19.11.05

Senza titolo 991



“Toccami e baciami fino alle viscere
immagino fantastico
I colori cambiano quasi per proteggere
pomeriggi inutili
fammi affogare nel tuo verde mare
con certezze sterili”


 


La settimana è passata velocemente.


Immersa felicemente nel lavoro… collezione da consegnare… e più lo faccio e più mi piace… e più mi immergo…e più crescono progetti dentro di me.


Nelle prove


Nelle serate con amici


 


Stasera dovevo andar via per la mia fuga ma per vari motivi non posso.


Fuga rimandata.


 


Eppure non sono mancate le sere a ritrovarmi al centro del mio letto ad ascoltare musica, a guardare le pareti della mia camera, le foto, i quadri, e tutto quello che c’è… e pensare e rivivere alcune cose.


 


Ho ripreso la bozza del disegno del tatuaggio che una volta volevo farmi… c’è da sistemarlo molto anche se sto cambiando idea sul soggetto…


 


Tra un mese saranno passati i giorni della prima, del mio compleanno e mi chiedo come starò, come sarà stato il tutto? Ma come sono passati questi giorni, passeranno anche questi e mi ritroverò presto a darmi delle risposte…


 


Ho ricevuto stamane un'altra proposta di lavoro.


 


E' stata una bella settimana dall'animo tranquillo


 


Grazie per la canzone dedicatami poco fa.


 


Aspetto una serata per immergermi nella mia vasca e addormentarmi.


 


Una sera ho ripreso gli Almamegretta


“Mi hai detto no non posso più
però negli occhi avevi ancora quello che..


sognami
lo so che qualche volta ancora lo farai


“È l’inganno della follia
aspettare un treno che ti porta via
ogni attimo che scivola
la tua vita come un fiume nel mare
apri gli occhi ti accorgerai
di qualcosa che non hai visto mai
tutto ti appartiene già
i minuti diventeranno ore”


“Se la vita è desiderio senza limiti
i’ stongo bbuono accussÌ
per avere il mondo basta dire si”


Ovviamente Moltheni ultimamente


“Finge, attinge, prepara tutto ma
delude alla fine perché lascia un po’ tutto a metà
e non mi piace”


“Mi puoi capire ma non lo fai”


“Se ti do materia, che mi dai?
Se ti do paura, che mi dai?


Se ti do la cura, che mi dai?


Non mi rendo conto
Come è lungo questo inverno
E credi non è affatto come vorrei


Se ti do malinconie, che mi dai?
Aprimi tutte le vie, che non perdo tem
po”


 




“Dove sei, e se ci sei, fatti vedere
Credo di avere il diritto di poterti toccare


Curami Deus


 


“Mi adori o non mi adori?"


Senza titolo 990

In  Nw \ ML   artigianale fgatta dfa un  amica   un utente  davanti all'ennesima tragedia del mare   si  chiede :<<  nel frattempo, noi siamo di nuovo "prigionieri" delle nostre vite..? >>  .  Io  rispondo  :<< ma  cosa  possiamo  fare  , se non   votare (  sia che  li abbiamo votati o  non )  alla prossime  elezioni  coloro che hanno fatto questa insulsa e  orripillante legge   che  anzi che risolvere i problema  lo accentua  . E che  ha poreferito per questioni ideologiche  e  di  fini elettorali  e  opportunistici  ( leggi per accontentarte la  lega  e le frangie  xenofobe  dela  Mussolini  )   abolendo  anzichè riformarla\ mmigliorarla    una buona legge  tolti i  cpt   solo perchè fatta  dal centro sinistra  ?  sono talmente   assuefatto  a  tali tragedie che  non riesco più ad  indignarmo , per chi non avese letto o  sentito i tg  riporto  qui la news   inm questione 


 articolo e    foto   tratto  da  http://qn.quotidiano.net




Ragusa


 19 novembre 2005 - Riprendono questa mattina le ricerche dei dispersi del tragico sbarco avvenuto all'alba di ieri sulle coste di Sampieri di Pozzallo, in provincia di Ragusa. Nove finora le vittime dell'ennesima tragedia del mare, ma secondo alcune testimonianze all'appello mancherebbero tra le 20 e le 40 persone. Le ricerche sono orientate sia a terra, per intercettare eventuali fuggiaschi, ma soprattutto a mare, nelle spiagge limitrofe. È stata così attivata anche una squadra di sommozzattori della guardia costiera di Messina. Subito dopo lo sbarco polizia e carabinieri avevano soccorso 177 sopravvissuti: tra loro anche sette minorenni e tre donne. Si tratta in prevalenza di nordafricani, ospitati nei magazzini della Dogana di Pozzallo, in attesa di essere destinati a un centro di permanenza temporanea. Oggi dovrebbero essere trasferiti a Crotone. Già arrestati i due scafisti, presumibilmente egiziani; un terzo risulta morto. E prosegue l'inchiesta della procura della Repubblica presso il tribunale di Modica per arrivare all'organizzazione delle traversate che opera in Libia.

Senza titolo 989

DI QUEL CHE RESTA

Ho acquistato aria in saldo. Per seccare il veleno che mi cola dalle punte delle dita.
Sono stata freccia. Veloce, spietata, aguzza.
Ora sono solo l’ombra del tormento che mi strozza.
Si fa strada, dentro, il capriccio di averti addosso. Adesso.
Nella gola scende il silenzio.
E’ caldo. Lo ingoio.
E lentamente, muoio.

18.11.05

A chi giova tutto ciò?

Avvolte smetto di credere nell'intelligenza delle persone! Sopratutto quando vedo sempre di più che i nostri media sponsorizzano la pornografia "da quattro soldi" spacciandola per arte o dandogli chissà quale connotazione aurea che la eleva dalla fogna in cui dovrebbe stare, visto che una cosa è la pornografia venduta apposta, che non ha nulla di vergognoso o di innaturale e schifoso visto che la sessualità è una cosa normale e non da demonizzare, base della sopravvivenza del genere umano. Io non sono contro la pornografia, tutt'altro, ma rimango allibito dal vedere quale uso ne viene fatto! Ed i bei "balletti" che vediamo fatti dalle "veline" o dalle "letterine" o "letteronze" o dall'ultima trovata pubblicitaria di "Famiglia Cristiana" il bel popò nascosto nel box doccia dal vapore e la pubblicità recitava: "se vuoi vedere chiaro, chiama il tuo elettricista" sono pornografia. Ma ci rendiamo conto di cosa vuol dire la parola pornografia? Il Garzanti recita: " trattazione o rappresentazione, in scritti, disegni, fotografie, spettacoli, di temi o soggetti osceni, fatta senza altro intento che quello di stimolare eroticamente i fruitori."  Tralasciando il fattore "mercificafione del corpo umano" perché, a prescindere delle condizioni in cui una persona si può trovare, ognuno può fare di se stesso quello che vuole, diventare una prostituta d'alto bordo come un premio nobel o una madre o una Donna! Non sta a me scegliere o giudicare per gl'altri ma è scandaloso vedere come i media spingano su questa linea, facendo primi piani alle "zizze" (od a qualunque altra "zona") senza neanche la scusa del vedo non vedo o giochi di luce per menarla sull'artistico o le "veline" che fanno la doccia in studio e si palpano come nelle migliori pubblicità dei servizi pornografici senza contare la fascia di persone che guarda il programma, perché un conto sono gli "adulti" ed un altro i "minori". Caspita, quest'argomento ha focalizzato la mia attenzione quando quasi non notavo la differenza fra i media tedeschi e quelli italiani al mio rientro. Avete mai provato a sfogliare l"Express" o il "Bild" o anche su qualunque "Anzeiger" l'erotismo è l'ingrediente principale, sarà un metodo per combattere la disinformazione? Mah! Va anche detto che la carta stampata tedesca non è un granchè! Bill Hicks diceva: “La Corte Suprema ha definito come pornografia qualsiasi cosa senza finalità artistiche che faccia venire pensieri sessuali. Nessun merito artistico… fa venire pensieri sessuali… Mi sembra una definizione che calza a pennello per qualunque spot pubblicitario.” Non mi resta che piangerlo!


Ciao Bill!


E per voi cos'è pronografia "da quattro soldi"?


Per avere info su Bill Hicks se non lo conscete per il comico che è stato o per  i Tool o i Radiohead:


dISPENSER (articolo in italiano)     -----------------------                 Sito ufficiale della Fondazione


Oppure... Viva Google! :D

Senza titolo 988


Vento, prorompente.


Vento che sferza la faccia, frusta le mani sino a schiaffeggiare l'Anima.


Vento che ferisce gli occhi, strappa via una lacrima inattesa... una goccia di stupore e di emozioni confuse, goccia di testa che gira e di stomaco sottosopra, falciata all'improvviso per finire nella spuma bianca ed urlante...


Goccia nel Mare.


E distese d'immenso, fin dove l'occhio si perde,


senza tregua,


senza pause,


senza scampo alcuno.


Mare color acciaio, e la nave è una culla dalle strane fattezze in balìa d'una mano furente e allo stesso tempo lenta all'esasperazione...


Goccia nel Mare


e Onda tra le Onde.


Lontano da qui, sui pendii scoscesi, il Vento s'innalza proclamando se stesso.


Scolpisce gli scogli, fugge sulle coste.


Solleva la sabbia in danza forsennate, in esodi cominciati millenni fa e che fine non hanno.


Goccia nel Mare


e Onda fra le Onde


e Granello sulla Spiaggia.


Mi guardo attorno, sperduta ed esaltata, sotto un Cielo di Piombo, sopra un Mare di Mercurio.


E schiaffeggia il mio viso, il Vento, ed altri volti, ed altre mani.


Corpi rabbrividiscono nel suo gelido abbraccio.


Urla possente, fugge e stravolge e si dibatte,


sino in fondo agli occhi,


sin dentro le vene,


dritto al centro del cuore.


E, ovunque si sposti lo sguardo,


la Vita.


Goccia nel Mare


e Onda fra le Onde


e Granello sulla Spiaggia


e Anima fra le Anime.



Scritto qualche giorno fa,  in navigazione.

Senza titolo 987

 visto    che  le stesse  persone che  guardano  tali insulsagini ( mi perdono  quelli che  le  guardano   ma  non riesco  , dopo  averne visto alcuni  reality  , vedere  post precedenti  , a  definirli  positivamente  )  sono gli stessi che  affollano  per  la curiosità  il processo  per anna maria franzoni  .sonio    fra quei 10 milioni   di persone  che   hanno visto   quella  cagata pazzesca (  parafrasando fantozzi  )   dell'isola dei famosi   ho  aggiornato il post precedente   con una  poesia  ancora  attuale  ,  di pier paolo pasolini   una o dei profeti    del 1900   di cui quest'anno si  sono celebrati i 30 anni dela morte 

Senza titolo 986


Sparla Mirella Serri. Il suo ultimo, acclamatissimo libro, I Redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948 (Corbaccio), lascia perplessi a cominciare dal titolo. Chi sarebbero i “redenti”?


Quegli intellettuali che, dopo la promulgazione delle leggi razziali, continuarono a partecipare alla vita culturale del fascismo per poi passare all’antifascismo militante se non al comunismo ortodosso e intransigente dopo la caduta del regime. Alicata, Muscetta,Benedetti, Betocchi, Bilenchi, Bonsanti, Brancati, Contini, Gadda, Ferrata, Luzi, Montale, Pavese, Pratolini, Quasimodo, Sereni, Vigorelli, ma anche Binni, Russo, Briganti, solo per citare alcuni dei più noti, nel 1939 aderirono con entusiasmo all’invito di Bottai a partecipare alla rivista Primato condividendone, de facto, l’indirizzo
politico, lo spirito certo non di fronda e la campagna a favore delle leggi razziali.


Poi, caduto il fascismo, quegli stessi intellettuali diventarono campioni dell’antifascismo, giustificando il loro passato come una penetrazione da quinta colonna all’interno di una delle riviste più importanti del regime onde far passare, attraverso le sue pagine, messaggi antifascisti.


Peccato che, come scrive la Mangoni e ripete la Serri, le "allusioni antifasciste" fossero decrittabili solo da altri intellettuali e non dal lettore comune. Peccato anche che di queste allusioni non ci sia traccia inequivocabile negli articoli apparsi sulla rivista, a meno di compiere un’operazione di sovrainterpretazione a posteriori sotto la categoria del dogma antifascista per cui chi scriveva nero in realtà, secondo un codice noto solo a lui, voleva dir bianco e via adulterando.


Muscetta la chiamò la dissimulazione onesta, ovvero fingere di aderire a quel che non si condivide per ottenere un fine contrario a quello apparentemente divulgato. La Serri nell’introduzione dichiara di aver scelto la definizione di “redenti” piuttosto che quella di “dissimulatori” perché in realtà essi "con la propria autorità e i propri scritti, finirono per consolidare le ragioni del regime".


E allora, cara Serri, perché chiamarli redenti, termine che indica una doppia vita fra un prima di abiezione e un dopo di redenzione, se si accoglie l’ipotesi che comunque quegli intellettuali erano antifascisti anche quando si comportavano da fascisti e dunque non avevano niente da cui redimersi? Con buona pace di Muscetta & c. andrebbero semplicemente chiamati voltagabbana, o almeno opportunisti…


Simonetta Bartolini

Senza titolo 985


Roma.VI sezione del tribunale. Un normale processo a due extracomunitari. Eppure il nome degli imputati cambia ogni scenario. Marion True, ex curator del Getty Museum. Albert Hech, mercante d'arte.


Lo Stato processa i venditori e compratori della nostra archeologia perduta. Ladri non di oggetti, ma di conoscenza. Una statua, un vaso, un gioiello scavati di nascosto perdono la voce che ci narra la loro storia e di chi li amò.


Non rimane che una muta bellezza. Un peccato contro lo Spirito.


17.11.05

Senza titolo 984


"Amici miei - scriveva Nietzsche ormai sull’orlo della follia - ma guardate una buona volta che cos’è un prete. È qualcosa di solenne, pallido, oppresso, con la viltà negli occhi...".


Quale guerra è stata mossa, negli ultimi secoli, al prete! Non tanto al cristianesimo inteso come morale o come ideologia sociale ma proprio a lui, al prete, per ciò che il prete è : ministro della Chiesa nella sua natura profonda,che è quella di essere segno efficace, operativo, attivo della presenza reale di Gesù Cristo nella storia. Ciò che si chiama Sacramento.


A tutto questo è stata mossa una guerra che la Chiesa ha sottovalutato.Per decenni abbiamo assistito a discorsi dotti sulla funzione del sacerdote nella società secolarizzata, ad analisi sempre più capillari sui cambiamenti in atto al fine di mettere a punto questa o quella strategia d’attacco. Il principio sottaciuto era: per poter fare il prete oggi è necessario conoscere il mondo.


Forse era più vero il contrario: per conoscere davvero il mondo era necessario essere preti fino in fondo -ma proprio a quel «fino in fondo» era stata dichiarata guerra. Guerra, soprattutto, all’unità della Chiesa, che proprio sul Sacramento si fonda.


Tante analisi mi sono sempre apparse come altrettante ripetizioni di quel vuoto: come quando,di notte, si ha sete, e si sogna di bere e bere,ma non ci si disseta mai.In unintervento al convegno, viene riportata una frase fulminante del teologo Yves Congar:


"In un mondo indifferente, il prete non è per nulla riconosciuto, egli si trova come nel vuoto".


 È importante capire che questo vuoto,prima di tutto, esiste.


E la paura, che è il distintivo pratico di quel vuoto. Esiste nel cristiano, esiste nel prete. Molte volte,in passato,ho assistito a dialoghi tra preti e persone scettiche. Nella discussione sembravano così simili, così d’accordo su quasi tutto,ma poi ciascuno rimaneva quel che era, come se la fede fosse solo una delle poche, marginali differenze che li dividevano.


Si cercava il plafond di valori condivisi, e l’impressione era che il prete, invigliacchito da una cultura ostile e talora da una grande solitudine,cercasse soprattutto di accreditarsi culturalmente di fronte almondo che cambiava. Fu tempo perso. L’uomo di fede non è chi finge che questo vuoto non esista: è chi, tutte le mattine, sa che la fede vince quel vuoto, anzi:l’ha già vinto.


E ricomincia,con semplicità.Nessuno è insostituibile, tranne il prete.Una Chiesa senza preti è una Chiesa tutta dottrina ma senza l’imprevedibile conforto della carità e della pietà. Che è ciò di cui l’uomo post-moderno ha più bisogno.


Luca Doninelli


Senza titolo 983

 



  Ora  indipendentemente dalla sua  colpevolezza o innocenza ,  quello  che  mi dà fastidio (  anche  se nessuno , neppure io , ne è immune . Infatti   quando  m'interessai  in maniera un po'  morbosa  dato che  conoscevo sia la vittima  sia  l'assassino  (   erano del mio quartiere  , il primo adiritturra  vicino di casa  )    al caso di Elisabetta naddeo uno strupro e  omicidio  avvenuto  nella mia  cittadina per  fortuna  poco trattato dai media nazionali  perchè  risolto subito  e  quindoi  non appettibile  come quello di cogne  o  di erika  e omar  solo per citarte i più  clamorosi    )  è  la  curiosità morbosa    verso i fatti  di cronaca nera . come  questi    Ora  non dico  che   ciò  sia inevitabile  perchè  chi  non lo  è  scagli  la prima  pietra  ,   un conto  è  quella    spontanee  avvenute    fra  i primi anni del  II  dopo guerra  e  gli anni  70  perchè  la cronaca nera   era  " censurata " dal fascismo e  dalla  Dc  e non ingigantita  o  trattata  come  "  surrogato  "  o   riempitivo dai media per  distrarre  le persone (  insomma c'è   sempre stata )  , un'altro è qella  incentivata  dai media  facendo il " panem et circenses ( Giovenale satire  X, 81.) " per distrarre\  distogliere   il pubblico dalle cose  più importanti  come  quella   a cui fà riferimento  la  vignetta  di Sergio Staino Sopra  riportata . Ecco  perchè concordo  con   quanto dice Curzio maltese  nell'editoriale  di repubblica  di oggi  ( 17\11\2005 )   : << [...]  Quasi non corresse alcuna differenza fra una donna condannata a trent'anni per aver massacrato il suo bambino e un qualsiasi divetto da reality show, Al Bano, la Lecciso, Lory Del Santo. Jean Baudrillard sostiene che la televisione ha compiuto il delitto perfetto, ha ucciso la realtà e ne ha fatto sparire il corpo. Ma il vero delitto è aver annichilito la capacità di provare emozioni. Si dirà che intorno ai grandi processi di cronaca c'è sempre stata la stessa folla indiscreta, anche prima che inventassero la televisione. L'Italia del dopoguerra si divideva in partiti e fazioni per la saponificatrice di Correggio come per Coppi e Bartali, dimenticando nell'urgenza della fazione l'orrore dei crimini. Eppure le passioni erano vive, ora sono morte, sepolte da troppe ore di televisione. E' normale e quasi umano, per carità nessuno scagli una pietra contro la brava gente davanti al palazzo di giustizia torinese.[...] >>  qui  il testo integrale dell'articolo . Mentre scrivevo  e cercavo meateriale  per questo post  leggo   sempre  su tale  argomento un interessante  articolo  de  ILgiornaledisardegna quotidiano  della mia regione  )  che   afferma  : <<  è nata   prima la curiosità morbosa del pubblico per la vicenda giudiziaria di Anna Maria Franzoni o l'attenzione dei media ? In realtà prima che in aula, il processo a Anna Maria Franzoni era iniziato nella case, davanti alla tv, nei bar e nei posti di lavoro. Istruito da milioni di teledipendenti con il gusto per il fattaccio di nera o da semplici cittadini impressionati dall'aberrazione di una madre che uccide il figlioletto. Un procedimento sui generis, come quelli che possono aver luogo nel tinello di casa o durante la pausa caffè. Complici, i media. Ieri per la prima udienza del processo d'Appello alla giovane mamma di Cogne, condannata in primo grado a 30 anni per l'omicidio del figlio Samuele, nel tribunale di Torino erano state allestite una sala stampa e di un'area esterna per le dirette televisive: un vero processo mediatico è iniziato.[...]  una folla di curiosi . Casalinghe  e pensionati  ma anche giovani, tra cui numerosi studenti di Giurisprudenza.È una panoramica del variegato il pubblico che ieri accalcava il Palazzo di Giustizia. er la voglia matta di vederla.«Sono venuta per guardare negli occhi Anna Maria»,spiega Francesca, una casalinga polacca che sta facendo la coda dalle 8 - voglio capire qual è la forza che spinge questa donna ad andare avanti con qu esto spettacolo». E il desiderio di vedere di persona Anna Maria Franzoni ha spinto anche Felicia, una pensionata, a presentarsi, con la carta d’identità im mano ai cancelli. «È da un mese che aspetto questo appuntamento, mi sono preparata leggendo molte cose sulla vicenda, voglio proprio vederla».  >>. Oltre  ai media  " tradizionali  "  che   hanno contribuito  al chiachericcio    sulla  sua  innocenza  \  colpevolezza   e al disinteressamento   che  ci stiamo avvicinando al baratro  e  alel figuracce internazionali e  alla distruzione  del paese ,  ci  pensa  anche internet  , Infatti esiste   persino un sito internet che contesta la sentenza di primo grado (www.giustiziapersamuele.it) e che nella home page recita: «Si può con un sillogismo condannare a 30 anni di carcere?». Il sito offre un'ampia gamma diipotesi, commenti e perizie,nonchè una galleria fotografica con immagini del piccolo che gioca sulla neve col gatto, va sul triciclo, raccoglie patate. Critiche al comitato sono giunte da un altro sito internet (www.criminologiaclinica.it) che, oltre a denunciare la poca opportunità della spettacolarizzazione di simili fatti di cronaca «se non altro per evitare di istruire qualche testa bacata», spiega come la Franzoni«debba essere giudicata dalla magistratura e non dai lettori del sito  >> Non ho altro da aggiungere ......se  nonquesto  alcuni versi tratti  da la  guinea ( Poesia in forma di rosa, in "Bestemmia", volume primo, Garzanti, Milano 1993  ) di Pier Paolo pasolini riportata nella fine del film Pasolini, un delitto italiano (1995) "  di M. Tullio.Giordana qui l'audio e il video


<<
[....]


L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai


da uno dei milioni d'anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,


di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.


Mostrare la mia faccia, la mia magrezza -
alzare la mia sola puerile voce -
non ha più senso: la viltà avvezza


a vedere morire nel modo più atroce 
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.


[...]


>>


con   questo   è tutto . Meditate  gente meditate  soprattutto  quelli che  hanno mandato il cervello all'ammasso  è  preferiscono  solo evadere  e rinchiudersi  in una  torre d'avorio  e  preferiscono per  parafrare   Linea  gotica  dei ex Csi :<< La facoltà di non sentire \ La possibilità di non guardare \ Il buon senso la logica i fatti le opinioni >> anzichè  << Occorre essere attenti per essere padroni \ Di se stessi occorre essere attenti \ La mia piccola patria dietro la Linea Gotica \ Sa scegliersi la parte \ Occorre essere attenti >> ovvero indignarsi  e  schierarsi 

Senza titolo 982

Enigmistica: "Provate a sostituire alla parola "barbari" la parola "terroristi" e vedete l'effetto che fa..."


Aspettando i barbari


Che aspettiamo, raccolti nella piazza?



Oggi arrivano i barbari.



Perché mai tanta inerzia no Senato?
E perché i senatori siedono e non fan leggi?



Oggi arrivano i barbari.
Che leggi devon fare i senatori?
Quando verranno le faranno i barbari.



Perché l’imperatore s’è levato
così per tempo e sta, solenne, in trono,
alla porta maggiore, incoronato?



Oggi arrivano i barbari
L’imperatore aspetta di ricevere
il loro capo. E anzi ha già disposto
l’offerta d’una pergamena. E là
gli ha scritto molti titoli ed epiteti.



Perché i nostri due consoli e i pretori
sono usciti stamani in toga rossa?
Perché i bracciali con tante ametiste,
gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti?
Perché brandire le preziose mazze
coi bei caselli tutti d’oro e argento?



Oggi arrivano i barbari,
e questa roba fa impressione ai barbari.



Perché i valenti oratori non vengono
a snocciolare i loro discorsi, come sempre?



Oggi arrivano i barbari:
sdegnano la retorica e le arringhe.



Perché d’un tratto questo smarrimento
ansioso? (I volti come si son fatti serii)
Perché rapidamente le strade e piazze
si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi?



S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.
Taluni sono giunti dai confini,
han detto che di barbari non ce ne sono più.



E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?
Era una soluzione, quella gente.

Costantino Kavafis (Biografia e poesie )

16.11.05

Senza titolo 981


L’essenza della civiltà occidentale è il nichilismo, poiché il senso fondamentale del nichilismo è il rendere niente le cose,la persuasione che l’ente sia un niente, ed è l’agire guidato e stabilito da questa persuasione


Emanuele Severino

15.11.05

Senza titolo 980

 «Che strano Paese è questo che accoglie gli immigrati di tutto il mondo e poi non li fa entrare nei negozi e li costringe a lavorare di nascosto e di notte nei cantieri. Dicono che questo è il Paese della democrazia e della libertà. Ma come può esserci democrazia e libertà senza la dignità ? »  Don Mario, omelia ai funerali di un immigrato morto sul lavoro,«Sacco e Vanzetti», Canale 5, 13 novembre 2005


 


la  fiction 


 


 Sergio Rubini e
Ennio Fantastichini
in una scena del film



 


Domenica13 e lunedì14 su Canale 5 ( l'ultima spostata su rete 4 )  la miniserie in due puntate Sergio Rubini ed Ennio Fantastichini interpretano i due italiani Sacco e Vanzetti, fiction d'autore "Impegno civile, non politico"Il produttore Guido Lombardo: "E' la storia di una ingiustizia"Rubini: "Mediaset coraggiosa, la Rai non lo ha voluto produrre"

"NON è un film di destra né di sinistra né, tanto meno, contro gli americani. E' la storia di un'ingiustizia commessa dagli americani su due italiani". Questo, secondo il produttore Guido Lombardo (Titanus), il senso di Sacco e Vanzetti, la miniserie in due puntate in onda su Canale 5 domenica 13 e lunedì 14 novembre, "debutto" di un gruppo di fiction che Mediaset dedica all'impegno civile (fra qualche settimana toccherà a Attacco allo Stato, sulle nuove Brigate rosse e gli omicidi Biagi e D'Antona). Prodotto televisivo anomalo, tanto da essere stato considerato all'altezza di una mostra cinematografica come quella di Venezia, dove è stato presentato, in anteprima, alla fine dello scorso agosto.
La storia è nota: quella dei due anarchici italiani, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, incriminati per rapina e omicidio, giustiziati sulla sedia elettrica il 23 agosto del 1927, riabilitati cinquant'anni dopo dal governatore democratico del Massachusetts, Michael Dukakis, miti eroici delle generazioni contestatarie del Sessantotto e del Settantasette, resi celebri da una ballata politica di Joan Baez e oggetto di un film-culto dallo stesso titolo diretto nel 1972 da Giuliano Montaldo, interpretato da Gianmaria Volontè e Riccardo Cucciolla e basato sugli atti del processo e su veri filmati di repertorio.
La miniserie di Canale 5, regia di Fabrizio Costa, scritta da Pietro Calderoni e Gualtiero Rosella, è interpretata da Sergio Rubini (Sacco) e Ennio Fantastichini (Vanzetti), e nel cast ci sono anche, fra gli altri, Omero Antonutti e Anita Caprioli. Un lungo racconto, che copre il processo, che durò sette anni, mobilitò l'opinione pubblica non solo americana ma anche europea, soprattutto francese, smosse pure il Vaticano e fece degli italiani due martiri dell'ingiustizia. Ma ampio spazio è riservato anche alla vicenda umana dei due protagonisti, alle loro motivazioni, al contesto storico. Per questo si tratta di "un film non politico - spiegano gli autori - ma con molta politica dentro". Si parla di emigrazione e sofferenze, di intolleranza razziale, di anarchia ma "distinguendo anche la componente violenta, quella di Andrea Salsedo e Gaetano Bresci, da quella più idealista di Vanzetti - dice Rosella - cercando di distinguere e di non essere reticenti".
"Da quegli anni a oggi - osserva Sergio Rubini durante la presentazione del film, a Roma - niente è cambiato, gli interpreti sì ma i costumi no: la commedia, il dramma sono sempre gli stessi. Quello che eravamo ottant'anni fa lo abbiamo dimenticato, visto che su un giornale, qualche giorno fa, ancora ho visto la foto di un immigrato e il titolo 'I nuovi barbari'". Rubini ha fatto i complimenti a Mediaset per il coraggio di realizzare il film: "E' sorprendente che a produrlo non sia la Rai, alla quale vanno invece i miei 'scomplimenti'". E anche se il film racconta una pagina nera dell'America "terra di libertà e giustizia", "non c'è traccia di antiamericanismo - ha precisato Lombardo - non è un film politico, ma solo la storia di un'ingiustizia". Rubini ha aggiunto di aver considerato Sacco "una persona di famiglia, mi ricordava la storia di mio nonno, le cui gesta di emigrante in America nel 1918 per cercare fortuna vendendo ghiaccio, e che poi sposò mia nonna per procura, mi hanno affascinato da ragazzo".
Anche per Ennio Fantastichini il film ha un significato particolare: l'attore, che viene da una famiglia di contadini e ha detto di essere cresciuto "con il sogno americano" ha raccontato di essersi avvicinato a Vanzetti chiedendo "idealmente" ispirazione a Volontè, che fu Sacco nel film di Montaldo. E definisce questa miniserie "altamente pedagogica": "Speriamo che la vedano i più giovani perché parla di fratellanza in un Paese che ancora alcuni vorrebbero diviso in Nord e Sud". Alla proiezione del film, oltre a un gruppo di studenti, c'era anche Giuliano Montaldo, che ha ricordato la commozione provata quando Dukakis lo invitò in America il giorno della riabilitazione, e ha apprezzato il lavoro e la sua attualità: "Parlare di quei due non è solo ricordarli, ma anche parlare di intolleranza in un'America in cui, allora, fuori dai ristoranti, c'era scritto 'No dogs, no niggers, no italians'". 



 



 


La Storia


Caso giudiziario trascinatosi dal 1920 al 1927 che ebbe come protagonisti gli immigrati italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, condannati a morte il 15 aprile 1920 per l'omicidio di due uomini durante una rapina in un calzaturificio. La loro esecuzione provocò proteste in tutto il mondo. Il carattere puramente indiziario delle prove addotte contro i due italiani (che erano attivisti anarchici) attirarono sulla corte accuse di faziosità dettata da motivi razziali e politici. La richiesta di riaprire il caso venne sistematicamente rifiutata, anche quando un altro detenuto, condannato a morte, confessò di aver preso parte alla rapina. Solo nell'agosto 1977 il governatore del Massachusetts Michael Dukakis riconobbe in un documento ufficiale gli errori commessi nel processo, riabilitando completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.
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 cronologia
- Il libro "L'eredità di Sacco e Vanzetti" di Russel Aiuto tradotto il italiano per questo sito con la storia e immagini
- Documentazione passaggeri
- Articolo del Corriere della Sera sul 75° anniversario della loro esecuzione



 per  altri  documenti e  siticercate all'interno del  blog   in quanto ne  ho già parlato  qui


Senza titolo 979


La tecnica è l’Occidente. Della tecnica non possiamo fare a meno. E qui c’è il busillis, il problema. Perché una cosa è possedere una tecnica, un’abilità strumentale che ci permette di intervenire in molteplici campi e settori della vita umana e naturale, altra cosa è essere posseduti dalla tecnica.


Una volta l’uomo possedeva la tecnica. Oggi ne è posseduto. «Poco male» si dirà. «Sempre meglio che fare a meno delle tante cose utili che la tecnica ci mette a disposizione e ci consente di fare». Può darsi sia vero. Ma il problema dei problemi riguarda la stessa idea di Potere: una volta il potere era la politica, oggi è la tecnica. Se non controlliamo più la tecnica, come facciamo a controllare il potere?


Per Platone la politica era la tecnica delle tecniche. La definiva l’arte regia, ossia quella tecnica un po’ diversa dalle altre che ad ogni cosa attribuisce o riconosce il suo essere. Insomma, detto in altre parole, il filosofo ateniese attribuiva alla politica il compito di decidere i fini da perseguire. Può essere un’idea buonao sbagliata, comunque da discutere. Anche la Modernità, soprattutto i tempi moderni, dunque non solo il grande Ateniese, ha attribuito al potere politico questo grande compito o funzione.


Ancora oggi si sente dire che bisogna riconoscere alla politica un primato. Tale “primato” altro non è che quanto già diceva Platone: la politica è l’arte regia, ossia la tecnica controllata dall’uomo in grado di decidere secondo il giusto fine. Ma chi determina oggi il fine? Chi può dire quali siano gli scopi giusti da perseguire?


La politica che conosce quale sia il giusto fine è finita da un pezzo. E non è neanche detto che sia un male. Anzi, per certi versi è senz’altro un bene. Infatti, la politica che decide tutti i fini si è realizzata nel XX secolo con i regimi totalitari nazionalsocialista e comunista. Le idee assassine (secondo il titolo del libro di Robert Conquest) hanno prodotto gulag e lager. La politica che sa,cioè che presume di sapere, quale sia la direzione verso cui marciare è senz’altro pericolosa.


La natura umana (perché alla fine di questo si tratta) è una natura misteriosa, che sfugge, che non si fa ricondurre a delle leggi naturali o storiche che, una volta conosciute, ci dicano cosa fare in ogni tempo e luogo.


Salvare l’uomo con la politica equivale a condannarlo anzitempo alle pene infernali. Così la conclusione della lunga parabola storica dei totalitarismi (altro che “secolo breve”) che si è avuta con il 1989 ci consegna anche una politica più “debole”,
ossia un potere che non può più indicare quali siano i fini giusti per tutti. È come se il potere,a furia di tagliare teste, si fosse autodecapitato.


Ma oltre all’autodecapitazione, la politica è stata spodestata dalla tecnica. La tecnica, che prima era un potere nella mani dell’uomo, è diventato il potere che ha come unico scopo quello di alimentare il suo potere. Come dice Cantarano, il mezzo è diventato il fine e, si può aggiungere, il fine è diventato il mezzo. La politica è una tecnica al servizio della volontà di potenza della tecnica.


Nasce così il problema del nostro tempo: la politica non può esercitare un controllo assoluto su tutto (perché in questo modo si ritorna sulla strada del totalitarismo) e, nel contempo, non può neanche abbandonarsi al destino della tecnica che alimenta solo potere tecnico. La corsa della tecnica è la corsa degli armamenti: la corsa a chi controlla più cose tramite la tecnica nucleare.


Sorge un dubbio. Non è stato sempre così? La storia umana non è la storia del dominio? La differenza rispetto al passato è data dalla scienza: la tecnica contemporanea è in grado di distruggere l’umanità.


Ma in che modo si può porre un limite a questa forza se non tramite un’altra forza? Solo la forza è la legge della Terra, dice Simone Weil.


Giancarlo Desiderio


Senza titolo 978


L’operaio entrò nella casa.
Un grappino ?
- Niente grappino.
Era una vecchia dietro il banco.
- Che cosa di caldo ?
- Niente di caldo.
- Neanche se aspetto ?
-Se aspettate sì. Caffè di cicoria.
- Aspetterò. Ci vuole molto ?
-La macchina deve scaldarsi. L’ho accesa ora.
Egli sedette a un tavolino di ferro, guardò e vide il tedesco, nell’angolo presso la porta, seduto anche lui che aspettava. Gli strizzò l’occhio.
- Eh ? - il tedesco chiese.Era non più un ragazzo, col nastrino al petto, di una campagna, non di una decorazione.
E la sua voce fu molto timida.
-Eh ?- chiese.
L’operaio voltò via il suo piccolo muso da lui.
Dio di Dio ! pensò. Che aveva un tedesco da essere triste in quel modo ?
Sedeva, le gambe larghe, la schiena appoggiata alla spalliera della sedia, la testa un po’ indietro, e la faccia triste, persa, una stanca
faccia di operaio.
Dio di Dio ! O non aveva conquistato ? Non era in terra conquistata ? Che cosa aveva da essere così triste, un tedesco che
aveva conquistato ?
Tornò a guardarlo e vide che quello non lo guardava.
Aveva gli occhi più in basso, come umiliato. Un momento si osservò le mani ; da una parte, dall’altra, entrambe insieme, e fu un
gesto lungo come ne fanno solo gli operai.
Dio di Dio ! egli pensò di nuovo.
Lo vide non nell’uniforme, ma come poteva essere stato : indosso panni di lavoro umano, sul capo un berretto da miniera.
Sarà zuccherato o no ? - chiese alla vecchia.
- Zuccherato ? Che zuccherato ?
- Allora non lo voglio.
Si rialzò, una mano in tasca, e si avvicinò alla porta. L’aprì.
Il tedesco sollevò il capo e, mestamente, gli sorrise ; anche dolcemente. Pareva di vedere sulla sua faccia che cosa fosse lo sporco di carbone.
Egli uscì.
Dio di Dio ! Pensava. Prese la moto del tedesco e ne spinse a fondo la pressione. Nessuno accorse dalla casa, e fuggì sulla moto.
Nessuno sparò dietro di lui.
- Sei pallidino - gli disse Orazio.
- E’ stata la corsa.
- La corsa ?
Scaraventarono la moto nel fosso, ne aprirono il serbatoio e diedero fuoco alla benzina.
- Questo è tutto - disse l’operaio. - Una moto di meno.
- Non l’hai fatto fuori ?
- No, era troppo triste.


Elio Vittorini

Senza titolo 977


www.photoforum .ru


Oggi ho tanta voglia di fare l'amore con te, la cosa che mi fa rabbia e che è impossibile quando veramente lo desideriamo, ma forse per questo e così bello e tanto atteso il momento in cui finalmente saremo uno nelle braccia dell'altro ad assaporarci.
Ritengo che l'amore è come bere un bicchiere di vino buono, mai ingerirlo in fretta...ma...assaporarlo lentamente, gustanrne la fragranza, perfino il colore.
L'amore, dolce parola formata da sole 5 lettere ma piena di lettere....infinite lettere comprese in un dizionario. Nella parola amore c'è il mare, il sole, la luce, lo splendore di uno smeraldo, la luna piena in una notte buia, vita. L'amore è vita e tu sei tutto questo per me, tu racchiudi il mio universo, lo spazio illimitato della mia anima e del mio cuore e anche del mio corpo che l'intenso desiderio di essere tuo.


Silvana Bilardi 

14.11.05

Senza titolo 976


by Silvana

Senza titolo 975


Tokie Williams non è un santo. E' soltanto un uomo che ha percorso un cammino per uscire dall'abisso. E' nato nel 1953 a Watts, dove nel 1965 vi furono le prime rivolte razziali del dopoguerra in America.


Insieme con l'amico Raymond Washington fondò la gang dei Crips, la cui sanguinosa faida con i rivali Blood è stata raccontata da infiniti film e romanzi.


Nel 1979 Washington fu ucciso in uno scontro a fuoco e nel 1981 Williams fu arrestato per quattro omicidi compiuti durante una rapina, giudicato e condannato a morte.


In carcere, Williams imparò a leggere e a scrivere. Riflette sulla sua vita. E cercò di darle un senso, provando a lenire le ferite che aveva provocato. Scrisse libri, fiabe per bambini, insegnando come la violenza porti alla morte dell'anima ed alla fine dei sogni.


Il 13 dicembre è fissata la sua esecuzione, a San Quintino. E' partita una campagnia per chieredere Governatore Arnold Schwarzenegger di concedergli la grazia


Questo è l'indirizzo mail a cui scrivere


governor@governor.ca.gov


Salvare Williams è salvare la speranza che ogni Uomo possa cambiare


Senza titolo 974


E' già gran tempo che il processo degenerativo della coppia concettuale "mezzo-fine" si andava preparando. Quale siano state le fasi di questo processo, mezzo e scopo si sono addirittura scambiate le parti: la fabbricazione di mezzi è diventata oggi lo scopo della nostra esistenza.


E si cerca spesso di giustificare cose che avevano avuto valore di scopo


Gunther Anders


Senza titolo 973


L'Occidente sorge da un mito. All'inizio della Storia Occidentale c'è il mito di Prometeo raccontatoci da Eschilo. Che dona ai Mortali la tèchne rubata a Zeus. La potenza della tecnica consente agli uomini -i più fragili tra gli esseri - di fronteggiare il caos. Pre-vedendo le cose future. Anticipandole (pro) con la scienza (mathesis).


Certo, a salvare i mortali è la Verità. Quella ricercata dalla sapienza filosofica. Ma se non ci salva dal Nulla, cui il divenire ci destina, la tecnica offre tuttavia un pharmachon. Un rimedio contro il dolore. Una medicina contro l'infelicità. Nella consapevolezza che comunque il pharmacon è comunque un veleno. Contiene in sè una contrapposta possibilità. Che può risultare letale o salutare se supera o meno una determinata soglia di tollerabilità.


Se supera o meno quella linea d'ombra rappresentata dal nichilismo occidentale.


Cantarano


Senza titolo 972


by Bisang


Frammenti di te


trovo sparsi


nel vento


che prima


portava i tuoi baci


adesso  propaga freddo


tristezza


dolore?


No!


Strano,


non mi da più dolore


il tuo ricordo.


Lo accarezzo invece


e con un leggero soffio


lo faccio andare


lontano...


via dal mio cuore.


Altre mani


scivoleranno sul mio seno


cingeranno i miei fianchi


mi trascineranno


lungo il fiume


del piacere.


Lungo sentieri assolati


variopinti


con i colori


dell’arcobaleno.


Silvana

13.11.05

Grande Mimmo!!!

Un omaggio a un grande della musica italiano,sempre dolce signorile e discreto,innamorato della mia terra e autore di una tra le più belle pagine della nostra canzone,voglio postare un suo lavoro che non è molto conosciuto,ma nei momenti di scoraggiamento mi ha sempre aiutato....



Meraviglioso


Domenico Modugno

E' vero, credetemi è accaduto
di notte su di un ponte
guardavo l'acqua scura
con la dannata voglia
di fare un tuffo giù.
D'un tratto qualcuno alle mie spalle
forse un angelo vestito da passante
mi portò via dicendomi così.

Meraviglioso, ma come non ti accorgi
di quanto il mondo sia meraviglioso
meraviglioso, perfino il tuo dolore
potrà apparire poi meraviglioso

ma guarda intorno a te
che doni ti hanno fatto
ti hanno inventato il mare
tu dici: "Non ho niente"
ti sembra niente il sole
la vita, l'amore.
Meraviglioso, il bene di una donna
che ama solo te. meraviglioso
la luce di un mattino
l'abbraccio di un amico
il viso dì un bambino, meraviglioso.

Ma guarda intorno a te
che doni ti hanno fatto
ti hanno inventato il mare
tu dici non ho niente
ti sembra niente il sole
la vita, l'amore, meraviglioso.

La notte era finita
e ti sentivo ancora
sapore della vita
meraviglioso, meraviglioso
meraviglioso ecc..

Senza titolo 971


01.45


Perché non ne vale la pena


Perché a volte fa male ancora


Perché ca**o


Perché non  ho avuto nessuna possibilità di replica


Perché ricordo il suo viso serio e duro con la sua risoluta decisione


Chi ti credevi? Un Dio?


Perché io non ero io


Perché mi sento una stupida ricordando di aver pianto davanti a lui


Perché quando finisce una storia, finisce e basta


Perché ora faccio quello che voglio


Perché voglio sentire che l’altro c’è e non sapere soltanto che c’è


Perché basta sbagliare ancora


Perché voglio sentire brividi


“e non riesco a perdonarti veramente”


“toccami e baciami fino alle viscere
immagino fantastico


I colori cambiano quasi per proteggere
pomeriggi inutili
fammi affogare nel tuo verde mare
con certezze sterili”


“Non mi illudo che tu abbia pazienza
e che tu pianga ancora per me
nel bilancio di quello che manca
non voglio escludere certo anche te
non mi parli da giorni e comprendo
quello che provi dentro poiché
ti ho colpito in centro all'orgoglio
credevo di vincere
che cosa non so”


 


A volte mi viene voglia di baciare una ragazza perché voglio superare uno dei tanti confini che richiedono coraggio.


 


Ma basta poco per sorridere.


Ho aperto la posta stamattina e mi sono ritrovata delle parole meravigliose… mi fanno stare bene!!!


12.11.05

Senza titolo 970

Senza titolo 969

 Comosso e  ispirato  , dalla bellissima  poesia postata  da  iperio  e  dalla reazione  / rigurgito   dei ragazzi calabresi  contro la mafia   (  vedere manifestazione  del 4  novembre  ) ho deciso  di   riportare  le  ulteriori news     delle  vicenda  di P.paola: monni  di   cui avevo  già parlato sempre  nel blog   verso la fine  d'ottobre  e per  rispondere  a dei miei amici  \  conoscenti maschilisti   che dicono che le donne  devono rimanere  a casa    a cucinare  a  lavare e che  sono  poco coraggiose  , Ecco questo  è un caso  in cui  , soprattuitto  in detterminate  zone chiuse   del sud  d'italia    le donne  sono più coraggiose  degli  uomini   Ecco l'esempio di Pina Paola Monni (  la  ragazza dela  foto  a  sinistra  ) la. la  quale  dopo l’uccisione del fidanzato, nonostante le  minacce  ele pesanti intimidazioni  ricevute   tramite  scritte su muri (  fortto a destra  )   per amore ha rotto il tabù dell’omertà   detterminante  in  alcune  zone  interne  della  sardegna   che continuanoad essere  legati  ad un codice  barbaricino   che  ormai  non nesiste  più  o si  è modificato a tal punto  da perdere  il significato originario  . Pina  spiega alla  nuova  sardsegna (  uno  dei quotidianio dell'isola  N.d.c ) perché ha rotto l’omertà    e  che  : << Orune rinasce se parla invece muore se tace» e che   prima o poi reagirà  Pina Paola Monni vorrebbe vivere e lavorare in un paese sereno, normale e tranquillo    E lei, «L’ambiente è dominato da pochi violenti che girano armati e molti subiscono Io ho fatto il mio dovere e non ho paura»  ecco lò'articolo  intervista  tratto  dala nuova sardegna  del 11  novembre   
<<  ORUNE. Pina Paola Monni ha la sua ricetta apparentemente molto semplice per trasformare Orune in un posto «sereno, normale e tranquillo» dove poter vivere e lavorare: «Il paese rinasce se parla, invece muore se tace». E lei questa strada l’ha imboccata con un indubitabile coraggio: al processo per l’uccisione del fidanzato Pasquale Coccone e dell’amico Amerigo Zori ha puntato il dito contro l’unico imputato in aula. Lei ha parlato, ma molti compaesani - testimoni del delitto - non ricordano o non hanno visto niente. E’ la «cultura del silenzio» dice in una lunga intervista alla Nuova. Non perdona ma non chiede vendetta, la scorta non la vuole e denuncia: il paese è in mano a pochi violenti che vanno in giro armati. Ormai non esce più, non si mostra in giro ma le minacce non le fanno paura. Pina Paola Monni è una ragazza semplice, gli occhi neri pieni di luce. Con le mani poggiate sulle ginocchia flesse, esterna un piccolo grande desiderio: poter vivere, passeggiare, lavorare “in un paese normale, sereno, tranquillo”. Usa questi tre aggettivi uno dopo l’altro conversando a testa china, nel primo pomeriggio, nella sua casa profumata da rose gialle e rosse tra i lecci di “Su Pradu”, l’acropoli verde che domina Orune e spazia nell’orizzonte fino al mare. Il cielo è pulito, neanche una nuvola, cielo blu, blu sardo. Parla guardando la foto del fidanzato, ucciso con un suo amico la sera della Domenica delle Palme 2004 in un bar pieno di gente, nella piazza centrale del paese, quella del mercato, piazza Lanfranco Latino, eroe orunese della prima guerra mondiale. Ma nessuno ha visto. Nessuno ha parlato, tranne uno dei due assassini. Ha parlato e parla lei, donna sarda dell’anno. È intelligente, non veste i panni dell’eroina (“mi sento solo una ragazza normale”). E si chiede: “Non è normale onorare col ricordo un fidanzato ucciso dalla follia e che verso di me era pieno di tenerezze?”. Parla con i magistrati e conversa con i cronisti. Accetta il flash di una macchina fotografica. Qualche giorno fa il prefetto di Nuoro, Antonio Pitea, è venuto a portarle la solidarietà delle istituzioni. Un gesto ricco di significati civili, siglato da un uomo dello Stato, nel silenzio inquietante di altre istituzioni, di altri pulpiti, di tanti professionisti. Pina Paola parla serena e decisa avanti alla mamma che ne apprezza ogni gesto, ogni riflessione. Non porge l’altra guancia. “No, non perdono, non si può perdonare chi uccide un uomo, chi stronca una vita”. In tre ore di colloquio mai evocata la parola vendetta. La giustizia è quella pubblica, non quella privata, da Far West. Parla piano, quasi sotto dettatura: “Io accetterò le decisioni dei giudici, dovrebbe accettarle sempre tutto il paese. Il processo è in corso e con la sentenza, per me, calerà il sipario su un dramma assurdo che ha ferito ancora una volta Orune, lo ha riportato in negativo alla ribalta della Sardegna. In me resterà il disprezzo a vita verso chi ha compiuto un atto così vile”. Motiva questo suo comportamento: “Credo che occorra parlare sempre: l’uso della parola non uccide, l’uso della pistola sì. Orune rinasce se parla, muore se tace”.Sembra di vedere e sentire Juliette Binoche, l’attrice francese che ha interpretato “Niente da nascondere” del registra austriaco Michael Haneke. E come in quel film anche qui, tra Nunnàle e Sant’Andria, si capisce che la donna nuova della Barbagia ha una forza e una passione che l’uomo forse non ha. Anche qui “la verità” diventa “la cosa più importante, senza paura”. Orune - coperto ormai dalla nebbia delle prime ore della notte - è sotto choc perché Pina Paola Monni ha creato per amore un evento storico, ha frantumato il tabù dell’omertà complice, ha sbriciolato una muraglia a tenuta stagna di silenzi dettati da un codice più barbaro che barbaricino. Perché oggi Orune non è un paese normale, né sereno, né tranquillo. Non lo è mai stato dal dopoguerra. Si può vivere bene, si può sorridere tra case e pascoli dove la vita è scandita dai rintocchi a lutto delle campane a morto? Nella piazza del Comune freddano a fucilate una mamma che va a prendere il figlio al bar. In campagna uccidono un pastorello di 14 anni com’era successo il 19 luglio del 1971 a Giovanni Gattu che badava alle pecore sfogliando Topolino sotto una quercia in un prato di primule bianche. È sereno un paese dove padre e figlio vengono decapitati e tre fratelli massacrati da uno spavaldo squadrone di morte? È normale che a Capodanno, come avvenne tra il ’91 e il ’96, si sparino migliaia di colpi e le strade siano pavimentate di bossoli? È normale calo demografico o c’è dell’altro se gli abitanti negli Anni ‘50 erano seimila, 4.600 nel ’70 e oggi ridotti a 2.860, anzi a “2600 residenti”? Negli anni ’50-‘60 alle elementari rispondevano all’appello 975 bambini in 34 classi, oggi gli scolari sono 123 divisi in nove classi. È normale che un paese - anche nella Sardegna dello spopolamento delle zone interne - si dissolva per la fuga dei suoi abitanti che vivono sotto una cappa di paura e varcano il Tirreno per cercare la nuova terra promessa all’estero o nei casolari della Toscana, nelle colline del Montefeltro o della Maremma? Pina Paola Monni ha 22 anni. Capelli lisci neri, maglioncino grigio, voce composta ma decisa. Porta all’anulare una fedina “regalata da Pasquale”, al medio un anello rosso-melagrana “regalato dalla famiglia di Pasquale”. Dal girocollo pende un filo di catenina in oro. Poche parole incise, come usano i fidanzati: “Pina Paola e Pasquale per sempre”. Si conoscevano di vista ma si erano frequentati dal giorno della festa di Sant’Isidoro 2003, a fine maggio. Possiamo uscire stasera? “Gli ho risposto di sì, mi aveva accompagnato a casa in macchina”. Poi tanti altri incontri “quando lui rientrava dal lavoro, manovrava l’escavatore di un cantiere edile, facevamo lunghe passeggiate in macchina, dopo qualche settimana il primo bacio, sotto un leccio, qui, vicino a casa. Lo presento ai miei genitori, lui mi porta dai suoi, eravamo felici, insieme stavamo bene, mi copriva di carezze”. Oggi Pasquale Coccone avrebbe avuto 24 anni. Era nato in un’altra famiglia normale di Orune, figlio di ziu Peppinu, pastore di pecore e di zia Pietrina Zidda. Abitava in via Isonzo, rione “Punteddone”. Un hobby su tutti, i cavalli: “Aveva comprato un purosangue baio da corsa, si chiamava Nitèo”. Una passione che sfocerà nella tragedia. Una fucilata in gola contro il povero Nitèo. “Pasquale sa subito chi ha sparato sul cavallo, lo cura e Nitèo si salva. Poi lo vende. Ne acquista un altro, lo teneva a Chilivani. Con i cavalli partecipava alle sfilate del Carmelo, a quella de “Su Segnore”, per Corpus Domini. Gli piaceva il trotto, il galoppo, le quadriglie. E quando era in groppa, sorridente nel tenere le briglie e nell’abbellire Nitèo con fiori bianchi e rossi sulla criniera, si sentiva felice”. Era felice anche la sera della Domenica delle Palme. Pina Paola ricorda quel giorno, era una giornata più londinese che orunese, cielo grigio. Di mattina Pasquale va a casa, a Su Pradu, e la porta in chiesa. Lui esce con gli amici. Dopo la messa a pranzo a Bitti, dalla nonna materna di Pina, Paola Bocco. C’era tutta la famiglia, allegra. Da nonna Paola fino alle quattro e mezzo del pomeriggio, poi a Sa Matta, all’ovile del padre di Pasquale. Ci si fermano fino alle sette. Tornano in paese, lui va casa per fare la doccia, lei lo attende per strada. Si incontrano di nuovo, fanno qualche passo insieme, lui entra da solo al bar 2000. Pina Paola - raccontano gli atti processuali - nota due giovani armati, Alessandro Sestu e Mario Pala. Uno di loro aveva sparato contro il cavallo di Pasquale. Dopo qualche minuto sente alcuni colpi d’arma da fuoco. “Mi si gela il sangue, tento di entrare al bar, mi viene impedito, vedo uscire tante persone, ma Pasquale no. Urlo il suo nome”. Cerca ancora di entrare. La bloccano. “Capisco che Pasquale è stato ucciso, è stato ucciso anche un suo amico, Amerigo Zori”. Vede Mario Pala che col calcio della pistola “infierisce” sul corpo di Amerigo. Continua a urlare. “Mi portano a casa, poi corro all’ospedale di Nuoro dove trovo Pasquale morto”.-Perché ha deciso di parlare? “Era la cosa più giusta che potessi fare secondo la mia coscienza”.-Ha paura? “No, ho fatto il mio dovere di fidanzata e di cittadina”.-Da poco quelle scritte sui muri contro di lei, piene di offese. “Ho saputo ma l’ho messo nel conto. Sono sempre più convinta di aver fatto bene a parlare”.-Il paese le è stato vicino? “Direttamente no, indirettamente sì”.-Come passa le sue giornate? “Ormai non esco più da casa, non mi piace l’ambiente del mio paese”.-Come è questo ambiente? “È dominato da poche persone violente che incutono timore sugli altri onesti e rispettosi. Vorrei che Orune vivesse tranquillo e dimostrasse agli altri paesi che cosa siamo in positivo. L’ambiente, lo voglio ripetere, è condizionato da pochi prepotenti che girano armati e molti subiscono. Occorre reagire. In altri paesi c’è stato un mutamento, da noi , e mi dispiace perché vorrei vivere nel mio paese, ricco di intelligenze, di laureati, di donne creative”. La mamma di Pina Paola è Maria Antonietta Ruiu, lavora come ausiliaria all’ospedale “San Francesco” di Nuoro. Voleva studiare ma a casa non c’erano soldi. Sposata con Salvatorangelo Monni, noto Baddòre, pastore di pecore a “Serra ‘e mesus” verso Nule, ha altri due figli: Pietro, di 16 anni (lavora in un cantiere edile) e Nina che studia al liceo intitolato a un grande sardo, Michelangelo Pira. Dopo le scuole medie anche Pina Paola frequenta lo scientifico di Bitti. Si ritira dopo il secondo anno (“mi aveva infastidito la bocciatura, non ritenevo di meritarla”). Nel 2000 apre un negozio di abbigliamento nel paese, in via Andrea Chessa: “All’inizio gli affari giravano, dopo tre anni sono costretta a chiudere”. E poi? “E poi a casa, ad ascoltare musica leggera e classica, guardo la tivù, leggo Sergio Atzeni, mi piace molto Stephen King, ho riletto due volte Il miglio verde. In estate vado a fare la stagione negli hotel di Orosei, e poi di nuovo a casa. Quando c’era Pasquale uscivo spesso, andavamo a Nuoro e Bitti a mangiare in ristorante o in pizzeria, adesso sto qui. Sola. Con i miei genitori e i miei parenti”. La casa è all’ingresso del paese, sulla vecchia strada per Nuoro, quella della casermetta di Sant’Efisio. È nel rione dov’è sorto il campo sportivo, prima del bivio che porta a Bitti. Un rione da residence, belle case con giardino, ci abitano cinquanta famiglie. All’ingresso vi accoglie un cartello di “Benvenuti nell’area leader II Gal delle Barbagie”, trovate ragazze che fanno trekking, sentite i campanacci delle pecore al pascolo e le grida festose di giovani atleti che si allenano nel campo di calcio. La casa di Pina Paola è ombreggiata da un agrifoglio verdissimo, tanti alberi da frutta, una fitta siepe di piracanta con le bacche rosse e gialle. Una casa normale, all’ingresso c’è il padre che sta rientrando dall’ovile. Pina Paola è nella sala da pranzo dove accoglie gli ospiti, dove ha ricevuto il prefetto. Qualcuno le chiede se accetterà la scorta che le è stata proposta. “No, io non la voglio. Ringrazio il dottor Pitea per le attenzioni che ha avuto ma io sono una ragazza di 22 anni, voglio potermi spostare senza dover essere di peso a nessuno. Io so di avere infranto alcune regole ma - lo ripeto - l’ho fatto in piena coscienza. Perché dovevo star zitta se ho visto chi ha sparato il mio fidanzato e l’amico?”. Nella stanza tante foto alle pareti: spiccano alcuni ingrandimenti con Pasquale cavallerizzo. Sul piano del comò altre foto di momenti felici, lei e lui abbracciati, lei e lui che si baciano, e poi il luttino con una scritta scelta da Pina Paola: “Guardando il cielo vedremo tante stelle, ma una sola la riconosceremo con il tuo sorriso immenso”.Il processo, al palazzo di giustizia di Nuoro, è in corso. Uno degli assassini - Alessandro Sestu - ha confessato. L’altro, Mario Pala, è latitante. La confessione di Sestu non avrebbe dovuto convincere i giovani presenti al bar 2000 a testimoniare? Pina dice: “Sì, potevano parlare, le loro dichiarazioni avrebbero fatto solo da cornice. Ma qui non si parla per costume”.-Che cosa vuol dire “per costume”? “Vuol dire che così è sempre stato. Ma con il silenzio ci ritroviamo con un paese vuoto e triste, dove le mie coetanee hanno paura di uscire e di parlare. Io mi sono comportata spontaneamente, ma è vero che ho avuto poche manifestazioni di solidarietà. Ciò non è successo per mancanza di rispetto né verso la mia famiglia né verso quella di Pasquale e Amerigo. Qui la gente ha paura, perché tutti sappiamo che nel paese ci sono molte, troppe pistole”.-Proprio nessuna solidarietà? “Ha preso posizione Bachisio Bandinu, il professore-antropologo di Bitti. E ha detto a Rai3 parole sagge. Il parroco di Orune, don Fenudi, dall’altare ha detto: vigliacco chi ha visto e non parla. Non mi sembra che quelle parole siano state ascoltate. Poi poche altre manifestazioni di solidarietà tranne il commento di qualche giornalista nuorese e di Giulio Angioni. Ma il paese - quello delle campagne e quello delle professioni - hanno taciuto”.-Continuerà a vivere a Orune? “Sì, perché credo che questo paese prima o poi reagirà. Non credo che i bambini di oggi vogliano vivere in un paese dove di sera scatta il coprifuoco. Vorrei che i bambini di oggi possano vivere in un paese normale, sereno, tranquillo. Se tutti parlano, se tutti accettano la legge dello Stato e non quella privata, Orune può rinascere”. E forse in qualche casa vuota tornerà la vita.Pina Paola Monni vorrebbe vivere e lavorare in un paese sereno, normale e tranquillo       >>       Sempre dallo stesso giornale  un articolo   che descrive  bene   il   clima di orune  e di quelle zone  dove  in particolare  dal 1950 più di 90 delitti: il sangue chiama vendetta in una spirale che pare inarrestabile   e porta  a chiedersi  in luce  del gesto  coraggioso di  Pinna  Quanti morti ancora perché il paese sia pacificato?  e  che neppure l’impegno degli Anni ’70 ha piegato i violenti   << ORUNE. Negli anni Settanta era stata la cooperativa teatrale “Antonio Pigliaru” a tracciare la strada del palcoscenico e della recitazione per tentare di esorcizzare la vendetta. Attori e attrici di Orune, di primo piano, espressivi, avevano portato in scena “In nome del padre”, un delitto come tanti, l’abuso di alcool, il canto delle prefiche (“ana mortu Antoni, coro meu”). Era un no corale alla vendetta, alla faida. Fu un successo in tutta l’isola con una regista, Pina Càmpana, che amava il suo paese più di se stessa. Il teatro approdò nelle scuole, lassù, a “Cuccuru ‘e teti” dove erano arrivati attori nazionali ed esteri, con testi sardi, nazionali ed esteri, ballerine di danza classica, giocolieri. Sindaco era un medico comunista, Pietro Pala. Diceva: “Dobbiamo cambiare pian piano la cultura quotidiana: portare i giovani in biblioteca, allontanarli dai bar, dare ai giovani un libro, togliere le pistole da ogni casa”. E ancora: “Dobbiamo chiedere alle mamme di educare i figli. Ogni giorno”. Nacque la biblioteca comunale Antonio Pigliaru, dietro il municipio di Piazza Remigio Gattu. Tornarono altri spettacoli teatrali, ce ne furono alcuni itineranti, di notte, per le strade del paese dove spesso soffiava “su ventu malu”. Qualcuno aveva paura di quella sfida, ma fu vinta. E fu una festa, un trionfo. Si capì che si poteva camminare sicuri tra viottoli illuminati da fiaccole. Se tornava l’ombra dei delitti, col coltello o con la doppietta, in aperta campagna o tra i flipper di un bar, si convocava il Consiglio comunale e si discuteva in pubblico. Intervenivano Mario Melis, presidente della Regione ed Emanuele Sanna, presidente del Consiglio regionale. Il vescovo, monsignor Giovanni Melis, predicava da sacerdote invocando la pace. Certo. Molti tacevano. Molti disertavano. Ma l’istituzione, la politica svolgeva il suo compito. Civico e civile. Non è bastato. Perché i delitti sono continuati come prima e peggio di prima. In campagna e in paese. E non sono state risparmiate le donne. Nel 1971 - per stare alla cronaca più recente - uccidono una mamma che non voleva che il figlio stesse al bar a ubriacarsi. Si chiamava Domenicangela Senes. Povera donna, trovò la morte in piazza. Perché? Perché voleva spezzare la catena alcool-pistola-delitto-faida. Non glielo avevano perdonato. Un anno dopo, il 30 luglio, ammazzano Antonietta Goddi e Pietro Tolu, erano in via Asproni, rione Parraghine. E chi dimentica quel fiore di ragazza - Maria Teresa Moni - assassinata la notte di Capodanno del 1977 sulla porta di casa? Aveva tredici anni. A novembre del ’90 massacrano di piombo una ragazza di 26 anni, Giuseppina Sanna Pirrolu. Risparmiano il padre “per fargli assaporare il lutto, non l’hana mortu pro intènnere prus su dolore”, spiegò un orunese a un cronista. Dopo Giuseppina ammazzano anche un fratello: rientrava dalla festa di nozze della sorella. Quanti altri delitti? Dal 1950 a oggi ne sono stati commessi 92, quasi due all’anno. Con periodi di terrificante recrudescenza. Sei delitti nel 1984 (due fratelli Deiana, un Mula, un Sanna, un Malune, uno Zidda), altrettanti nel 1989 (ancora un Deiana, Vargiu, tre fratelli Coccone, un altro Malune) e così l’anno successivo (tre Chessa, Busia, Moreddu e Pirrolu). E poi le croci sui Baracca, Arridu, Pittalis, Montesu, Deserra, Burrai, Mangia, Siotto. Come dire che in ogni famiglia c’è stato un morto ammazzato. Deve essere una catena senza fine? Tornano alla mente alcune frasi di un gigante della dottrina forense nuorese, l’avvocato Gonario Pinna. Conversando nel 1967 con alcuni universitari durante la pausa di un processo in Corte d’Assise a Perugia, aveva parlato di alcuni centri del Nuorese: “In Barbagia più di un paese ha saputo superare i drammi ereditati dal passato. Le tragedie, le faide avvengono dove regna la prepotenza, dove l’ospite è guardato con sospetto, dove il carabiniere o il poliziotto sono visti come nemici”. Gonario Pinna difendeva alcuni pastori di Orune. Di Orune - e di un altro paese oggi forse pacificato - parlò: “Occorre il ricambio dei globuli rossi. Orune da solo non ce la farà mai, ha bisogno di innesti buoni”. Pinna, che aveva studiato in Germania, aggiunse: “Bisogna portare a Orune i pedagogisti di Heidelberg e farli vivere lì. E siccome gli orunesi sono intelligenti capiranno che cosa vuol dire il confronto”. Tornare alla terapia di Gonario Pinna il sociologo sarulese? Tornare alla ricetta più semplice di Pina Paola Monni che invita tutti all’uso della parola per uscire dalla notte nera della vendetta? Certo è che a Orune le migliaia di onesti hanno il diritto di vivere in un paese “normale, sereno, tranquillo”.(g.m.) >>  Speriamo che sia il primo esempio  perchè è  così poco usuale che qualcuno "parli" e  abbai  un coraggio cosi  grande  che bisognerebbe scriverne ogni giorno.

11.11.05

Senza titolo 968

Alla vita


La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.


La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.


Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.


Nazim Hikmet



immagine di Iperio, toscana meridionale, agosto 2004

Senza titolo 967


La vera prigione


Non è il tetto che perde
Non sono nemmeno le zanzare che ronzano
Nella umida, misera cella.
Non è il rumore metallico della chiave
Mentre il secondino ti chiude dentro.
Non sono le meschine razioni
Insufficienti per uomo o bestia
Neanche il nulla del giorno
Che sprofonda nel vuoto della notte
Non è
Non è
Non è.
Sono le bugie che ti hanno martellato
Le orecchie per un'intera generazione
E' il poliziotto che corre all'impazzata in un raptus omicida
Mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
In cambio di un misero pasto al giorno.
Il magistrato che scrive sul suo libro
La punizione, lei lo sa, è ingiusta
La decrepitezza morale
L'inettitudine mentale
Che concede alla dittatura una falsa legittimazione
La vigliaccheria travestita da obbedienza
In agguato nelle nostre anime denigrate
È la paura di calzoni inumiditi
Non osiamo eliminare la nostra urina
E' questo
E' questo
E' questo
Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
In una cupa prigione.


Ken Saro Wiwa


Senza titolo 966


Dieci anni fa, il 10 novembre 1995, nella grande città negeriana di Port Harcour, un uomo veniva impiccato come un cane, dopo un processo farsa. Il suo nome era Ken Saro Wiwa, scrittore, il Socrate africano.Il suo reato ? La difesa del proprio popolo, gli Ogoni, un piccolo gruppo etnico che viveva di agricoltura, caccia e pesca, il cui territorio fu devastato dalle compagnie petrolifere.Ken Saro Wiwa contro di loro e contro la dittatura che le proteggeva, fu ferma, ma pacifica. Questo è il suo testamento le parole pronunciate dinanzi ad un giudice, che senza consentirgli possibilità di difesa, lo condannò a morte."Signor Presidente, tutti noi siamo di fronte alla Storia. Io sono un uomo di pace, di idee. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente. Così ho dedicato tutte le mie risorse materiali ed intellettuali a una causa nella quale credo totalmente, sulla quale non posso essere zittito. Non ho dubbi sul fatto che, alla fine, la mia causa vincerà e non importa quanti processi, quante tribolazioni io e coloro che credono con me in questa causa potremo incontrare nel corso del nostro cammino. Né la prigione né la morte potranno impedire la nostra vittoria finale. Non siamo sotto processo solo io e i miei compagni. Qui è sotto processo la Shell. Ma questa compagnia non è oggi sul banco degli imputati. Verrà però certamente quel giorno e le lezioni che emergono da questo processo potranno essere usate come prove contro di essa, perché io vi dico senza alcun dubbio che la guerra che la compagnia ha scatenato contro l'ecosistema della regione del delta sarà prima o poi giudicata e che i crimini di questa guerra saranno debitamente puniti. Così come saranno puniti i crimini compiuti dalla compagnia nella guerra diretta contro il popolo Ogoni"

LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...