15.7.08

presentazione a tempio p ( OT ) dell'ultimo di Marcello fois

Il  12 c.m  si  è tenuta  all'ex mercato civico   la presentazione diel libro saggio   In Sardegna non c'è il mare. Viaggio nello specifico barbaricino (Laterza 2008)  di marcello  Fois ( foto  sotto al centro )




In sintesi il  libro  parla
 Spoller
 << La Barbagia d'inverno dunque. Per un barbaricino l'inverno è quasi una condizione naturale. Certo per chi è abituato a pensare alla Sardegna smeraldizzata, alla Sardegna come regione monostagionale, può sembrare una stranezza pensare alla montagna, al clima alpino, al freddo secco, alla neve... Eppure basta voltarsi dal mare alla terra e si possono vedere le montagne che si gettano nell'acqua    
Dentro a quelle montagne abita la sostanza di un territorio molto folklorizzato, ma ancora sconosciuto nella sostanza. Il territorio barbaricino rifiuta, direi quasi geneticamente, il concetto di "divertimentificio", la costa barbaricina rifiuta la condizione
di "Caraibi del Mediterraneo", che tanto piace ai tour operators improvvisati e ai turisti da gossip. Chi navigasse da Posada ad Arbatax lo capirebbe al volo. Chi cioè passasse per mare dalla costa gallurese, quella dove è sempre estate, a quella barbaricina dove le stagioni si alternano, vedrebbe a occhio nudo la differenza. È proprio l'inverno che da alla Barbagia quella profondità di territorio vivo, che differenzia il viaggiatore da! vacanziere. Perché come l'estate sostanzia il mare, l'inverno sostanzia i monti... a Nuoro, in Barbagia, d'inverno. Se veniste da queste parti, dunque, dove sono nato io, dovreste affrontare il tratto più straordinario dell'intera strada statale 131, dal mare fino all'interno, salendo appena sareste gratificati nella vista e nell'olfatto. Da Olbia a Nuoro tutto profuma  
>> Spoller
 Premetto che  non  ho anciora letto il libro  , però  sia  da come  è stato presentato   dai moderatori   (  Graziella  P  e  Daniele C  dela libreria  Max88 )    e da questa recensione  trovata   suIbs   << donata (09-07-2008) Una panoramica diversa per conoscere la vera Sardegna. Fois è sardo, e chi meglio di lui può portarci per mano in una terra che è ancora da scoprire? Ho letto il libro dopo aver letto un commento sulla Sardegna "vera" scritto sul prop
rio sito da un'altra autrice che apprezzo, Diana Lanciotti. L'avevo contattata per dirmi d'accordo con lei e lei mi ha consigliato questo libro. Pur non essendo sarda parla della Sardegna sconosciuta ai più e fa venire voglia di conoscerla. Io piano piano grazie a libri come questo la sto scoprendo. Quando ci andrò rinuncerò alla spiaggia per inoltrarmi dove "non c'è il mare"! >> fatta  da una  " continentale  "  e  non sarda  e quindi più obbiettiva  fa  bene sperare  .
Credo che leggero questo libro  soprtattutto dopo aver letto  dal sito dela casa  editrice questo    brano
<<
Formattazione dello scrittore sardo


Gli scrittori in Sardegna non sono un caso a pa
rte. È la Sardegna che è un caso a parte, gli scrittori semmai sono quanto di più omologato esista.
Nel campo delle arti, come si sa, omologazione fa rima con provincialismo. In tutto il mondo questo processo avviene direttamente, ma non in Sardegna. In Sardegna omologazione e provincialismo sono inversamente proporzionali: quanto più fai il non omologato, tanto più sei provinciale. In questo periodo il mito corrente pare essere «sono un cane sciolto», come se la Sardegna non avesse, fino a oggi, un'esperienza vastissima di cani sciolti. Chiunque ha un minimo di conoscenza di questa terra da un punto di vista delle arti, della politica, dell’economia, della Storia, sa che l'istituzione del «cane sciolto» ha prodotto danni e ritardi incommensurabili. Ergo, lo scrittore «cane sciolto», nella sua illusoria autonomia, diventa semplicemente uno che vuol correre per conto suo esattamente come il politico o l'imprenditore di turno. Il che di per sé non è un male, anzi è assolutamente lecito, a patto che non si voglia dare a intendere che procedere da soli sia l'unico modo di procedere. Anzi, che sia endemico dello scrittore. Anzi, che sia obbligatorio per lo scrittore sardo.
Perché allora sorge il dubbio che si faccia riferimento all'abusata, e ormai definitivamente liquidata, provinciale, appunto, figura
di scrittore che nasce dal niente, come un fungo irrorato di rugiada e baciato dalla buona sorte. Chi lo scrittore lo fa, sa che il genere «cane sciolto» è fra gli scrittori che soffrono di più: gavetta lunghissima, frustrazione non sempre controllata. Lo scrittore «cane sciolto» è quello che considera il proprio mestiere a partire dagli altri e mai da se stesso, un'altra contraddizione: non si è mai abbastanza «cani sciolti» da non discutere continuamente di cifre, di dati di vendita, di recensioni, quando si raggiungono, ma si è troppo «cani sciolti» per farsi venire in mente, a domanda, il nome di un giovane collega meritevole. Si è troppo «cani sciolti» per avere un passato, ma non troppo per dichiarare, ed enfatizzare, solo il presente. Il futuro, fortunatamente, non ci appartiene.
Il fatto è che, volenti o nolenti, che lo ammettiamo o meno, ci imbrattiamo il muso tutti dallo stesso trogolo. Il «cane sciolto» è soltanto un cane che mangia da solo, ma il paiolo è lo stesso. Il «cane sciolto» ha sofferto la fame, si è buttato nella mischia per spartirsi un osso, e quando non l'ha preso ha maledetto il padrone che tenendolo d'occhio ha detto, a lui come a tutti gli altri, «arrangiati, combatti», e ora che è
diventato un cane signorinu, ha dimenticato che senza quell'«arrangiati» sarebbe stato un cane morto, senza nerbo, senza stile e senza una nuova, confortevole, famiglia. Il «cane sciolto» racconta la storia che vogliamo sentire: un inno della propria improbabile endemica solitudinosa solitudine. Ma sa che sarebbe lecito raccontare una storia più complessa, forse meno accattivante, forse più prosaica, ma più reale: dalla pubblicazione dal tipografo a proprie spese, all'emozione del primo libro stampato sotto contratto, al lavoro, non solo solitario, che lo ha condotto verso la casa editrice nazionale, considerando il termine «nazionale» come evidenza di traguardo, evidentemente, inconfessatamente, da sempre agognato. Il percorso di tutti, insomma, di tutti quelli che ce la fanno, beninteso. Lo stesso identico trogolo. Poi c'è chi preferisce selezionare, rifarsi una biografia più consona a esigenze di «buon selvaggio» o «troglodita di genio», e chi è semplicemente quello che è: perfettamente integrato, ma assolutamente autonomo.
Sì, perché in Sardegna integrazione e autonomia non sono, paradossalmente, disgiunti, anzi sono una
Formattazione dello scrittore sardo chiave per aprire una reale ipotesi di cambiamento: tanti scrittori autonomi, ma insieme, sono forti e fanno forte la loro terra. E pensate che per far questo non è necessario nemmeno amarsi vicendevolmente, sono previsti dibattiti e persino antipatie personali, basta amare un progetto superiore: per la Sardegna si sta insieme, assolutamente. I siciliani sono diventati grandi in questo modo, Bufalino prima di tutti. I «cani sciolti» sono esattamente quello che tutti si aspettano dagli scrittori sardi e non solo dagli scrittori: che sappiano di pecorino, che siano spicci nella forma, ma servili nella sostanza, che accontentino il padrone con sapori forti e obbedienza imperitura, che siano esotici quanto basta e, soprattutto, che dimentichino da dove sono venuti. Che regalino all'editore nazionale che li ha pubblicati belli fatti una nascita senza passare dal travaglio, di cui altri si sono occupati. Nessun cane mangia un altro cane tranne il cane sardo, l'ho scritto da qualche parte: datemi torto.
>>


Un sardismo  critico    , verso  quei sardi che  si dicono sardi  e fedelialle proprie tradizioni    dice  a parole  d'esere contro il modello italia   ma  che poi in realta lo accettano  in pieno. Critico  anche  verso quei sardi  che si chiudoino in se stessi , contro lil modelo  ottuso  d'identità  . Infatti   condivido con lui questo ragionamento l'identità  non è   chiusura in se stessi  o inn unasituazione immutabile , ma  aprirsi a
gli altri   confrontando , contaminando  ed integrando la propria  cultura    con   l'esterno  come ha  fatto  e sta facendo esempio in ambito musicale  e antropoligo  iol fetival  time  jazz   .  Fare  come  ha suggerito Michela  Murgia  (  autrice   di  Il mondo deve sapere )  nel  suo Viaggio in Sardegna, undici percorsi nell'isola che non si vede, Einaudi (ET Geografie, €12,50), ma  questa  è un'altra storia  di cui parlerò nei prossimi post

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