10.7.23

un bellissimo monologo quello di "𝗟𝗘 𝗙𝗨𝗢𝗥𝗜𝗚𝗜𝗢𝗖𝗢 - 𝗨𝗻𝗮 𝗱𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮" [ 𝑇𝑟𝑖𝑙𝑜𝑔𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑆𝑝𝑜𝑟𝑡, 𝑣𝑜𝑙. 𝐼𝐼𝐼 ] ᴜɴᴀ ᴄᴏᴘʀᴏᴅᴜᴢɪᴏɴᴇ ᴛᴇᴀᴛʀᴏ ᴛᴀʙᴀsᴄᴏ, ᴄᴏᴍᴘᴀɢɴɪᴀ ᴍᴇʀɪᴅɪᴀɴᴏ ᴢᴇʀᴏ, ᴄᴏᴍᴘᴀɢɴɪᴀ ᴠᴀɢᴀ ᴜɴ ᴍᴏɴᴏʟᴏɢᴏ ᴅɪ ᴇ ᴄᴏɴ ᴍɪᴄʜᴇʟᴇ ᴠᴀʀɢɪᴜ ʀᴇɢɪᴀ ᴅɪ ʟᴀᴜʀᴀ ɢᴀʀᴀᴜ

Dopo  una  giornata  affosa     come  acenato    nel precedente post       ho seguito nel  Chiostro degli Scolopi (accanto al Teatro Comunale) mi sono goduto


L'evento come il precedente organizzato dall'associazione testrale Maldimarem ( facebok . oppure www.maldimarem.it ) . La storia per chi  si   fosse  perso il  mio precedente   post  _ <<  Quelle "signorine per bene che giocavano a calcio" e sfidarono il duce: la prima squadra di football femminile >>   (  a  cui rimando   per  chi  fose  interessato  alla  storia  completa  )    ecco  un riassunto   della   vicenda  ripresa   dell'opera  teatrale 


Nel 1932 a Milano, un gruppo di ragazze in un giorno d'estate cominciò a giocare a calcio.
Poi continuarono anche nei giorni seguenti.
Poi anche quando arrivarono l'autunno e poi l'inverno, a riempire i polmoni d'aria gelida.
Si chiamavano Losanna, Niní, Maria, Rosetta.
Dai giornali dell'epoca 

Poi c'erano anche Elena, Giovanna, Brunilde.
Divennero sempre di più, fino a quando qualcuno molto in alto non si accorse di loro e dello "scandalo" inconcepibile che stavano portando avanti nel pieno dell'Italia fascista, in cui nessuna donna poteva anche solo pensare di giocare a calcio. Questa è la storia del #gruppofemminilecalciatricimilanese . La storia di un gruppo di donne calciatrici che ha preso a calci il maschilismo, l'ottusità e il pregiudizio.
È la storia di un sogno che voleva diventare grande.
È una storia che appartiene a tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno lottato per qualcosa.

"𝗟𝗘 𝗙𝗨𝗢𝗥𝗜𝗚𝗜𝗢𝗖𝗢 - 𝗨𝗻𝗮 𝗱𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮"
[ 𝑇𝑟𝑖𝑙𝑜𝑔𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑆𝑝𝑜𝑟𝑡, 𝑣𝑜𝑙. 𝐼𝐼𝐼 ]
ᴜɴᴀ ᴄᴏᴘʀᴏᴅᴜᴢɪᴏɴᴇ ᴛᴇᴀᴛʀᴏ ᴛᴀʙᴀsᴄᴏ, ᴄᴏᴍᴘᴀɢɴɪᴀ ᴍᴇʀɪᴅɪᴀɴᴏ ᴢᴇʀᴏ, ᴄᴏᴍᴘᴀɢɴɪᴀ ᴠᴀɢᴀ
ᴜɴ ᴍᴏɴᴏʟᴏɢᴏ ᴅɪ ᴇ ᴄᴏɴ ᴍɪᴄʜᴇʟᴇ ᴠᴀʀɢɪᴜ
ʀᴇɢɪᴀ ᴅɪ ʟᴀᴜʀᴀ ɢᴀʀᴀᴜ
{e con i contributi di Marianna Esposito, Teresa Tanini, Elisa Mazza, Giulio Federico Janni}


Come il precedente capitolo delle triologia ha dato prova come dimostra questa bellissima e toccante testimonianza da lui riportata sulla sua bacheca facebook

Qualche sera fa, durante una replica in un bellissimo chiostro, due bambini hanno fatto capolino dal cancello. Laura, vedendoli dal banco regia, ha fatto loro cenno di venire a sedersi e loro, come stessero facendo la cosa più naturale del mondo, si sono seduti su due seggiole libere in prima fila, mentre lo spettacolo era iniziato da un po' di minuti.
Sono rimasti fino alla fine dello spettacolo, attentissimi, in religioso silenzio.
Alla fine Rebecca, di 10 anni, è venuta da me e mi ha detto: "Ti volevo dire che sei veramente bravo. Secondo me, se qualcuno fa un film, ti prende. Anche io voglio fare teatro".
E io le ho detto di andare a vederlo, ogni volta che può, il teatro, perché così si diventa bravi, e che le auguravo di diventare bravissima. Poi le ho detto che la settimana dopo sarei tornato,sempre nello stesso posto, con uno spettacolo diverso.
E lei mi ha detto che sarebbe venuta.
E io so che lunedì, in quel chiostro, avrò un appuntamento importantissimo.




Di bravura . Infatti La visione dellìultima opera Della triologia dimostra ulteriormente che Michele è un buon affabulatore , un ottimo cantastorie e riesce a coinvolgere ed trascinare il pubblico . Infatti Affascinare i bambini,è un dono immenso.

Bisogna saper fare molto bene per attrarre i bambini,  e  lui    lo fa  in modo sagace e magistrale .  Midiranno  chge  sei di parte  visto  che   è  frai i  tuoi contatti  social . Forse  . Ma   a  pensarla   non  sono   il  solo    ecco  cosa   scrivono su di lui     ,  gente  magari  più esperta di me   su tale argomento presa  da  suo   sito   Michele Vargiu – Attore, Autore, Formatore teatrale (  qui   l'innecepibile  curriculum  curriculum Michele Vargiu.docx (usercontent.one):

<<Un lavoro importante, prezioso, magistralmente interpretato quello di Michele Vargiu, perché racconta con passione una vicenda personale che diventa vicenda di un paese intero, di un continente in preda alla follia>>.
Nemesis Magazine


5/5

<<Una storia che stupisce per la crudeltà e la bellezza. Una bella sorpresa.>>
Tips Theater


5/5

<<Una storia straordinaria e drammatica, narrata con un ritmo simile ad una danza sul ring, che lascia senza fiato, esalta, commuove e indigna. Non un passo a vuoto, non una pausa, non un calo di tensione. Uno dei monologhi più belli visti negli ultimi anni.>>
Paolo Leone


5/5

<<Un linguaggio che è fotografia, musica che si sa fare poesia.>>
Tips Theater 


se vi capita dti trovarvelo in tour dalle vostre parti o volete portarlo ( nel sito trovate come contattarlo ) sappiate che fa un ottima scelta . visto che
LE FUORIGIOCO” è una “favola teatrale” che racconta la storia del “𝘎𝘳𝘶𝘱𝘱𝘰 𝘍𝘦𝘮𝘮𝘪𝘯𝘪𝘭𝘦 𝘊𝘢𝘭𝘤𝘪𝘴𝘵𝘪𝘤𝘰 𝘔𝘪𝘭𝘢𝘯𝘦𝘴𝘦”, la prima squadra di calcio femminile mai costituita in Italia nel 1932.
Una storia corale, di “squadra”, che racconta del lavoro di decine di donne che in pieno fascismo hanno portato avanti un esperimento, una sorta di piccolo incantesimo contro tutti i blocchi e gli stereotipi dell’epoca.È la storia di un sogno. Una storia di passione, lotta e riscatto.È la storia di Rosetta, Losanna, Marta, Maria.Ma anche la storia di Piero e di Ugo.
È la storia di tante giovani donne che hanno lanciato un piccolo sasso in uno stagno, innescando un cambiamento.
È la storia di un fatto accaduto a Milano ma che riguarda un intero Paese: la storia di un gruppo di donne che nel 1932 cominciano a giocare a calcio, in un Paese che ufficializzerà il primo campionato femminile solo nel 1986.
È la storia di un piccolo sogno pieno di ambizione, passato di mano in mano e diventato grande.cosi come le altre sue opere che trovate qui Michele Vargiu – Attore, Autore, Formatore teatrale – Spettacoli - Michele Vargiu
conludo facendo ancora i mie complimenti , bravissimo, con le parole atmosfere, e
 descrizione ,ha l'arte di farti sentire accanto se non dentro a cio' che narra , quasi dentro la storia , catapultandoti lì...in quel piccolo grande mondo che viene descritto dalle sue parole e che guida l'immaginazione dello spettatore .Attendo la prossima storia  .
È stata una serata fantastica. La bravura di Michele Vargiu amplificata dalla vicinanza col pubblico, dall'incrociarsi degli sguardi, dal contatto quasi fisico tra attore e pubblico.Q questo è vero teatro. Complimenti a Michele Vargiu, agli amici Tiziana e Marco, a tutti coloro che hanno messo in campo la loro bravura e il loro coraggio per regalarci questa splendida serata


Uniti o divisi di Carlo Bellisai

 

L’essere umano è un mammifero prevalentemente sociale, abituato a vivere in famiglie, unite spesso in grandi branchi, per lo più stanziali, perfino in città e megalopoli. Addirittura senza pari fra i mammiferi: solo alcune specie di uccelli, di pesci e di insetti possono competere o superarlo per addensamento di popolazione.Verrebbe quindi da pensare che siamo più propensi ad unire che a dividere. Probabilmente nella nostra eredità di specie è il primo dei due verbi a muoverci, tuttavia le cose possono complicarsi e, per l’equilibrio fra i contrasti, anche il secondo finisce con l’avere una sua estrema importanza.Unire, dal latino, significa mettere insieme gli unus. Due unus è già unione: eccoli nel rapporto amoroso, nella coppia, nella relazione d’amicizia, negli incontri. Da due unus può nascere una famiglia di tre, quattro o più. Da due unus può nascere un gruppo che si accresce di nuove unità. Perché unire è un verbo che non ha limiti: ci si unisce al circolo scacchistico, alla scuola di canto corale, ci si unisce allo stadio, nel gruppetto della piazza, alla manifestazione sindacale, al concerto. Ma ci si può unire anche in un progetto, in un’associazione, in un movimento. Ci si unisce per interessi, per gusti, affinità, per intenti, rivendicazioni e progetti.Unire è bello, ci dà delle buone sensazioni: di vicinanza, di complicità, di scoperta, di confronto, di conoscenza. Guardare gli altri occhi e cogliere comunanza nelle diversità. Soltanto l’unità d’intenti e di metodo può dare vera forza ad una lotta e renderla determinante. Cercare l’unità nelle diversità sta nei fondamenti della nonviolenza.Ma attenzione alle trappole, non solo prettamente semantiche, perché unire talvolta può far rima con dividere, come ad esempio quando viene cercata e fomentata l’unione di un popolo contro un altro, allo scopo di scatenare guerre per il predominio, territoriale ed economico. Si unisce, in questo caso, per altro in modo fittizio, una nazione, ma solo per dividerla da un’altra, od altre. Per alimentare l’odio in grado di giustificare la guerra e i grandi affari delle industrie belliche. Allo stesso modo può succedere che un ramo di una famiglia, che sembrava unita, si divida su una questione di quote ereditarie, causando ricorsi legali o ritorsioni. Così come accade che attivisti che sono uniti dagli stessi obiettivi, si dividano per punti di vista discordanti e dilemmi comunicativi.E’ peraltro ben noto come siano le divisioni interne ad un popolo la miglior garanzia per il suo dominio da parte di minoranze privilegiate. Ne segue che il sistema di potere stesso, mentre apparentemente inneggia all’unità del popolo, in realtà ne persegue e fomenta le divisioni, allo scopo di rendere innocue e controllabili le spinte al cambiamento. Niente di nuovo sotto il sole: riecheggia il romano “divide et impera”. Le divisioni fra i sudditi sono la prima garanzia della durata di un regime. E più il regime sarà forte e imperiale, maggiormente dovrà lavorare alla divisione fra i popoli sottomessi.Dividere, sempre dal latino, è far più parti dall’uno. Ma, attenzione, non scambiamolo per condivivere, che è dividere assieme, quindi in modo partecipativo. Condividiamo il pane, mettiamo insieme il cibo, condividiamo le conoscenze, gli strumenti di lavoro. Condividere è eguale per tutti, mentre il solo dividere, in assenza del con, cioè di compartecipazione, può risultare drammaticamente diseguale. Così la divisione in classi sociali mantiene l’insieme della popolazione in perenne conflitto, la divisione di ruoli, aspettative ed opportunità in base al genere crea violenza, invisibile o palese, spesso assassina, in molti contesti e situazioni. La divisione può essere anche etnica, non necessariamente attraverso leggi razziali, o interventi draconiani, ma anche in modi più sinuosi: basta lasciar naufragare qualche barcone senza adeguato soccorso, o metter su reticolati, costruire muri: quel che si raccoglie è discriminazione, ghettizzazione, talvolta persino apartheid. 

UNIRSI NELLE DIVERSITA’

Non voglio qui far l’elogio dell’unire. L’unire assoluto non ha senso: se non si sta bene insieme è meglio dividersi, provare altre unioni ed altre forme. Se l’unione indissolubile del matrimonio non se la passa bene, con una sempre più ampia percentuale di separazioni e divorzi, non va sostanzialmente meglio alle fluttuanti alleanze fra i partiti politici, costretti sempre più di frequente a cambiare programmi, nomi e leader. E che dire dell’unità fra i movimenti della società civile: pacifisti, ecologisti, disarmisti, antagonisti, gruppi di cambiamento sociale? Quando si cerca di unirsi tutti, mettendoci molta buona volontà di mediazione, sembra che sia già un successo e si possa andare. Ma ad una analisi più attenta appare come una casa costruita frettolosamente e con materiali diversi, in cui da subito s’intravvedono le crepe, avviso di prossimi crolli.Così alla fine le persone, spesso frustrate nelle proprie aspettative, sono più propense a rimanere nel proprio unus e a non prodigare energie verso un unirsi gravido di rischi. E non partecipano, si mettono da parte, coltivano il proprio orticello, si distanziano, forse rinunciano. Con più facilità oggi, con internet, i social, la domotica, gli acquisti online: si può avere la tentazione di rifugiarsi in un mondo chiuso e sicuro, con poche, fragili certezze.Ciò nonostante, la tensione ad unirsi si ripresenta, persiste, come un bisogno inappagato. Dobbiamo sapere che questa tensione è vitale, perché siamo mammiferi sociali. Perché se ancora, purtroppo, si può morire di fame, si crepa ancor più di solitudine e abbandono. La dimensione sociale dell’unirsi è, per l’essere umano, un bisogno essenziale.La paura maggiormente percepita tra le persone è che unirsi significherebbe dover rinunciare a qualcosa del proprio unus. Questo è in parte vero, ma non deve essere enfatizzato, perché potrebbe trattarsi di rinunce parziali e non fondamentali. Uno dei problemi è infatti che dividersi per le differenze è molto più facile che unirsi per i principi comuni e per i comuni obiettivi.Certi che non potremmo essere mai tutti con le identiche idee e sensibilità, se non in un mondo completamente robotizzato ed alienato, che non ci auguriamo, dovremmo essere capaci di discernere fra quel che ci accomuna e quel che può dividerci e, in base a questo, scegliere se andare insieme o meno. Se le differenze sono fondamentali, cioè intaccano i principi costituenti di un movimento, è molto meglio dividersi. Se, al contrario, si tratta di differenze di appartenenza ideologica, o di linguaggi usati, è assai più saggio provare a lavorare sulla comunicazione e cercare di unirsi, soprattutto se c’è un chiaro obiettivo condiviso.Occorre abbandonare la paura che unirsi significhi rinunciare a una parte di se stessi, o del proprio gruppo, pensando piuttosto che significhi soprattutto arricchirsi, individualmente e collettivamente di contributi, perché sono proprio le diversità a dare colore, forma e azione ai movimenti di cambiamento che, per loro natura, sono eterogenei. E’ quindi importante che le diversità siano chiare, esplicite, ma che siano ottemperate dal principio e dall’obiettivo comune, al quale va dato il maggior risalto. Chi partecipa ha bisogno di sentirsi accolto, ma anche di avere un’idea chiara su cosa si vuole fare e proporre. Più si mette il cuore e la ragione insieme per unire, maggiori sono le possibilità che l’unirsi vada a buon fine e che le diversità non si trasformino presto in divisioni.In quanto al dividere non c’è altro da mettere in campo, se non il condividere, prassi solidale, ma anche momento di sperimentazione di un progetto costruttivo.

 

Carlo Bellisai

 


la buona scuola : preside che permette a una ragazza madre di diplomarsi ., CONDANNATO IL MAESTRO DEL PROGETTO ‘BIMBISVEGLI’: “QUANDO L’INGIUSTIZIA DIVENTA LEGGE LA DISOBBEDIENZA È UN DOVERE” , ed altre storie

   

da  Francesca Galati  1 luglio alle ore 18:19· 


"Buongiorno, sono Sofia. Volevo dirvi che sono diventata mamma, è nato Edoardo, non posso più venire a scuola" "Signorina, ora ne parleremo con il preside, per qualche giorno potrà seguire a distanza, ma ricordi, lei è di maturità, presto dovrà tornare in classe" Passano quei giorni, Sofia non ce la fa a tornare in aula. Richiama in segreteria: "Il mio bambino è più importante della maturità, scusatemi ma preferisco perdere l'anno".
"Ha ragione, informeremo il preside, non c'è altro modo, ci dispiace" Passa qualche ora, squilla il telefonino di Sofia. "Sono il preside. Sofia, cosa fai lì a casa? Non mollare, ti aspettiamo, non esiste che lasci". Lei torna a #scuola, e non sa cosa l'aspetta, va in classe e resta di stucco. C'è una nursery per il suo bambino, un passeggino a disposizione accanto al suo banco, pannolini e biberon, le coccole delle insegnanti, i collaboratori scolastici autorizzati a intrattenere Edoardo e a farlo giocare quando ci sono compiti o Sofia è interrogata. Non è una favola, è accaduto a #Ravenna al liceo artistico "Nervi", grazie a un dirigente scolastico illuminato, Gianluca Dradi. Che ha preferito far una rivoluzione piuttosto che far perdere l'anno a una sua alunna divenuta #mamma
❤
Complimenti
davvero a questo preside. Quanto ci vuole poco per essere speciali 👏







https://www.byoblu.com/

CONDANNATO IL MAESTRO DEL PROGETTO ‘BIMBISVEGLI’: “QUANDO L’INGIUSTIZIA DIVENTA LEGGE LA DISOBBEDIENZA È UN DOVERE”
8 Luglio 2023
Virginia Camerieri

Il suo nome è associato al progetto educativo Bimbisvegli di cui è il fondatore. Ora, il maestro Giampiero Monaca deve fare i conti con una condanna del gup del tribunale di Asti ad un mese di



reclusione per interruzione di pubblico servizio. Il motivo? Non aver abbandonato il suo progetto e tutti i bimbi e le bimbe sveglie che ne facevano parte.
Il metodo educativo Bimbisvegli

Il suo approccio didattico viene messo in pratica con successo dal 2017 in una scuola primaria nella frazione di Serravalle di Asti ed unisce vari orientamenti pedagogici quali l’attiva montessoriana, l’impegno sociale di Lorenzo Milani, la pedagogia degli oppressi di Paulo Freire, l’auto educazione in natura di Robert Baden Powell.

Si tratta di una didattica all’aperto ed esperienziale che ha lo scopo di formare cittadini attivi, critici, affidabili e solidali, capaci di impegnarsi per una società migliore.

Un progetto che ha avuto subito un enorme successo e che il maestro ha portato avanti per anni, dovendo fare i conti, qualche volta, con delle polemiche che provenivano dalla dirigenza scolastica.
La richiesta di trasferimento

Ed è stato proprio il dirigente scolastico a chiedere ad un certo punto il trasferimento del maestro dei boschi dalla scuola nella frazione di Serravalle immersa nel verde, alla Rio Crosio di Asti, in piena città.

Per Monaca, quello spostamento significava abbandonare definitivamente il suo metodo di insegnamento, da qui il rifiuto e l’inizio di un presidio di protesta contro la decisione, come spiega nella video intervista rilasciata a Byoblu.

Dopo aver comunicato alla scuola che non avrebbe preso servizio, viene licenziato per “insubordinazione”. Monaca decide così di portare avanti una protesta: per 20 giorni si è seduto su una seggiola davanti al ministero dell’Istruzione a Roma, in attesa di essere ricevuto dal ministro competente.

“In qualità di insegnante designato alle elementari di Asti, senza alcun giustificato motivo in due occasioni si rifiutava di espletare il servizio, in questo modo cagionava l’interruzione e turbava la regolarità dell’insegnamento, da considerarsi servizio di prima necessità”, si legge nelle carte.

Precisamente il giudice parla di interruzione di pubblico servizio, questo è stato il motivo per cui il tribunale di Asti lo ha condannato ad un mese di reclusione.

Bimbisvegli è un metodo educativo che ha ottenuto negli anni più riconoscimenti. È stato premiato al Festival dell’Innovazione ed è stato studiato dall’Università di Macerata. Nel 2021 l’ex ministro Patrizio Bianchi, rispondendo ad un’interpellanza parlamentare presentata dall’onorevole Federico Fornaro aveva definito Bimbisvegli “non in contrasto con l’ordinamento vigente e con i princìpi sottesi alle indicazioni nazionali”.

Possibile allora che un’esperienza così preziosa per la nostra scuola debba essere liquidata in questo modo?
La risposta pubblica del maestro Monaca alla decisione del Tribunale

Carissime e carissimi vi invio questo aggiornamento molto triste su come è andata a finire per me: licenziato per insubordinazione. Condannato a un mese di reclusione (1500 euro) per interruzione di pubblico servizio. Anche se questa per me è una batosta pesante dal punto di vista umorale, posso dire di andarne fiero. Perché ho sempre insegnato che “quando l’ingiustizia diventa legge la disobbedienza è un dovere”.

Quando poi dopo anni di grandi difficoltà e conflittualità, il dirigente mi ha ordinato, d’ufficio, di trasferirmi dalla scuola di Serravalle che avevamo fatto rifiorire. Con l’unico risultato di demolire definitivamente il progetto bimbisvegli, se avessi accettato avrei salvato carriera e stipendio. Così gli ho detto signornò, e che non riconoscevo la sua autorità e dato che lui mi stava imponendo qualcosa che mi appariva in coscienza lesivo per il benessere dei bimbi ma anche per me stesso. Decisi che mi sarei avvalso del diritto alla disobbedienza civile e alla diserzione.

Mi han licenziato per insubordinazione ed infedeltà verso l’ istituzione e condannato ad un mese di reclusione per interruzione di pubblico servizio. Io avevo comunque già ampiamente fatto sapere quello che sarebbe stato il mio comportamento proprio per non creare disagi alle famiglie.

Vi abbraccio forte e vi chiedo, se puoi, di portare alla luce questa storia.

Maturità 2023, l’esame di Silvia in attesa del trapianto di polmoni: “Il Covid mi ha fatto entrare in un limbo senza fine”



L’esame di maturità è un evento significativo per ogni studente, ma per Silvia Feltrin è stato particolarmente simbolico. Questa giovane studentessa, iscritta in un istituto scolastico di Torino, non metteva piede in un’aula da tre anni a causa di una grave patologia polmonare.Silvia, con il suo gruppo sanguigno “0 negativo”, attende un trapianto di polmone dal 2017. La pandemia di COVID-19 ha complicato ulteriormente la sua situazione, costringendola a isolarsi per evitare qualsiasi rischio di infezione. La scuola, però, è rimasta la sua ancora di salvezza durante questi anni di attesa e incertezza.Per rispettare le sue necessità di salute, Silvia ha dovuto adattarsi alla Didattica a Distanza (DAD) ben prima dei suoi coetanei. Le lezioni erano al PC, i compiti arrivavano via email e i professori venivano a casa sua indossando mascherine. Nonostante la sua situazione difficile, ha mantenuto il passo con i suoi studi, completando gli Invalsi e le verifiche a distanza.La maturità ha rappresentato per Silvia una sfida e una vittoria. L’alunna ha sostenuto le prove scritte a casa, con un computer fornito dalla scuola e con i membri della commissione presenti. Per lo scritto di italiano ha scelto un tema molto personale: l’attesa.Quando è arrivato il momento dell’esame orale, Silvia ha deciso di farloin presenza. Nonostante le precauzioni necessarie per garantire un ambiente sicuro e ventilato, la scuola ha organizzato tutto per farla sentire a suo agio. Seduta di fronte alla commissione, Silvia ha potuto finalmente sentirsi parte di quella generazione di studenti che stava vivendo il rito di passaggio alla vita adulta.Ora, con la maturità alle spalle, Silvia guarda al futuro con speranza e determinazione. Prevede di iscriversi all’Università di Torino nel corso di Innovazione sociale, comunicazione e nuove tecnologie già da ottobre.La storia di Silvia è un emozionante esempio di resistenza e di voglia di vivere, un monito che sottolinea l’importanza dell’educazione anche nelle circostanze più avverse. La sua maturità è il simbolo di un punto di inizio, non solo di fine, e una testimonianza di come, nonostante tutto, la vita continua.

pubblicità sicurezza stradale 2023 una pubblicità fatta male fatta tanto per dimostrare che si sta facendo qualcosa contro la piaga degli incidenti stradali

 mentre   mi accingevo a  silenziare  la pubblicità  ho    visto  la campagna sulla sicurezza stradale 2023  realizzata da Autostrade per l’Italia in collaborazione con la Polizia di Stato e, per la prima volta, con l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica. "Non chiudere gli occhi. La sicurezza stradale riguarda anche te”  il titolo  che mira (o almeno  dovrebbe  )ad  accrescere la consapevolezza in chi l’ascolta, superando l’indifferenza che spesso è la reazione di ognuno di noi di fronte al numero abnorme delle vittime su strada. Messaggio rivolto soprattutto ai più giovani, anche per questo si è scelto di affidare la direzione dello spot a Carmine Elia, regista italiano della serie di successo "Mare Fuori", mentre Giacomo Giorgio, uno dei volti più amati della stessa serie, interpreta uno dei protagonisti.



Cosa racconta lo spot. “Oltre 3.100 vittime su strada, in un anno, è un dato che non possiamo accettare. Eppure, cifre come questa sembrano quasi non fare più effetto. Non è una cosa normale. Perché, alla guida, c’è di mezzo la nostra vita e quella delle persone a noi care”. Questo il concept alla base della campagna. Analizzando i dati Istat sugli incidenti e confrontandoli coi trend dei social network, si percepisce un diverso e pericoloso approccio di fronte al pericolo e alla morte, soprattutto da parte delle nuove generazioni. La campagna estremizza un sentimento banale quanto doloroso, come l’indifferenza rispetto al preoccupante fenomeno. Nello spot si assiste a una scena familiare “normale”, gesti quotidiani: la cena pronta, un dialogo surreale tra madre e figlio, la notizia dell’imminenza dell’incidente mortale, la reazione altrettanto “normale”, in bilico tra assurdo, indifferenza e fatalismo.Ed è proprio l’assurdità dell’indifferenza che lo spot diretto da Carmine Elia vuol rappresentare al grande pubblico. Un linguaggio forte, senza l’utilizzo di immagini violente.   Secondo  me  è fatta male perchè  e poco  invisiva    ed    non  (  cosa  che dovrebbe  fare  )    provoca turbamento, rabbia, un invito a riflettere. "La vera ricchezza delle persone -afferma il regista Carmine Elia- è il tempo, ma conquistare il tempo non significa correre. Significa guidare con prudenza e consapevolezza. La sicurezza sulle strade è importante perché la vita, ancor prima, è importante".Come  uscirne  allora   o  andando oltre il  tabu     della  paura   de'ofendere  la sensibilità della   gente  ed essere  diretti  e crudi   come  avviene in europa    sono   questi  i messaggi che la gente  capisce meglio  



oppure  anche seza  sangue    creando   negli utenti  sensi di colpa   come     quest'altra  



oppure     quelle   degli altri anni    senza  sanque    ma  un  po'  più  incisive rispetto a questa  del  2023    voi che ne   pesante  ? 

9.7.23

Caterina e Melissa, scambiate nella culla e mai più separate: partecipano una al matrimonio dell’altra

 


  dal  settimanale   Oggi 2 h fa

Caterina e Melissa, scambiate nella culla e mai più separate: partecipano una al matrimonio dell’altra

© Oggi/Caterina Mezzapelle

            

Ci sono immagini che racchiudono l’essenza, emozioni di tutta una vita riassunte nell’istante di uno scatto. Come la foto di una venticinquenne che cammina verso l’altare affiancata dai suoi “due papà”, con dietro le “due mamme”. Sul sagrato della Cattedrale di Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, Caterina Alagna, per i concittadini «quella scambiata nella culla», sposa il suo Sergio e la celebrazione del matrimonio è anche la rappresentazione della costruzione di un’armonia tra due famiglie diventate quasi una sola. NATE NELLA NOTTE DI CAPODANNO – Caterina Alagna e Melissa Foderà, nate a distanza di 10 minuti la notte del Capodanno del 1998 nell’ospedale cittadino “Abele Ajello”, sono cresciute fino ai tre anni ognuna nella famiglia “sbagliata”. Diventarono protagoniste di un caso di cronaca nazionale quando venne accertato lo scambio. Il primo giorno di asilo, una maestra, in maniera spontanea, accompagnò all’uscita una delle due bambine da quella che le apparve, per somiglianza, la madre. Ed in effetti era la donna che l’aveva concepita. Da quel momento il dubbio assalì Marinella Alagna. «Ricordo che mi scoppiò subito dentro un senso di angoscia incontrollabile perché capii all’istante che quella bimba era mia figlia», raccontò a Oggi quando la storia divenne una fiction Rai di successo e un libro dal titolo Sorelle per sempre.
UNA FICTION RAI - Con coraggio e determinazione, «pure nel dolore che sconvolse le nostre vite», Marinella volle subito conoscere la verità. L’esame del sangue e il test del Dna diedero la certezza. «È stato un periodo difficile. Vivevamo nello stesso Comune ma non ci conoscevamo né ci frequentavamo. Il giorno che vidi Gisella, la mamma che ha concepito Melissa (che io ho cresciuto nella prima infanzia), mi ricordai di averla vista in ospedale, avevamo partorito nello stesso giorno. Con il tempo però la diffidenza iniziale è stata superata, è nata e si è rafforzata una straordinaria armonia. Io e Gisella siamo diventate come sorelle, e lo stesso vale per i nostri mariti, vi è grande stima e affetto tra tutti noi. Caterina e Melissa sono cresciute, assieme alle loro sorelle, in uno splendido clima di amore ed armonia. Siamo riusciti a creare un legame forte, ci vediamo sempre, facciamo tante cose assieme. Il matrimonio di mia figlia l’abbiamo vissuto come un’unica grande famiglia».
DUE PAPA’ - Così ecco Caterina con i due “papà”, che si chiamano entrambi Francesco, seguiti dalle due mamme, Marinella e Gisella, preceduti da tutte le sorelle in veste di damigelle: Melissa e sua sorella Sofia, Perla e Lea (sorelle di Caterina). La sposa, in viaggio di nozze a molta distanza e molti fusi orari dall’Italia, trova il modo di raccontare al telefono, in esclusiva a Oggi, con la stessa efficacia comunicativa e spontaneità della mamma, la sua scelta di andare all’altare “scortata” da due uomini: «Qualche settimana prima della nozze, dopo averne parlato con mamma, ho comunicato a Franco, il padre di Melissa e marito di Gisella, che avrei avuto il piacere che mi accompagnasse all’altare assieme a mio papà Francesco. Non se lo aspettava, si è commosso. Ho voluto entrambi i miei due “papà” e dietro le mie “mamme”. Quindi tutte le mie sorelle come damigelle. Quando sono entrata in chiesa ero molto emozionata, Franco e Francesco mi hanno sostenuta, sentivo il calore del loro affetto. Una sensazione unica». Caterina riferisce un aneddoto che lei trova divertente: «Quando siamo giunti sull’altare davanti al mio sposo, Sergio, i miei due papà, con delicatezza, mi hanno accompagnato verso di lui, e poi con simpatica ironia gli hanno detto: “Mi raccomando”. È come se mi avessero affidato a lui, con affetto enorme e senso della responsabilità. È stato un momento bellissimo». Mamma Marinella Alagna aggiunge: «Noi genitori abbiamo seguito tutte le sue indicazioni, abbiamo fatto tutto come voleva lei. Caterina è la piccola delle mie figlie, ed è stata la prima a sposarsi. Confesso che ci sono stati dei momenti in cui ho ripercorso come in un film tutta la mia vita, dai passaggi più difficili del passato alla costruzione di un rapporto vero tra le nostre famiglie. Fino a questo nuovo inizio».IL BOUQUET ALLA “SORELLA” – Caterina vuole condividere anche un altro momento molto bello avvenuto durante i festeggiamenti nuziali, il ballo con entrambi i papà, contemporaneamente: «Avevo danzato con mio padre Francesco, poi abbiamo ballato tutti e tre assieme. Ci siamo abbracciati e abbiamo pianto di felicità». E Melissa, la ex compagna d’asilo diventata come un’altra sorella? «Ho fatto in modo che il bouquet giungesse proprio a lei. Poi ci siamo abbracciate in maniera intensa». E aggiunge sorridendo: «È fidanzata da 11 anni ma non ha ancora deciso per il grande passo…».


                                  Salvo Fallica

A 16 anni prende di nascosto l’auto della madre per fare gare di guida con gli amici da postare sui social . ma casal palocco non è servito a nulla ? ed i genitori che dicono ?






sfogliando    le mie news su bing.com\ ho letto di un altro fatto come quello di Casal Palocco.i Poteva essere una tragedia anche questa ,. Meno male che I sedicenni di Giussano non hanno ammazzato nessuno forse per puro caso o fortuna. Di sicuro si sono molto divertiti: ridono e si preoccupano di non farsi fermare dai carabinieri. “Corri, corri nooo: qua ci sono i carabinieri”. Grandi autisti non sono, anzi, ma si aiutano tra loro: “Vai, vai che te le metto io le marce. Vai tranqui”, “Occhio, occhio! Le cambia lui le marce? No le cambio io” e ancora “Tu schiacci la frizione che te le metto io le marce” . Velocità? Un obbligo anche se la 500 non è una Lamborghini. “Corri, corri”, la freccia per una svolta è un disonore. Un “Oddio che stiamo facendo” seguito da una risata collettiva quasi d’orgoglio è agghiacciante.
Ma la frase che sintetizza tutto secondo il  video   (  che     non pubblico  per  evitare   sensi  di ola  qualora  dei  ...    dovessero  emularlo   e  ci scapasse  di nuovo il morto  ) presene  in  moltisiti  è : “Dopo mi fai un video e vieni tu davanti”.


  da  repubblica   

Maxi multa da 16mila euro e fermo dell’auto dopo che i nonni avevano denunciato il furto, non sapendo che invece l’autore della bravata era il nipote 


Per due giorni ha girato con due amici sull’auto presa di nascosto a sua madre, alternandosi alla guida e con un obiettivo: pubblicare sui social un video delle loro gesta. Una storia molto simile, purtroppo, a quella che a Roma ha portato alla morte di un bambino, investito dalla supercar guidata da un influencer a caccia di like. Ma che, per fortuna, ha avuto un esito diverso: una maxi multa da 16mila euro e il fermo dell’auto. I carabinieri di Giussano, alcune notti fa, sono stati chiamati per un possibile furto di una Fiat 500 nera di proprietà di una donna 38enne brianzola, che da qualche giorno era via di casa. Il
tempo di mettersi in moto e una seconda telefonata, dal padre della donna, avvertiva che l’auto era stata ritrovata danneggiata e con le chiavi inserite vicino al cimitero.L’auto era proprio lì, con le fiancate rigate: oltre al padre della proprietaria anche suo nipote di 16 anni, figlio della 38enne che era fuori casa per alcuni giorni. Le incongruenze nel racconto di nonno e nipote hanno portato alla verità: la macchina era stata presa dal 16enne dopo aver trovato le chiavi lasciate a casa dalla madre.Da due giorni il ragazzo girava in auto con altri tre coetanei per registrare dei video da pubblicare sui social. Il tutto era nato durante una serata trascorsa insieme in casa con gli amici: trovate le chiavi avevano deciso di provare a guidare nel cortile condominiale. Ma quelle poche manovre non bastavano: così i quattro sono andati in strada, anche qui alternandosi alla guida e filmandosi a vicenda tra le strade di Giussano e dei comuni limitrofi di Mariano Comense, Briosco e Verano Brianza.Lo scopo, hanno poi raccontato, era quello di registrare una storia da postare sulla pagina social denominata “maresciallo_ciprendi” e ricevere quanti più like possibile.Durante queste due notti brave la Fiat 500 ha riportato numerosi ed evidenti danni alle fiancate, paraurti e fanali, ma ha anche danneggiato due auto in sosta e un cancello.I carabinieri hanno così ascoltato anche la nonna del 16enne che proprio qualche giorno prima aveva parlato con il nipote di quanto accaduto a Roma, del bambino morto per colpa degli Youtuber di The Borderline, facendogli capire quanto fosse sbagliato.Al termine degli accertamenti sono state elevate sanzioni 

due pesi e due misure il caso Leonardo La Russa ed il caso Ciro Grillo


Inizio il post con una battuta << A Leonardo Apache non è stato sequestrato il cellulare. Comunica con i segnali di fumo >> cit
Indice - Spinoza Forum d'oggi 9\7\2023 .
 Per i giornali di destra ,#CiroGrillo denunciato per stupro era colpevole da subito ed il padre [ #BeppeGrillo ] che lo difendeva un stupratore . Invece #larussa è un lord inglese



. ecco sempre da il Fatto Quotidiao d'oggi le pagine dell'epoca del caso di Ciro Grillo

che schifo e che vergogna . In quello che ha detto il Presidente del Senato Ignazio La Russa sul figlio accusato di violenza sessuale non c’è nulla che non sia culturalmente sbagliato, profondamente sessista, amoralmente familista e politicamente inopportuno
In sole dieci righe La Russa è riuscito nell’impresa di: Sostituirsi agli inquirenti stabilendo, senza alcun titolo o competenza, che “mio figlio è innocente e non c’è nulla di penalmente rilevante”.
Colpevolizzare la vittima (vera o presunta non spetta a lui stabilirlo): “Aveva assunto cocaina”. E quindi? Mettere in discussione non solo la sua versione (“Appariva tranquilla”) ma anche i quaranta giorni occorsi per la denuncia, come se esistesse un tempo massimo per denunciare uno stupro. Infine pure un tocco di paternalismo tossico. “Sicura è la forte reprimenda per aver portato in casa nostra una ragazza con cui non aveva un rapporto consolidato. E nessun altro rimprovero". Insomma, il repertorio classico di quei padri egoriferiti, machisti e iperprotettivi, di cui La Russa, in questo caso, è un indegno rappresentante. Lo stesso che disse che ci sarebbe rimasto male “se avesse avuto un figlio gay”. La summa di tutto ciò che un padre non dovrebbe mai fare, dire o essere. Figuriamoci la seconda carica dello Stato. Un Presidente del Senato a prescindere dallo schieramento politico d'appartenza che ha un figlio o coinvolto in un fatto come qiuesto , come minimo dovrebbe tacere fino alla fine delle indagini, lui proprio si dovrebbe vergognare per quello che ha detto ma non sa neanche cosa sia la vergogna. E il problema è che quest'uomo in teoria sta in Senato per noi.

8.7.23

È sconvolgente, e al tempo stesso emblematica, la storia di Francesca Galati, colevole di un doppio lavoro per mantere la famiglia

 
È sconvolgente, e al tempo stesso emblematica, la storia di Francesca Galati, ne avevo accenato qui sul blog , la bidella 51enne di Vicenza multata di oltre 2.000 euro dal Ministero dell’Istruzione.  



La sua “colpa”? 

Aver lavorato oltre che come bidella come cameriera. Francesca non guadagnava abbastanza per poter mantenere una famiglia con due figli, ed è stata costretta a lavorare la sera in un bar per arrotondare il
suo stipendio scolastico. Il tutto pagando fino all’ultimo centesimo di tasse.Solo che non ha avvisato la dirigente scolastica dell’Istituto per cui lavora, ritrovandosi una multa da 2170 euro. Semplicemente, non sapeva di doverlo fare Ma soprattutto una legge ingiusta perché il secondo lavoro non era incontrastato con il primo .


 
Un peccato veniale in un Paese in cui 30 milioni a un condannato per mafia è considerato un “fatto privato” e una ministra non si dimette nemmeno di fronte ad un’indagine per falso in bilancio e bancarotta. Perfetto esempio di uno Stato debole coi forti e forte coi deboli.Meno male che un po' di umanità ancora c'è vista Immediata la (meravigliosa) ondata di generosità da parte di tanti che hanno offerto di aiutarla con una colletta. Per quello che vale, aggiungo anch'io , totale solidarietà e vicinanza a Francesca Galati. 

Ma in pochi hanno colto l’aspetto davvero sconvolgente: l’idea che in Italia una dipendente pubblica sia costretta a fare due lavori e orari massacranti per poter arrivare a fine mese. E vivere dignitosamente senza delinquete E invece di essere sostenuta, viene pure bastonata. Per questo non basterà una colletta purtroppo

6.7.23

In Sardegna esisteva un allevamento di struzzi: sapete dove e quando


In Sardegna esisteva un allevamento di struzzi: sapete dove e quando?

I primi esemplari di struzzo portati in Ogliastra provenivano dalla Germania.
29 Giugno 2023 12:50 La Redazione


La bellezza di 110 anni fa, nel 1910, nasceva a Tortolì un allevamento di struzzi, grazie all’intuizione del maestro elementare Peppino Meloni. Un’attività imprenditoriale che andò avanti, con successo, fino agli anni Trenta.
Lo scopo principale di un tale originale allevamento era legato al commercio delle piume, che all’epoca erano molto di moda e si usavano per decorare i cappelli, gli abiti femminili e i boa (sciarpe tubolari).
I primi esemplari di struzzo portati in Ogliastra provenivano dalla Germania. Si riprodussero molto velocemente e poco tempo dopo, a Baccasara, nella piana di Tortolì, fu creato uno stabilimento più grande e completo in un terreno di ben 26 ettari, dove Meloni arrivò ad avere ben 175 esemplari.
Come riporta Wikipedia, la produzione era talmente abbondante che le piume vennero vendute non solo in Italia, ma anche all’estero. Alcuni struzzi vennero inoltre addomesticati e addestrati in modo da poterli cavalcare ed abituarli a trainare il sulky e il calesse e fu allestito proprio in questa ottica anche uno struzzodromo. Il 24 maggio 1921 il re d’Italia Vittorio Emanuele III visitò lo struzzodromo tortoliese e conferì il titolo di Cavaliere della Croce al merito della Corona d’Italia al proprietario dell’allevamento, Peppino Meloni.
L’attività terminò negli anni Trenta, all’avvento della Guerra, quando piume e struzzi cessarono d’essere ricercati. Sull’avventura imprenditoriale di Peppino Meloni il fumettista baunese Bepi Vigna ha scritto anni fa un libro e poi uno spettacolo “L’uomo che sognava gli struzzi”.
«Vigna ha portato, prima nel suo libro e poi in teatro, la vera storia di Peppino Meloni, un visionario che riesce a realizzare il suo sogno, nel mezzo dell’Ogliastra, ovvero: un allevamento di struzzi. I sogni diventano realtà. Basta crederci, anche perché solo sognare ci rende vivi».

diario di bordo n 98 anno III i no vax raccolgono quello che hanno seminato , caso Ramy Elgam gli abusi e la mancanza di rispetto del potere ,acca larentia uso distorto e strumentale del ricordo

Finalmente i anzi dei * no vax ( ovviamente senza generalizzare in quanto esistono come fra i vax quelli civili ed rispettosi ) trovano pane...