25.1.14

l'altro olocausto e l'altra shoa Quella dei pacifisti ed obbiettori di coscienza , religiosi ( cattolici , protestanti , testimoni di geova )

In questo  giorno  di dolore  e  di ricordo voglio parlare   di un'altra  categoria  di vittime   degli  orrori  nazisti   ignorata   dai media   e  poco   studiata   dagli studiosi  . Quella  dei pacifisti  ed  obbiettori di coscienza , religiosi  (  cattolici , protestanti  , testimoni di geova    ) Infatti  ha  ragione  il  sito http://www.olokaustos.org ( da  cui è tratta anche    la storia  riportata  sotto  )  quando dice

Se volessimo classificare le vittime del nazismo in grandi macrocategorie potremmo dire che vi furono vittime "per ciò che erano", vittime "per quel che facevano" e infine vittime "per ciò che rifiutavano di fare". Nella prima categoria possiamo far rientrare gli Ebrei, i Rom e i Sinti e - in misura variabile - gli Slavi e i "non ariani". La categoria di coloro che venivano vittimizzati "per quel che facevano" era composta da tutti coloro che mostravano attitudini e comportamenti divergenti dall'ideologia o dalla morale nazista. Gli omosessuali quindi, gli oppositori politici, i massoni, i cosiddetti "asociali", coloro che trasgredivano agli ordini. La terza categoria - quella di coloro che erano vittime "per ciò che rifiutavano di fare" appare la meno studiata. Vi rientravano ad esempio coloro che rifiutavano di prestare servizio militare (come ad esempio i Testimoni di Geova), i militari che rifiutavano di obbedire ad ordini considerati immorali. Un gruppo di appartenenti a questa categoria è stata quasi del tutto ignorata dagli storici: i pacifisti. Cosa significava essere pacifisti o anche obiettori di coscienza nel Terzo Reich? 


                                                     Franz Jaegerstaetter: il pacifista solitario
 
 
 
Un umile contadino, con tre figlie, nativo di un piccolo paesino austriaco il 9 agosto 1943 venne decapitato dopo la condanna a morte comminatagli per aver rifiutato risolutamente di essere coinvolto nella guerra di Hitler.(1)
La notte prima della barbara esecuzione che avrebbe posto fine alla sua vita Franz la trascorse da solo in cella in compagnia di un foglio di carta e di una penna. Il foglio di carta era un documento con il quale si impegnava a servire nell'esercito tedesco. Sarebbe bastata una firma per salvarsi la vita.
Quando il cappellano del carcere lo visitò lo implorò di firmare Franz rispose: «Sono in una completa e totale unione con il Signore». 

Perché non firmò? Studs Terkel ha cercato di porsi questa domanda dandosi questa risposta: «Franz Jägerstätter (  foto a destra  )  
fu un folle o un santo? Forse né l'una cosa né l'altra. Non vi è alcun dubbio tuttavia fu un 'impulso' che lo condusse ad essere un testimone solitario e che questo forse derivava da un essere umano pieno del potenziale morale dell'uomo».(2)
Studs risponde parzialmente alla domanda perché non sappiamo come questo 'impulso' crebbe sino alle sue estreme conseguenze. Per cercare di capirlo occorre ripercorrere le tracce del percorso umano.
Jägerstätter quando venne decapitato aveva compiuto da poco trentasette anni. Era nato il 20 maggio 1907 nel villaggio di Sankt Radegund in Stiria che ancora oggi non supera i 2.500 abitanti. Sarebbe stato un anonimo contadino austriaco se non avesse iniziato dopo il matrimonio a nutrire un interesse religioso sempre più vivo.
Religiosità che non rimase circoscritta al privato ma che da subito si estese alle sue scelte di vita.
Nel 1938 - quando l'Austria fu annessa alla Germania - fu l'unico del suo paesino a votare no alla fine della indipendenza austriaca. Scrivendo dal carcere quando oramai si profilava la condanna a morte scrisse alla moglie: «Preferisco senza tentennamenti rinunciare ai miei diritti sotto il Terzo Reich conservando la sicurezza di mantenere intatti i diritti garantiti dal regno di Dio». Quando nel 1943 il suo parroco cercò di convincerlo a desistere dal suo proposito Franz discusse con lui citando le Sacre Scritture in modo tale che il prete dovette rinunciare al suo tentativo. L'interpretazione dei passi che 'costringevano' Franz a rifiutare la guerra erano così chiari che nessuna obiezione era possibile.

                         Sotto: le figlie di Jägerstätter chiedono il ritorno del padre dal carcere
 
Occorre dire che la decisione di Franz non fu una specie di 'illuminazione mistica' come può sembrare.
Nel giugno 1940 era stato chiamato al servizio militare ed aveva prestato giuramento di fedeltà a Hitler come tutti i soldati. Era stato pochi giorni in divisa e venne rimandato casa per 'insostituibilità'. A quei tempi - come d'altronde in tutti gli eserciti - un uomo era considerato insostituibile quando rappresentava l'unico sostentamento per la sua famiglia. Ancora nel 1940 e nel 1941 fu richiamato ma riuscì sempre dopo brevi periodi e senza mai essere impiegato in operazioni militari a rientrare a casa a causa della sua insostituibilità.
Nel 1943, quando all'esercito occorrevano tutti gli uomini abili, venne richiamato nuovamente. Inizialmente non si presentò in caserma poi. sotto la pressione, del parroco partì ma dichiarò al momento di essere inquadrato che non avrebbe portato armi. Combattere per il nazismo era contrario alla sua coscienza. Ovviamente questo atteggiamento lo condusse di fronte ai tribunali militari. L'unica concessione che Franz fece fu quella di rendersi disponibile ad essere impiegato come soldato addetto ai servizi sanitari.
Il viceammiraglio Theodor Arps, uno degli uomini
 che mandarono a morte Jägerstätter.
Che avesse maturato le sue convinzioni pacifiste e di opposizione al Terzo Reich lo dimostra il fatto che durante uno dei processi intermedi cui venne sottoposto dichiarò che aveva maturato la sua decisione nel corso dell'ultimo anno e che era giunto alla conclusione che per lui «era impossibile essere contemporaneamente nazista e cattolico». 
  La radicalità della decisione morale di Jägerstätter fa riflettere sulla pericolosità che il suo atteggiamento rappresentò per il nazismo. La sua interpretazione del cattolicesimo come antitetico al nazismo avrebbe rappresentato un pericoloso precedente, un'inaccettabile prova di debolezza. Altro elemento importante è il fatto che Franz fu un uomo solo e - soprattutto - lasciato solo. Che l'abitudine di benedire cannoni fosse cosa illecita e immorale allora non sfiorava minimamente nessuno né laico né religioso. 
Il suo atteggiamento fu pericoloso anche per la 'parte' che rappresentava. Ancora nell'agosto del 1945 il vescovo Fliesser indicava Jägerstätter come un modello da non seguire per le sue attitudini verso il servizio militare.(3) 
Il contadino Franz venne giudicato da un'alta corte di giustizia composta dal consigliere Leuben, dal consigliere Ranft, dal generale della Luftwaffe Walther Musshoff, dal viceammiraglio Theodor Arps, dal maggior generale Schreiber. L'accusa fu sostenuta dal consigliere Kleint. 
Di questi uomini che mandarono a morte Jägerstätter sappiamo poco. Il generale Walter Musshoff è morto nel suo letto nel 1971 mentre il viceammiraglio Arps - che ricoprì l'incarico di giudice militare dal gennaio 1940 sino all'8 maggio 1945 morì in prigionia nell'aprile del 1947 a Garmisch-Partenkirchen  
   
  NOTE

1) Oltre al già citato libro di Zahn va segnalato in italiano Erna Putz, Franz Jägerstätter. Un contadino contro Hitler, Editrice Berti, 2000. Esiste poi un cortometraggio realizzato dalla Associazione “Franz Jägerstätter” con la regia di Fulvio De Martin Pinter che si può richiedere alla Associazione "Franz Jägerstätter", c/o Caritas diocesana, via Endrici, 27, 38100, Trento.
   
2) Studs Terkel in Chicago Sun Times, 24 gennaio 1965.

3) «nicht als objektiv gültiges Vorbild für seine Haltung zur Militärpflicht hingestellt werden» cfr. Bischöfliches Ordinariat Linz, Seelsorgeamt, an Pfarramt St. Radegund, 11. August 1945, fatto citato anche nella versione originale tedesca del volume di Erna Putz, p. 149.

APPARENZA INGANNATRICE

 Nella maggior parte  dei casi l'apparenza  inganna  .Infatti  secondo  questa  meditazione tratta dal Calendario "Parole di Vita"  del   21 Gennaio 2014

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro pieni d'ossa di morti e d'ogni immondizia. (Matteo 23:27)


L'impiallacciatura, in ebanisteria, consiste nel ricoprire un pezzo di legno comune o un agglomerato, con un sottile strato di legno più nobile: noce, palissandro, mogano. I mobili fabbricati con essi e, così ricoperti, sembrano essere fatti interamente in legno pregiato. Non tentate di limare né di piallare: fareste ben presto affiorare il sottofondo a buon mercato! La cristianità abbonda di persone rivestite di un'apparenza di pietà. Esteriormente, queste, si distinguono male dai veri credenti: il loro comportamento è onorevole, frequentano le funzioni religiose, fanno offerte a opere di beneficenza. Ma tutto questo può essere superficiale. Le prove sostituiscono ciò che nella realtà materiale è rappresentato dalla lima o dalla pialla. Sopraggiunta una difficoltà in cui debbano manifestarsi la fede, l'amore, la pietà, la pazienza, ed ecco sparire il sottile strato religioso! Non ci sono le basi della vita divina; cioè le relazioni coscienti con Dio per mezzo dello Spirito Santo, sorgente di questa vita. Compare il fondo naturale, nascosto per un momento dai mezzi artificiali! La religione fa parte della vita sociale: in alcuni ambienti costituisce una vera raccomandazione. Ma che ne pensa Dio di questa vernice di pietà? Può accontentarsene? No, assolutamente! Egli vuole la verità nell'uomo interiore (Salmo 51:6).

24.1.14

post dedicato ai revisionisti estremi \ negazionisti dell'olocausto \ shoah [ perchè ricordo l'olocausto ]

Come da titolo il post d'oggi è dedicato a tutti quelli \ e che con


prende per  oro colato    gruppi  e siti  revisionisti estremi- negazionisti  

tale  gruppo (  facente  caèpo a  http://olodogma.com/ o  http://olodogma.com/wordpress/  ed  al  gruppo  facebook https://www.facebook.com/RevisionismoStorico è  stato condanato  come potete  leggere   da  questa   sentenza  http://snipurl.com/28ht7m0  in cui viene rigettato  il loro ricorso  


N.b
uso questo termine  per  1) per  distinguerlo dal normale  revisionismo  che a  volte  può essere    funzionale alla storia  e ala  sua ricerca  , in quanto  niente  e per  sempre   \  fisso definitivo   e  determinati eventi  ed opinioni  \  interpretazioni possono essere messi in discussione   da  nuovi documenti  e\o testimonianze  , ecc ., 2) per il labile  confine tra  revisionismo e  negazionismo  

 ed  è per  questo che   l'unica  arma che ci rimane  è  il ricordo per evitare che similei  stronzate diventino verità ,e che la verità diventi bugia
Ma soprattutto 

Non dimenticateVi chiedo una sola cosa: se sopravvivete a questa epoca non dimenticate. Non dimenticate né i buoni né i cattivi. Raccogliete con pazienza le testimonianze di quanti sono caduti per loro e per voi. Un bel giorno oggi sarà il passato e si parlerà di una grande epoca e degli eroi anonimi che hanno creato la storia. Vorrei che tutti sapessero che non esistono eroi anonimi. Erano persone, con un nome, un volto, desideri e speranze, e il dolore dell 'ultimo fra gli ultimi non era meno grande di quello del primo il cui nome resterà. Vorrei che tutti costoro vi fossero sempre vicini come persone che abbiate conosciuto, come membri della vostra famiglia, come voi stessi. Julius Fucik eroe e dirigente della Resistenza cecoslovacca, impiccato a Berlino l’8 settembre 1943




http://ita.vho.org/
http://it.wikipedia.org/wiki/Revisionismo
http://it.wikipedia.org/wiki/Revisionismo_storiografico
http://it.wikipedia.org/wiki/Negazionismo
http://it.wikipedia.org/wiki/Negazionismo_dell%27Olocausto
http://www.olokaustos.org/saggi/saggi/negaz-ita/negaz0.htm
http://olokaustos.org/saggi/saggi/revisionismo/index.htm  con  le relative pagine




come vivere in armonia con l'ambiente parte 2

 la  prima  parte  




Imparare e vivere in modo  ecologico si può: i cambiamenti  climatici preoccupano ( o almeno dovrebbero ) ormai tutti, ed è per questo  che la “coscienza verde” si sta sempre più diffondendo, anche se non sono in molti ad avere le idee chiare su questo argomento.
Uno dei fattori positivi del vivere ecologico è che la maggior parte delle attenzioni all'ambiente possono contemporaneamente  fermare i cambiamenti climatici e rendere migliore la qualità della nostra  vita quotidiana, senza contare   il notevole risparmio in termini economici. Bastano alcune semplici mosse che possono essere praticate da tutti e a  partire da subito per ridurre  l’impatto ambientale, vivere  più sereni e più sani, risparmiando denaro, cosa da non sottovalutare in questo momento di forte crisi economica. Prima di tutto, bisogna tendere  a un consumo minore di  energia: un semplice concetto che può essere realizzato  impostando il termostato di qualche grado più basso in inverno,sostituendo le lampadine a incandescenza con quelle fluorescenti compatte,scollegando gli elettrodomestici quando non si utilizzano,lavando i vestiti in acqua fredda e stendendo i panni piuttosto che inserirli nell’asciugatrice.
Secondo, risparmiare  l’acqua facendo docce più brevi e installando dispositivi che riducono il flusso anche dai rubinetti.
Evitare di bere l’acqua in bottiglia : utilizzare un filtro per purificare l’acqua del rubinetto,ricordandosi sempre di portare una bottiglia riutilizzabile in viaggio o al lavoro.Oppure  fare pressioni  ( con i social network )  per obbligare le  ditte  a produrre le bottiglie  in plastica  riciclabile  o in vetro   con il  vuoto a rendere  Per risparmiare sulla benzina ci si deve sforzare di spostarsi  a piedi ,  in bicicletta  tutte le volte che si può, migliorando contemporaneamente la salute cardiovascolare e riducendo il rischio di obesità . Oppure  usare  i  . mezzi pubblici  , condividere  l'auto   con i colleghi di lavoro .Limitare al massimo la carne,che costa molto in termini di denaro e per i relativi costi  ambientali e sanitari. Acquistare in modo intelligente: online si trovano prodotti nuovi o di seconda mano, ma come nuovi a prezzi inferiori, riducendo la quantità di rifiuti. Prendere in prestito o barattare  \  scambiare  invece  di comprare e condividere \  comprare in due  utensili elettrici e altri apparecchi con amici e vicini. Acquistare abiti che non hanno  bisogno di essere lavati a secco,
investendo sull'alta qualità,cioè su prodotti di lunga durata: meglio pagare di più che gettare spesso indumenti economici,ma meno duraturi  .
Ecco  che cosi  si  tenta  di risolvere    Il problema dello smaltimento dei rifiuti sta  diventando una priorità
assoluta: discariche, inceneritori e abbandono indiscriminato sul territorio sono diventati vere e proprie
emergenze sociali ed  etiche  oltre che ambientali. Per iniziare da subito a invertire la rotta le azioni principali sono due:  riduzione alla fonte e raccolta differenziata. Riduzione alla fonte e riuso: rifornirsi il più possibile di
prodotti alla spina, un servizio che si sta sviluppando sempre più su  tutto il territorio nazionale.
Riutilizzare il più a lungo gli  oggetti, dai sacchetti della  spesa ai pannolini, il cellulare o il computer. La raccolta differenziata è il  metodo più economico e ambientalmente sostenibile di gestire i rifiuti: inquina  poco, è facilmente  controllabile dai cittadini  stessi e permette di  recuperare dal 65% al 85% dei rifiuti solidi urbani..
Ridurre  anche le sostanze  tossiche ed  inquinanti  I prodotti per la pulizia e  della casa personale possono essere fatti artigianalmente. In questo  modo non si producono  rifiuti tossici, riparmiando notevolmente sui costi. Bastano pochi semplici ingredienti come  bicarbonato, aceto, limone e  sapone. Ad esempio, il  bicarbonato può essere  usato per lavare i panni,  come disgorgante o in  frigorifero per assorbire i  cattivi odori. L’aceto per  lucidare le superfici in  acciaio e come anticalcare  per le rubinetterie.

come vivere in armonia con l'ambiente parte 1

 VESTIRSI 
In un mondo che sta prestando  sempre più attenzione  all'ambiente, alla nostra salute e del pianeta, ci
sono alcuni fattori di cui ancora non si parla abbastanza,come ad esempio l’inquinamento che deriva dall’industria tessile.
Non tutti sanno infatti che nell’industria di lavorazione della fibra in tessuto sono previsti numerosi passaggi e l’impiego di molti prodotti chimici,alcuni dei quali sono altamente inquinanti.
Negli ultimi anni è stato rilevato un notevole aumento di problematiche alla pelle, come dermatiti, eczemi, allergie, poiché  al termine delle fasi di lavorazione alcune sostanze restano presenti nel tessuto in dosi più o meno elevate direttamente a contatto con la pelle: formaldeide, residui di metalli  pesanti (argento di mercurio,cromo nichel, rame ecobalto) pesticidi e pentaclorofenolo. L’impatto ambientale nell'industria
tessile deriva da un insieme di parametri , dal metodo di coltivazione delle fibre al processo produttivo: il cotone necessita di grandi quantità di pesticidi, insetticidi e acqua,mentre altri tessuti come il nylon e il poliestere, chesono fibre sintetiche, vengono realizzati con derivati del petrolio. Vivere in modo ecologico
passa attraverso scelte consapevoli che hanno come obiettivo quello di ridurre l'impatto ambientale dell'uomo sull'ambiente in favore di un modello ecocompatibile, che va dall'alimentazione biologica,ai piccoli gesti quotidiani che rendono più sostenibili i nostri consumi, e che prosegue nella cosmesi di origine naturale .
nell'abbigliamento eco-sostenibile,nella bio-architettura e nell'eco-design e arredamento. Per quanto riguarda l’abbigliamento non è da sottovalutare il problema della delocalizzazione: la crisi globale, la concorrenza della Cina, la necessità di far quadrare i conti,spingono molti marchi di abbigliamento a spostare la produzione
in paesi dove la manodopera è decisamente più a buon mercato. Nelle fabbriche delocalizzate vengono impiegate molte sostanze chimiche pericolose durante varie fasi del processo produttivo, come tinteggiatura, lavaggio, stampa dei tessuti. La produzione tessile,ad esempio, è considerata fra le maggiori cause  dell’inquinamento delle acque cinesi.
La tutela della nostra salute è dunque il motivo principale per scegliere un abbigliamento ecologico, naturale, sicuro:oltre a limitare notevolmente l’impatto ambientale,facciamo del bene alla nostra pelle che a contatto con fibre sintetiche non respira adeguatamente,e se in più vi sono anche sostanze tossiche nel
tessuto, queste possono potenzialmente entrare all’interno del nostro corpo e danneggiare la cute.
Per compiere scelte etiche, ecologiche e salutari per quanto riguarda i tessuti basta rivolgersi a prodotti in fibre naturali dei quali sia ben chiara la provenienza e la lavorazione.
Il cotone deve essere certificato organico, cioè durante tutta la sua produzione deve aver subito solo lavorazioni meccaniche, senza alcun processo chimico.
Ma esistono anche diverse altre fibre naturali e salutari,come la fibra di bamboo, lanuova fibra naturale considerata eco-friendly in quanto nella sua produzione non vengono impiegati additivi chimici, non inquina l’ambiente e il tessuto che ne deriva è al 100% biodegradabile.
Oppure la canapa, la cui coltivazione richiede pochi pesticidi e fertilizzanti e dà luogo a una fibra molto robusta e duratura. Fra le fibre alternative a quelle di uso comune e normalmente utilizzate dalle aziende di abbigliamento c’è anche un tessuto particolarmente adatto al contatto con la  pelle, la fibra di amido, completamente naturale: una fibra altamente tecnologica che riprende alcuni caratteri positivi dei sintetici, come la rapida eliminazione del sudore, mantenendo l’alta traspirabilità dei tessuti naturali (al contrario
dei sintetici). L’amido, inoltre, non si surriscalda,attenua i cattivi odori ed è un batteriostatico naturale.Esternamente invece vengono utilizzate altre fibre, come il bamboo, il legno o ancora la fibra di alghe.
Tutte novità da sperimentare e da scoprire, per tutelare la nostra salute e quella dell’ambiente.

ORTI URBANI


Le città italiane sono caratterizzate da un numero sempre maggiore di orti urbani: appezzamenti di terreno che vengono sottratti al degrado e coltivati dai residenti, favorendo lo sviluppo di un’economia etica a vantaggio diretto delle comunità locali. In Italia il fenomeno è in costante aumento: secondo gli ultimi dati gli orti urbani occuperebbero un'estensione di oltre 500.000 metri quadrati. Una tendenza in continua ascesa, complici da un lato la crisi economica e dall'altro la maggiore attenzione delle famiglie italiane alla qualità e genuinità del cibo. Gli orti urbani consentono la produzione di ortofrutta tipica e di stagione, permettendo ai residenti di alimentarsi in modo sano e genuino, migliorando il decoro e l'estetica e favorendo lo sviluppo di un'economia etica e solidale

CASA AL FRESCO SENZA ARIA CONDIZIONATA
Come proteggersi dal caldo evitando di utilizzare i condizionatori? Prima di tutto, tenere il più possibile
fuori la luce del sole e lasciare entrare l'aria più fresca durante la notte. Per le tende alle finestre scegliere il bianco che aiuta a riflettere la luce. Mettere davanti al ventilatore una bacinella con dentro del ghiaccio. Evitare l’uso di lampade a incandescenza e spegnere le luci quando non servono. Riparare la casa dal sole utilizzando le piante. L'umidità è il peggior alleato del caldo: fare il bucato e la doccia nelle ore più fresche.






23.1.14

L'atroce “spirito di Dachau” che non risparmiò i sardi


Lo storico Aldo Borghesi: molti di loro erano soldati sorpresi dopo l'armistizio



Un processo industriale, tecnologicamente avanzato e pianificato scientificamente. Una precisa volontà di annientamento che ebbe inizio nel 1933 con la costruzione del primo campo di concentramento, dedicato agli individui asociali, a Dachau. Fucina di formazione per le SS e scuola di violenza senza pietà, diede origine al cosiddetto “Spirito di Dachau”, poi esportato in tutti gli altri campi. Uno scenario di violenza e di morte al quale i sardi non furono estranei: in base ai dati raccolti e messi a disposizione dall'Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti a Dachau passarono 98 persone nate in Sardegna: 37 nella provincia di Sassari, 36 Cagliari, 19 Nuoro e 6 Oristano. 


Scorrendo l'elenco dei deportati a Dachau si va dai ventenni, come Emanuele Binno, matricola 116417, nato ad Abbasanta l'11 gennaio 1924, deportato da Trieste il 19 ottobre 1944, ai settantenni, come Antonio Letta, matricola 56628, nato a Serramanna il 16 marzo 1874 e deportato l'8 ottobre 1943. E si individuano altri due nomi sardi, dei quali non è noto il luogo di nascita: Eduardo Porcu, nato il 16 gennaio 1924 e Giovanni Cossu, del 10 febbraio 1923. Cossu fu catturato a Roma il 5 gennaio 1944, poco più che ventenne e giunse nel campo costruito a quindici chilometri da Monaco due giorni dopo. Venne liberato a Mathausen il 5 maggio 1945 dall'undicesima divisione corazzata dell'esercito degli Stati Uniti.Due storie, in particolare, emergono dalle ricerche dello storico Aldo Borghesi, dell'Istituto sardo per la Storia della Resistenza e dell'Autonomia. Quella di Bartolomeo Meloni, medaglia d'argento al valor militare, nato a Cagliari nel 1900 e laureato in ingegneria al Politecnico di Torino, militava nel Partito d'Azione e collaborava con la Resistenza partecipando al sabotaggio delle tradotte militari con le quali i tedeschi trasportano i soldati e i marinai italiani in Germania. Arrestato a Venezia nel dicembre 1943 arriva a Dachau due mesi dopo, dove muore il 10 Luglio 1944. E quella di Virgilio Bidotti, di Ilbono, che rivive nella testimonianza raccolta da Livio Loi, direttore del Centro Culturale del paese: «Fui catturato il 20 settembre 1943 a Verona, a dodici giorni dall'armistizio. L'ufficiale capo del mio battaglione rifiutò di collaborare con l'esercito nazista: il nostro commando di oltre 400 uomini fu perciò messo agli arresti e portato a Dachau. La nostra prigionia fu durissima: vestiti con una leggerissima divisa e con ai piedi un paio di zoccoli malconci, sia d'estate che d'inverno, quando la temperatura raggiungeva anche i 40 gradi sottozero, eravamo costretti a svegliarci alle 5 del mattino e a lavorare per dodici ore al giorno, sotto il costante controllo degli aguzzini nazisti, che non tolleravano che parlassimo tra di noi o che riposassimo anche solo per un istante». Bidotti è morto nel 2007.Ma quale fu il tributo pagato dalla Sardegna nel complesso? Come ha spiegato lo storico Aldo Borghesi, in un'intervista fatta da Walter Falgio per Radio Rai «i sardi passati per l'inferno concentrazionario nazista sono stati 250, in parte militari sorpresi dall'armistizio fuori dalla Sardegna e provenienti da quei 60-70 mila sardi che vivevano in continente per lavoro. Queste persone si spargono in tutto l'arcipelago di campi concentrazionari nazisti e non c'è campo di concentramento importante in cui non ci sia un sardo». La stessa trasmissione radiofonica, la cui registrazione è disponibile nell'archivio aperto Sardegna Digital Library,( http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&s=17&v=9&c=4462&id=299869  ) contiene anche l'intervista a Modesto Melis, deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, a dimostrazione dell'importanza degli archivi multimediali, per tenere viva la memoria

.

Cagliari uffici comunali Disabile chiede aiuto a un impiegato La risposta: non ho tempo, vada a fare la fila nell'altro sportello

A  chi mi dira  , ma  come racconti   solo storie   sarde  ?   rispondo    che non solo è  in male   fede  ed  lettore distratto e  che     invece  di lamentarvi mandatemene  via   email   ( dove poete    anche richiedere   l'invito a scriverle o raccontarle  voi ) l'email  l'ho messa  apposta   cazzarola  . E poi inoltre la storia   di  maleducazione che   potrebbe  essere  avvenuta  in qualunque regione   \  zona d'italia , sempre  un atto  d'inciviltà \  mancanza  di rispetto   , a maggior  ragione fatto   verso un disabile  , si tratta .

unione sarda del 23\1\2014

La storia negli uffici comunali di via Sonnino a Cagliari.Luigi Fadda, 35 anni, è affetto da disabilità dalla nascita. E' andato negli uffici comunali per richiedere il pass per la ztl. L'impiegato gli ha detto che avrebbe dovuto compilare un modulo. Un'impresa non facile per via dell'handicap con cui il giovane fa i conti. "Non ho tempo - è stata la risposta - vada a fare la fila nell'altro sportello". Luigi è tornato a casa e si è ripresentato il giorno dopo col modulo compilato dalla madre. Ha deciso però di denunciare l'insensibilità dell'impiegato 


«Io non ho tempo, vada a far la fila in quello sportello». Modi sbrigativi e cuore duro, un rifiuto che trasforma la disabilità in una montagna da scalare. Quei pochi dati da indicare su un modulo sbattono sull'insensibilità di un impiegato e Luigi Fadda, 35 anni, limitato nei movimenti dalla nascita, deve rinunciare. Da solo non è in grado di scrivere bene, non può ritirare il pass per la ztl. Solo l'aiuto della madre, ma ventiquattr'ore dopo, con un'altra attesa in coda, risolve il problema. «Due giorni fa sono andato agli uffici comunali di via Sonnino per chiedere quel documento». Sesto piano, il numero all'ingresso, l'attesa del turno. «L'impiegato mi ha detto che dovevo compilare un modulo». Parla a fatica ma si fa capire: «Gli ho chiesto se poteva aiutarmi, perché ho difficoltà con la penna. Ha risposto che non aveva tempo». Prende fiato qualche istante. «Quel rifiuto mi ha fatto sentire più disabile di quello che sono».

gli uffici di via  sonnino 

Il giorno dopo Luigi si ripresenta col modulo compilato dalla madre. La trafila per il pass fila liscia, ne resta un'altra più complicata: «Mi piacerebbe che la gente fosse più gentile ma senza il pietismo. Basterebbe un pizzico di sensibilità in più». È combattivo, non ha intenzione di arrendersi davanti all'insensibilità e all'ignoranza. Maturità classica al Siotto, poi la laurea in Lettere con 108. «La magistrale, ci ho messo cinque anni e mezzo». S'illumina mentre accenna alla sua tesi. «È stato il traguardo più importante della mia vita». Si sistema lo smanicato blu, porta la bocca alla cannuccia sul tavolino. Qualche sorso, mentre la gente che gli passa accanto lo osserva incuriosita. Lui fa finta di niente. «Quand'ero più piccolo ci stavo male, adesso ho imparato a non farci caso».

anche la vita ai margini può essere stupenda la storia di Annette Gabbedey orafa senza dita

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unione sarda  del 23\1\2014 
Leggo sulla pagina di facebook   dell'unione sarda  (  www.unionesarda.it  )  d'oggi  la storia  di Annette Gabbedey, una storia   particolare  .Infattti come potete vedere  anche dalla foto sopra  essa è  l'unica donna al mondo a essersi cimentata nell'arte dei preziosi nonostante il suo handicap.
dal suo sito   
Le sue mani sono senza dita. Una grave malformazione, quella di Annette Gabbedey, che non le ha impedito di realizzare il suo sogno: creare gioielli. Nel suo negozio di Frome, nel Somerset, l’orafa inglese, 48 anni, produce (come se fosse la cosa più naturale del mondo) braccialetti, anelli e orecchini, pur non potendosi aiutare con le dita. A lei, esperta nella lavorazione dell'opale e di altri metalli preziosi, il primato a livello mondiale per essere riuscita in un'impresa tutt'altro che facile: sperimentare l'arte orafa nonostante la disabilità.
Molti si chiedono, fra  cui  http://donna.fanpage.it/  come Annette riesca a portare avanti un’attività in cui l’uso delle mani è indispensabile, ma la donna afferma che riesce a compiere ogni movimento necessario in maniera del tutto naturale e senza sforzi, per lei non c’è nulla di strano nel creare gioielli senza dita. Prima di iniziare una lunga pratica con gli esperti gioiellieri dell’Hatton Garden di Londra, Annette ha studiato in un’importante scuola di orafi e seguito un corso all’Università. Dopo gli studi si è trasferita a Somerset ed è diventata una delle più esperte creatrici di gioielli della Gran Bretagna, si è specializzata nella lavorazione dell’opale ed oggi è proprietaria di una boutique in cui vende i suoi splendidi oggetti preziosi.

quindi in .... a chi dice   che chi ha un handicap   non possa ne fare niente  nè  fare una vita  normale 








22.1.14

Due amiche scoprono di essere sorelle Nate da un padre donatore anonimo

 A  prima vista  sembra  il film della disney un cowboy con il velo da  sposa  ed  i suoi remarke   

Ma  poi leggendo bene la news   è  invece  la trasposizione nella realtà  di  altri due film  : 1)  made in america   del  1993 di Richard Benjamin
2) Starbuck 533 Figli E Non Saperlo del 2011 diretto da Ken Scott. qui  il promo


La scoperta avvenuta per caso dopo le reciproche confidenze.


"Un filo invisibile collega chi è destinato a incontrarsi, al di là del tempo, dello spazio e delle circostanze". E' la frase che Mikayla Stern ha scritto su Facebook per spiegare quanto le è accaduto. La giovane, 19 anni, ha scoperto che la sua migliore amica, Emily Nappi, 18 anni, conosciuta alla Tulane University, è in realtà sua sorella, perché entrambe sono nate dallo stesso padre, un donatore anonimo.



La foto che le ragazze hanno pubblicato su Facebook



Le ragazze, prima di arrivare al campus, quando nemmeno sapevano una dell'esistenza dell'altra, hanno fatto una ricerca sui social network per trovare una compagna di stanza. Hanno letto i reciproci messaggi e si sono messe d'accordo per convivere. Quando si sono incontrate hanno notato subito entrambe una profonda somiglianza fisica, poi la routine ha preso il sopravvento, l'amicizia è diventata sempre più forte fino a quando sono iniziate le confidenze: entrambe senza padre, nate da una madre che aveva ricevuto lo sperma di un donatore anonimo di nazionalità colombiana. Molte le coincidenze, tanto da convincerle a raccontare la storia alle reciproche madri durante le vacanze di Natale. Ed è stata proprio Heidi, la mamma di Mikayla, ad avere l'intuizione: ascoltata la vicenda, ha chiesto alla figlia di chiedere alla sua migliore amica il codice del padre biologico. Si è così scoperto che si trattava dello stesso numero impresso sui documenti di Mikayla.
Ora le due ragazze, scopertesi sorelle oltre che amiche, sono diventate inseparabili.

la storia di Iby Knill e la sua Promessa di una ragazza destinata a morire: sopravvissuta all'Olocausto rompe 70 anni di silenzio per raccontare ultime parole di adolescente prima che lei e twin sono stati portati via per esperimenti di Auschwitz



Promise to a girl doomed to die: Holocaust survivor breaks 70 years of silence to tell of teenager's last words before she and twin were taken away for Auschwitz experiments 
Iby Knill promised teenager she would tell everyone the evil of Auschwitz 

But when the death camps were liberated it 'didn't feel right' 
Now aged 90 and in Leeds, she found the courage as a mature student 

PUBLISHED: 13:04 GMT, 5 December 2013 


A grandmother who survived the Holocaust has finally spoken about the horrors of Auschwitz 70 years after promising a girl she would tell the world what she had witnessed.
Iby Knill, 90, recalls how on the first night she spent at the death camp in July 1944 a frail teenager crawled over to her and begged 'if you live, please tell our story.'

Four years ago Mrs knill took a course in theology and it was during one of the group sessions that she finally revealed she was sent to the concentration camp when she was 20.
In a moving testament she describes the realisation that she faced being gassed like six million others.
Traumatising: Iby Knill, pictured after Auschwitz was liberated and as a Leeds grandmother today, has fulfilled a promise she made to a dying girl to tell the world about the horrors of the death camps. It took almost 70 years



Survivor: Iby Knill, now 90, is the subject of a documentary. She said: 'The girl told me that her and her sister were going to be experimented on. She said they were then going to be gassed and therefore exterminated'



She explains in a new documentary that during a session on her course a group at Leeds University, in the city where she now lives, was discussing whether the Holocaust was a result of evil or sin.
The tutor said that 'only a person who was there could answer that question'. Mrs Knill responded simply with 'I was there'.
For Mrs Knill it was like the floodgates had been opened and, fulfilling her promise to the unknown girl, she decided to write her memoirs.



Horror: Iby Knill spent six weeks at Auschwitz. Pictured is
the famous inscription 'Work makes [you] free'
Remembering her terrible first night at Auschwitz, she said: 'The girl told me that her and her sister were going to be experimented on.
'She said they were then going to be gassed and therefore exterminated. She made me promise to tell the story of the camps, if I were to live.
'Of course I said yes, but after the war was over it didn’t seem right to talk about what had happened.'


Death camps: Iby Knill was at Auschwitz, which comprised two separate camps, for six weeks


nstrument of death: One of the surviving gas chambers at the Auschwitz concentration camps



She said: 'There, you were one of a number, and it came down to how long you could survive.'
After the camps were liberated, she was too traumatised to tell her story but has finally broken her silence.
Mrs Knill, who went on to marry British Army major Herbert Knill, was born in Czechoslovakia but escaped to Hungary in 1942 when the SS began rounding up Jews.
Two years later, when Mrs Knill was 20, Hungary was occupied and she was transported to Auschwitz where she spent six weeks before being transferred to the German labour camp Kaunitz, which was eventually liberated. 
Mrs Knill later moved to Britain where she had two children, Christopher Knill, a psychiatrist, 65, and Pauline Kilch, 58, a teacher.
A film was made out of Iby's memoirs, The Woman Without a Number, by film and television student Robin Pepper, 22, at Teesside University.
He and fellow students Mark Oxley, 26, from Darlington, and Ian Orwin, 22, from Sunderland, made the documentary for a final year project after he read her book in just one day.
Mrs Knill said: 'Robin has done a marvellous job, and I am very happy with the film. It goes some way towards fulfilling the promise I made to the twin all those years ago.'
Robin added: 'It was an honour to work with Iby. She is an amazing lady, and we are really pleased we have helped her keep that promise she made so long ago.'



                                GRUESOME EXPERIMENTS 
The Auschwitz death camps played host to some of the most gruesome Nazi medical experiments, which few survived.
Professor Carl Clauberg oversaw the mass sterilisation of hundreds of Jewish prisoners by putting chemicals in their fallopian tubes and exposing their genitals to X-rays. The procedures were brutal, often causing infections and radiation burns. 
Some ‘patients’ were used for human medical trials of the drugs Rutenol and Periston, reacting with bloody vomiting and painful diarrhoea.
Other experiments had no apparent purpose and were done merely for practice - or pleasure.
Doctors deliberately made the lungs of tuberculosis patients collapse and killed others by injecting lethal phenol into their hearts.
One of the most infamous doctors, Josef Mengele (above right) infected different races with contagious diseases to see how their survival rates compared.
Source: Auschwitz.org
She said: 'There, you were one of a number, and it came down to how long you could survive.'
After the camps were liberated, she was too traumatised to tell her story but has finally broken her silence.
Mrs Knill, who went on to marry British Army major Herbert Knill, was born in Czechoslovakia but escaped to Hungary in 1942 when the SS began rounding up Jews.
Two years later, when Mrs Knill was 20, Hungary was occupied and she was transported to Auschwitz where she spent six weeks before being transferred to the German labour camp Kaunitz, which was eventually liberated.
Mrs Knill later moved to Britain where she had two children, Christopher Knill, a psychiatrist, 65, and Pauline Kilch, 58, a teacher.
A film was made out of Iby's memoirs, The Woman Without a Number, by film and television student Robin Pepper, 22, at Teesside University.
He and fellow students Mark Oxley, 26, from Darlington, and Ian Orwin, 22, from Sunderland, made the documentary for a final year project after he read her book in just one day.
Mrs Knill said: 'Robin has done a marvellous job, and I am very happy with the film. It goes some way towards fulfilling the promise I made to the twin all those years ago.'
Robin added: 'It was an honour to work with Iby. She is an amazing lady, and we are really pleased we have helped her keep that promise she made so long ago.'



differenza tra noi e il sud del mondo su come prendere la vita la storia dell'amore per il mozambico di un ex missionario Galluirese don Ottavio Cossu

L'Africa di don Ottavio dove pulsa la vita vera

«Voi bianchi non potete capire» ridacchia don Ottavio, bianco per caso, nero per passione. Il suo pensiero va oltre le parole, la sua esperienza traduce le intenzioni dei fratelli africani. Perché nel Continente nero due ore sono sempre quattro, le cose fatte generalmente sono da rifare e soprattutto nulla è certo nella stagione delle piogge. E allora bisogna seguire il tempo, senza fretta, lasciare a casa l'operatività occidentale, lasciar fluire la vita, così come viene. Per questo mentre gli uomini bianchi, intrappolati nei tempi morti dell'uomo nero, continuano a preoccuparsi, Ottavio se la ride: un metro e mezzo di simpatia e cinismo, cammina con piede malfermo tra la nebbia di Aglientu. Era stanco e ha deciso di tornare a dir messa in Sardegna per quattro vecchiette litigiose. Ma è durata poco. Ha mandato una lettera al vescovo: mi ritiro. L'Africa per lui è stata una grande maestra di realismo. Ha visto donne e bambini morire di fame, tonnellate di aiuti passare di mano e perdersi tra le pieghe della burocrazia. Ha preso la malaria 18 volte, è sopravvissuto alla siccità, alla fame, all'indifferenza. Il mese scorso è ripartito per il Mozambico, da privato cittadino. Con la sua associazione raccoglie fondi in Gallura e li porta in Africa. Dove sa, dove serve. A piccoli passi, senza fretta.

I due EP degli gli artisti cagliaritani, per la prima volta insieme Chi ha detto che l'elettronica non è musica da cantare?Matteo Spedicati e Francesca Corrias, nuove armonie


da  l'unione sarda del  21\1\2014
I suoni avvolgenti e folli di Matteo Spedicati si fondono con la voce armoniosa e calda di Francesca Corrias. Nuova produzione per l'inedito duo cagliaritano che offre agli appassionati di musica elettronica (ma non solo) un progetto, vera e propria perla minimal, dove deep house, techno e jazz - anche se Matteo odia etichettare la musica per generi - vanno a unirsi in un connubio insolito ma efficace. 
I suoni visionari del dj e produttore (fratello di Alessandro “Diablo” Spedicati, il cantante dei Sikitikis) incontrano le note e il timbro dell'ex Mucca Macca, splendida voce dei Sunflower Quartet, recentemente impegnata nel progetto Roundella. Due tracce e un remix per due EP che saranno prodotti rispettivamente
dall'etichetta della discoteca di Ibiza Amnesia e dall'italiana Alfa Romero. 
Uno dei brani è già stato inserito in una compilation internazionale: si tratta di tre brani (tutti i testi sono di Spedicati) scritti in inglese, dove le tematiche sentimentali, i rapporti conflittuali tra uomo e donna danno voce a un immaginario rapporto moderno. Il risultato sono tre tracce straordinarie (una delle quali “What if i Die”, già ascoltabile su Youtube), musicalmente ipnotiche e mai banali. L'ennesima dimostrazione di come anche nell'Isola esistano dei progetti interessanti, spendibili anche a livello internazionale.Spedicati ha cominciato il suo percorso musicale imbracciando la chitarra, ma a questi livelli è arrivato dopo anni di sperimentazione, software, l'influenza di Renato Figoli, e centinaia di dj set nei club di mezza Europa. Parte come producer, si fa conoscere come dj, collaborando con personaggi del calibro di Ricardo Villalobos e Richie Hawtin. Nel 2010 fonda l'etichetta Carillon: elettronica e scelte musicali raffinate vanno a braccetto, le sue scelte gli permettono di arrivare a lavorare per un mostro sacro della scena come Davide Squillace, producer e mecenate, sempre impegnato tra musica, arte contemporanea e arte visiva. Le due produzioni usciranno poco prima dell'estate, avranno un supporto digitale e su vinile, e in futuro verranno proposte anche live. 
«La voce di Francesca si presta decisamente», spiega Spedicati, «è versatile, perfetta per queste tematiche e si adatta molto bene con la musica». Armonia, sovrapposizioni di voce, passaggi da un timbro vocale all'altro, l'eclettismo della Corrias (docente del seminario Nuoro Jazz, ultimamente impegnata anche con jazzisti internazionali, come Francesco D'Auria, Marcella Carboni e Youri Goulubev) abbraccia l'eclettismo visionario di Spedicati. In attesa di un video di almeno uno dei tre brani proposti (sarà curato dall'etichetta Alfa Romero e porterà alla riduzione di qualche minuto della traccia scelta), Spedicati ha già annunciato quello che sarà il prossimo progetto insieme ad Andrea Ferlin qui anche in veste di produttore): il “Clarissa Azel Duo”. Progetto elettronico, da ascoltare. 

Federico Fonnesu
il mio pregiudizio verso tale musica   che la consideravo come paperino  in questa  storia  del numero scorso di topolino

  viene messo in discussione  

21.1.14

IL VIOLINO DI LUIGI - Modena City Ramblers

Sempre  a proposito di violini ,  mentre finivo di scrivere il mio precedente post ,  mi  è  ritornata  alla mente  questa  storia  (   riguardante  un violino   )  messa   in musica (  trovate  sotto il video  con il testo   ) dai Modena City Ramblers  .







LUZZARA. Dalla casa da abbattere spunta il violino dimenticato di un martire partigiano. E' davvero incredibile la storia emersa giorni fa a Casoni, dove nella soffitta di un immobile da abbattere è stato trovato lo strumento musicale che Luigi Freddi   (   foto  a sinistra  e   qui       una sua biografia  lasciò in pegno alla famiglia Vezzani prima di essere ucciso dai fascisti il 23 marzo del 1945, a soli 19 anni.
da  http://www.comune.luzzara.re.it/
.La notte precedente, infatti, aveva tentato insieme ad altri compagni di far saltare un deposito di munizioni lasciato dai tedeschi in zona Pedrocca a Casoni: il sopraggiungere dei fascisti bloccò l'operazione. E Freddi, in fuga, riparò dalla famiglia Vezzani in nome di un’antica amicizia: a loro chiese una giacca ed un paio di pantaloni per potersi cambiare d'abito, essendo ricercato dai fascisti ed in pegno lasciò loro il suo violino, che tanto amava suonare. «Questa storia, raccontatami dalla voce di chi l’ha vissuta realmente, ha sempre avuto un po’ il sapore della leggenda, poiché di questo violino si erano completamente perse le tracce – racconta oggi Gianluca Vezzani – Probabilmente è stato custodito alla Corte Breda, dove ho vissuto per anni con la mia famiglia, ed è arrivato nella soffitta dell’abitazione di via Valbrina in cui vivo tutt’ora. Ho scoperto la sua esistenza quando ho dovuto demolire la porzione più vecchia dell’edificio, seriamente lesionato dal sisma del 29 Maggio 2012: stava nel solaio, sotto delle vecchie cassette di legno per la vendemmia».La famiglia Vezzani ha pensato immediatamente di donare il violino alla sezione locale dell'Anpi e ieri mattina c’è stata la consegna ufficiale nelle mani del presidente 

Simone Lasagna: «Ho capito che questo oggetto,«Ho capito che questo oggetto, così importante perché rappresenta un pezzo di storia della nostra comunità, non poteva rimanere di mia proprietà – chiude Vezzani – e ho ritenuto corretto donarlo all’Anpi dove si tiene vivo il ricordo di coloro che hanno cercato di dare un futuro migliore al nostro Paese con una convinzione tale da rinunciare alla propria vita»



dove si tiene vivo il ricordo di coloro che hanno cercato di dare un futuro migliore al nostro Paese con una convinzione tale da rinunciare alla propria vita». La sera del 23 marzo 1945, infatti, Vezzani si recò con un altro partigiano, Selvino Lanzoni, nel deposito di munizioni che avrebbero dovuto far esplodere la sera precedente, ma vennero sorpresi dalla Brigata Nera: furono arrestati e trasportati in piazza a Palidano, dove furono mostrati alla popolazione come dei ladri. Solo a tarda notte furono trasportati su un carro da buoi, in piazza a Casoni dove furono impiccati e mostrati come monito. «Quello della famiglia Vezzani è un gesto nobile, avremo cura di questo cimelio come degli altri che in questi mesi ci hanno donato: stiamo pensando ad una mostra dedicata», ha detto Lasagna». Presente alla consegna anche il sindaco Andrea Costa: «Non è la prima volta che la famiglia Vezzani, impegnata nel volontariato, si distingue per l’attenzione alla comunità e per il mantenimento dei valori della solidarietà e della coesione: dall’esperienza tragica del terremoto è emerso almeno un risvolto positivo che è la riscoperta di un cimelio appartenuto ad uno dei giovani che la nostra terra ha pianto».



Fratello di ombre, fuoco, candele,
fratello di note e di sere gelate,
oggi è tornato di nuovo quel suono,
oggi la luce dopo il tuono.

L'odore dell'uva e questo solaio
dove riposo da un tempo lontano,
ora sento le voci, storie, leggende,
parlan di te, fratello scomparso.

Suona ben, suona mal,
suona 'l viulein per la gente c'la ariva,
per quella che va e per chi ci sarà,
per quelli che sono partiti e che mai torneranno.

Musica, la nostra, e la paura svaniva,
Selvino al tuo fianco rideva e cantava,
a Casoni il deposito di munizioni,
ma domani è domani, ora un'altra canzone.

Suona ben, suona mal,
suona 'l viulein per la gente c'la ariva,
per quella che va e per chi ci sarà,
per quelli che sono partiti e che mai torneranno.

Le mie corde invecchiate, strappate dal tempo,
le mie corde, la corda che ti tolse il respiro,
oggi è tornato di nuovo quel tuono,
oggi ricordo la tua voce ed il suono.

Suona ben, suona mal,
suona 'l viulein per la gente c'la ariva,
per quella che va e per chi ci sarà,
per quelli che sono partiti e che mai torneranno.
I passi di danza, le mani ed il fuoco,
noi l'orchestra delle notti di Resistenza.



in tempo di crisi e di fame busa e non si vuole emigrare meglio addattarsi a tutti i tipi di lavoro anche queli per cui non abbiamo studiato la storia di La scommessa di Paolo Ladu, noto “Cipolla”: lava vewtri da 40 anni

  dala nuova  sardegna   9\1\2025  di Valeria Gianoglio Nuoro La bottega di Paolo Ladu, noto “Cipolla  "è un furgone vissuto, un ampio...