17.9.21

Da hobby a business: «Vendo cavalli arabi agli sceicchi» La bella avventura di una coppia teresina e del loro allevamento

la nuova sardegna del 16\9\2021

Da hobby a business: «Vendo cavalli arabi agli sceicchi»

La bella avventura di una coppia teresina e del loro allevamento

SANTA TERESA. Un cavallo che conquista per armonia e fascino. Destrieri che hanno appeal e che soprattutto si vendono. In alcuni casi diventano leggenda come Nopoli, un vero fenomeno negli Emirati arabi che per il palmares sconfinato viene chiamato appunto Legend. Ovviamente tutto questo ha un prezzo, i puledri allevati e addestrati con cura raggiungono quotazioni importanti. Alcune volte quelle necessarie per acquistare metà di un bell’appartamento in città. Un gioiello per pochi dunque e non per tutti. A Santa Teresa Gallura c’è un’azienda, l’allevamento del Ma, di Maurizio Muntoni e di Anna Teresa Vincentelli, che lavora e in silenzio produce eccellenze. Cavalli di razza araba che riforniscono le scuderie degli sceicchi più ricchi del pianeta che non badano a spese per portarseli a casa. Sembra il classico caso in cui l’impresa fa molto, molto di più della politica nell’esplorare nuovi e appetibili mercati. E l’apertura di un canale commerciale con gli Emirati Arabi si deve a intuito, passione e al lavoro piuttosto che ad accordi economici o patti bilaterali troppo spesso validi solo su carta ma in realtà ben poco efficaci.



Maurizio Muntoni, 60 anni portati benissimo, racconta il suo ingresso dalla porta laterale in questo mondo complesso che ha imparato a conoscere e a decifrare nel tempo grazie ad una dose fuori dal comune di passione ma anche di pazienza. Quella virtù che possiede chi sa attendere e non ha fretta di avere tutto subito. «L’avventura iniziò con un asinello che da bambino mio padre mi comprò per accontentarmi, poi a vent’anni il primo cavallo per le passeggiate. Iniziai il percorso sportivo agonistico con le gare di trek che mi diedero tante soddisfazioni e mi portarono a girare mezza Europa e a partecipare anche ai campionati del mondo», racconta Muntoni scavando nel libro dei ricordi. La vera svolta avviene intorno al 1990, quando rompendo gli indugi le attenzioni dell’allevatore si concentrano esclusivamente sul cavallo di razza araba. «Sono sempre stati un mio pallino. La mia prima cavalla araba la acquistai a Parma. Era versatile ed equilibrata lasciai il trek e abbracciai l’endurance (Le competizioni consistono in corse di resistenza su percorsi di varia natura ed un chilometraggio che varia dai 30 ai 160 km a seconda delle categorie) e la cavalla mi diede subito degli ottimi risultati». Erano gli anni pionieristici dell’allevamento e occorreva aumentare gli animali seguendo però l’unica direttrice possibile: la qualità. «Incrociai la cavalla con uno stallone dell’Incremento ippico e il puledro diede subito ottime performance sia nelle corse, che poi nell’endurance. Vincemmo i campionati europei con Mara Feola, un’amazzone di Santa Teresa molto brava e altre competizioni».



Ma la vera svolta si concretizzò incrociando le fattrici sarde in Francia con i ceppi migliori, soprattutto sui cavalli arabi e all’incontro fortuito ma solo fino ad un certo punto con il mondo degli sceicchi Hamdan e Mohamed che attraverso alcuni loro osservatori videro da queste parti l’argento vivo per le loro passioni sportive. «Nel 2001 vendemmo i primi tre puledri. Li acquistarono in blocco e non se ne pentirono, anche perché uno di loro è diventato una vera leggenda. Si tratta di Nopoli del Ma’, quello che loro chiamavano e chiamano Legend, un cavallo che negli Emirati arabi ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Da allora posso dire che con loro si aprì un varco con la Sardegna, non solo con il mio allevamento. Scoprirono che qui si allevavano cavalli all’altezza. Un movimento importante di cui abbiamo beneficiato tutti», spiega l’allevatore nella struttura di Santa Teresa che ospita una settantina di cavalli. Quella di Nopoli è davvero una bella storia di cui Muntoni va giustamente orgoglioso anche perché condensa la sua filosofia di vita e un approccio all’allevamento dei cavalli fatto del giusto mix tra ragione e sentimento. «Il puledro quando aveva 5 mesi iniziò a zoppicare, il problema non cessava. Così il mio veterinario mi consigliò di andare a Perugia dove c’era una dottoressa molto brava e strumentazioni tecniche all’avanguardia. Lo ascoltai e seppi aspettare. Il cavallo aveva il menisco rotto, lo tenemmo fermo per un anno ma dopo scalpitava, o meglio volava e ottenne tutti quei risultati che ne hanno fatto una autentica star e quell’appellativo di Legend non arrivato per caso». Quella dell’infortunio poi per fortuna rientrato fu una grande lezione per l’allevamento (oggi costituito da 70 cavalli con la produzione di 10 puledri all’anno) che ha impostato il lavoro seguendo gli standard più all’avanguardia. «Abbiamo un metodo particolare. Li seguiamo durante l’arco della giornata. I puledri fino all’anno e mezzo mangiano la loro razione nei box, per evitare che il più forte sottragga il cibo a chi lo è meno. Facciamo noi il fieno con quattro tipi di erba e diamo il supporto con i mangimi con il giusto supporto di calcio. Poi li seguiamo con le telecamere e il momento del parto ha tutte le attenzioni del caso. “Eccetto lo scorso anno per il covid, vado sempre negli Emirati Arabi. Vedere i nostri cavalli comportarsi in maniera egregia è una soddisfazione enorme». E se dall’Isola, dove sono nati e allevati molti puledri raggiungono le grandi scuderie, questa volta grazie al Sardegna Endurance Festival 2021 ormai alle porte, con il suo Campionato mondiale per giovani cavalli organizzato all’Horse Country Resort di Arborea, il gotha è alle porte del regno di Eleonora.

15.9.21

8 settembre 1943: la città che salvò i soldati, La rinascita di Paraloup, prima borgata della reistenza in piemonte , Seppellire 2000 partigiani, la missione di Nicola Grosa

 Lo   che  l'8   settembre è passato   e  quuindi   secondo alcuni\e  di voi   ed  la celebrazione  rituaslistica  sarei fuori tempo  . Ma   storie  e   vicende  non hanno una  data  fissa   e  sono   perchè    anche  chi  le usa  come  mezo strumentale  o   ideologico   sono  ancora  vive  a prescindere  dal  calendario  . Ma     sopratttutto  


Anche la disperazione impone dei doveri
E l'infelicità può essere preziosa
Non si teme il proprio tempo, è un problema di spazio
Non si teme il proprio tempo, è un problema di spazio
Geniali dilettanti in selvaggia parata
Ragioni personali, una questione privata
Geniali dilettanti in selvaggia parata
Ragioni personali, una questione privata
La facoltà di non sentire
La possibilità di non guardare
Il buon senso, la logica, i fatti, le opinioni, le raccomandazioni
Occorre essere attenti per essere padroni di sé stessi
Occorre essere attenti
 Ma  ora  bado   alle  ciancie  ecco  le  storie 


8 settembre 1943: la città che salvò i soldati
Il giorno dell’armistizio, i rastrellamenti dei nazisti. E il racconto di come Mantova si mobilitò con ingegno e coraggio per aiutare i militari abbandonati nelle caserme

di Nicola Saccani



La rinascita di Paraloup, prima borgata partigiana
La seconda resistenza delle baite che nel settembre '43 furono quartier generale delle bande di Giustizia e Libertà: tornano a popolarsi per salvare memoria e ambiente

                                           di Francesco Doglio






Seppellire 2000 partigiani, la missione di Nicola Grosa
La storia del comandante piemontese che dopo la guerra recuperò le spoglie dei compagni scavando a mani nude “per dar calore ai resti”. Un’impresa che lo portò alla morte

di Giulia Destefanis



Esclusa dal concorso perché part-time, la Cassazione le dà ragione: "E' discriminazione di genere risposta ai miei detrattori del post in italia stiamo regredendo fra sessimo , razzismo , talebani nostrani parte 1 e parte 2

Esclusa dal concorso perché part-time, la Cassazione le dà ragione: "E' discriminazione di genere

Attribuire un punteggio più basso per l'avanzamento di carriera a chi ha un contratto di lavoro part-time diventa una discriminazione di genere, dal momento che sono soprattutto donne ad avere un orario ridotto. È questa la conclusione a cui sono arrivati i giudici della Cassazione partendo dal ricorso di una dipendente dell'Agenzia delle Entrate del Piemonte, assistita dagli avvocati Alberto Biscaro e Roberto Marraffa - che aveva fatto causa davanti al tribunale di Torino dopo essere stata scartata nel bando di concorso a cui aveva partecipato per passare di livello.



"Questa è stata una causa pilota che è andata avanti per dieci anni ma ce ne sono molte altre che ora ci auguriamo che seguano questo iter, ora che la Suprema Corte ha dato precise indicazioni giurisprudenziali è il commento dell'avvocato Biscaro - E soprattutto apre una strada a tutte quelle donne che, soprattutto negli enti pubblici, hanno scelto un orario ridotto ma sono state mortificate nelle loro carriere".La donna, inquadrata come funzionario di terza area F1, aveva partecipato al bando del 30 dicembre 2010 per la progressione economica alla posizione F2 ma la sua selezione non era andata a buon fine perché era stata penalizzata nel criterio di "esperienza di servizio maturata" che per i lavoratori part-time veniva calcolata in proporzione all'effettivo tempo lavorato e non all'anzianità raggiunta.Nella sentenza della Corte d'appello piemontese (in dissenso con quanto era stato stabilito dal tribunale di Torino) non si era evidenziata in questo criterio una discriminazione di genere, dal momento che il calcolo dell'esperienza di servizio si applicava a tutti i dipendenti in part-time, indipendentemente dal fatto che fossero uomini o donne. Ma secondo la dipendente "nonostante la neutralità del criterio adottato, l'istituto del part-time è collegato in misura preponderante al genere femminile, che se ne avvale quale modalità più compatibile con le necessità familiari"."Pertanto - prosegue il ricorso - la scelta di ridurre il punteggio per il lavoro part-time incideva astrattamente su entrambi i sessi ma realizzava una discriminazione indiretta di genere". Inoltre la selezione era fatta sulla base dei titoli di studio e dell'esperienza di servizio, ma "il punteggio per i titoli era attribuito una volta sola - si denunciava ancora - mentre quello per l'esperienza aumentava in ragione di ciascun anno di servizio, sicché la sua riduzione per il part-time non poteva essere compensata dai titoli posseduti".La Cassazione ha confermato che nel giudizio sulla causa "non andava compiuta una verifica riguardo al trattamento, ma all'effetto discriminatorio", che è proprio quello che la legislazione intende con "discriminazione indiretta" ovvero l'effetto negativo su un determinato sesso rispetto all'altro determinato da un atto o una prassi apparentemente neutri.Secondo la Cassazione, che ha accolto il ricorso della donna e rinviato la causa alla Corte d'appello di Torino, "l'obiettivo di apprezzare in maniera puntuale l'esperienza di servizio è di per sé legittimo - si legge nella sentenza - ma il giudice di merito dovrà valutare se nel contesto delle mansioni della ricorrente esista o meno un nesso tra l'esperienza acquisita con l'esercizio della funzione e il numero delle ore di lavoro svolte".

Gli ortaggi estinti che tornano a tavola Un architetto di 33 anni ha lasciato tutto per riportare in vita (e in cucina) specie vegetali in via d'estinzione , . Come il peperone quadrato della Motta e il carciofo astigiano del Sorì di Giulia Destefanisprof di frontiera, L'orto del futuro si coltiva sott'acqua , Prima del calcio, gli sport più amati dell'800 ed altre storie

Gli ortaggi estinti che tornano a tavola Un architetto di 33 anni ha lasciato tutto per riportare in vita (e in cucina) specie vegetali. Come il peperone quadrato della Motta e il carciofo astigiano del Sorì di Giulia Destefanis Un architetto di 33 anni ha lasciato tutto per riportare in vita (e in cucina) specie vegetali. Come il peperone quadrato della Motta e il carciofo astigiano del Sorì
di Giulia Destefanis

 



Vita da prof di montagna, odissea da 140 km al giorno per insegnare (e per strada c'è anche l'orso)



Si riparte. Tornanno in classe milioni di studenti. Ma anche quasi 850mila insegnanti. E alcuni di loro affronteranno tragitti di ore per arrivare a scuola: chilometri di stradine di montagna, o lunghi viaggi in traghetto. Nei piccoli centri - in montagna o sulle isole - sopravvivono centinaia di scuole, che spesso sono molto difficili da raggiungere. Tanto che c'è chi decide anche di trasferirsi (e in quei casi una buona parte dello stipendio se ne va per affrontare le spese).
Dopo Alicudi, pubblichiamo la storia inedita (il reportage è stato girato nel febbraio del 2020) di un'altra scuola sperduta. Stavolta tra i monti del Parco Nazionale d'Abruzzo: l'istituto di Barrea e Villetta Barrea, in provincia dell'Aquila. Pochi bambini e insegnanti appassionati, a tratti eroici. Che affrontano anche 140 chilometri al giorno (tra andata e ritorno) su strade gelate per molti mesi all'anno, e che, se serve, si mettono a spalare la neve (e per arrivare a scuola incontrano cervi, lupi e perfino orsi)
 
di Valeria Teodonio
immagini di Valeria Lombardo e Leonardo Meuti
montaggio di Mariagrazia Morrone
grafica di Riccardo Pulvirenti 



Prima del calcio, gli sport più amati dell'800 Dagli anelli al badminton, nei palazzi nobiliari si sperimentavano le discipline antenate delle Olimpiadi: a Mantova la casa di un conte espone i cimeli più curiosi
                                                di Nicola Saccani



Si chiama Nemo's Garden, l'Orto di Nemo, ed è il primo esperimento al mondo di agricoltura subacquea, agricoltura terrestre trasferita sott'acqua. Dentro biosfere, cupole riempite di aria in cui le piante crescono con acqua dolce ottenuta dall'evaporazione dell'acqua salata. Uno studio avveniristico portato avanti a Noli, in provincia di Savona, da un'azienda, la Ocean Reef, gruppo italiano che produce attrezzature subacquee. L’obiettivo? Aprire nuove frontiere per l'agricoltura in zone del mondo dove quella tradizionale è difficilmente praticabile, da quelle desertiche alle isole.
 di Giulia Destefanis


Ritrovati 75 anni fa, hanno fatto litigare a lungo Pergola e Ancona che volevano ospitarli. E come i guerrieri di Riace conservano un alone di mistero sulla loro origine


la mia estate e d il mio autunno letterario

Immagginandomi come uno scolaro     che  ritorna    dopo l'estate a scuola   e deve  fare  un  reso conto che  cosa    ha  fatto   durante  l'estate  riporto qui  cosa   ho fatto  quest'estate .  Un estate passata  come potete   vedere  sul  blog  e  su  facebook  oltre  che  1) raccontare  ( in realtà riportavo articoli  di giornali   e di siti   con  qualche  mio  commento ) le  olimpiadi e  le  paraolimpiadi  , 2)  polemizzare   con  no vax e  i no green pass   ne   trovate  anche   nei recenti post   sulla mia  bacheca    gli strascichi   3)  a  prendere  cantonate  vedi il  caso Tortu   3) ad  accompagnare    i  parenti e  gli amici   continentali  sul limbara  ( una  foto   a destra  le  alttre le trovate    sulla  mia  bacheca  di facebook  )  ho letto   molto . Ho letto due   graphoic novel   :   di  Andrea Ferraris il  cui primo : Una zanzara nell’orecchio -Storia di Sarvari traformato in un intervista-  recensione all'autrore che trovate qui e qui  un altra  mai recensione
e la  lingua  del diavolo  


Descrizione

Sciacca, Sicilia, 1831. I fratelli Salvatore e Vincenzo, rimasti orfani, campano di pesca e lavoretti, quando improvvisamente un vulcano riprende l'attività e in pochi giorni il materiale eruttato forma una piccola isola. Salvatore è il primo a salirci sopra, convinto, così facendo, di diventarne di diritto il proprietario. Dovrà invece battersi con inglesi, francesi e infine spagnoli. Saranno infatti i Borboni gli ultimi a intervenire nella contesa, nominando Salvatore governatore dell'isola per conto di Ferdinando II. L'isola, però, non riuscirà a resistere alla forza del mare e pochi giorni dopo si inabisserà. Insieme alla roccia colano a picco le speranze di riscatto sociale accarezzate da Salvatore. Persi la ragazza e il fratello, che non gli perdonerà di essersi "venduto" ai Borboni, a Salvatore non rimane che il titolo di Governatore con cui lo salutano, schernendolo, i paesani.

Ed  la  triologia   Vasco -Dylan Dog    con doppia copertina 



   ogni   numero   aveva  : copertina   con  vasco  rossi   come prima  e   non    come  seconda  , contesto  delle  canzonoi  raccontato da  Vasco  , intervista  a  vasco  ,  esperienze  dell 'autore dela storia   suìcon vasco rossi  , testodelle  canzoni  )  coincidenza  strana  ,  essa    ha  fatto d'apripista  al suo nuovo a lavoro   uscito  qualche   giorno   fa   non erano male   erano  molto belle  . soprattutto  l'ultima   .  Infatti    erano anni   che non leggevo un dylan dog  così angoscioso  . marchette a parte , è uno dei più  belli di questa trilogia.   sembra che abbiano trovato la strada che avevano smarrito da tempo e stua risalendo la china .   finalmente  un numero che non si legge 5/10 minuti  . e che dopo averlo.letto ti viene voglia di rileggerlo da capo per  osservare i disegni .  voto 7

Ho letto  poi  il belllissimo    e promettente     esordio  La rinnegata", l'esordio di Valeria Usala  (  mia  foto sotto al centro comprese le  altre  due  ) 


un romanzo ben scritto , coraggioso , veloce ed asciutto .  senza enfasi senza aggiunte inutili . cronaca ed oralità  si fondano insieme  con la memoria .   un giorno del giudizio in chiave  femmile . vede la Sardegna da fuori ma senza perdere le proprie radici   andando oltre i confini regionali .dettagli nel  passato dinamiche nel presente . rende attuale il passato . N
ostante  del prologo   ti  anuncia  già cosa accadrà alla protagonista  . ma  gli si  può perdonare  visto  che essa  è un esordiente   ed  un autrice  promettete   con la  speranza  che   non diventi    una  scrittrice  con lo stampino    cioè scriva    le  sue opere  successive  uguali  alle precedenti  .   Comunque    ha  mantenuto     sia   quanto  hja  promesso nel  prologo che non   vi  metto   per  non spoillerare  troppo   sia quanto   ha  riportato sulla      quarta di copertina    ( foto sotto ) .
Infatti :  << (....) Siamo davanti a un esordio narrativo sorprendente, che bilancia con grande consapevolezza il bisogno di rispettare la storia che la nonna dell'autrice le ha raccontato e al tempo stesso di avvincere il lettore in una narrazione serrata. Se leggete La rinnegata sarà il sentimento di ingiustizia a possedervi più volte, ma c'è anche speranza in questa storia amara di emarginazione.
La protagonista Teresa ha sempre saputo di doversi guadagnare ogni singolo momento della propria vita: da orfana, ha faticato per riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena e poi per costruirsi insieme al marito Bruno una famiglia, una casa, ma anche un emporio fiorente e la più recente osteria, che gestisce lei stessa, nonostante debba anche accudire i loro tre figli. Dunque, che cos'ha da riproverarsi? Nulla, se non la sua bellezza, che - per quanto mai esibita - non fa che attirare gli sguardi e le parole degli uomini e le malelingue delle loro mogli, gelose. C'è chi come Carlo, minatore che spesso si ferma a mangiare all'osteria, avanza complimenti e proposte apertamente.


 Che cosa può fare Teresa, quando dovrà prendere decisioni da sola? In paese tutti guardano con sospetto la sua indipendenza, che è qualcosa di inaccettabile, eppure Teresa porta avanti con grande dignità e senso dell'onore una battaglia per la legittimità della propria autonomia.(.... da https://www.criticaletteraria.org/2021/04/valeria-usala-la-rinnegata-garzanti.html)

Per  concludere    ho  sul  comodino     in corso di lettura  

  1) 

Quando diciamo: «Prima gli italiani!» cosa intendiamo? Chi ha la cittadinanza italiana o chi in Italia ci abita? Chi parla italiano? Chi ha genitori italiani o chi in Italia ci è nato? E non è la prima volta che ci poniamo questa domanda: ha cominciato Dante con la ‘serva Italia’; poi d’Azeglio con gli ‘italiani da fare’; e ancora, i ‘santi, poeti e navigatori’; gli ‘italiani nuovi’ fascisti o ‘gli italiani brava gente’. Urliamo questo slogan in un paese dai confini incerti, diviso tra nord e sud, est e ovest, città e campagna. Un paese che ha faticato a parlare la stessa lingua, che racconta a sé stesso una storia composta di micromemorie di parte. Un paese in cui i momenti più divisivi della vita pubblica sono proprio le feste nazionali. Ora questa identità frammentata è messa ulteriormente sotto stress dalle generazioni di ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori ‘forestieri’. E negli stadi, con la realtà attorno a smentire l’ennesimo precario schema identitario, si grida: «Non ci sono negri italiani».



2)  

  il terzo  volume   ,  per  sbaglio  ho preso ,  durante  il  festival  di martis  , visto  che  la  raccolta     
completa  costava  troppo per  le mie tasche     ( eh si  amo  in un periodo  di magra   ) 50 € 
 a  caso per risparmiare    fra i libri  sfusi  e  singoli uno   deilla triologia   per   farnmelo    firmare  dall'autore      







3)

  di  Ferruccio Pinotti  Giornalista
Ferruccio Pinotti (Padova 1959), giornali­sta, attualmente è caposervizio Interni al “Corriere della Sera”. Ha collaborato con “la Repubblica”, “Il Sole 24 Ore”, “L’Espresso”, “Il Mondo”, “MicroMega”, “International Herald Tribune – Italy Daily”, “Cnn Finan­cial News”.È autore di molte inchieste sull’Italia con­temporanea. Tra le altre: Poteri forti (Rizzoli 2005), Opus Dei segreta (Rizzoli 2006), Fratelli d’Italia (Rizzoli 2007), Olocausto bianco (Riz­zoli 2008), La società del sapere (Rizzoli 2008), Colletti sporchi (con Luca Tescaroli, Rizzoli 2008), L’unto del Signore (con Udo Gümpel, Rizzoli 2009), La lobby di Dio (Chiarelettere 2010), Non voglio il silenzio (con Patrick Fogli, Piemme 2011), Wojtyla segreto (con Giacomo Galeazzi, Chiarelettere 2011), Vaticano mas­sone (con Giacomo Galeazzi, Piemme 2013), I panni sporchi della sinistra (con Stefano San­tachiara, Chiarelettere 2013). Molti dei suoi libri sono stati pubblicati all’estero.È consulente della Commissione antimafia.


     4) 


5) 

 con questo è tutto  

14.9.21

in italia stiamo regredendo fra sessimo , razzismo , talebani nostrani parte " II . Lascialo stare, il tagliaerba, te la rasiamo noi.’ slogan imbelle cantato dai tifosiad uan donna che rasava il prato prima dela partita Sampdoria-Inter

leggi prima 

Centinaia di uomini, che in uno stadio, davanti ad altre migliaia di persone, intonano questo coro rivolto a una ragazza che sta tosando il campo di gioco prima del match. È successo domenica, a Marassi, prima dell’incontro della squadra di casa contro l’Inter. Lei al centro di tutti e tutto che lavora. Mentre quegli uomini che sono lì per divertirsi intonano cori sulla sua vagina. Cori “scherzosi”, “goliardici” li definiscono loro. Come anche tanti siti di sport che usano la stessa parola: “goliardia”. Perché certo, è goliardico no? È divertente. Le matte risate. Per chi canta  forse  , meno  per chi  li subisce  .  Infatti  c'è da  chiedersi   se tale  tifosi   sarebbero stati dello stesso parere se al posto di quella ragazza ci fosse stata una loro figlia o sorella o fidanzata o mamma. Anzi, loro stessi. Che mentre lavorano, sentono cori di migliaia di persone sul proprio buco del c***. O sulle piccole dimensioni del proprio pene. Bello eh? Goliardico. Dicono che la ragazza sorridesse. Quindi tutto a posto no? Magari sorrideva per il nervosismo, o magari che diavolo avrebbe mai dovuto fare, fuggire in lacrime e lasciare il lavoro a metà prima di un match di serie A? Il punto è che sembri una goliardata che migliaia di uomini che sono allo stadio per vedere una partita di calcio, si mettano a fare cori sulla vagina di una lavoratrice. Il punto è sessualizzare una donna anche quando sta semplicemente lavorando. Il punto è farle sapere col megafono e i cori, che centinaia di uomini stanno pensando a come “rasargliela”. Il punto è che tu non sai mai chi hai di fronte, non sai se una ragazza possa esserne divertita (e in questo caso ci sarebbe da aprire un altro capitolo) o sconvolta. Non sai come possa sentirsi mentre centinaia di uomini che la circondano decantano la sua vagina rasata. Il punto è questa roba qui non è una goliardata. È violenza. Ed essere qui a doverlo ribadire, ancora una volta, è la cosa più drammatica di tutte.”
 Ecco che  La rabbia monta e in un mese in cui il calcio è tornato, allo stadio in prima fila ci sono stati razzismo e sessismo. Buon ritorno alle terribili abitudini del passato.
Il VIDEO (allucinante), rilanciato gioiosamente ( e da me ripreso ) da varie testate come una “simpatica goliardata”.Giudicate voi se questa, in un mondo appena decente, possa essere definita una goliardata. Per me che quando ero giovane mi comportavo come tali morti di figa , mandrili arrappati , ecc e che poi ha capito i suoi errori ed adesso lotta contro il suo maschio alfa .Ora  Chi ha definito i fatti di Marassi un siparietto simpatico è stato assente alle lezioni di sviluppo sociale degli ultimi 100 anni . No, non c’è nulla di simpatico nel “siparietto” che i tifosi dell’Inter avrebbero dedicato alla giardiniera di Marassi la scorsa domenica mattina, poco prima di Sampdoria-Inter quando lei era impegnata nel turno che le compete tra le 12 e le 15.




Due parole  con cui bisogna cominciare a fare i conti nella quotidianità: siparietto e goliardico. Cosa vorranno mai dire? Il più importante però è il secondo.

goliardia
/go·liar·dì·a/

sostantivo femminile
La comunità dei giovani universitari.
Lo spirito cameratesco e spensierato tipico dei goliardi.



Ecco che Goliardia per il vocabolario Treccani deriva dai goliardi medievali. Loro erano famosi per le poesie latine scritte e cantate i cui motivi principali erano l’esaltazione dell’amore, della giovinezza, del vino, della primavera, la critica sociale rivolta specialmente contro il mondo ecclesiastico. Cosa nel video possa in qualche modo richiamare i concetti sopra espressi, rimane un mistero.Quello che rimane, e stavolta sì, è l’umiliazione. Quella che fa più male. Perchè c’è tutto, il branco, lo stile (poco), il disinteresse per la vittima e il risultato di trasformare una persona che in quel momento è un lavoratore in una donna che a fine serata sarà una vittima.

Qualcuno dirà il saluto sorridente, altri la condanneranno perchè avrebbe dovuto denunciare subito l’accaduto (come? in che modo?) e per qualcuno addirittura ha apprezzato. E’ irrilevante. Il branco, l’ululato, la pubblica mancanza di rispetto. Tanto bastano.

 ha  ragione 

Lorenzo Tosa

In fondo è semplice. Immaginate se, al posto della giardiniera di Marassi, ci fosse stata la loro figlia, fidanzata, moglie, sorella. Immaginateli per un attimo questi perfetti sfigati (questo sono) che si fanno forti nel gruppo, nascosti nel branco, come ognuno dei maschi che vengono qui a commentare forti di una tastiera mentre una ragazza a loro cara (ne avranno una anche loro, forse) si sente urlare da cento uomini che le raserebbero volentieri la vagina in pubblica piazza. O perché no, direttamente loro, mentre cento uomini (non donne) scherzano e ridacchiano e intonano cori sui loro genitali davanti a migliaia di persone.
Uh, sai le risate... Triste anche doverlo spiegare così, ma è l’unico modo perché un concetto, per sbaglio, si faccia largo clandestinamente nella corteccia e attecchisca ..... Ma poi la cosa che non si sottolinea mai abbastanza è: ma quanto sono sfigati? No, dico, ma, al di là della meschinità, ma quanta sfiga devi avere nella vita per star dentro un branco di acefali ignoranti come scarpe a urlare da una balaustra a una donna queste schifezze? Gente così di donne nella loro vita deve averne viste poche (e quelle poche col binocolo) perché una donna di fronte a omuncoli così scappa per l’imbarazzo. Poveretti, non sanno cosa si perdono. ..... 

La storia di Martina Luoni, morta di cancro: lo skate, il surf e il diario online da Fuerteventura


Martina Leoni lottava da anni contro un cancro metastatico al colon. Aveva prestato il suo volto e la sua storia per la campagna di prevenzione anti-covid durante il lockdown
                    dal  corriere    della sera  14\9\2021

La storia di Martina Luoni, morta di cancro: lo skate, il surf e il diario online da Fuerteventura
L'ultimo anno della testimonial anti-Covid e il dialogo con i 40 mila follower su Instagram
La storia di Martina Luoni, morta di cancro:  lo skate, il surf e il diario online da Fuerteventura Una delle foto scattate a Fuerteventura postate su Instagram da Martina Luoni
shadow

Marty che si nasconde dietro uno scoglio a Fuerteventura, mostra solo gli occhi sorridenti e a corredo scrive le parole della canzone di Gianni Morandi: «Quanti cieli quanti mari che m’aspettano…Vedo i sogni che farò, partiremo insieme per un viaggio, per città che non conosco, quante primavere che verranno, che felici ci faranno…». Marty che, in luglio, cammina sulle dune di sabbia delle Canarie deserte e si confida con la sua comunità di 40 mila follower: «Sono stanca». Marty è Martina Luoni, la 27enne diventata testimonial anti-Covid della Regione stroncata dal cancro al colon contro cui combatteva da quattro anni.

Il coraggio della «leonessa»

 

Perché quando affronti la malattia per la prima volta tiri fuori tutto il tuo coraggio, «poi purtroppo succede che la prima volta diventa la seconda, terza, quarta e arrivi alla consapevolezza che uscire è sempre più difficile e i miglioramenti che vorresti non arrivano». Anche Martina Luoni, per i suoi amici e chi la seguiva «la leonessa», uno scricciolo, ma divenuta simbolo della battaglia di tutti gli ammalati di tumore, per avere cure adeguate e tempestive anche durante l’emergenza Covid, a volte si chiedeva se davvero ne valesse la pena. Ma poi «arriva un punto dove la scienza ti allunga la mano E prova a darti un’occasione. Ora ho iniziato un nuovo percorso di cure sperimentali, tra due mesi vedremo dove ci starà portando. Nel frattempo io sono qua con 10 kg in meno, ma con la voglia di riprendermi la vita e la mia autonomia. Tanto lo sappiamo tutti che vinco io, no?».

A Fuerteventura a caccia di «vita»

Lunedì sul profilo Instagram di Martina sono entrati i suoi familiari: hanno postato una foto che la ritrae sorridente e scherzosa, con una bussola al posto di un occhio, come un pirata pronto a salpare per nuovi lidi, in cerca di nuovi tramonti. La pagina è stata subito inondata di messaggi di cordoglio, gli amici di sempre e i tanti follower, tra cui anche influencer e persone del mondo dello spettacolo. Martina Luoni aveva raccontato pubblicamente la sua storia. A chi le diceva che con il suo coraggio era di esempio, lei rispondeva: «Non mi ci sento proprio un supereroe. I supereroi salvano altre vite, fanno del bene, tengono al sicuro i più bisognosi, io non faccio nulla di tutto ciò anzi, spesso vorrei avere io il mio supereroe. Ho imparato a mie spese che i supereroi non esistono, però ho scelto di essere supereroe di me stessa perché sono l’unica persona in grado di salvarmi».

Gli amici, il surf e lo skate

 

Morta Martina Luoni

Negli ultimi tempi, Marty aveva passato molto tempo a Fuerteventura, fra serate con gli amici, lezioni di surf e skate. Una scelta che a qualcuno era parsa inspiegabile, dovendo conciliarla con le cure a Milano. «Mi dicono di stare calma e fermarmi, ma io non ce la faccio, ho troppo da vedere, da esplorare e da vivere e lo so che non sempre faccio la scelta giusta, però ho timore del tempo, che scorre inesorabile e quel tempo nessuno te lo può restituire». Un viaggio che non serviva a fuggire dai problemi. «Fuerte è stata una ricarica di vita, sono tornata a vivere per me questa cosa non accadeva da anni. Ora che è tutto tremendamente in bilico io sorrido, sono felice perché sto bene questo pensiero non riuscirà a portarmelo via nessuno nemmeno un controllo andato male. Caro inquilino desiderato, ti sei messo contro la persona sbagliata...». Nel suo profilo Instagram, tante foto anche con i suoi amati cuccioli: un gatto e un cane che aveva adottato 5 anni fa e a cui era legatissima. «Ho scelto te perché ho scelto l’amore — gli scriveva in un post dedica — Perché ora tornare a casa la sera ha un senso».

 

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