e poi vogliono il nucleare UN ANNO FA L’INCIDENTE NUCLEARE di Fukushima L'EMERGRNZA NOIN è FINITA


questo articolo dedicato  all'anniversario in questione


L'INTERVISTA

Nucleare, quell'invisibile paura
Parla un giapponese: «Tanti dubbi»

Satoshi Asami è un designer giapponese in Italia per lavoro



22/04/2011
di Monia Melis







La centrale nucleare Fukushima prima dell'esplosione (foto: GNU Free Documentation License)


SASSARI.
 A poco più di un mese dal terribile terremoto e tsunami che ha devastato il Giappone del nord ora il Paese fa i conti con il disastro nucleare. E si interroga su quanto era considerato normale, finora. Sull'energia, sulla ricostruzione e sulla mancata previsione della tragedia legata alla vecchia centrale di Fukushima. Intanto ci sono state conseguenze anche in Italia, dove il governo ha fatto marcia indietro sul nucleare. È la stessa energia che ha già fatto paura agli italiani nel 1986, subito dopo l'incidente di Chernobyl; allora la bocciarono nel referendum, ora le due consultazioni (quella nazionale, abrogativa, che quasi sicuramente salterà e quella regionale) rischiano di essere nettamente influenzate.
Il video.

Così, in questo contesto, vacillano anche in Giappone le certezze dei sostenitori e le abitudini dei cittadini che usufruiscono dell'abbondanza di energia nucleare. 
Parla Satoshi Asami, un giovane designer giapponese a Milano in occasione del Salone internazionale del mobile: «Per noi era, è, la normalità. Lo era fino a un mese fa. Ora tutto è cambiato, ci sono dubbi e fino a quando non si metterà in sicurezza la centrale di Fukushima non si risolverà tanto (si ipotizzano almeno nove mesi, ndr). Di certo- continua- non credo si continueranno a costruire centrali nucleari. Tutti hanno visto cosa succede nei casi peggiori, come questo. E non eravamo preparati, nemmeno noi».
E fa il confronto con il sisma e i protocolli da seguire: «Sappiamo cosa fare nel caso ci siano alcune scosse, non certo potenti come quella di marzo... Ma c'è un modo definito di affrontare la situazione, fin da bambini si fanno esercitazioni a scuola e abbiamo un elenco di cose da fare per cercare di salvarci. Invece non era stato previsto un incidente nucleare, e così ora le istruzioni le riceviamo man mano dalla tv. Ogni giorno abbiamo nuove informazioni: l'acqua dei rubinetti, anche a Tokyo, (a circa 300 chilometri da Fukushima, ndr) non può essere data ai bambini e ai neonati. Mentre si può usare comunque per lavarsi. I vestiti utilizzati nelle zone più esposte devono essre buttati. Non si vende né latte, né verdure e si va in giro con la maschera al carbonio». E poi ci sono continui controlli per le radiazioni: «Sono molto più frequenti, dobbiamo stare attenti e non superare i limiti previsti per un dato periodo di tempo, anche giornalieri». La capitale non è immune dai pericoli, il materiale inquinante è infatti arrivato fin lì e con la pioggia è finito nell'acquedotto, da qui i problemi con l'acqua corrente.

La ricostruzione e la questione energetica preoccupano anche i cittadini qualsiasi come Satoshi: «Secondo me non c'è una tecnologia migliore del nucleare, attualmente. Almeno a livello energetico. Ci sono le alternative rinnovabili: quelle prodotte dal sole, dal vento ma la loro efficenza è molto bassa. Lo stesso discorso vale per le centrali a carbone o termiche, costano tanto e producono poco. E in più le risorse naturali non sono infinite». A ciò si aggiunge il problema dellaposizione geografica e internazionale del Giappone, un Paese costiuito da isole: «Dobbiamo essere autosufficienti dal punto di vista energetico perché le diffidenze politiche con gli Stati vicini non ci consentono grossi scambi, dalla Cina, alla Russia fino alla Corea del Nord». E quindi? Quali sono le prospettive ora, cosa pensa la gente comune? «Tutti aspettano il ritorno alla normalità per capire. Ci sono tanti dubbi e il discorso sul nucleare sarà fatto solo dopo aver sistemato i problemi della centrale di Fukushima. In tutto il Giappone ci sono 55 centrali, non credo che in futuro se ne costruiranno altre». 
Il racconto del terremoto. L'11 marzo Satoshi Asami quando c'è stata la scossa, era nell'isola artificiale vicino a Tokyo, dove è stata costruita la Fiera. Era lì per lavoro, insieme a tante altre persone: «Pensavo di morire - dice - quando è finito siamo rimasti bloccati lì. Non funzionavano gli autobus, né i treni, né la metro; allora ho iniziato a camminare verso casa, distante circa 25 chilometri. Tutti andavano a piedi in una città trasformata, svuotata. Ci ho messo dieci ore per arrivare, di solito impiego meno di tre quarti d'ora. A metà tragitto ho ricevuto un'email dei miei genitori che mi comunicavano che la metro aveva ripreso a funzionare, prima dei mezzi di superficie». L'appartamento standard di 26 metri quadrati era ancora in piedi: «Sono entrato e la casa era a soqquadro, era come se fossero appena entrati i ladri. I mobili spostati, gli oggetti ovunque e il forno a micronde a terra. Ma nulla di grave, solo un buco nel muro». 

 mi fa  venire  in mente  questo cartone della  mia  infanzia
                                                   
                                                 


Infatti L’allarme in Giappone a un anno dal terremoto e dallo tsunami che hanno messo in ginocchio il Paese non è ancora rientrato. Migliaia di persone non hanno fatto ritorno nelle loro case nell’area intorno alla centrale. I bambini che risiedono a 200 chilometri di distanza dall’impianto, presentano ancora tracce di contaminazione. E l’1% delle circa 14 mila analisi svolte sugli alimenti dà ancora valori superiori alla norma   e poi   vogliono le centrali 

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