poesie orali

A un pastore poeta il premio per i più bei versi in limba


dala nuova ardegna del 16`02`2009

Bonorva istituisce una sezione speciale del «Mossa» per ricordare Peppe Sozu, il vincitore è Salvatore Murgia che ha imparato l’arte ascoltando il padre nell’ovile

BONORVA. Un secolo e mezzo fa il canonico Giovanni Spano la definì “la Siena sarda” per la dolcezza della sua parlata logudorese immune dai suoni aspri di qualche area del nord Sardegna. Una bellissima nomea, quella di Bonorva: invidiata, perfino. Ancora viva, per di più, anzi via via sostanziata nel tempo dai contributi culturali successivi alla morte del benemerito studioso di Ploaghe che fra gli altri titoli ebbe anche quello di senatore del Regno di Sardegna. Ci riferiamo al poeta di meditazione Paolo (“Paulicu”) Mossa, un nome ormai mitico nella storia della letteratura in lingua sarda, al linguista Antonio Sanna, ai poeti orali Barore Testone (1865-1945) e Peppe Sozu (1914-2008), più qualche estemporaneo di minor fortuna (Pedru Biosa, Bachis Testone, Nanneddu Solinas, Pedru Murone, altri ancora). E ci si riferisce, infine, all’amatissimo Angelo Dettori, poeta dalla sensibilità raffinata e autorevole direttore storico della rivista bilingue “S’Ischiglia”.
Puntuale come sempre nel ricordo dei suoi cittadini più illustri e meritevoli, la comunità di Bonorva si appresta a onorare Peppe Sozu nel primo anniversario della sua scomparsa. Lo fa con una dedica senza limiti cronologici: una nuova sezione del premio letterario intitolato a Paolo Mossa d’ora in avanti avrà il nome dell’estemporaneo che per oltre cinquant’anni è stato un beniamino del pubblico delle gare poetiche di piazza, segnando con la sua presenza una delle tappe fondamentali dell’intera storia di questo singolare genere letterario.
L’idea è di un amministratore comunale: Francesco Falchi, giovane vicesindaco, oltre che assessore alla cultura. “Mi sembrava il minimo che potessimo fare, per ora”, racconta lui. “Bonorva, del resto, ha sempre manifestato grande stima e affetto nei confronti di tiu Peppe. Nel 1990 gli ha dedicato una grande festa pubblica per il mezzo secolo di carriera sui palchi delle sagre paesane”. Ma già un anno prima di diventare vicesindaco Francesco Falchi, anno 2005, ha riportato in vita il concorso letterario che aveva avuto una lunga pausa dopo la morte prematura del suo fondatore, l’insegnante Tore Tedde. Come amministratore municipale, l’assessore Falchi ha poi trovato un’ottima sponda nel suo sindaco Mimmino Deriu, altro fervente estimatore dei poeti bonorvesi di oggi e di ieri e non solo.
“Quattro anni fa abbiamo costituito un’associazione intitolata a Paolo Mossa e bandito nuovamente il concorso”, ricorda Francesco Falchi. “Per noi era già allora una grande soddisfazione, oggi è diventato un impegno non piccolo. Personalmente mi sento sempre più onorato di rappresentare il mio paese in questo ambito”. Nei giorni scorsi la giuria del premio letterario bonorvese - presieduta da Nicola Tanda, professore emerito dell’ateneo sassarese - ha esaminato le centinaia di poesie e prose in concorso, stabilendo anche le graduatorie delle varie sezioni. La festa della premiazione è prevista nella prima settimana di marzo (a parte forniamo i risultati del “certamen”, sezione per sezione).
Su questa ricchezza specifica nel campo della poesia orale l’assessore Francesco Falchi ha in mente di approfondire il discorso soprattutto per quanto riguarda la figura di Peppe Sozu, non soltanto con trascrizioni di testi poetici dell’estemporaneo illustre ma anche attraverso la raccolta di documenti fonici di dispute verbali con Peppe Sozu come protagonista insieme con altri suoi compagni di sfida in piazza: Remundu Piras, Antoni Piredda e Mario Màsala in particolare, nell’arco di un trentennio abbondante. Intanto è già pronta una copiosa raccolta di “modas”, i canti lunghi conclusivi delle gare poetiche fino al 1976, curata da un nipote del poeta scomparso, suo omonimo.
A proposito di “modas” e della notevole sapienza tecnica che richiedono a chi si cimenta in questa impresa divenuta ormai insolita, il vincitore della speciale sezione del concorso di Bonorva fa un ragionamento assai articolato e pieno di rimandi spirituali. “Intanto questo riconoscimento mi regala una felicità difficile da esprimere”, premette Salvatore Murgia. “Ho conosciuto bene Peppe Sozu, posso dire di essergli stato amico. Ricevere una gratificazione che porta il suo nome è un onore che non si misura con strumenti materiali”. Ma il poeta-pastore va oltre la dimensione personale. “Mi piace che gli ideatori del premio di Bonorva abbiano pensato a valorizzare un sapere di grande spessore come quello di comporre versi che girano su sé stessi senza mai zoppicare né perdere gli accenti tonici. Questa è un’eredità trasmessa a noi lungo i secoli: ne deriva il dovere preciso di tutelarla in ogni modo, anche se a coltivarla siamo rimasti in pochi”.
Ma come si impara ad architettare funambolismi verbali del genere, spesso simili a un rompicapo? “Non conosco una regola certa, posso solo sintetizzare la mia esperienza.”, risponde Salvatore Murgia. “Io ho imparato da ragazzino, ascoltando mio padre che nelle partenze e nei ritorni sulla tragitto casa-ovile e viceversa sul suo cavallo cantava sempre le ‘modas’ dei grandi Pitanu Morete di Tresnuraghes e Pedru Caria di Macomer, i cosiddetti cantori maledetti. Assimilare il ritmo del canto è fondamentale perché ti fa entrare nella musicalità caratteristica della poesia orale. Senza questa base indispensabile diventa impossibile comporre ‘modas’. Voglio dire che ci riesce soltanto chi ha il dono di improvvisare il verso, oltre che di comporlo agevolmente a tavolino. Le eccezioni sono davvero pochissime. Nel tempo ho dedicato almeno uno di questi componimenti a quasi tutti i miei amici più cari ma debbo dire che non tutti sono riusciti a rispondermi”.
Davanti a difficoltà obiettive di rilievo, come si comporta il poeta? “La difficoltà, in fondo, per me è soltanto un ostacolo apparente”, osserva Murgia. “Direi anzi che il disagio teorico diventa subito uno stimolo pratico: chi compone si ritrova in perfetta solitudine e si mette in gioco con un sapere ereditato, quasi succhiato con il latte materno: Ogni volta è sempre una prima volta: si cimenta con la sua sensibilità più nascosta e alla fine prova la gioia di chi ha superato una prova difficile”: Ma nessuno può cullarsi sugli allori, anzi deve tendere sempre al meglio. “In questo cammino le letture aiutano sicuramente molto. Io posso dire di essermi giovato delle composizioni di Remundu Piras e Peppe Sozu, creatori di ‘modas’ destinate a vincere il trascorrere del tempo: molti di questi gioielli sono conosciuti a memoria dagli appassionati”.
Nelle giornate lunghe e aspre di questo inverno tenacemente rigido sulla sua montagna di Pubusone, dove la neve cade spesso fitta e cullata dal vento, la notizia del premio di Bonorva è diventata per Salvatore Murgia un annuncio di primavera abbondante.
“Sono in campagna da oltre sessant’anni”, confida. “Ma non avevo mai visto niente di simile dal punto di vista della durata delle piogge. Mi consolo pensando a una verità tramandata dai nostri progenitori: anche quando rischia di diventare troppo insistente, l’acqua piovana è sempre una benedizione per il pastore”.



Riconoscimenti anche per prosatori e saggisti, in questa sezione vince una sassarese
E sul podio sono saliti in trenta
Un appuntamento importante non solo per chi ama la rima




BONORVA. Sono trenta - fra poeti, prosatori e saggisti - gli autori di componimenti in lingua sarda ad aver ricevuto riconoscimenti nel premio letterario bonorvese intitolato al grande Paolo Mossa, poeta di meditazione fra i più celebrati, morto nel 1892 e collocato nella prigione dorata del mito della memoria orale con l’appellativo affettuoso di Paulicu.
Alle quattro sezioni tradizionali se n’è aggiunta quest’anno una nuova di zecca, dedicata a Peppe Sozu, il famoso estemporaneo bonorvese scomparso poco meno di un anno fa, il 27 marzo del 2008.
Il vincitore di questa sezione riservata a composizioni dalla struttura metrica complicata, come le “modas” dei poeti estemporanei nelle sue articolazioni di modulo (trintases semplice, trintases retrogadu fioridu e tentu a maglia e molti altri ancora), e proprio per questo intitolata alla memoria di Peppe Sozu, è Salvatorangelo Murgia Niola di Macomer (Batòrdighi torradu). Al secondo posto Pinuccio Giudice Marras di Bono (Pro tiu Peppe Sozu), al terzo Angelo Porcheddu di Bànari (Atunzu). Siamo di fronte a tre personaggi di indubbio valore e di fama consolidata.
La sezione dedicata alla memoria di Angelo Dettori, l’intellettuale e poeta bonorvese noto anche per aver diretto a lungo la rivista bilingue “S’Ischiglia”, è divisa in due sottosezioni: quella riservata alla poesia in versi sciolti è stata vinta da Antonello Bazzu di Sassari (Comente a sa fine de su film), al secondo posto Giuseppe Tirotto di Castelsardo (Sereniddai), al terzo Vincenzo Mura di Pattada (Alas de mariposa). Quattro le menzioni d’onore: a Maria Sale di Chiaramonti, Mario Lucio Marras di Sassari, Rosanna Podda di Sorgono e Benito Saba di Sassari.
Nella poesia rimata il primo premio è andato a Giangavino Vasco di Bortigali (Unu manzanu de istiu), il secondo a Franco Piga di Romana (Benénnida die), il terzo a Domenico Mela di Castelsardo (Una ampulla di veddru). Tre le menzioni d’onore: a Salvatorangelo Murgia di Macomer, Giovanni Soggiu di Bonnanaro e Giovanni Arca di Castelsardo.
Nella sezione della saggistica, intitolata al compianto glottologo bonorvese Antonio Sanna - a lungo docente di linguistica sarda all’Università di Cagliari - il primo premio è stato vinto da Elena Casu di Sassari, il secondo da Cristiano Becciu di Ozieri, il terzo da Pier Giuseppe Branca di Sassari.
Nella prosa, sezione dedicata al fondatore e per anni animatore principale del premio “Mossa” - l’insegnante Tore Tedde, anch’egli bonorvese - il vincitore è Albino Pau di Bitti (Mortos de papiru), secondo Vincenzo Mura di Pattada (Giuanna e sas samunadoras), terzo Pietro Peigottu di Sassari (Sos tuvones).
Quattro infine le menzioni d’onore: a Maria Antonia Fara di Semestene, Francesco Dedola di Sorso, Giuseppe Delogu di Orune e Luigi Tatti di Arbus.

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