CAPRERA. Ulivi pluri centenari piantati dallo stesso eroe dei due modi nel 1867 abbattuti, per far posto a un casetto anti incendio ; pini che soffocano altre essenze, pozzi pericolanti e rifiuti Girare per Caprera è come scavare tra le rovine di Pompei o Ercolano. Dei cento ulivi piantati da Giuseppe Garibaldi ne sopravvivono una cinquantina. Infestati da rovi o soffocati dai giganteschi pini marittimi. I tre pozzi scavati nel granito sono in condizioni pietose, e a cento metri dalle tombe c’è un piccolo depuratore. Verde, per confondersi, come il tetto della casamatta antincendo, tra la vegetazione. Il degrado è evidente, palpabile, ma non irreversibile. L’olio spremuto dalle olive di Garibaldi continua a condire l’insalata servita nell’agriturismo “Garibaldi” che Bainzu Corda, di Tula, gestisce con la famiglia da una decina di anni. Bainzu, da 1964 vive a Caprera, a pochi metri dalla casa bianca garibaldina e sino all’arrivo della soprintendenza ai beni culturali ha curato l’orto e l’uliveto del Generale. «Grazie a una concessione demaniale che prima si estendeva per 40 ettari, ora ridotti a dieci. Quegli ulivi li ho seguiti e potati sin quando ho potuto, poi il ministero ne ha chiuso una parte dentro il recinto del museo - dice l’uomo -, e non so che fine abbiano fatto». Nella primavera del 2004 ha visto gli operai di una impresa gallurese che trasportavano camionate di materiale dentro il compendio «ma non ho mai saputo quale opera stavano realizzando».Probabilmente la casamatta, una stazione di pompaggio per portare a norma di legge l’impianto antincendio del compendio garibaldino sollecitata dalla direzione del corpo forestale dello Stato con sede a Follonica. Un ente competente per la tutela antincendi e ambientale di buona arte dell’isola di Caprera. Una costruzione, la casamatta, dal tetto verde, inserita a forza e ruspate tra due filari di ulivi e tra due pozzi fatti scavare nella viva roccia da Giuseppe Garibaldi. «Il pozzo principale, quello davanti alla tomba, è inesauribile» dice Bainzu Corda di Tula, che per decenni ne ha utilizzato le acque per abbeverare il bestiame e irrigare orto e vigneto. Pozzi ormai stagnanti, recintati con una rete da pollaio e infestati da piante di ogni genere. Si intravedono i pluviali di granito voluti da Garibaldi per il recupero delle acque piovane, un’opera che era costata, all’epoca, soldi e tanta fatica. Tre pozzi (uno dei quali fuori dal compendio) ormai in disuso, che sarebbero un raro esempio di architettura rurale (e utili) se riportati alla loro originaria destinazione, quella di fornire acqua alla fattoria garibaldina di Caprera. Passeggiando sotto i pini e l’ulivetto si inciampa in una vasca di decantazione - per evitare che gli ultimi pezzi di piastrelle, che la rendevano impermeabile, diventassero facile preda dei cercatori di souvenir, è stata ricoperta da un manto di terra -, una vasca che Giuseppe Garibaldi utilizzava per il lavaggio del frumento e delle olive prima della macina. I cinghiali, poco distante, hanno scavato una fossa nella quale imputridisce l’acqua maleodorante e melmosa che sgorga da un minidepuratore. Realizzato anche questo tra gli ulivi. I 4 filari d’ulivo piantati 150 anni fa dal Generale con l’aiuto di un esperto sennorese delimitavano, nella vallata che porta a Cala Garibaldi, l’angolo più riparato dell’isola dal maestrale e dalla tramontana. Ci cresceva di tutto, dai prodotti dell’orto alla vigna.
Lì, davanti al pozzo grande, Francesca Armosino volle seppellire la figlioletta Rosa, nata nel 1869 e morta tre anni dopo di pertosse. Garibaldi era in Francia, e Francesca Armosino (ultima moglie dell’eroe) impedì a messi comunali che volevano tumulare la bimba nel cimitero della Maddalena l’accesso alla Casa Bianca, minaciandoli con il fucile. Voleva che Garibaldi vedesse, anche da morta, la propria figlia. Quell’angolo è diventato il cimitero di famiglia, e vi riposano, oltre al Generale, i figli Teresita (avuta da Anita), Anita (avuta da Battistina Ravello), Francesca Armosino (terza moglie) e i figli avuti da quest’ultima, Manlio e Clelia.
Le pompe idrauliche della casamatta, realizzata tra la primavera e l’estate del 2004, hanno funzionato per poce ore, durante un collaudo. Poi non avrebbero più disturbato il sonno eterno di quella illustre famiglia, pare per un non meglio precisato guasto tecnico. Ma allora perché tanta fretta per costruire quella “indispenabile” casamatta, perchè tanto sfascio, scempio e violenza alla natura davanti alla tomba dell’eroe?
Sul tavolo del ministro dei beni culturali Giuliano Urbani arrivò, il 20 aprile del 2005, una informativa riservata che dava parere negativo su quella costruzione. Tre giorni dopo il ministro si dimise, con tutto il Governo. Ora il caso è nelle mani di Rocco Buttiglione. Ma anche della procura della Repubbica di Tempio, della Regione Sarda, delle associazioni ambientalistiche, dei garibaldini. Che minacciano, per bocca di Anita Garibaldi, di portare via la salma dell’Eroe dalla Sardegna. Una battuta provocatoria, ma non troppo.Concordo indatti con quanto afferma alla nuova sardegna ( da cui è tratta questa foto ) del 5\6\2005 Anita Garibaldi la pronipote : " Trafugherò la salma per portarla al Gianicolo» CAPRERA. «Se prosegue questo totale disinteresse istituzionale, e si continua a offendere la memoria di un Eroe, compiendo scempi nella sua Caprera, mobiliterò i garibaldini. Sbarcherò nell’isola e trafugherò la salma del bisnonno per tumularla al Gianicolo, dove riposa Anita Ribeira Da Silva, suo grande amore e prima moglie. Così, finalmente, quegli sposi rivoluzionari riposeranno uno accanto all’altra!». Parola di Anita Garibaldi, pronipote del Generale che ieri, a Caprera, ha dato sfogo a tutta la sua indignazione dopo aver appreso degli ulivi abbattuti per lasciare il posto alla casamatta dell’antincendio. Lo spirito battagliero, d’altro canto, non manca alla pronipote del’Eroe dei due mondi, così come non manca un precedente clamoroso. Il trafugamento della salma di Anita Ribeira Garibaldi dal cimitero di Nizza, dove l’aveva sepolta Giuseppe Garibaldi, da parte di Ezio (padre di Anita, Giuseppe e Vittoria), un ratto post mortem compiuto nel 1932. Il ritorno in Patria con le spoglie di Anita fu un trionfo. Ad accogliere a Roma la salma e il nipote del Generale, c’erano il Re d’Italia Vittorio Emanuele III, Benito Mussolini e, come si usava all’era (fascista), una folla oceanica. Anita venne sepolta con tutti gli onori al Ganicolo, sotto la statua di Giuseppe Garibaldi. «Conosco da alcuni mesi il problema - dice Giuseppe Garibaldi, conservatore onorario del museo e del compendio Garibaldino - ma non intendo entrare nel merito di scelte operate dagli Enti preposti alla tutela del sito garibaldino. Dico soltanto che queste sono cose che fanno male alla memoria del bisnonno». I due pronipoti di Giuseppe Garibaldi (tra essi non corre buon sangue) stanno preparando, ognuno con proprie iniziative, le manifestazioni per celebrare il bicentenario della nascita del Generale, che cadrà nel 2007. Giuseppe Garibaldi intende rafforzare la memoria del suo antenato con una serie di iniziatve che ricordino il Garibaldi agricoltore, mentre Anita Garibaldi vuole portare a Caprera le scolaresche di mezzo mondo «per offrire ai giovani quegli ideali di libertà e democrazia che il bisnonno ha portato in ogni nazione, e i valori dell’indipendenza e unificazione per i quali ha sempre combattuto».
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Fango, acquitrini, immondizia, sterpaglie, cemento divelto e totale abbandono; è questo il tributo che l'Italia dà a uno dei suoi più importanti poeti civili? Non c'è una targa che ricordi che in quel luogo, immutato da vent'annie più , fu soppressa la persona e la poesia di Pier Paolo Pasolini; non c'è niente all'infuori del degrado e un brutto monumento di cemento grezzo. E' un luogo irreale, meta di chi non vuole dimenticare la voce che solo la violenza generata da una società altrettanto violenta ha fatto tacere.
Il Comune di Roma dovrebbe intervenire per sostituire, o almeno restaurare, quel monumento, e apportare alla segnaletica stradale cartelli che indichino con precisione il luogo. Nei giorni di pioggia, poi, si formano immensi acquitrini che rendono il terreno melmoso e la visita difficoltosa.
E' stata redatta una petizione al Sindaco di Roma alla quale hanno aderito i visitatori di Pagine corsare. La petizione stessa è stata inoltrata il 2 novembre 1998. Si darà a tutti informazione sull'esito che tale richiesta otterrà. . Per ulteriori news sula petezione per rendere più decoroso edegno di un paese civile il luogo in cui sorge il monumento lo trovae qua ( in questo bellissima homepage dedicata a Pasolini ) http://www.pasolini.net/idroscalo.htm
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