Il male del "benessere"


Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l’obesità (1) rappresenta uno dei maggiori problemi di salute dei nostri tempi. Si stima che nel mondo vivano circa 300 milioni di individui obesi, distribuiti tanto nei paesi occidentali quanto in quelli emergenti, ma con differenze: mentre nei paesi occidentali le classi sociali più a rischio sono quelle a basso tenore economico e soprattutto culturale, in quelli emergenti le persone più a rischio sono quelle appartenenti alle classi privilegiate, che utilizzano l’alimentazione come mezzo di ostentazione del proprio benessere.


 


Negli Stati Uniti, “patria” dell’obesità, nel decennio 1980-1990 la prevalenza (2) di adulti in sovrappeso o obesi era del 55.9%; nel biennio  2003-2004 essa è arrivata fino al 66.3%, seguendo una tendenza all’aumento durante il decennio 1990-2000. Per quanto riguarda l’eccesso ponderale in età evolutiva, confrontando i dati del periodo 1976-1980 con quelli del periodo 1999-2004, la prevalenza del sovrappeso tra i ragazzi di età compresa tra i 6 e gli 11 anni è raddoppiata, mentre è triplicata tra quelli di età compresa tra i 12 e i 19 anni.


 


L’Europa per quanto riguarda gli standard nutrizionali (3) si sta sempre di più avvicinando agli Stati Uniti, pur non raggiungendo ancora quelli eccessi. Nei maschi europei adulti la prevalenza è passata dal 13% del decennio 1979-1989 al 17% del periodo 1989-1996, mentre nelle femmine europee adulte è passata dal 19,4% al 21%. Per quanto riguarda l’età evolutiva, i dati sono molto variabili, in relazione all’andamento economico dei singoli stati negli ultimi 10-20 anni. A paesi con prevalenza relativamente bassa come la Russia e la Polonia, danneggiate dal crollo dei partiti comunisti, si accompagnano situazioni più gravi come quella della Spagna (aumento della prevalenza del sovrappeso tra i 6-7 anni dal 23% del 1985-1986 al 34% del 1995-1996).


 


Studi condotti sull’Italia nel 1999-2000 hanno concluso che il 33.4% della popolazione adulta era in sovrappeso, e che il 9.1% era obeso. Nel Meridione l’11.4% della popolazione era obeso, contro il 7.5% nel Settentrione. Solo il 4.5% degli obesi aveva un titolo di studio alto, contro il 15% degli obesi con licenza elementare o senza titolo. Il dato indica che la mancanza di strumenti culturali adeguati implica la non conoscenza dei rischi per la salute e delle diverse proprietà dei cibi.


I giovani italiani tra i 7 e gli 11 anni sono per il 36% in sovrappeso o francamente obesi (la più alta prevalenza in Europa). Analogamente agli adulti, la percentuale aumenta scendendo dal Settentrione verso il Meridione. La perdita della cultura della “dieta mediterranea”, soprattutto all’interno delle generazioni più giovani di genitori, fa si che attualmente la popolazione italiana in età evolutiva tenda nettamente al  sovrappeso. Considerando il titolo di studio dei genitori, emerge che la prevalenza dell’obesità durante l’età evolutiva è proporzionalmente maggiore più basso è il livello di istruzione.


 


Attualmente, il 9.8% degli adulti e il 4% dei minori oggi è obeso (IMC superiore alle 30 unità). Uno studio della Società Italiana di Obesità prevede che nel 2025 queste percentuali cresceranno, rispettivamente raggiungendo il 14% e il 12,2% (notare l’aumento importante nella fascia dei minori). L’80% dei bambini obesi non riesce a recuperare il peso ideale, diventando adulti obesi che vivranno in media 10 anni di meno.


 


Le cause del fenomeno sono note da tempo: sedentarietà in continuo aumento (lavori poco dinamici, studio, ecc.), nutrizione inadatta, che privilegia cibi ”golosi” ma a eccessivo contenuto calorico, diete condotte senza le necessarie informazioni (4), irregolarità dei pasti (eliminazione della colazione, compensata da pranzi troppo abbondanti).


 


L’obesità non è solo una questione personale, bensì collettiva e sociale: tanto per fare un esempio, a Milano ogni anno si spendono 600 milioni di euro per ospedalizzazione e cure mediche di obesità, ma anche di sovrappeso, e malattie correlate.


 


I fattori genetici, associati all’ambiente di vita, rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’obesità. Studi recenti associano l’obesità ad un vero e proprio disturbo mentale; molti soggetti obesi hanno una vera e propria dipendenza dal cibo, tale per cui si riscontra una notevole analogia tra una parte degli obesi e quegli individui che soffrono di una dipendenza da altre sostanze di varia natura. In particolare, le analogie tra questi due gruppi di soggetti sarebbero riscontrabili sia a livello comportamentale, sia a livello delle strutture cerebrali implicate. Nell’ambito delle espressioni comportamentali, gli autori evidenziano la compromissione del controllo inibitorio, i meccanismi di ricompensa, la spinta all’assunzione del cibo, la elevata sensibilità verso stimoli che scatenano la ricerca di sostanze o cibo.


 


I pareri, comunque, sono tutt’altro che univoci, sebbene la tendenza generale sia quella di propendere verso l’importante ruolo dei meccanismi psicologici e psicopatologici.


 


 


The Snatcher


 


(1) Lo stato nutrizionale umano generalmente è quantificato mediante l’IMC- Indice di Massa Corporea: esso è il rapporto tra il peso corporeo in kilogrammi e il quadrato dell’altezza in metri. Esiste una scala di riferimento che classifica lo stato nutrizionale in sottopeso, normopeso, sovrappeso, obeso, a seconda del valore di IMC.


 


(2)  Per prevalenza si intende il rapporto tra i soggetti malati al tempo t e il numero totale di soggetti al tempo t, moltiplicato per una costante C, di solito 1000 o 100000.



(3) Per alimentazione si intende il regime abituale di introduzione degli alimenti nell’organismo, mentre nel concetto di nutrizione  l’attenzione è spostata verso l’individuo, che decide che cosa introdurre all’interno del proprio organismo. Questa scelta influenza la risposta dell’organismo stesso.


 


 


(4) Un dimagrimento troppo rapido comunica al Sistema Nervoso Centrale una situazione di carestia; l’organismo allora reagisce modificando il metabolismo, predisponendolo al maggiore accumulo di grasso da utilizzare come scorta, in previsione di future carestie.


 


BIBLIOGRAFIA


 


Comodo, N., Maciocco, G.: Igiene e sanità pubblica, Carocci Faber editore, capitolo 19.


 


Santini, F., Scartabelli, G., Pincher, A.: Obesità 2006: rapporto su una pandemia. Disponibile sul sito della Società Italiana dell'Obesità




AA. VV.: L'obesità dovrebbe essere considerata un disturbo mentale? Disponibile sul sito della Società Italiana dell'Obesità


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