20.6.06

Senza titolo 1346

finalmente qualcuno di  dicede a  rispondere a  quell'imbelle  di Vittorio Emanuel di Savoia

 fonte la nuova sardegna del 20\06\2006



LO SCANDALO SAVOIA «Non sono un lestofante e non puzzo»
Parla il meccanico di Alghero che ha scatenato le ire del principe «Occhio che quello anche se è nobile non paga, mi avevano avvertito i colleghi»

SASSARI.
Quando si tratta di debiti, non sempre nobiltà e ricchezza sono sinonimo di affidabilità. «I soldi dei pescatori, lo dico per esperienza, puzzeranno anche di pesce: ma sono onesti e arrivano sempre». Quelli dei più ricchi, al contrario, spesso si fanno desiderare. Così Angelo Angius, meccanico Caterpillar, non si è fatto incantare da stemmi e corone: prima di immergere la chiglia della barca di Vittorio Emanuele nelle acque di Castelsardo, ha preteso i suoi 15 mila euro.
 «Mi avevano avvertito dei colleghi, forse erano rimasti scottati: occhio che quello, anche se è principe, non paga». A luglio, dopo che in banca era stato varato un bonifico, anche il regale 12 metri riprende la via del mare. Ma un motore, qualche giorno dopo, fa le bizze. A due miglia dalla costa si leva l’ira dei Savoia. L’11 luglio, alle 18,10, sua altezza furibonda chiama il suo segretario particolare Gian Nicolino Narducci: N:VE: «Io abbastanza bene». N: «Ma ho saputo che la barca questa mattina non andava». VE: «Per me non hanno revisionato i motori. Hanno fatto finta e ce li hanno fatti pagare per rubarci e basta. Son sicuro. Perché non vanno mica bene, sa? Non cammina mica bene la barca». N: «Ma roba da...». VE: «Sa, sono sardi, sono pezzi di merda, sono eh! Ohu!». N: «Una cosa vergognosa, vergognosa». Ve: «No, ma io in Sardegna vado soltanto al ristorante perché si mangia bene. Vado a comprare delle co... Non voglio più ma neanche che mi guardino la barca!». N: sospira. VE:N: «Ma robe da pazzi». VE: «Vede. Ma tanto lì... senta, quei sardi lì, l’unica cosa che sanno fare, è incul... le capre». N: «Ecco...». Ve: «E basta...». N: «E basta. Perchè loro amano le capre. (ride)». VE: «Sì. E poi puzzano la stessa cosa». N: «Puzzano che fanno schifo». VE: «Ma tra un diesel e una capra, non lo possono mica incul... un diesel, eh!». N: «Gli chiedo i danni... ci hanno rubato 30 mila euro». VE: «Si, ma io lo uccido per quello. Lo uccido».
 Ora: un motore che ti pianta in asso in mezzo al mare è una di quelle cose capaci di far sbarellare l’eloquio di qualsiasi animo, anche del più compassato e regale . Ma un rigurgito verbale così feroce è difficile immaginarselo fuoriuscire a fiotti da un’ugola principesca. Ed è una volgarità ancora più fastidiosa perché spalmata a macchia d’olio su un’intera isola. I commenti più sobri che si leggono su Internet suonano così: «I Savoia non si ricordano quando i sardi gli hanno salvato il cu...?». E ancora: «Redimerda, se vieni ancora qui ti diamo in pasto ai maiali».
 Lo stesso Angelo Angius, titolare della Nautica Service di Alghero, non l’ha presa benissimo. «Mi sento toccato in prima persona. Non fa piacere passare per incompetente e lestofante. Ho subito un danno di immagine come professionista e mi sento offeso come sardo». Il principe l’ha conosciuto nel 2004. «La sua barca, che poi non è questo granché, un catorcio di 12 metri vecchio di vent’anni, aveva problemi al motore. Uno dei due Caterpillar da 375 cavalli non partiva. Gli ho fatto un primo intervento». Si trattava di una riparazione provvisoria: «Servivano dei lavori ben più radicali all’impianto di iniezione». Finita la stagione, a zonzo tra Santa Teresa e la Corsica, lo skipper Savoia lascia in consegna l’imbarcazione per la revisione. «Non avevamo stabilito nessuna data di consegna. A metà giugno il principe mi chiama: è pronta la barca? Guardi che io devo andare in vacanza, c’ho gli ospiti. Mi raccomando. Con un tono da ricco viziato». Quanto alla puzza: «Io con lui ho avuto a che fare solo per telefono, non l’ho mai incontrato», e difficilmente una cornetta può restituire odori, compresi quelli di officina. Luglio si avvicina e il pressing aumenta. «Mi chiama lo skipper, e poi Narducci: ma come, non si fida? Le pare che un principe possa non pagarla?». La signora Marina Doria, ha ben altri toni: «Se non ci consegna subito la barca, mi ha detto, se la vedrà con i miei avvocati». Angelo Angius, in bilico tra diffidenza sarda e saggezza professionale, punta i piedi: «Col cavolo che la mettevo in acqua: a quel punto il proprietario ha il diritto di riprendersi la barca, e chi li rivede i soldi?». Arriva il bonifico e lo yacht parte per Cavallo. «Mi telefona lo skipper, è molto seccato: il motore fa fumo, venga subito». L’appuntamento è a S. Teresa: «Avevano fatto rifornimento con gasolio sporco. Ho ripulito il serbatoio e cambiato i filtri. Problema risolto». Prezzo dell’intervento: niente, tutto gratis.
Gentile omaggio, di un sardo, a sua maestà.«Buonasera altezza reale, come va?». « Perché io adesso c’ho la barca che non va dopo aver pagato 35 mila euro! Ohu!... non c’è nessuna revisione fatta da quei figli di puttana! Puttana di Dio! E allora? Che quel coso lì... e che non venga sin qui... perché rischio di revolverarlo, eh!».


--------------------
 Poichè i continentali i diranno  che    riporto solo le testimonianze dei sardi  , riporto la testimonianza di un  " continentale "    d'adozione   
Rombodituono sospende l’allenamento con gli azzurri e si sfoga con i giornalisti« I sardi sudano perché lavorano» Dura replica di Gigi Riva ai giudizi sprezzanti e volgari del Savoia
DUISBURG.
«I sardi puzzano perchè sudano. Sono abituati a lavorare al contrario di qualcuno nato nella bambagia che nella vita non ha fatto altro che vendere, di tanto in tanto, qualche quadro». Gigi Riva sfila la maglia dell’attaccante e, per una volta, indossa quella del difensore. Nel ritiro azzurro di Duisburg, un angolo di Germania dove vivono 200mila nostri corregionali, sfoglia le pagine dei quotidiani nazionali e fa un salto sulla sedia quando legge l’opinione che Vittorio Emanuele di Savoia ha dei sardi.
 «Gente di merda - dice volgarmente il principe di casa Savoia in una delle tante intercettazioni ordinate dalla Procura della Repubblica di Potenza, in un’indagine che spazia dallo sfruttamento della prostituzione all’associazione per delinquere -. Gente che puzza, abituata a convivere (ed è un eufemismo) con le capre». Un giudizio sprezzante e assolutamente gratuito. Un insulto che Rombodituono, sardo di Leggiuno, non digerisce.
 Quando riconosce l’inviato della “Nuova” nel gruppo di giornalisti presenti all’ellenamento della Nazionale, interrompe i discorsi sul pallone e si toglie il peso dallo stomaco: «Ho letto che Vittorio Emanuele di Savoia non ha una grande opinione dei sardi. Ha detto che puzzano dimenticando che se puzzano è perchè sudano. Perchè da sempre sono abituati a lavorare. Mica come qualcuno che ha avuto la fortuna di nascere nella bambagia e in vita sua non ha fatto altro che vendere, di tanto in tanto, qualche quadro».
 Parole dure e orgogliose. Parole pesate con attenzione da parte di chi, non sardo ma sardo di elezione, ha scelto di mettere radici nell’isola.
 «I miei figli sono sardi - ha detto con orgoglio Gigi Riva -. La mia nipotina è nata Cagliari. Certe affermazioni mi lasciano allibito. A maggior ragione se penso a tutte le attenzione che il nostro paese ha riservato a questo signore. Abbiamo modificato la Costituzione, lo abbiamo accolto con tutti gli onori ed ecco come veniamo ripagati. Io non entro nel merito dell’inchiesta giudiziaria - ha concluso l’ex bomber rossoblù e della nazionale italiana - ma non posso accettare che l’Isola venga insultata da chi non si è mai dovuto sporcare le mani in vita sua».
 «E’ facile parlare di puzza - conclude amaramente Gigi Riva - per chi profuma di Chanel, ma provi il signor Vittorio Emanuele a guadagnarsi da vivere con un gregge di pecore e un fazzoletto terra. Provi che cosa vuol dire lavorare e chissà che non impari a tenere la bocca chiusa».


Senza titolo 1345

SALVIAMO LA COSTITUZIONE, le ragioni di un NO
di Antonio V. GELORMINI

   
Charles Louis de Montesquieu nella sua idea di stato moderno aveva fatto ricorso alla metafora della diligenza per rappresentare e affermare la dottrina della separazione e dell’indipendenza dei tre poteri fondamentali dello stato: il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario (i cavalli trainanti), equilibrati, coordinati e influenzati dai vari organi previsti nella prassi costituzionale di ogni nazione civile (le redini, le briglie e i finimenti).

L’assalto alla diligenza di Montesquieu è stato poderoso e irresponsabile, col rischio di avere effetti davvero devastanti sugli equibri complessivi della Carta Costituzionale. L'hanno chiamata riforma “federalista” per non dare nell’occhio e non mettere paura. In realtà, il testo votato dall'allora maggioranza cambierebbe radicalmente i connotati alla nostra Costituzione.

Certo la Costituzione italiana, nata in un contesto caratterizzato da equilibri di natura proporzionale, avverte oggi la necessità di interventi per adeguarla e “aggiornarla” a una nuova e ben diversa realtà, dove un sistema maggioritario, sebbene incompiuto, ne evidenzia gradualmente limiti e distonie.
 
Al tempo stesso, ciò che la rende forte e inossidabile è la sua intrinseca modernità: frutto della lungimiranza dei Padri fondatori, che dopo aspri scontri e animatissime discussioni, durati circa un anno e mezzo, seppero trovare i percorsi d’incontro necessari a darle forza politica e alto spessore nei contenuti; approvandola a stragrande e qualificata maggioranza, con soli 60 voti contrari su 556.

Se Mortati, Barile o Calamandrei hanno dedicato interi capitoli dei loro trattati a questo argomento, è perché la nostra è una Costituzione giovane e dopo circa 60 anni, gran parte del disegno abbozzato nei suoi principi generali resta ancora tale e non è stato ancora realizzato. Esso, pertanto, va completato, magari aggiornato, certamente non distrutto.

Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, nel suo saggio breve edito dal Il Mulino – La Costituzione, 2004, ci ricorda che: “Nelle civiltà umane le leggi scritte si rivolgono dapprima e essenzialmente agli individui, ai soggetti, ai sudditi di coloro che esercitano l’autorità nella società. Sono l’espressione dell’autorità. Esse stabiliscono gli obblighi dei soggetti e fissano le sanzioni per coloro che li trasgrediscono”. E continuando nell’analisi-confronto aggiunge: “Le moderne Costituzioni, invece, vengono scritte per fissare i limiti al potere di chi comanda, per definire le condizioni e i modi in cui l’autorità deve essere esercitata e per fissare i diritti dei soggetti nei confronti dell’autorità, che non può legalmente violarli”.

Alla luce di queste considerazioni “illuminanti”, diventa ancora più devastante il tentativo di manomissione della Carta fondamentale della Repubblica. La riforma, sottoposta ora al quesito referendario, definisce una nuova forma di governo, modifica la forma di stato, cambia la struttura del Parlamento, assegna nuovi poteri agli organi di garanzia.

Con la riscrittura di ben 53 articoli, la Carta ne esce stravolta, lacerata e geneticamente modificata. Con il testo approvato nulla sarà come prima. Basterebbe pensare a cosa significa concretamente avere una situazione in cui non è più il Parlamento che sfiducia il capo del governo, bensì il capo del governo che sfiducia il Parlamento. Oppure pensare a cosa vuol dire un sistema in cui è il voto che fa aggio su tutto: chi è eletto non deve avere contrasti in Parlamento e nemmeno giudici in tribunale perché è stato eletto dal popolo.

Col rafforzamento dell’esecutivo, così come è concepito nell’attuale proposta, ci spiega Francesco Paolo Casavola – altro presidente emerito della Corte Costituzionale: “Si consolida una prassi preoccupante, viene meno la separazione tra potere esecutivo e legislativo, si scivola verso il governo personale. E il parlamento fa il sarto su misura”.

E poi aggiunge: “Un presidente del consiglio responsabile di un indirizzo politico, non può diventare di fatto il titolare dell’azione legislativa, il cui 80-90% è del governo, che chiama poi il parlamento ad una mera azione di ratifica. Anche il Capo dello Stato, con questa riforma, viene ad avere una funzione puramente notarile, se gli si toglie la decisione sullo scioglimento delle camere, si aggrava lo stato di onnipotenza del premier”.

Un potere riservato al Capo dello Stato presente anche nelle tradizioni delle moderne monarchie, dove il re scioglieva i parlamenti che non funzionavano, ma dove il re non era un giocatore in campo. Tale potere di scioglimento se non resta tra le prerogative di una figura di garanzia, diventa in pratica potere di intimidazione.

La Costituzione per sua natura non è di destra o di sinistra, e la nostra è ed stata per più di sessant’anni la casa di tutti gli italiani. Stiamo parlando di una legge fondamentale, della carta dei valori di fondo, dei diritti di tutti e delle regole per tutti. Parliamo di un testo, quindi, che proprio per questo fu voluto dall’Assemblea dei Costituenti “comprensibile”, leggibile nelle scuole o da chi non ha nozioni di diritto.

Sempre Valerio Onida ci ricorda che la nostra Costituzione “è scritta in un italiano scorrevole ed elegante” e il testo finale, redatto da gente che aveva studiato molto, venne sottoposto all’esame di un gruppo di letterati per renderlo ancora più accessibile all’opinione pubblica. Anche il linguaggio, d’altronde, è un termometro per misurare una vocazione democratica.

Prendiamo l’articolo 70, quello che riguarda la formazione delle leggi. Nel testo originale del ’47 sono due righe: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere”. Si capisce tutto. Non c’è bisogno di tante spiegazioni. Non possono esserci equivoci.

Il nuovo articolo 70, scaturito dalla riunione dei 5 saggi di Lorenzago, è composto da 102 righe. Una montagna di parole, con concetti che rimandano altrove, frasi che giocano a rimpiattino, periodi che inciampano. Un italiano da azzeccagarbugli in una logica da prontuario ad uso dei condomini.

La cosa non è di poco conto e il pericolo che incombe è veramente grande nonché preoccupante.  La Cdl, facendo a pezzi la Costituzione, ne ha assegnato un pezzo a ciascuna sua componente. La Lega si è presa la devolution e An si è presa la clausola dell’interesse nazionale, che in mano a un governo centralista può ridurre ai minimi termini l’autogoverno locale. La stessa An e Berlusconi hanno poi introdotto in questa riforma una inaudita concentrazione di poteri in capo al primo ministro che, per dirla con una battuta, finirebbe per avere tutti i poteri che hanno Bush e Blair messi insieme, ma senza nessuno dei limiti e dei contrappesi che regolano negli Stati Uniti il potere del primo e in Gran Bretagna quello del secondo (F. Bassanini).

Diritti, libertà dei cittadini, regole democratiche non possono essere appannaggio del vincitore delle elezioni, in tal modo si rischia una dittatura della maggioranza o addirittura la dittatura di un uomo solo. La “zeppa” del referendum è l’ultima occasione per fermare questo ingranaggio impazzito. Bisogna fermarsi e azzerare tutto.

Perché non siamo affatto certi che alla fine del processo riformatore nato a Lorenzago di Cadore si ritrovino, vivi ed operanti, i valori di quella eguaglianza democratica, di quella liberazione progressiva e di quello spirito di solidarietà che hanno fatto della Carta del ’47 la casa di tutti gli italiani.

Restituire la Costituzione agli italiani. Questo sarà l’obiettivo del prossimo referendum. Essa costituisce un patrimonio che non può essere disperso, così come non può essere dispersa la memoria storica che ne testimonia il valore e consente di trasmetterlo di generazione in generazione. Ne siamo tutti consapevoli e sapremo farne tesoro anche per il nostro futuro.

Un compito arduo, come afferma Leopoldo Elia, ancora un presidente emerito della Corte Costituzionale, “in un’Italia cloroformizzata dalla congiura del silenzio della grande stampa e distratta dall’elusiva informazione radiotelevisiva”.

Questa Costituzione fu il frutto di un grande “compromesso” che dette vita a un Ordinamento giuridico fondato sul “lavoro” (art. 1 della Costituzione). Il lavoro non inteso come “astrazione collettiva”,  bensì quale “valore costituzionale essenziale”. Il “fondamento” sul lavoro sta ad indicare, secondo V. Onida, il valore che la Repubblica attribuisce all’apporto del lavoro di ciascuno (secondo le proprie capacità, e le proprie scelte – art. 4), in luogo di altri fattori in passato determinanti, come la nobiltà di nascita o di ricchezza, ai fini del ruolo sociale dell’individuo.

Basterebbe solo questo a motivare un grande plebiscito referendario, capace di spazzare via ogni velleità revisionistica della legge fondamentale della nostra Repubblica.

Diciamo quindi NO a questo tentativo di riforma, per avviarne poi uno più condiviso e più equilibrato. Sbagliare la riforma della Costituzione, significa sbagliare senza rimedio la vita stessa del Paese. E questo, davvero, non ci è consentito.

fonte: www.wema.it

Senza titolo 1344

Le ultime parole sull'asfalto


<<Mamma, sono uscita con  amici. Sono andata ad una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto: di non bere
alcolici. Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, così ho bevuto una sprite. Mi sono sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai
suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici.
Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto.
Quando la festa é finita,la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava...qualcosa di inaspettato!
Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice: "il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco". Mamma, la sua voce sembra cosí lontana.Il mio sangue é sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere.



Posso sentire i medici che dicono: "questa ragazza non ce la fará".
Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocità.


Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire...
Perché le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che distruggeranno delle vite? Il dolore é come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli  contemporaneamente.


Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, dì a papà di essere forte.Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva.... la mia respirazione si fa sempre più debole e incomincio ad avere veramente paura.

Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento così disperata.... Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene. Per questo.....


Ti voglio bene e....addio.>>

Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente.
La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva...  scioccato. Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza.

19.6.06

» Al referendum rispondiamo

dal bollettino  di www.ildeposito.org





Dopo 32 anni dall'uscita dell'album "L'ultima crociata", dedicato al referendum sul divorzio, Fausto Amodei ripropone una canzone per votare "NO!" al referendum consultivo del 25 e 26 giugno, contro l'approvazione della riforma costituzionale approvata dal governo Berlusconi.
Questa è una registrazione fortuita, dato che è stata realizzata durante un'intervista dello "staff" del deposito.org a Fausto Amodei (avvenuta il 15 giugno 2006). Durante quest'intervista è venuta fuori questa canzone, abbiamo registrato il tutto e Fausto ha acconsentito alla diffusione di questo prezioso reperto.
Siete tutti invitati a diffondere la registrazione di questa canzone (sia audio che video), possibilmente citando la fonte.






file audio mp3 circa 4 mega
file video WMV, circa 10 mega




Votiamo NO per salvare la Costituzione Italiana

Anche se il mio non è un Blog politico voglio fare una eccezione, ritenendolo troppo importante!

Il Comitato Milanese  “Salviamo La Costituzione” scrive in maniera molto chiara:

Difendiamo la  Costituzione al referendum del 25 e 26 giugno: VOTIAMO 
NO!

La Costituzione è la fonte dei diritti di ciascuno di noi e stabilisce le regole fondamentali della nostra convivenza. Non farla stravolgere

La Costituzione è nata dalla resistenza Italiana al nazifascismo e dalla lotta di Liberazione nazionale. Con essa vengono garantiti a tutti eguali diritti civili, politici e sociali. I suoi principali valori sono: la pace, il lavoro, la salute e l’istruzione che devono essere garantiti a tutti i cittadini perché vi possa essere vera emancipazione ed eguaglianza sociale.Il centrodestra, nella scorsa legislatura, ha stravolto gran parte della Costituzione: quasi metà degli articoli di cui è composta.

ECCO I PRINCIPALI MOTIVI PER CUI DOBBIMO VOTARE  NO!

1.  La controriforma prevede una eccessiva concentrazione del potere nelle mani di un uomo solo: il Primo Ministro. Lui potrà pretendere che il Parlamento approvi tutte le leggi che vuole. Se il Parlamento si volesse rifiutare, anche per una sola volta, potrà determinarne lo scioglimento mandando a casa tutti i rappresentanti dei cittadini. Il Parlamento, che ha il compito di rappresentare la volontà di tutti i cittadini, diverrà così, ostaggio di un solo uomo.

2.  Il Governo, che rappresenta il potere esecutivo in quanto è suo compito dare esecuzione alla volontà del Parlamento, non dovrà più ottenere la sua fiducia. Il presidente del Consiglio nominerà e destituirà i Ministri come e quando vorrà senza renderne conto a nessuno.

3Il Presidente della Repubblica non sarà più il garante della Costituzione ma diverrà il “notaio” del Presidente del Consiglio.

4La Corte Costituzionale, che ha il compito di giudicare se le leggi rispettano i principi e i valori della Costituzione, vedrà al suo interno aumentare il numero dei componenti nominati da chi fa le leggi.
E’ evidente che così se ne vanifica l’autonomia.

5Anche la Magistratura ordinaria vedrà ridotta la propria autonomia a favore della concentrazione, di fatto, del potere in mano ad una sola persona. L’Italia ha avuto, nel secolo scorso, una triste esperienza della concentrazione del potere in mano al Capo del Governo.

6L’unità d’Italia, così faticosamente raggiunta solo 150 anni fa, viene ora messa in discussione da un federalismo alla rovescia. Nella storia il federalismo è servito per associare più nazioni fra loro non per dividere il popolo di una stessa nazione. L’unità è l’unità dei diritti che vengono assicurati a tutti i cittadini.

7. Mentre, si lavora per costruire un’Europa di pace in cui ognuno sia cittadino di serie A, la Controriforma della Destra divide gli italiani nella loro vita quotidiana, creando, nel nostro Paese, 20 diversi sistemi scolastici, sanitari,di polizia locale ecc. uno per ogni Regione.

8. Questa Controriforma, confusa e pasticciata, moltiplicherà di vari miliardi di Euro la spesa per gli apparati burocratici. Noi dovremo pagarne i costi! Perché?

Anche io sostengo:

VOTIAMO  NO! NON CONSENTIAMO CHE SFASCINO LA NOSTRA COSTITUZIONE!

Giovanna Nigris

Visitate anche  il  sito  http://www.referendumcostituzionale.org

Senza titolo 1343


Perché, in ultima istanza, dei manager dovrebbero rivolgersi a dei filosofi per lavorare meglio?


Prima di tutto per una questione di metodo. I filosofi sanno fare ricorso al metodo socratico del dialogo. Un metodo mai assoluto, ma molto duttile che si basa più sull’ascolto che sull’indottrinamento. È quello che il filosofo tedesco Gadamer chiamava il metodo o l’arte della domanda e della risposta. È un esercizio di dialogo dove si impara a conversare ascoltando gli altri e se stesso.


È un esercizio utile perché s’impara a sviluppare un senso critico delle cose e delle relazioni umane che, per loro natura, sono conflittuali. Tra la domanda e la risposta comunemente si tende a dare maggiore importanza alle risposte. E si sbaglia.Perché, invece, il ruolo della domanda è quello di impostare il discorso, è quello di aprire lo sguardo, è quello di dare senso alle cose tramite il linguaggio che è il vero “strumento” con cui gli uomini comprendono e fraintendono (e forse si comprendono proprio perché tendono a fraintendersi).


Ma il vero pregio della filosofia è la messa in luce della condizione umana. La più autentica utilità della filosofia è lo svelamento (sempre parziale) dei limiti umani. Sofocle dice nel suo Edipo a Colono:


"Chi vuol vivere oltre il limite giusto e la misura perde la mente ed è in palese stoltezza".


La filosofia è la ricerca del limite che non è standard perché non è un punto geometrico. La “giusta misura” è sempre da ricercare perché riguarda l’azione dell’uomo che non è stabile, ma appartiene al regno del divenire. Nella sua Etica a Nicomaco (sono, pensate un po’, solo degli appunti) Aristotele dice:


"Non si ha a che fare con ciò che accade sempre, come nella matematica o nella geometria, ma con ciò che accade per lo più, con ciò che fa la sua comparsa di volta in volta, in modo imprevisto e in tutti quei casi in cui non è chiaro come andranno a finire le cose, e quelli in cui la conclusione è del tutto indeterminata ".


La filosofia così ci porta nel cuore stesso dell’azione e della nostra vita. Ci mostra come i problemi di senso dell’esistenza umana coinvolgono tutto il nostro essere e non sono risolvibili a mo’ di un problema tecnico o matematico o scientifico. Le domande della filosofia (qual è il senso della vita?, come devo vivere?, cos’è il bene?, che cosa devo fare?…) non si trovano in nessun libro e non ce le può dire nessuno che non sia il nostro stesso essere. Sono problemi di senso che generano conflitti perché i valori nei quali gli uomini sono portati a credere e vivere per educazione, convinzione o abitudine non si fanno ricondurre a un sistema scientifico, bensì alla vita stessa e alla sua comprensione.


La consulenza filosofica, come una moderna paideia, se svolge bene il suo compito può aiutare a addolcire gli istinti di aggressività dei mortali che, in ultima istanza, hanno la loro origine nella paura e nella gelosia. Spesso in un’azienda occorre recuperare serenità.


Desiderio

Senza titolo 1342









Prima d'iniziare il post  d'oggi voglio risponder , spero di non doverci ritornarci ancora a quei visitatori qualunquisti o simpatizzanti e magari elettori di centrodestra considerano la penuria di news sugli esponenti del centrosinistra o sulla sinistra come un palese segno di faziosità del  blog [ i più educati lo fanno presente oltre che nei commenti anche via emailpacatamente o in maniera accesa senza insulti troppo offensivi, ma, SIC m più mandano insulti sempre più offensivi ed irispettosi sempre via mail].
Per dimostrare che così non è e fugare ogni dubbio, invito tutti coloro i quali sollevano codesta questione ad inviarmi, all'indirizzo di posta che compare alla fine di questa pagina, tutti i video di dichiarazioni pubbliche di esponenti di centrosinistra che possano risultare disdicevoli ed imbarazzanti per una personalità pubblica: se risulteranno fondanti state pur certi che li vedrete pubblicati. I video e le news  che trovate qua li ho recuperati da Internet. Se non trovate alcun video o poche news "compromettenti" per il centrosinistra, delle due l'una: o Internet è controllata dalla Sinistra ( cosa che non credo ) , oppure potreste prendere in considerazione il fatto che centrodestra e centrosinistra non siano la stessa cosa e che i partiti e i rappresentanti non sono sempre tutti uguali perchè anche nelle nefandezze si differenziano
A chi mi parla di Odio, di Ossessione verso una persona, da parte della Sinistra e da parte del sottoscritto, mi sento di dire questo: io non odio nessuno ( anche se non sempre ci riesco con certe persone come potete vedere dal post sotto riportato ) , non sono ossessionato da nessuno . Nutro, invece, una forte Passione per la Giustizia e per il Rispetto delle persone indipendentemente dalla loro religione , pensiero - ideologia politica , cultura ; ed è questa Passione per questi Valori che mi ha spinto a realizzare questo blog e mi spinge acontinuare a scriverci ed a rendere noti i fatti che vi vengono presentati .Concludo  con esempio  Se una maestra mette 4 al compito in classe di un alunno, non significa sempre che lo odia, ma che ha passione per la materia che insegna e vuole che venga imparata e praticata

Ora dopo questa risposta veniamo al post d'oggi non prima d'introdure la colonna sonora 


A morte la Casa Savoia

bagnata da un'onda di sangue,
si sveglia il popol che langue
si sveglia il popol che langue!,
O ladri del nostro sudore
nel mondo siam tutti fratelli,
noi siamo le schiere ribelli,
sorgiamo che giunta è la fin!
sorgiamo che giunta è la fin!
A morte il Re e il principin,
a morte il Re e il principin!



Leggo sui giornali delle intercettazioni di quel caffone , viscido, fascista -nazista dell'ultimo erede dei Savoia di Vittorio Emanule , ne riporto unostralcio : << [---] In una telefonata del luglio 2005 mentre si trova sull'isola di Cavallo,il principe si lascia andare a «commenti sprezzanti e triviali» sui sardi : Sono pezzi di merda... Quei sardi lì, l'unica cosa che sanno fare, inculano le capre... E poi puzzano la stessa cosa >> [...] qui trovate le altre  Ora se V. Emanuel di Savoia viene in sardegna li faccio fare la parte dellla capra a vedere se ci ritorna e se si mettete a insultare ancora in questa maniera i sardi Lo so che cosi contraddico ed esco fuori dal mio percorso di pacifista  e non violento abbassandomi al loro livello ma nessuno e perfetto , e poi da sardo ( e non solo ) non mi piace essere insultato per giunta in maniera cosi gratuita ed irrispettosa . Inoltre mi fa pentire di essermi schierato ( anche se  con riserva )  all'epoca per l'abolizione dell'articolo \ disposizione provvisorio della costituzione che ne vietava il ritorno in Italia perchè credevo : 1)  cghe le colpe  de  familiari non debbano cadre sui figli  (   concezione poi smentita dala famigerata intervista sulle leggi  razziali ) ; 2)  nonostante i precedenti penali ( traffico d'armi , iscrizione alal P2  di licio Gelli  , omicidio qui trovate ulteriori dettagli ) ,  fosse giunto il momento  di  conmcludere qul processo  di  riappacificazione incompletato che durava dal II dopo guerra ;   se merda ( salvo solo maria Josè ) erano merda sono . Concludo  con una proposta  : 1) chiedere al sindaco di Santas teresa di Gallura   di revocagli la cittadinanza onoraria  ; 2 ) girando  ai "costituzionalisti "  siamo ancora in tempo a fare un'altra  legge   per mandarlimindietro  ?

18.6.06

Senza titolo 1341

qui  è in gioco  l'italia  e la democrazia  anche se non sempre sono d'accordo  con  le posizionio dell'unitù  stavolta   mi trova  d'accordo 



È in gioco l'Italia


Furio Colombo



C´è un rapporto stretto tra la cosiddetta riforma della Giustizia dell´ex ministro Castelli e il grave danno che si vuole recare alla Costituzione con la Riforma Bossi-Berlusconi ("devolution" e nuovi poteri del Primo ministro) su cui siamo chiamati a decidere (decidere per il NO) con il referendum del 25 giugno.
Il rapporto non è solo di affinità, nel senso che i due atti vandalici sono parte delle «36 riforme» di cui si è vantato per quarantadue trasmissioni televisive illegali Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale.
Il rapporto è più stretto ed esemplare. Si tratta di uno scambio di servizi tra i due soli agenti attivi della Casa delle Libertà, la Lega Nord e Berlusconi. Gli altri, An e Udc, Fini e Casini, contro ogni rispetto politico per se stessi, si sono prestati ad accomodare Bossi secondo la volontà del padrone di casa. E il padrone di casa, Berlusconi, che cosa voleva? Voleva una vendetta esemplare contro i giudici, che accompagnasse le leggi ad personam che lo hanno esentato o salvato da decine di processi. Con le leggi ad personam Berlusconi ha protetto se stesso nell´immediato, incurante del sarcasmo verso l´Italia nel resto nel mondo. Con la nomina di Castelli a ministro della Giustizia si è assicurato una lunga stagione di distruzione e di messa a tacere di tutto ciò che è vivo, nuovo, coraggioso e integro nella Giustizia italiana. Ha tentato di ottenere silenzio, disciplina e subordinazione. Soprattutto ha voluto (se la cosiddetta riforma della Giustizia non si blocca immediatamente) l´umiliazione di coloro che avevano osato indagare, incriminare, rinviare a giudizio un uomo della ricchezza e della potenza di Silvio Berlusconi.
Che abbia o no intrattenuto rapporti con la mafia, i giudici devono imparare (e Castelli ha fatto di tutto perché ciò avvenisse) che il quattordicesimo uomo più ricco del mondo non si tocca, e che è stupido e meritevole di pubblica umiliazione chi non sta al gioco, nell´infinita stagione di compravendita.
Ora che stiamo per votare al Referendum sugli oltre cinquanta articoli di devastazione e offesa alla Costituzione che ha funzionato mirabilmente per sessant´anni (un anniversario che tanti italiani celebreranno votando NO) ricordiamoci dello scambio di favori avvenuto fra Bossi e Berlusconi.
Bossi ha ottenuto via libera per una disastrosa serie di articoli che spaccano, dividono e rendono inagibile il Paese. Era la sua alternativa alla secessione violenta. Devastare da fuori o devastare da dentro. Berlusconi ha scelto di dargli mano libera, per devastare da dentro, con un disegno di «riforma federale» che nessun costituzionalista accetta o approva, tanto è disastrosamente pericoloso. Come controprova di tale pericolo Bossi, il 15 giugno, ha detto: «se gli italiani votano no, noi useremo altri mezzi, fuori dalla democrazia».
Ricordiamolo, al momento del voto. E ricordiamo che il disegno è unico, frutto di una macchina di distruzione e preparazione di un nuovo potere in cui una mente ha diretto (Berlusconi e i suoi avvocati) e alcune braccia senza scrupoli hanno eseguito (ma eseguito anche con partecipazione sincera, se si considera la naturale inclinazione a umiliare e devastare di personaggi come Borghezio e Gentilini, come Calderoli e le Guardie padane, personaggi e gruppi rivelatori della spinta vandalica della Lega Nord). E tutti gli altri, nella Casa delle Libertà, hanno ciecamente eseguito persino a scapito della propria reputazione.
Quando alla fine non hanno esitazioni a definire «una porcata» ciò che hanno fatto, ci dicono con quale atteggiamento hanno messo mano al «cambiamento del Paese» e con quale faccia parlano di «riforme» contrapposte al «conservatorismo» di chi (e per fortuna siamo in tanti) intende salvare la Costituzione. ***
Ho detto: «c´è un disegno unico» e non intendo proporre una dietrologia che non mi appartiene e di cui non so nulla. Parlo delle cose che so e che vedo.
È in corso una guerra asimmetrica, in cui chi governa, e chi lo rappresenta alla Camera e al Senato, pur avendo vinto le elezioni, sono ancora in difesa.
Devono difendere il proprio patriottismo e, per farlo dovrebbero far finta di credere che non la politica di Berlusconi e Martino e dei loro accordi non detti in Parlamento sono in discussione ma l´onore dei militari.
Devono difendere la propria religiosità e conformità con alcune particolari posizioni che la gerarchia ecclesiastica pretende di imporre per via politica esclusivamente in Italia, come se l´Italia fosse una Repubblica a statuto speciale. Ma il problema non è la impennata di vivaci iniziative, delle autorità vaticane all´interno di un altro Stato (cosa che non penserebbero mai di fare al di fuori dell´Italia e non hanno mai fatto in Italia prima della prostrazione interessata di Berlusconi e dei suoi «atei credenti»).
Il problema è la pretesa della gente di Berlusconi di essere rappresentanti (regolarmente divorziati) della fede cattolica, i portavoce esclusivi del Papa. E guai se cattolici del Centrosinistra osano far loro ombra e pretendere di essere credenti anche loro.
Devono difendersi da un lontano passato politico, parlo di Sergio D´Elia, che ha scontato in prigione una lontana militanza violenta, per poi diventare il grande avversario della pena di morte nel mondo il sostenitore appassionato della non violenza dei Radicali, il fondatore di "Nessuno tocchi Caino". Ma viene giudicato con rabbia e veemenza dal partito degli imputati e dei condannati per corruzione e per mafia. Non trent´anni fa. Non dopo aver scontato la prigione. Ma adesso, ai nostri giorni, in Parlamento.
Qualcuno, che è diventato vice ministro della Giustizia dopo essersi occupato - senza reati di sorta - di Centri Sociali, deve rendere conto di quel legame evidentemente più vergognoso dei legami di mafia. E a chi ne deve rendere conto?
A uno schieramento che ha reclutato fascisti che definiscono se stessi fascisti (oggi, ai nostri giorni), negatori della Shoah («non ho elementi per dire se i campi di sterminio siano esistiti») e personaggi tuttora legati al maestro di razzismo Julius Evola e a antiche, vergognose pubblicazioni come la "Difesa della Razza".
Alla stessa gente, allo schieramento che comprende gli xenofobi della Lega (e del quotidiano "La Padania", che ha diversi, vistosi trascorsi di antisemitismo, prima che l´anti-islamismo diventasse il faro e la guida) e a veri, orgogliosi e dichiarati fascisti di cui abbiamo appena parlato, la sinistra deve rendere conto dei rapporti e dei sentimenti verso Israele, e del conflitto nel Medio Oriente.
Di questa guerra asimmetrica è utile esaminare alcuni dettagli. Uno è la immensa offesa ostentata dal ministro Martino che, pur essendosi davvero (e in modo inequivocabilmente provato) dimenticato di avvertire il Parlamento che mille soldati italiani sarebbero stati lasciati indefinitamente in Iraq, definisce ripetutamente «mentitore abituale» Massimo D´Alema che ha notato l´incredibile buco di informazione, ma non lo ha mai trasformato in una accusa personale a Martino.
Un altro è il comportamento della opposizione di destra in Senato. La maggioranza tiene e mostra di avere i voti di cui ha bisogno. Ma c´è chi, anche nella grande stampa, si presta a definire il Senato «Il ventre molle dell´Unione» (il Corriere della Sera, 15 giugno).
È un giudizio legittimo, naturalmente. Manca però la cronaca della continua sollevazione di ondate gratuite, deliberatamente inventate, di teppismo d´aula, scenate scatenate nel vuoto, nonostante il tono sereno e proceduralmente esatto di Franco Marini. Immaginate quale rivolta di popolo senatoriale produrrebbe un´aula diretta da un omologo di sinistra di Marcello Pera, uno che per fortuna non c´è, determinato ogni volta a piegare le regole a favore della sua parte, come è accaduto per cinque anni.
Li guardi, mentre urlano tutti insieme di fronte a te, cercando di inventare violazioni di voto che non ci sono, come a una male organizzata cagnara goliardica, e vorresti filmarli per mostrarli agli elettori del referendum. Ecco, questi sono i colleghi senatori disponibili, in caso di vittoria del Sì, e dunque in caso di vittoria della Costituzione Bossi-Berlusconi, a «discutere insieme delle buone modifiche che si possono ancora fare».
Diciamo che nel loro incredibile comportamento c´è un vantaggio, per il Centrosinistra, in questo delicatissimo momento. Serve a ricordare per forza anche al più mite «dialoghista» chi sono e come sono gli autori della «porcata» di cui si vanta l´ex ministro Calderoli.
A tutto ciò va aggiunta la voce della Rai. Ha ragione Giovanni Sartori. La "scheda" sul referendum presentata dal Tg1, ore 13,30 del 15 giugno, avrebbe potuto accreditare e spiegare benissimo anche la «Riforma Mussolini» del 1926. Infatti la vasta modifica costituzionale Bossi-Berlusconi viene spiegata leggendo ciò che viene dato, non ciò che viene tolto dalla nuova legge, in modo che si perda del tutto le percezione dello squilibrio di poteri che si crea, tagliando, abolendo, spostando, punti essenziali di contrappeso e garanzia.
L´introduzione della parola "Nazione" in lugo di Stato viene oscurata, si parla di comitati per il Sì «organizzati dagli italiani nel mondo». Il tutto in un clamoroso vuoto di vere notizie che, sul Corriere della Sera del 13 giugno, il prof. Sartori ha giustamente chiamato «disinformazione».
Mi domando come possano i vertici dell´Unione non usare tutta la forza della loro (della nostra) protesta, e della protesta di tanti italiani, di fronte a un uso così improprio e alterato della comunicazione pubblica.
C´è dunque un disegno unico. Prevede che la "spallata" possa essere data, attraverso la polverizzazione dell´attività legislativa in una delle Camere, una volta ottenuto il Sì alla loro riforma della Costituzione. A quel punto essi avrebbero in mano una tremenda legge elettorale («la porcata» di Calderoli), una Costituzione deformata che ha abbandonato alcuni dei più importanti principi della cultura antifascista e resistenziale, basata sul riconoscimento di uguali diritti umani e civili a tutti i cittadini e alla loro protezione dalle prevaricazioni dei veri poteri forti, con sono i poteri dell´informazione. E hanno in mano la «riforma del premierato» che attribuisce al primo ministro poteri che - con scandalo e severo giudizio negativo di ciascun costituzionalista rispettabile che si conosca - sommano e allargano i poteri di Blair, quelli di Bush, senza gli adeguati contrappesi parlamentari previsti in quei due Paesi. In altre parole, un lungo passo verso la dittatura. Aggravato dal silenzio imposto ai giudici, e dall´uso di una televisione di Stato che continua a essere integralmente berlusconiana. Certo lo è nella informazione sul referendum.
Ecco, questo è il disegno contro cui gli italiani dovranno dire NO, in tanti, il 25 e il 26 giugno.

furiocolombo@unita.it

 dal dossier di repubblica 


COMMENTI




  • DOCUMENTI






  • LA CAMPAGNA





articoli  vari


Quando il mobbing può distruggere la sopravvivenza






Ciclone


Pubblico un articolo che ha scritto Giacomo Montana per stimolare un  aiuto verso  tutte le persone discriminate in ambito lavorativo in questo Paese.


Giustizia: Quando il mobbing collegato al crimine organizzato sottaciuto e tacitamente consentito dallo Stato può distruggere la sopravvivenza.




Il tema del mobbing non è mai stato davvero né accademico né ideologico. Esso da quello che ho constatato di persona, è legato indissolubilmente al crimine organizzato con una sorta di potente scambievole omertà tra persone autorevoli che arriva persino a lambire le coste delle confederazioni sindacali, non salvandosi neppure negli ambiti giornalistici. Ecco perché ognuno non ha interesse a parlare di questa piaga sociale a sufficienza,  ma  ne parla solo a bassa voce. Proprio il rifiuto del mobbing in quanto dottrina discriminatoria e pratica vilmente aggressiva ai danni di persone vittime oneste che lavorano, oltre che liberticida, è anche una pratica che distrugge la salute, l’economia, la vita di relazione e la speranza di vedere applicare democrazia e civiltà. Credo che con  tutto questo con il tempo divenga inevitabile che venga indotta parecchia gente a gesti estremi, sino alla morte e al conseguente completo insabbiamento altrettanto criminale dei casi estremi di mobbing impunemente esercitati. Una costante nella nostra storia contemporanea è il fatto che  nessuno, come abbiamo visto, sembra avere interesse ad approfondirne il tema, con la più sconcertante mancanza di sensibilità e di giustizia ai danni delle vittime, fenomeno che però non trova completamente tutti d’accordo e proprio per questo recentemente nella Community Rai.it  http://www.forum.rai.it/index.php?showtopic=99352  Bianca Sacher  ha avuto sensibilità e coraggio di trattare l’argomento dopo che lo stesso è pervenuto da  un cittadino esemplare per le sue fattive iniziative di spirito umanitario. Personalmente sono orgoglioso di questi spontanei interventi, perché è da persone così che il futuro democratico italiano ha buone speranze di non rimanere in agonia come è ora, ma di riprendere il cammino della civiltà, della democrazia e della giustizia vera, senza discriminazioni né raccomandazioni. La giustizia deve essere solo giustizia e non strumento di appoggio e protezione per criminali impuniti per sporchi fini politici.  In democrazia la legge deve essere DAVVERO UGUALE PER TUTTI. Giacomo Montana”


Grazie per l'attenzione. Giovanna Nigris

17.6.06

Senza titolo 1340

Ciampi: «Voto No. Costituzione valida». E la Lega insulta





Carlo Azeglio Ciampi primo piano Ansa

Carlo Azeglio Ciampi non ha l´abitudine di nascondersi. E ai giornalisti che gli chiedono la sua posizione sul referendum costituzionale del 25 e 26 giugno, risponde senza esitazione: «Non ho difficoltà a dire che andrò a votare per il referendum e voterò no, convinto come sono della validità dell'equilibrio e dell'impianto costituzionale di fondo della nostra Costituzione». Una dichiarazione di voto forse scontata, ma è la prima volta che il presidente emerito della Repubblica lo dice esplicitamente, schierandosi nel fronte che vuole impedire il via libera alla devolution. Per l´Unione quello di Ciampi è il No più autorevole. Dalla destra, invece, piovono insulti.

Il leghista Roberto Maroni liquida l´ex capo dello Stato, con toni sprezzanti. Sulla sua età e sul suo ruolo: «Uno con la sua storia, con la sua età, non può che essere un conservatore – sostiene - come si fa a non essere conservatori a 86 anni? Per quanto ci riguarda prendiamo atto che vuole mantenere così tanti parlamentari e lo status quo. E andiamo avanti». Ancor più tranchant il collega padano Roberto Calderoli, che giudica il comportamento di Ciampi una «tristezza», simbolo del «potere e del palazzo che si difendono con le unghie e con i denti». Il senatore a vita Sergio Pininfarina ha espresso la sua protensione al voto per il Sì al referendum. Nessun commento è stato fatto dal centrosinistra.



«I commenti della Casa delle Libertà sono come al solito ingenerosi e irrispettosi – replica la diessina Anna Finocchiaro, capogruppo de l´Ulivo alla Camera - Ciampi è stato il presidente di tutti, sempre estraneo a logiche di parte. Ma la destra se ne è già dimenticata».Il sindaco di Roma Walter Veltroni trova le critiche della Cdl «di pessimo gusto» ma anche «sbagliatissime», perché «accusare di "conservatorismo" un uomo che da Presidente della Repubblica ha avuto un ruolo fondamentale (e da tutti riconosciuto) nello sviluppo di un rapporto vero e profondo tra i cittadini e le istituzioni dello Stato è assurdo e ingiusto».

Difensore della Costituzione Ciampi, durante il settennato, è stato uno strenuo difensore dell'impianto e degli equilibri interni alla Carta Costituzionale del 1948, che più volte ha definito lungimirante e quasi un frutto miracoloso di un'ampia convergenza politica all'indomani della guerra e mentre c'erano profonde lacerazioni politiche ed ideologiche a dividere le forze politiche.

Da ultimo, il 25 aprile scorso, celebrando al Quirinale l'anniversario della Liberazione, Ciampi aveva detto: «La Costituzione è stata e rimane la mia bibbia civile, il testo su cui ho riflettuto in ogni momento difficile, io che non sono mai stato un uomo politico ma soltanto un cittadino al servizio dello Stato».

Bossi boomerang Ed è ancora polemica sulle aggressive dichiarazioni di Umberto Bossi e sulla sua minaccia di «vie non democratiche» in caso di vittoria del No. Piero Fassino, segretario Ds, ne ha parlato a Torino: «Sono parole sconcertanti che dimostrano il tentativo più di darsi coraggio che non una minaccia che potrà essere in qualche modo praticabile. Sono parole che suonano offensive nei confronti dei cittadini e che Bossi per il suo ruolo non avrebbe dovuto pronunciare. Degne di Borghezio che è sempre fuori dalle righe e quindi da non prendere in considerazione».
fonte: www.unita.it

16.6.06

Senza titolo 1339


1 Professor Popper, nei Suoi scritti Lei ha affermato di aver imparato da Einstein non solo che un'ipotesi non può mai essere certa, ma anche che ci sono dei requisiti che rendono l'ipotesi verificabile. Può chiarirci meglio questo aspetto del Suo pensiero?


Si tratta del problema della controllabilità di una teoria. Se una teoria può essere sottoposta a prova, allora essa è certamente una teoria degna di considerazione, e sottoporla a nuovi controlli è sempre interessante, qualunque sia il risultato. Se i controlli portano al crollo della teoria, la cosa è comunque importantissima e di enorme significato, e, in un certo senso, potremo parlare di successo della teoria, anche se non del successo sperato. Insomma, se una teoria può essere confutata, allora è proprio la confutazione la cosa più importante: è senz'altro un fattore positivo l'aver ottenuto una nuova informazione che ci deriva dalla confutazione della teoria.


Einstein affermò che esistevano severi controlli per la sua teoria, e più volte affermò che se tali controlli - che egli si augurava che venissero realizzati - avessero confutato la sua teoria, egli avrebbe accettato la confutazione. E questa è la cosa veramente molto importante. Chiunque propone una nuova teoria, dovrebbe specificare in qualicircostanze egli ammetterebbe di venir sconfitto; o, meglio, dovrebbe specificare in quali circostanze la propria teoria crollerebbe. In tal modo, se la sua teoria resiste, egli ha fatto qualcosa di apprezzabile, proprio in quanto la sua teoria poteva venir  confutata.


2 Qual è il criterio di scientificità di una teoria?


Nelle mie prime pubblicazioni proposi come criterio del carattere empirico di una teoria scientifica o, se preferisce, del carattere scientifico di una teoria - visto che in inglese il termine "scienza" denota la scienza empirica - la falsificabilità o controllabilità, la possibilità, cioè, di sottoporre le teorie a controllo. Cercai di mostrare che la controllabilità è equivalente alla falsificabilità: vale a dire, che una teoria è controllabile se esistono, se si possono concepire dei controlli che possono confutarla. Si tratta di qualcosa di simile all'esame di uno studente. Uno studente è esaminabile se esistono possibili domande che consentono di accertare che egli non sa nulla, o non abbastanza da superare quel dato esame.


Analogamente una teoria è controllabile o, diciamo, sottoponibile ad esame se implica predizioni oppure - in modo del tutto equivalente - retrodizioni che possono risultare sbagliate, che possono non concordare con le nostre scoperte. Se si dà questo, allora vuol dire che la nostra teoria implicava una predizione falsa, ed una teoria che implica una predizione falsa è una teoria falsa. Ma ciò non significa che essa sia da gettare nel cestino solo perché ha condotto ad una predizione falsa. Possiamo, infatti, correggere la nostra teoria, possiamo apportare delle modifiche. Falsificabilità vuol dire che la teoria può essere sottoposta a controllo, e nel caso che fallisca può o essere gettata nel cestino o essere corretta. E talvolta le correzioni, pur essendo limitate, possono fare una tremenda differenza, può accadere che una piccola correzione rafforzi la teoria in modo tale che essa finisca con lo spiegare molto più di quanto originariamente non ci si aspettasse. Queste sono cose che accadono.


Non possiamo perciò concordare con l'affermazione di Kuhn - che chiamava questo procedimento "falsificazionismo stereotipato". Ora, il falsificazionismo non può essere stereotipato perché le teorie non sono stereotipate. Il  falsificazionismo può condurre, in casi estremi, al rigetto totale della teoria, cosa che può essere sbagliata o azzeccata;oppure, in altri casi, può portare ad un meraviglioso miglioramento della teoria.


Secondo questa concezione tutti i controlli scientifici, gli esperimenti, sono dei tentativi di confutazione. E rivestono perciò un grande valore. Non si può avere una confutazione senza imparare qualcosa di nuovo ed importante.


3 Questo è vero, però, per quel che riguarda una confutazione riuscita. Ma nel caso di una confutazione mancata, di una confutazione che non riesce a provare la falsità di una teoria?


Se il controllo non confuta la teoria possiamo dire solo che la teoria ha superato la prova. Non possiamo dire molto di più. Non significa effettivamente molto il fatto che la teoria superi una certa prova, significa solo che non siamo costretti ad abbandonare la teoria, e se fino ad allora non abbiamo preso troppo sul serio quella teoria, vuol dire che faremmo bene a farlo. Ma tutto ciò non porta a molto.


Ovviamente questo dipende, poi, dalla particolare teoria. Se la teoria è così illuminante, se la teoria è capace di spiegare tante cose che prima non eravamo in grado di spiegare, allora si tratta di una buona teoria, una teoria che comincerà a piacerci e che probabilmente ci piacerà di più dopo che l'avremo messa alla prova. Ma questo non significa, sul piano logico, che la teoria sia vera. Questo significa solo che la teoria è stata controllata e niente di più.


Tutto questo è in forte contrasto con coloro che credono nell'induzione, con coloro cioè per i quali il superamento dei controlli è la cosa davvero importante. Costoro possono chiamare "verifica" il superamento di un controllo. Ma, se con "verificazione" si intende che una teoria ha superato un controllo, allora questo non vuol dire molto, proprio per la ragione che non dice molto superare un controllo. Tuttavia, è chiaro che quando si parla di verificazione - verificazione sta per verum facere - noi pensiamo prendiamo alla lettera questa parola, e riteniamo che la verificazione significa "fare vera" una teoria, "veri-ficarla".


In realtà noi non possiamo fare vera nessuna teoria. O anche solo mostrare che sia vera. Se una teoria ha un grande potere esplicativo, noi la ammireremo. E se essa, alla fine, nonostante il suo potere esplicativo, si rivelerà falsa, allora forse concluderemo che c'era comunque qualcosa di interessante in quella teoria e dovremmo ancora riflettervi.


L'unico fine per cui si effettuano i controlli è quello di falsificare la teoria, non di verificarla.


4 Possiamo dire lo stesso delle osservazioni? Tutte le nostre osservazioni sono realizzate allo scopo di confutare le teorie scientifiche, così come avviene con gli esperimenti?


Sì, naturalmente. È ovvio che le osservazioni o gli esperimenti sono entrambi, nella sostanza, nient'altro che controlli di una teoria. Prendiamo ad esempio il caso, molto importante, della scoperta di Nettuno. Certamente si può dire che fu un nuovo controllo a comportare una nuova scoperta, una cosa molto interessante. Si trattò, in quel caso, di un controllo della teoria newtoniana, di un controllo particolarmente severo per la teoria della gravitazione universale. La teoria newtoniana aveva condotto ad una determinata previsione del movimento del pianeta Urano, che si rivelò falsa. Si pose perciò la questione se si dovesse abbandonare la teoria di Newton.


Alcuni sostennero di no, e affermarono che si dovesse ricercare la causa della discrepanza notata non già nella teoria newtoniana, ma nella nostra imperfetta conoscenza, nel nostro modello del sistema solare, il quale poteva essere falso in quanto avrebbe potuto esserci un altro pianeta più esterno rispetto ad Urano: il modello planetario, dunque, poteva non essere completo. Ora, in una situazione come questa le cose non sono tanto semplici. Si poteva tentare di cercare questo pianeta; ma poteva essere una cosa disperata cercare un oggetto tanto minuscolo come un pianeta fra tutte le altre stelle. Poteva trovarsi molto lontano, poteva essere molto piccolo.


In ogni caso, però, si poteva calcolare e questa fu certamente una grande fortuna. Due uomini riuscirono a calcolarla, Adams e Le Verrier. Quest'ultimo informòl'astronomo Galle, a Berlino, dei propri calcoli. Galle puntò il telescopio verso il punto predetto e non esattamente in quel punto, ma in una posizione estremamente prossima, trovò una minuscola stella che gli sembrò che si muovesse. Dopo un'ora di osservazione ebbe l'impressione che si stesse muovendo un po' più rapidamente e dopo qualche ora ancora apparve evidente il suo moto rispetto alle stelle fisse: perciò si trattava di un pianeta.


5 Se le osservazioni sono dei piccoli esperimenti, questo vuol dire allora che la scienza non inizia dalle osservazioni?


Questo è un punto di grande rilevanza, perché è la ragione principale che porta a credere nell'induzione: alla credenza cioè che la conoscenza, e specialmente la conoscenza scientifica, inizi con l'osservazione. E questa è una credenza, che ritengo che sia ancor'oggi diffusa, come sempre. Solo poche persone, in realtà, si rendono conto che non è così e che non può essere così. Qualsiasi osservazione presuppone una previa conoscenza. Non si può osservare nulla senza sapere che esistono certe cose, che le cose dovrebbero andare in un certo modo, perché è la nostra conoscenza che ci dice che esse vanno in un modo o nell'altro.


L'osservazione ci mostra allora che esse sono proprio così come ce le aspettavamo, oppure no. Per essere estremamente chiari, qualsiasi osservazione presuppone una grandequantità di conoscenze: possiamo riferirci, per fare un esempio, l'auscultazione, che è l'indagine del mio interno tramite l'orecchio o mediante uno stetoscopio. È l'indagine che viene fatta dai medici. Se uno, che non è medico, poggiasse l'orecchio sul mio torace, udirà solo rumori che non avranno alcun significato; potrà forse sentire il mio cuore battere, ma anche questa, che è la cosa più semplice, è comunque il frutto di una conoscenza precedente. È la conoscenza pregressa del fatto che ho un cuore e che questo cuore batte, a portare all'identificazione o dell'interpretazione di quello che si è udito. Ma per un dottore l'auscultazione dei miei battiti cardiaci o del rumore all'interno della mia cassa toracica ha un significato molto superiore, perché egli già sa come interpretarli.


La mia tesi, insomma, è che tutte le nostre osservazioni sono di questo tipo. Così, un bambino deve apprendere come guardare, come ascoltare. All'inizio, le percezioni visive, gli occhi gli restituiscono solo informazioni prive di significato, nient'altro che caos. Ed è solo dopo aver imparato molto che il bambino è capace di osservare veramente qualcosa. La conoscenza, quindi, non inizia dalle osservazioni. Dobbiamo apprendere. Ma la capacità di apprendere è basata sulla conoscenza innata. Sappiamo che gli animali hanno certe conoscenze innate. Nascono intelligenti nella stessa esatta misura in cui moriranno. Sanno, sin dagli inizi, tutto quello che sapranno in seguito, grazie all'ereditarietà. Ci sono poi altri animali, che hanno un apparato cognitivo superiore - e noi siamo tra questi - che sono in grado di apprendere. Ma anche questa è conoscenza innata: è conoscenza di come apprendere.


6 Questa conoscenza deve necessariamente essere innata, perché non è possibile apprendere attraverso l'esperienza il modo di apprendere o il modo di osservare.


Logicamente sarebbe un regresso all'infinito. Sul piano logico è impossibile imparare come imparare come imparare come imparare. Ci deve essere della conoscenza innata. Sto parlando della conoscenza, in qualche modo propria del bambino, di come imparare. Naturalmente poi egli imparerà e acquisirà sempre più conoscenze, e fra queste la conoscenza di come osservare e di come apprendere dalle osservazioni. Un altro argomento, che è estremamente importante e che mostra chiaramente quanto sia sbagliata l'idea che la conoscenza o la scienza o un qualunque altro apprendimento muovano dalle osservazioni, è il seguente: che le osservazioni sono basate sui nostri organi sensoriali. Ma gli organi sensoriali hanno chiaramente una funzione iologica ben determinata. E precisamente hanno il ruolo di aiutarci, una volta appreso come osservare, di darci informazioni circa lo stato momentaneo del nostro ambiente, uno stato momentaneo, piccoli ritagli transitori di ciò che l'ambiente è realmente. Ma questo presuppone che noi abbiamo già una certa conoscenza dell'ambiente in senso lato; che sappiamo già che c'è un ambiente; che sappiamo, per fare un esempio, che se siedo qui c'è qualcosa alle mie spalle, anche se non lo sto osservando.


Io posso vedere che cosa c'è dietro di Lei e Lei può osservare quello che c'è dietro di me. Ma entrambi sappiamo che esiste qualcosa alle nostre spalle, anche in questo momento che non lo stiamo osservando. In altre parole, dobbiamo avere una conoscenza dettagliata dell'ambiente, se vogliamo che osservazioni momentanee significhino qualcosa per noi. La vista può, ad esempio, informare un animale dell'arrivo di un nemico, ma l'animale deve già sapere qualcosa circa gli amici ed i nemici. È necessaria pertanto una grande quantità di conoscenze affinchè sensazioni momentanee abbiano per noi un qualche significato. E questo viene facilmente dimenticato dalla gente perché ciò che ci colpisce maggiormente è l'informazione momentanea.


Questo dà origine all'idea che si conosca aprendo gli occhi e le orecchie ed osservando e ascoltando. Ma si tratta di un vero errore. Un errore che è compiuto da tanti filosofi. Rudolf Carnap, per esempio, nel trattare il problema della conoscenza, si chiede come si conosca e dice che questo è equivalente a determinare attraverso quale osservazione sia acquisita tale conoscenza. Quindi egli presuppone l'idea che la conoscenza inizi dalle osservazioni. Come si arrivi a conoscere significa, per lui, come si acquisisca questa o quella conoscenza attraverso le osservazioni. Lo sostiene in molti luoghi ed egli è un filosofo molto considerato ed una figura molto influente per quel che riguarda la teoria della conoscenza. Ma ciò è fondamentalmente errato.


Conduce all'induzione, perché se uno pensa che io ottenga la mia conoscenza mediante le osservazioni, la domanda successiva èinevitabilmente: come si acquisisce la conoscenza delle leggi generali? E la risposta è: attraverso molte osservazioni. Quale altra potrebbe essere la risposta se la conoscenza è ottenuta tramite l'osservazione? E come potrei acquisire la conoscenza di leggi generali se non tramite molte osservazioni ripetute?


Questa è l'induzione. È così che si è sospinti direttamente alla teoria dell'induzione e a credere nell'induzione: a causa del fondamentale pregiudizio che si conosca attraverso le osservazioni. In questo pregiudizio consiste, per così dire, la forza e la debolezza dell'induzione. Forza, perché molti credono in essa e debolezza perché si tratta di una teoria sbagliata.


7 Si può forse riassumere il Suo pensiero, dicendo che, sebbene apprendiamo dall'esperienza e per mezzo dell'esperienza, non conosciamo però nulla attraverso l'esperienza. Ciò che conosciamo è ipotetico e deriva da una precedente conoscenza o è un tentativo di indovinare. Mentre invece apprendere dalle osservazioni significa eliminare delle ipotesi. È esatto?


Sì. Noi impariamo tanto spesso da rapide eliminazioni di ipotesi. E qui il discorso cade sulla percezione. In
realtà, le percezioni sono molto importanti, ma una percezione è sempre un'ipotesi. Anche ciò che è chiamato percezione di una Gestalt è un'ipotesi. Percepisco che questo è un libro, ma anche questa è un'ipotesi. Infatti potrebbe essere un pezzo di legno tagliato a forma di libro allo scopo di ingannare me o qualcun altro. Cose del genere càpitano. Potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa, ma io faccio l'ipotesi che sia un libro.


Un'ipotesi è sempre un'aspettativa. Mi aspetto che quando lo prenderò e lo aprirò, vi troverò delle pagine stampate. Questa è un'aspettativa e tutte le nostre percezioni implicano aspettative. Ed è l'aspettativa che accompagna le percezioni a dare un significato, in senso biologico, ad esse. La funzione delle percezioni è quella di formarsi, in base ad esse, ub'aspettativa, ovvero di ipotizzare ciò che accadrà negli istanti successivi. La conoscenza momentanea, l'informazione momentanea che i nostri sensi ci danno, ha la funzione di farci prefigurare quello che accadrà nei prossimi momenti, nei prossimi minuti e così via, cosa che è biologicamente molto importante. Possiamo pertanto affermare che ipotesi ed aspettazioni sono dal più al meno equivalenti: il termine "aspettazione" è, per così dire, l'equivalente biologico del più sofisticato termine epistemologico "ipotesi" o "congetture".


I due termini sono praticamente equivalenti, e le nostre percezioni sono un modo di formare aspettazioni di ciò che accadrà nei prossimi secondi, o nei prossimi minuti o nelle prossime ore. Quindi, perfino le osservazioni o le percezioni sono vere ipotesi. L'osservazione libera da ipotesi non può esistere. E per questa ragione l'idea che la scienza parta dalle osservazioni per arrivare ad ipotesi o a leggi o a qualsiasi altra cosa del genere, è radicalmente sbagliata, nonostante sia così diffusa e sia di fatto alla base di tutte le teorie della conoscenza. Ad eccezione, però, della teoria che dice che noi nella scienza lavoriamo formulando ipotesi e tentando poi di eliminarle, con ipotesi o, come ho detto nel titolo del mio libro, con congetture, ovvero con il metodo che consiste nell'avanzare ipotesi e nella loro confutazione. In questo, a mio avviso, consiste il processo della conoscenza, in congetture e confutazioni, nel concepire delle ipotesi, naturalmente nel lavorare con le ipotesi e nel continuare a lavorarci finché queste non crollano, finché non sono confutate.


8 Professor Popper, Lei ha indicato nella falsificabilità il criterio di demarcazione delle teorie. Questo significa che una teoria non falsificabile è sempre una cattiva teoria?


Il criterio dice che dobbiamo essere sempre critici. Questo è il nocciolo. Se una teoria non può venir criticata sulla base di osservazioni sperimentali, allora non deve essere considerata una teoria empirica. Ciò non significa, però, che una teoria non sottoponibile a riscontri sperimentali sia una cattiva teoria.


Si prenda il caso della teoria atomistica, che è un buon esempio. La teoria atomistica non è stata falsificabile per tutto il periodo che va dal 500 prima di Cristo, quando fu inizialmente proposta, fino all'anno 1905, l'anno in cui Einstein propose la teoria del moto browniano, che la rese falsificabile trasformandola, in realtà, in una teoria molecolare. Ora, in tutto quel periodo non fu sottoponibile a controlli, ma ciò nonostante offrì agli scienziati suggerimenti eccellenti e rappresentò un'ipotesi che, per così dire, fu da tutti tenuta in mente come una specie di idea di sfondo - potremmo chiamarla una idea metafisica - e fu estremamente utile nel suggerire idee più precise e falsificabili. Ho menzionato questo tipo di teorie già nella mia prima pubblicazione nella rivista "Erkenntnis", dove chiarivo che esistono idee pre-scientifiche - come allora le definii - che, pur non essendo falsificabili, hanno tuttavia un grande valore.


Senza titolo 1338


Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.

Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina. I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
"E per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?".

Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: "Quanti soldi hai?".

Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò. Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
"Bastano?", disse con orgoglio. "Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c'è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi".

L'uomo entrò nel retro e ne riemerse con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolse con cura l'astuccio.
"Prendilo" disse alla bambina. "Portalo con attenzione".

La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.

Un'ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurrì. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò:
"Questa collana è stata comprata qui?".
"Sì, signorina".
"E quanto è costata?".
"I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me".
"Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo".

Il gioielliere prese l'astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.
"Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva".

15.6.06

Senza titolo 1337

a causa di problemi fra  la piattaforma  di splinder  e la mia  versione di  linux mandrake     anche  la parole  azzurre intese  sono  link   come del caso  di questo post 

diario di bordo n 98 anno III i no vax raccolgono quello che hanno seminato , caso Ramy Elgam gli abusi e la mancanza di rispetto del potere ,acca larentia uso distorto e strumentale del ricordo

Finalmente i anzi dei * no vax ( ovviamente senza generalizzare in quanto esistono come fra i vax quelli civili ed rispettosi ) trovano pane...