una goccia nell'oceano dell'incuria e dei disastri partenopei, ma chissà che non dilaghi. Già crescono, sulla pagina Facebook, le richieste di adesione da varie parti d'Italia, e non solo. Per iscriversi, basta versare la quota di 50 euro all'Associazione Iocisto, Iban IT08E0326803403052816901630.
IL Vomero è una zona di Napoli con scuole, cinema, qualche teatro e librerie. Cinema e librerie però stanno sparendo. Nel giro di poche mesi, hanno abbassato la saracinesca nel quartiere ben due editori-librai partenopei e la Fnac è diventata Trony. I libri ci sono ancora, ma sono circondati da televisori dalle dimensioni sempre maggiori. Non se la passano benissimo neppure i punti vendita che fanno capo a editori famosi, sparsi tra il centro storico e Chiaia. A Port’Alba, storica zona della città dove si trovano persino i testi fuori commercio, i vigili hanno fatto sgombrare le bancarelle. Al posto dei volumi e dei negozi di strumenti musicali spuntano le rivendite di patatine fritte. Per reagire allo sconforto, il giornalista Ciro Sabatino ha aperto il gruppo facebook «Io ci sto», dando il via alla prima libreria ad azionariato popolare.
In pochi mesi trecento soci con un investimento minimo di cinquanta euro hanno permesso di raccogliere circa trentamila euro. «Continueremo con la ricerca di nuovi sottoscrittori – ha spiegato — abbiamo organizzato uno spettacolo e messo all’asta cimeli per raccogliere altri fondi. A settembre avvieremo il crowdfounding in internet. Dobbiamo raggiungere i settantaseimila euro per partire in autunno». Per ora c’è la sede, in via Cimarosa 20, e l’associazione: ad accogliere i futuri lettori, L’amico ritrovato di Fred Uhlman su un espositore al centro del corridoio, sembra quasi il primo cent di Paperon de’ Paperoni.
«I circa trecento metri quadrati della libreria — ha continuato Sabatino — sono vuoti perché vogliamo che tutti i soci e coloro che (dalle 10 alle 22 ogni giorno) verranno qui a conoscerci o associarsi possano vedere crescere la libreria volume dopo volume, scaffale dopo scaffale. Condivideremo le scelte e anche le decisioni sugli eventi da ospitare. Per ora abbiamo coinvolto lettori tra i trenta e i cinquant’anni. Ci aspettiamo anche i ventenni e gli scrittori».
A organizzare il lavoro pensa Alberto Della Sala, ex libraio di volumi antichi: «Non ci siamo chiesti perché le librerie chiudano, lo sappiamo già, ma piuttosto perché alcune sono aperte. Per questo offriremo ai clienti servizi a valore aggiunto, il relativo guadagno ci permetterà il lusso di vendere libri. Qui non avremo libri scolastici, ma chiunque potrà portarci la sua lista e glieli consegneremo a casa il giorno dopo: non ci guadagneremo niente ma fidelizzeremo i clienti, facendo la differenza con i siti online».
Tra i servizi in programma, la ricerca di libri fuori catalogo e la vendita di volumi usati. «Guarderemo
anche ai tanti migranti che vengono al Vomero per lavorare e che non trovano niente da leggere a Napoli. Avremo una parte di libreria multietnica con testi in diverse lingue ma anche scrittori napoletani tradotti, sia classici che contemporanei». Fino a ottobre sarà uno spazio aperto per discutere di letteratura o suonare. L’azionariato diffuso servirà anche a mettere in circolo idee. «Magari un giorno potrebbe esserci una libreria Io ci sto anche a Scampia — ha concluso Della Sala -, a Fuorigrotta e in ogni città in cui le persone vogliano fare la propria libreria».