Il 12 c.m si è tenuta all'ex mercato civico la presentazione diel libro saggio In Sardegna non c'è il mare. Viaggio nello specifico barbaricino (Laterza 2008) di marcello Fois ( foto sotto al centro )
In sintesi il libro parla
Spoller
<< La Barbagia d'inverno dunque. Per un barbaricino l'inverno è quasi una condizione naturale. Certo per chi è abituato a pensare alla Sardegna smeraldizzata, alla Sardegna come regione monostagionale, può sembrare una stranezza pensare alla montagna, al clima alpino, al freddo secco, alla neve... Eppure basta voltarsi dal mare alla terra e si possono vedere le montagne che si gettano nell'acqua
Dentro a quelle montagne abita la sostanza di un territorio molto folklorizzato, ma ancora sconosciuto nella sostanza. Il territorio barbaricino rifiuta, direi quasi geneticamente, il concetto di "divertimentificio", la costa barbaricina rifiuta la condizione di "Caraibi del Mediterraneo", che tanto piace ai tour operators improvvisati e ai turisti da gossip. Chi navigasse da Posada ad Arbatax lo capirebbe al volo. Chi cioè passasse per mare dalla costa gallurese, quella dove è sempre estate, a quella barbaricina dove le stagioni si alternano, vedrebbe a occhio nudo la differenza. È proprio l'inverno che da alla Barbagia quella profondità di territorio vivo, che differenzia il viaggiatore da! vacanziere. Perché come l'estate sostanzia il mare, l'inverno sostanzia i monti... a Nuoro, in Barbagia, d'inverno. Se veniste da queste parti, dunque, dove sono nato io, dovreste affrontare il tratto più straordinario dell'intera strada statale 131, dal mare fino all'interno, salendo appena sareste gratificati nella vista e nell'olfatto. Da Olbia a Nuoro tutto profuma
>> Spoller
Premetto che non ho anciora letto il libro , però sia da come è stato presentato dai moderatori ( Graziella P e Daniele C dela libreria Max88 ) e da questa recensione trovata suIbs << donata (09-07-2008) Una panoramica diversa per conoscere la vera Sardegna. Fois è sardo, e chi meglio di lui può portarci per mano in una terra che è ancora da scoprire? Ho letto il libro dopo aver letto un commento sulla Sardegna "vera" scritto sul proprio sito da un'altra autrice che apprezzo, Diana Lanciotti. L'avevo contattata per dirmi d'accordo con lei e lei mi ha consigliato questo libro. Pur non essendo sarda parla della Sardegna sconosciuta ai più e fa venire voglia di conoscerla. Io piano piano grazie a libri come questo la sto scoprendo. Quando ci andrò rinuncerò alla spiaggia per inoltrarmi dove "non c'è il mare"! >> fatta da una " continentale " e non sarda e quindi più obbiettiva fa bene sperare .
Credo che leggero questo libro soprtattutto dopo aver letto dal sito dela casa editrice questo brano
<<
Formattazione dello scrittore sardo
Gli scrittori in Sardegna non sono un caso a parte. È la Sardegna che è un caso a parte, gli scrittori semmai sono quanto di più omologato esista.
Nel campo delle arti, come si sa, omologazione fa rima con provincialismo. In tutto il mondo questo processo avviene direttamente, ma non in Sardegna. In Sardegna omologazione e provincialismo sono inversamente proporzionali: quanto più fai il non omologato, tanto più sei provinciale. In questo periodo il mito corrente pare essere «sono un cane sciolto», come se la Sardegna non avesse, fino a oggi, un'esperienza vastissima di cani sciolti. Chiunque ha un minimo di conoscenza di questa terra da un punto di vista delle arti, della politica, dell’economia, della Storia, sa che l'istituzione del «cane sciolto» ha prodotto danni e ritardi incommensurabili. Ergo, lo scrittore «cane sciolto», nella sua illusoria autonomia, diventa semplicemente uno che vuol correre per conto suo esattamente come il politico o l'imprenditore di turno. Il che di per sé non è un male, anzi è assolutamente lecito, a patto che non si voglia dare a intendere che procedere da soli sia l'unico modo di procedere. Anzi, che sia endemico dello scrittore. Anzi, che sia obbligatorio per lo scrittore sardo.
Perché allora sorge il dubbio che si faccia riferimento all'abusata, e ormai definitivamente liquidata, provinciale, appunto, figura di scrittore che nasce dal niente, come un fungo irrorato di rugiada e baciato dalla buona sorte. Chi lo scrittore lo fa, sa che il genere «cane sciolto» è fra gli scrittori che soffrono di più: gavetta lunghissima, frustrazione non sempre controllata. Lo scrittore «cane sciolto» è quello che considera il proprio mestiere a partire dagli altri e mai da se stesso, un'altra contraddizione: non si è mai abbastanza «cani sciolti» da non discutere continuamente di cifre, di dati di vendita, di recensioni, quando si raggiungono, ma si è troppo «cani sciolti» per farsi venire in mente, a domanda, il nome di un giovane collega meritevole. Si è troppo «cani sciolti» per avere un passato, ma non troppo per dichiarare, ed enfatizzare, solo il presente. Il futuro, fortunatamente, non ci appartiene.
Il fatto è che, volenti o nolenti, che lo ammettiamo o meno, ci imbrattiamo il muso tutti dallo stesso trogolo. Il «cane sciolto» è soltanto un cane che mangia da solo, ma il paiolo è lo stesso. Il «cane sciolto» ha sofferto la fame, si è buttato nella mischia per spartirsi un osso, e quando non l'ha preso ha maledetto il padrone che tenendolo d'occhio ha detto, a lui come a tutti gli altri, «arrangiati, combatti», e ora che è diventato un cane signorinu, ha dimenticato che senza quell'«arrangiati» sarebbe stato un cane morto, senza nerbo, senza stile e senza una nuova, confortevole, famiglia. Il «cane sciolto» racconta la storia che vogliamo sentire: un inno della propria improbabile endemica solitudinosa solitudine. Ma sa che sarebbe lecito raccontare una storia più complessa, forse meno accattivante, forse più prosaica, ma più reale: dalla pubblicazione dal tipografo a proprie spese, all'emozione del primo libro stampato sotto contratto, al lavoro, non solo solitario, che lo ha condotto verso la casa editrice nazionale, considerando il termine «nazionale» come evidenza di traguardo, evidentemente, inconfessatamente, da sempre agognato. Il percorso di tutti, insomma, di tutti quelli che ce la fanno, beninteso. Lo stesso identico trogolo. Poi c'è chi preferisce selezionare, rifarsi una biografia più consona a esigenze di «buon selvaggio» o «troglodita di genio», e chi è semplicemente quello che è: perfettamente integrato, ma assolutamente autonomo.
Sì, perché in Sardegna integrazione e autonomia non sono, paradossalmente, disgiunti, anzi sono unaFormattazione dello scrittore sardo chiave per aprire una reale ipotesi di cambiamento: tanti scrittori autonomi, ma insieme, sono forti e fanno forte la loro terra. E pensate che per far questo non è necessario nemmeno amarsi vicendevolmente, sono previsti dibattiti e persino antipatie personali, basta amare un progetto superiore: per la Sardegna si sta insieme, assolutamente. I siciliani sono diventati grandi in questo modo, Bufalino prima di tutti. I «cani sciolti» sono esattamente quello che tutti si aspettano dagli scrittori sardi e non solo dagli scrittori: che sappiano di pecorino, che siano spicci nella forma, ma servili nella sostanza, che accontentino il padrone con sapori forti e obbedienza imperitura, che siano esotici quanto basta e, soprattutto, che dimentichino da dove sono venuti. Che regalino all'editore nazionale che li ha pubblicati belli fatti una nascita senza passare dal travaglio, di cui altri si sono occupati. Nessun cane mangia un altro cane tranne il cane sardo, l'ho scritto da qualche parte: datemi torto.
>>
Un sardismo critico , verso quei sardi che si dicono sardi e fedelialle proprie tradizioni dice a parole d'esere contro il modello italia ma che poi in realta lo accettano in pieno. Critico anche verso quei sardi che si chiudoino in se stessi , contro lil modelo ottuso d'identità . Infatti condivido con lui questo ragionamento l'identità non è chiusura in se stessi o inn unasituazione immutabile , ma aprirsi a gli altri confrontando , contaminando ed integrando la propria cultura con l'esterno come ha fatto e sta facendo esempio in ambito musicale e antropoligo iol fetival time jazz . Fare come ha suggerito Michela Murgia ( autrice di Il mondo deve sapere ) nel suo Viaggio in Sardegna, undici percorsi nell'isola che non si vede, Einaudi (ET Geografie, €12,50), ma questa è un'altra storia di cui parlerò nei prossimi post
In sintesi il libro parla
Spoller
<< La Barbagia d'inverno dunque. Per un barbaricino l'inverno è quasi una condizione naturale. Certo per chi è abituato a pensare alla Sardegna smeraldizzata, alla Sardegna come regione monostagionale, può sembrare una stranezza pensare alla montagna, al clima alpino, al freddo secco, alla neve... Eppure basta voltarsi dal mare alla terra e si possono vedere le montagne che si gettano nell'acqua
Dentro a quelle montagne abita la sostanza di un territorio molto folklorizzato, ma ancora sconosciuto nella sostanza. Il territorio barbaricino rifiuta, direi quasi geneticamente, il concetto di "divertimentificio", la costa barbaricina rifiuta la condizione di "Caraibi del Mediterraneo", che tanto piace ai tour operators improvvisati e ai turisti da gossip. Chi navigasse da Posada ad Arbatax lo capirebbe al volo. Chi cioè passasse per mare dalla costa gallurese, quella dove è sempre estate, a quella barbaricina dove le stagioni si alternano, vedrebbe a occhio nudo la differenza. È proprio l'inverno che da alla Barbagia quella profondità di territorio vivo, che differenzia il viaggiatore da! vacanziere. Perché come l'estate sostanzia il mare, l'inverno sostanzia i monti... a Nuoro, in Barbagia, d'inverno. Se veniste da queste parti, dunque, dove sono nato io, dovreste affrontare il tratto più straordinario dell'intera strada statale 131, dal mare fino all'interno, salendo appena sareste gratificati nella vista e nell'olfatto. Da Olbia a Nuoro tutto profuma
>> Spoller
Premetto che non ho anciora letto il libro , però sia da come è stato presentato dai moderatori ( Graziella P e Daniele C dela libreria Max88 ) e da questa recensione trovata suIbs << donata (09-07-2008) Una panoramica diversa per conoscere la vera Sardegna. Fois è sardo, e chi meglio di lui può portarci per mano in una terra che è ancora da scoprire? Ho letto il libro dopo aver letto un commento sulla Sardegna "vera" scritto sul proprio sito da un'altra autrice che apprezzo, Diana Lanciotti. L'avevo contattata per dirmi d'accordo con lei e lei mi ha consigliato questo libro. Pur non essendo sarda parla della Sardegna sconosciuta ai più e fa venire voglia di conoscerla. Io piano piano grazie a libri come questo la sto scoprendo. Quando ci andrò rinuncerò alla spiaggia per inoltrarmi dove "non c'è il mare"! >> fatta da una " continentale " e non sarda e quindi più obbiettiva fa bene sperare .
Credo che leggero questo libro soprtattutto dopo aver letto dal sito dela casa editrice questo brano
<<
Formattazione dello scrittore sardo
Gli scrittori in Sardegna non sono un caso a parte. È la Sardegna che è un caso a parte, gli scrittori semmai sono quanto di più omologato esista.
Nel campo delle arti, come si sa, omologazione fa rima con provincialismo. In tutto il mondo questo processo avviene direttamente, ma non in Sardegna. In Sardegna omologazione e provincialismo sono inversamente proporzionali: quanto più fai il non omologato, tanto più sei provinciale. In questo periodo il mito corrente pare essere «sono un cane sciolto», come se la Sardegna non avesse, fino a oggi, un'esperienza vastissima di cani sciolti. Chiunque ha un minimo di conoscenza di questa terra da un punto di vista delle arti, della politica, dell’economia, della Storia, sa che l'istituzione del «cane sciolto» ha prodotto danni e ritardi incommensurabili. Ergo, lo scrittore «cane sciolto», nella sua illusoria autonomia, diventa semplicemente uno che vuol correre per conto suo esattamente come il politico o l'imprenditore di turno. Il che di per sé non è un male, anzi è assolutamente lecito, a patto che non si voglia dare a intendere che procedere da soli sia l'unico modo di procedere. Anzi, che sia endemico dello scrittore. Anzi, che sia obbligatorio per lo scrittore sardo.
Perché allora sorge il dubbio che si faccia riferimento all'abusata, e ormai definitivamente liquidata, provinciale, appunto, figura di scrittore che nasce dal niente, come un fungo irrorato di rugiada e baciato dalla buona sorte. Chi lo scrittore lo fa, sa che il genere «cane sciolto» è fra gli scrittori che soffrono di più: gavetta lunghissima, frustrazione non sempre controllata. Lo scrittore «cane sciolto» è quello che considera il proprio mestiere a partire dagli altri e mai da se stesso, un'altra contraddizione: non si è mai abbastanza «cani sciolti» da non discutere continuamente di cifre, di dati di vendita, di recensioni, quando si raggiungono, ma si è troppo «cani sciolti» per farsi venire in mente, a domanda, il nome di un giovane collega meritevole. Si è troppo «cani sciolti» per avere un passato, ma non troppo per dichiarare, ed enfatizzare, solo il presente. Il futuro, fortunatamente, non ci appartiene.
Il fatto è che, volenti o nolenti, che lo ammettiamo o meno, ci imbrattiamo il muso tutti dallo stesso trogolo. Il «cane sciolto» è soltanto un cane che mangia da solo, ma il paiolo è lo stesso. Il «cane sciolto» ha sofferto la fame, si è buttato nella mischia per spartirsi un osso, e quando non l'ha preso ha maledetto il padrone che tenendolo d'occhio ha detto, a lui come a tutti gli altri, «arrangiati, combatti», e ora che è diventato un cane signorinu, ha dimenticato che senza quell'«arrangiati» sarebbe stato un cane morto, senza nerbo, senza stile e senza una nuova, confortevole, famiglia. Il «cane sciolto» racconta la storia che vogliamo sentire: un inno della propria improbabile endemica solitudinosa solitudine. Ma sa che sarebbe lecito raccontare una storia più complessa, forse meno accattivante, forse più prosaica, ma più reale: dalla pubblicazione dal tipografo a proprie spese, all'emozione del primo libro stampato sotto contratto, al lavoro, non solo solitario, che lo ha condotto verso la casa editrice nazionale, considerando il termine «nazionale» come evidenza di traguardo, evidentemente, inconfessatamente, da sempre agognato. Il percorso di tutti, insomma, di tutti quelli che ce la fanno, beninteso. Lo stesso identico trogolo. Poi c'è chi preferisce selezionare, rifarsi una biografia più consona a esigenze di «buon selvaggio» o «troglodita di genio», e chi è semplicemente quello che è: perfettamente integrato, ma assolutamente autonomo.
Sì, perché in Sardegna integrazione e autonomia non sono, paradossalmente, disgiunti, anzi sono unaFormattazione dello scrittore sardo chiave per aprire una reale ipotesi di cambiamento: tanti scrittori autonomi, ma insieme, sono forti e fanno forte la loro terra. E pensate che per far questo non è necessario nemmeno amarsi vicendevolmente, sono previsti dibattiti e persino antipatie personali, basta amare un progetto superiore: per la Sardegna si sta insieme, assolutamente. I siciliani sono diventati grandi in questo modo, Bufalino prima di tutti. I «cani sciolti» sono esattamente quello che tutti si aspettano dagli scrittori sardi e non solo dagli scrittori: che sappiano di pecorino, che siano spicci nella forma, ma servili nella sostanza, che accontentino il padrone con sapori forti e obbedienza imperitura, che siano esotici quanto basta e, soprattutto, che dimentichino da dove sono venuti. Che regalino all'editore nazionale che li ha pubblicati belli fatti una nascita senza passare dal travaglio, di cui altri si sono occupati. Nessun cane mangia un altro cane tranne il cane sardo, l'ho scritto da qualche parte: datemi torto.
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Un sardismo critico , verso quei sardi che si dicono sardi e fedelialle proprie tradizioni dice a parole d'esere contro il modello italia ma che poi in realta lo accettano in pieno. Critico anche verso quei sardi che si chiudoino in se stessi , contro lil modelo ottuso d'identità . Infatti condivido con lui questo ragionamento l'identità non è chiusura in se stessi o inn unasituazione immutabile , ma aprirsi a gli altri confrontando , contaminando ed integrando la propria cultura con l'esterno come ha fatto e sta facendo esempio in ambito musicale e antropoligo iol fetival time jazz . Fare come ha suggerito Michela Murgia ( autrice di Il mondo deve sapere ) nel suo Viaggio in Sardegna, undici percorsi nell'isola che non si vede, Einaudi (ET Geografie, €12,50), ma questa è un'altra storia di cui parlerò nei prossimi post
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